Le tre misure semplici che potrebbero salvare il paese
Dopo l’ultimo dato sul Pil [1] è impossibile resistere alla tentazione di cimentarsi nello sport preferito dagli italiani (quando non gioca la nazionale) ossia mettersi nei panni del presidente del consiglio per trovare soluzioni facili efficaci e veloci che “chissà perché nessuno ci aveva pensato prima.” Ecco quindi al volo tre Quick Win fulminanti per salvare il paese dalla brutta china su cui è avviato.
Prima misura semplice ed efficace per salvare il paese: mettersi in testa che il paese non si salva con misure semplici ed efficaci [2]. La tentazione è molto forte e qualche volta scantona nell’esagerazione contro-fattuale[3], in fondo basta prendere qualche grandezza di finanza pubblica a tante cifre, o altra fonte similare di risorse, in un paese dove praticamente tutto funziona in modo subottimale e dire “volete che non si riesca a risparmiare/ recuperare/ ottimizzare un x% (con x più o meno ragionevole a piacere)?” L’alternativa controfattuale è ancora più facile: “se avessimo i salari dei tedeschi o la qualità dei servizi pubblici svedesi…” e ovviamente se ne infischia dal fatto che, forse, altre nazioni hanno caratteristiche differenti perché in passato hanno fatto scelte differenti dalle nostre.
Peccato che sfuggano sempre quei piccoli dettagli inerenti l’implementazione operativa [4] delle proprie idee geniali. La realtà non è mai bianca o nera, ma purtroppo sempre inesorabilmente grigia: ad esempio, se la pubblica amministrazione funziona male non è perché tutti i dipendenti pubblici lavorano male o poco in egual misura, ma, moto più verosimilmente, perché ci sono un numero limitato di missionari, che lavorano bene e tanto e portano in spalla il peso dei colleghi meno volenterosi e/o capaci. Allora qualsiasi intervento incondizionato, penalizzerà i pochi “buoni” beneficiando relativamente i “cattivi”. Qualsiasi intervento invece volto a discriminare comporta meticolose verifiche di dettaglio, che necessitano di competenze specifiche, ma soprattutto costi politici enormi dal punto di vista degli incentivi: non solo occorre qualcuno che si faccia carico di trovare delle misure obbiettive per capire cosa può e deve essere migliorato, occorrono le competenze giuste perché questa operazione sia fatta in modo opportuno e soprattutto gli incentivi adeguata per renderla praticata altrimenti si infrangeranno sempre contro la cortina invisibile del: “chi me lo fa fare?”
La conclusione sarebbe dunque che non si può far nulla per cogliere i miglioramenti del sistema che agli occhi di tutti sembrano possibili? No la conclusione è che non c’è un modo semplice per farlo, e che mettere in pratica [5] i risultati dell’algebra da carta di formaggio comporta costi di esecuzione rilevanti.
La seconda misura salva paese non può che discendere dalla prima: se abbiamo inteso che non esistono risposte semplici per ai problemi del paese, occorre prendere atto che le soluzioni non saranno a buon mercato. L’ostacolo principale a qualsiasi serio programma di riforme degno di questo nome risiede nella mancata presa di coscienza che “qualcuno dovrà pagare il conto”. Non si può rendere efficiente lo stato senza imporre a chi oggi non lavora o lavora male di fare per bene quello per cui è pagato [6]. La conseguenza diretta è che che qualcuno venga rimosso da posizioni per le quali non è adeguato o che venga pagato di meno per l’attività che svolte o che gli venga richiesto di fare di più per lo stesso compenso. Saranno ovvietà ma quando di stratta di dire che tutto va male e che bisogna fare qualcosa sono tutti concordi. Quando c’è da trovare dove intervenire il bersaglio è sempre qualcun altro. Non si cambia l’Italia senza toccare nessuna rendita di posizione, senza intaccare un diritto acquisito senza insomma prendere atto che qualcuno deve pagare il costo del cambiamento, altrimenti nessun cambiamento sarà mai possibile.
La terza e ultima misura è la più difficile: se non ci sono ricette semplici e se qualcuno il conto deve pagarlo, forse potremmo smetterla di affidarci a coloro i quali dicono il contrario. Le narrazioni in base alle quali la causa di tutti i mali è unica e (guarda caso) attribuibile a un gruppo di interesse diverso da quello a cui apparteniamo (vedi la demonizzazione degli evasori o degli statali fannulloni) sono la più efficace arma di distrazione di massa nei confronti delle riforme di cui il nostro paese ha realmente bisogno
[1]http://www.istat.it/it/archivio/130059
[2] http://www.leoniblog.it/2014/04/03/quel-proiettile-dargento-che-non-ce/
[3] http://www.linkiesta.it/blogs/apologia-di-socrate/come-ho-sconfitto-la-fame-nel-mondo
[5] http://www.linkiesta.it/blogs/apologia-di-socrate/due-o-tre-dettagli-sulla-staffetta-generazionale
[6] http://noisefromamerika.org/articolo/tutti-meritocrati-col-culo-altri
Lei ha colto nel segno.
Il problema non e’ tanto statale, provinciale, amministrativo o politico.
E’ un problema culturale.
Dire che sia possibile fare tutto senza sacrifici paga benissimo, perche’ la cultura del paese e’ estremamente egoistica.
Il bene del singolo, e poi del gruppuscolo di potere, e poi della corporazione e poi della casta vengono prima di un bene pubblico. Dove “pubblico” e’ un concetto etico, non morale.
Purtroppo questo sistema culturale non funziona piu’. E’ evidente. Soprattutto perche’ in Italia la “cultura” e’ quella delle opere d’arte, non del modo di vivere.
Non c’e’ niente da fare a meno, purtroppo, di destabilizzare il sistema al punto che i propri interessi particolari siano indifendibili. Ma nemmeno il default riuscira’ a fare questo: la discesa verso la fame sara’ orizzontale. Per dirne una: Renzi non perde tempo a fare le cose che non puo’ fare. Sta preparando la strada per il post crisi.
Non sono dotato di sufficiente immaginazione per capire cosa potrebbe mai far cambiare la mentalita’, e quindi la situazione. “Destabilizzare” lo usavano i terroristi. Lo prenda dal punto di vista psichiatrico, non bellico.
Saluti.
dài, siamo seri… siamo nella “società dei consumi”, votata all’auto-distruzione. E’ una lotta tra la vita e la morte, come dico qui
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/02/21/bussola-quotidiana-mpv-non-facciamo-i-polli-di-renzo/
non ci sono rimedi facili, se non la “società partecipativa”.
ancora una
l’azione deve essere corale E/MA …MERITOCRATICAMENTE guidata
come nei processi industriali PERCHE’ NON CHIUDERE IL LOOP DI CONTROLLO IL PIU’ VICINO POSSIBILE A DOVE SI GENERANO LE DECISIONI E LE REALIZZAZIONI???
facciamo 8 states italiani poi il processo è esportabile e generaliizzabile a livello europeo
sistema fiscale americano colle tasse federali e quelle dello stato
e linee generali che possono diventare europee ad esempio il capitale pubblico deve scendere sotto al 25% entro 6 anni
chi non ha idee e capacità deve venir sbranato dagli avversari e dai giornalisti
La mia convinzione invece e´ proprio che tutti i dipendenti lavorano male . Esempio concreto .
appena lasciato l Italia dovevo iscrivermi all AIRE presso
l Ambasciata Italiana a Malta e l impiegato
rifiuto´ l iscrizione sostenendo che ci fossero diversi
permessi di soggiorno per gli abitanti di Malta e Comino.
Spazzai subito questa possibilita´ dall insieme delle cose possibili , contattai l UE che obbligo´ l Ambasciata ad
accettare la mia iscrizione all AIRE .
In conclusione , quell impiegato non sapeva fare il suo lavoro.
Non si può rendere efficiente lo stato senza imporre a chi oggi non lavora o lavora male di fare per bene quello per cui è pagato
Concordo .