L’eleganza del Rizzo
Sul Corriere della sera di oggi, Sergio Rizzo dedica un puntuto articolo a “quegli strani intrecci tra Lady Podestà e Nicolazzi junior”. Sesso? Soldi? Sangue? Macché. Mezze verità innocue e qualche colpevole errore che sarebbe stato facile evitare verificando informazioni e collegamenti. Senza particolare sforzo. Bastava Google.
Prima di entrare nel merito, faccio una premessa: Nicolazzi junior, alias Massimo Nicolazzi (che, avendo 56 anni, non è poi troppo junior) è uno dei miei cari amici, una persona che stimo e dalla quale ho imparato molto. Il che, immagino, inserisce anche me, di diritto, fra i membri del suo torbido giro.
L’articolo di Rizzo segue la seguente scaletta:
- Guido Podestà, presidente della provincia di Milano molto vicino a Silvio Berlusconi, è stato rinviato a giudizio, e poi assolto, nel processo per la discarica di Cerro Maggiore;
- La moglie di Podestà, Noevia Zanella, gestisce case per anziani e ha interessi in una società a cui partecipano anche Adriano Galliani, Paolo Romani e la prima moglie di Paolo Berlusconi, Mariella Bocciardo;
- Questa società ha in pancia il 50 per cento della Solemar, “costituita allo scopo di ristrutturare e frazionare un fabbricato nel comune di Santa Maria Maggiore, nella provincia di Verbania, a 14 chilometri dal confine svizzero” [confesso che trovo delizioso questo dettaglio geografico];
- L’amministratore della Solemar è Podestà, ma “più interessante ancora è il nome del titolare dell’altro 50 per cento: Massimo Nicolazzi, figlio di Franco Nicolazzi, l’ex ministro socialdemocratico dei lavori pubblici”;
- Segue curriculum di Nicolazzi: Eni, Lukoil e Centrex.
Fin qui è un collage di informazioni credo vere, prive di particolare interesse a meno che qualcuno non coltivi la morbosa curiosità di sapere che Nicolazzi e Podestà stanno ristrutturando la casa in montagna. Cito invece, testualmente, il resto dell’articolo. Scrive Rizzo (corsivi miei):
Ma che cosa è la Centrex? Una società di Vienna probabile veicolo di un’operazione gigantesca con la partecipazione di Bruno Mentasti, ex patron della San Pellegrino, già al fianco di Berlusconi in Telepiù. Doveva funzionare più o meno così: Gazprom (il colosso russo del metano sponsorizzato da Vladimir Putin) avrebbe riacquistato dall’Eni una quota del gas già fornitole, per poterlo vendere direttamente ai consumatori italiani, approfittando della liberalizzazione. L’avrebbe ricomprato alla metà del prezzo di vendita sul mercato italiano. Con il risultato, ha spiegato Massimo Mucchetti sul Corriere il 3 dicembre, che la compagnia di Paolo Scaroni avrebbe dovuto rinunciare a 280 milioni di margine annuo per 15-20 anni e girare il “malloppo” alla Centrex, emanazione viennese della Gazprom tra i cui soci “di rilievo spunta Mentasti”. Dopo molte trattative, nel 2005 l’operazione sembra fatta. Ma accade l’imprevedibile: questo giornale rivela l’affare e tutto salta. Inevitabilmente fioriscono chiacchiere e sospetti. Qual è il vero ruolo dell’ex socio di Berlusconi? E chi si cela dietro la Centrex, i cui azionisti per qualche anno hanno vagato Cipro e Vaduz, nel Liechtenstein? Domande alle quali nemmeno le rivelazioni di Wikileaks hanno potuto dare risposta…
Per commentare questa ricostruzione un po’ surreale, un po’ (suppongo inconsapevolmente) falsa, mi aggancio alle parole che ho evidenziato in corsivo, perché sono quelle che mi sembrano tradire fraintendimenti, forzature, “dimenticanze”, e semplice ignoranza dei fatti. Ne approfitto anche per ricostruire la vicenda Centrex-Mentasti, una vicenda di cui – contrariamente a quanto sostiene o suggerisce Rizzo – si sa ormai, sostanzialmente, tutto.
Rizzo definisce Centrex il “probabile veicolo di un’operazione gigantesca”. L’operazione a cui si riferisce è l’accordo tra Eni e Gazprom in virtù del quale Eni avrebbe dovuto cedere a quest’ultima, appunto attraverso Centrex, 3 miliardi di metri cubi di gas precedentemente acquistato dal colosso russo. Perché questa partita di giro? Per una serie di ragioni. La prima è che Gazprom era impegnata da una serie di contratti a lungo termine a cedere determinati quantitativi di metano agli italiani; quindi quel metano non era più suo. La seconda è che, in virtù dei tetti antitrust, Eni è costretta a limitare le sue importazioni. La terza è che, dovendo vendere comunque quella partita di gas, dal punto di vista di Eni parve interessante far leva sulla volontà di Gazprom di integrarsi verticalmente a valle, in cambio di una contropartita contrattuale (cioè clausole più favorevoli nel rinnovo dei take or pay in scadenza). Tutto qui. Che cosa significa, allora, dire che Centrex ne è stato il probabile veicolo? Non significa niente. Centrex ne sarebbe stato il veicolo se la cosa fosse andata in porto; non essendosene fatta nulla, Centrex non è stata il veicolo di un tubo. Non c’è probabilità perché non c’è incertezza: stiamo parlando di fatti ampiamente noti.
Perché l’operazione è fallita? Anche questo è noto e ha nome e cognome: Bruno Mentasti. La storia è raccontata qui da Giuseppe Oddo, e ricostruita da Massimo Mucchetti nell’articolo citato da Rizzo stesso. Molto semplicemente, non appena la cosa divenne di dominio pubblico, tutti si scandalizzarono per il fatto che Mentasti – il quale sarebbe intervenuto come partner italiano di Centrex – pareva palesemente inadeguato, e molti pensarono che fosse lì semplicemente in quanto amico, forse addirittura prestanome, del Cav. Solo che l’intero pasticcio, come ho spiegato qui e qui, riguarda l’intermediario. Non la cessione del gas. L’aspetto fondamentale trascurato da Rizzo, che volutamente lo tace o non lo conosce o non lo ritiene importante, è che lo scandalo Mentasti investe il soggetto destinatario dei 3 miliardi di metri cubi: non la cessione in sé. A prescindere dal suo rapporto con Gazprom o con Berlusconi, Eni quei 3 miliardi di metri cubi li voleva, e in un certo senso li doveva, vendere.
L’altra “rivelazione” di Rizzo è istruttiva: secondo il giornalista del Corriere la cessione da Eni a Centrex sarebbe avvenuta “alla metà del prezzo di vendita sul mercato italiano”. Questa è un’informazione assolutamente nuova: quindi, uno scoop oppure una sciocchezza. Per quel che ne so, è una sciocchezza. I 280 milioni di perdita annua stimati da Rizzo sono figli di questa incomprensione: infatti, Eni non ebbe – per quel che si sa – una perdita secca, cioè non vendette sottocosto (e non aveva alcuna intenzione di vendere, neppure quando trattava con Mentasti). I 280 milioni si riferiscono alla stima sul mancato margine derivante dal fatto che il gruppo guidato da Paolo Scaroni non avrebbe potuto vendere quel gas al consumatore finale italiano. Una stima, peraltro, che a posteriori si rivela esagerata, perché nel frattempo il mercato è andato lungo e i margini si sono ridotti, come tutti sanno. Il che ci porta a una domanda che Rizzo, incredibilmente, non si pone: chi diavolo se li è presi, quei benedetti 3 miliardi di metri cubi?
Anche qui non svelo alcun segreto nel dire che il gas è andato a una serie di acquirenti, i principali dei quali sono una joint venture tra due controllate di Gazprom (Gazprom Export e Zmb) e due municipalizzate italiane (A2a e Iride, oggi Iren), la municipalizzata del Nordest Ascopiave, e altri buyer minori. L’affaire Mentasti è diventato l’affaire municipalizzate: è cambiato solo l’intermediario.
I lettori attenti – di Chicago-blog e soprattutto del Corriere – avranno notato che, nella ricostruzione di questa brutta vicenda, il nome di Nicolazzi non compare. Non compare perché, durante gli anni in questione, faceva un altro mestiere: in Lukoil fino al 2004 e poi nel business della consulenza fino al 2009, quando effettivamente ha preso la guida di Centrex. Ora, è quantomeno singolare che un articolo dedicato agli “strani intrecci” tra Guido Podestà (per parte di moglie) e Franco Nicolazzi (per parte di figlio), si dedichi un quarto dello spazio a faccende che non riguardano nessuno degli interessati, né i loro parenti o affini.
Per di più, Rizzo si contraddice: prima dice che Centrex è “emanazione viennese della Gazprom”, e poi che “nemmeno le rivelazioni di Wikileaks” dicono “chi si cela dietro la Centrex”. Delle due l’una: o Centrex è emanazione di Gazprom, e allora sappiamo chi si cela dietro, oppure ignoriamo questa informazione, e allora la società non è emanazione di Gazprom (o, almeno, non lo sappiamo). Anche qui, si tratta di un segreto di Pulcinella. Infatti, ne ha parlato da tempo, tra gli altri, il Corriere della sera (oltre ai principali quotidiani italiani e gli organi di stampa specializzati). Il 100 per cento del capitale di Centrex è in pancia a Gazprombank.
In sostanza, l’articolo di Rizzo, a dispetto di un titolo scandalistico e vagamente allusivo, che sembra mischiare donne e potere, trame internazionali e rigurgiti della prima repubblica, Putin e Berlusconi, ma non dice assolutamente nulla. E’ una sequenza di informazioni, la maggior parte delle quali vere, altre sbagliate o parziali, prive di collegamenti e prive di interesse. Il giornalismo d’inchiesta, l’ultima volta che ho controllato, era un’altra cosa.
Ah ah, completamente d’accordo. Quello che voleva dire Rizzo lo sa soltanto Rizzo, seppure lo sa.
Però dissento su una cosa: che il controllo di Centrex sia un “segreto di Pulcinella”. Cito un documento ufficiale e pubblico, il via libera dell’Antitrust al rientro di Centrex Italia sotto l’ombrello di Centrex:
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Messa giù in breve: il 100% di Centrex sarà anche in pancia a Gazprombank ma questo non risponde alla domanda, “è o no un’emanazione di Gazprom?”. Noi possiamo anche essere convinti di sì. Centrex però dichiara all’antitrust che non è così, è controllata da un fondo pensione “non statale”.
Il fondo è indipendente da Gazprom? Chi sono i suoi azionisti? A lei è tutto chiaro? A me no. Speriamo che Rizzo riesca a scoprirlo.
(chiedo scusa, a quanto pare il testo dell’Antitrust che avevo incollato tra due apici non è comparso nel commento, lo ripropongo)
“Centrex è indirettamente controllata da GPB-DI Holdings Limited, società appartenente al Gazprombank-Group, attraverso l’impresa austriaca interamente posseduta Arongas Holding A.G.. Il 50% più una azione del capitale sociale di Gazprombank è detenuto dal fondo pensione non statale Gazfond; il 41,73% da OAO Gazprom (società a capo dell’omonimo gruppo). La parte ha indicato che in virtù della partecipazione inferiore al 50% nel capitale di Gazprombank e delle
attuali norme di corporate governance di Gazprombank, quest’ultima non è, né indirettamente né direttamente, soggetta al controllo di OAO Gazprom.”
Non mi stupisce.
È la fissazione dello scoop, che talvolta spinge a scrivere senza opportune verifiche. Rizzo c’era già caduto, e – grave! – non ho visto scuse. Ne ho scritto qui:
http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/1904
Dick Dastardly – Può essere ambiguo il ruolo di Centrex, o gli obiettivi che persegue, o ancora il rapporto tra Gazprombank, Gazprom e il Cremlino (anche se a me pare che, se Gazprom o il Cremlino vogliono ottenere risultati “politici”, abbiano strumenti più appropriati). Ma Rizzo non parla di questo, parla chiaramente di assetti proprietari. E su questi, se mai ci sono state ambiguità, oggi non ci sono più.
Mah, solo per chiarire: la storia degli obiettivi “politici” mi ha sempre convinto fino a un certo punto. Mi sembra più verosimile che l’obiettivo di Centrex, come di Gazprom o di chiunque altro sia prima di tutto far soldi (il che certo può avere riflessi politici). Quello che mi interessa non è tanto se il Cremlino voglia far abbeverare i cavalli da qualche parte ma prima di tutto CHI è che determina le scelte industriali di Centrex. Esattamente come mi interessa per qualunque altra grande impresa. D’altra parte l’opacità degli assetti azionari non è certo un problema che riguardi solo Centrex. Per fare un esempio è altrettanto sorprendente quando un fondo azionista in teoria di poche frazioni di percentuale riesce a costringere il vertice dell’Eni a giustificare pubblicamente le proprie scelte. Ciò detto ripeto che sono d’accordo con lei: Rizzo fa un gran casino, tira fuori Mentasti che non c’entra niente e in generale sembra aver perso una buona occasione per stare zitto.
viste le numerose “inesattezze” nessuna azione legale?
Il Sergio Rizzo del Corriere che ha fatto un bel po’ di soldi scrivendo il noto pamphlet con Gianantonio Stella e’ solo l’omonimo, immagino, del giustizialista che qualche settimana fa ha partecipato a uno show organizzato dal partito del manettaro molisano sotto il sofisticato titolo “Il dittatore del bunga bunga”
davvero sono d’accordo con l’analisi di Oscar Giannino e sulla precisazione assai chara e divertente di Massimo Nicolazzi.
Leggo da un pò di tempo analisi molto critiche basate su analoghi mix di riferimenti anche da parte di Mucchetti. Riassumo :
1) l’Eni tratta troppo da amica degli amici Gazprom (che è brutta e cattiva per via di Putin, per via che è potente, etc)
2) Spesso c’è di mezzo un’altro cattivo Berlusconi che ha amici che si vogliono fare gli affari lor e “tratta con i tiranni”
3) L’Eni oltre ad essere cattiva e amica di Putin è anche monopolista.
4) Dunque dovrebbe cedere senza dubbio e presto la sua posizione nelel distribuzione…SNAM Retegas.
5) poichè però ci sono i Russi cattivi (che dicono che non gliene frega niente) e amici di Berlusconi, deve cederla ma
6) deve essere lo Stato a mantenerne il controllo attraverso F2i , che si ricorda sempre puntualmente è lì che aspetta il via
E invece il mercato, i fondi gli azionisti che pensano e che giudizio hanno dato delle perfomances dei risulati di ENI ? Conta qualcosa ?