9
Mar
2015

Le sanità italiane

Nei giorni scorsi, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas) ha pubblicato un rapporto sull’andamento della spesa sanitaria nelle regioni tra il 2008 e il 2013.

Complessivamente, nel periodo 2008-2013 la spesa sanitaria è aumentata, ma è diminuita, seppur di poco, per le regioni commissariate in piano di rientro. Se si considerano solo gli ultimi anni, dal 2010 al 2013, la spesa complessiva è diminuita di circa 1 miliardo di euro, passando da 112,63 miliardi a 111,68.

Per quanto riguarda i risultati di gestione, a livello nazionale si registra un disavanzo per il 2013 di 1,1 miliardi di euro, che tuttavia dal 2008 è andato contraendosi. “Complessivamente si evidenza una contrazione del disavanzo nei vari anni, ma un consistente miglioramento dall’anno 2011 con una variazione media annua 2010-2013 a livello nazionale pari a -37% rispetto ad un -16% nel periodo 2008-2010”.

Dopo l’analisi su scala nazionale, il rapporto offre una riproduzione dei conti economici consolidati del bilancio di ogni regione, oltre a un focus sui costi regionali, consentendo di capire come ogni regione contribuisca ai diversi dati nazionali.

Innanzitutto, balza agli occhi una differenza eclatante tra nord e sud, per la verità non nuova, ovvero le voci del conto economico che riguardano la mobilità. Per quanto riguarda il saldo mobilità attiva, non si registrano cifre diverse da zero nei bilanci delle regioni del sud (fatta eccezione per il Molise). La regione con il saldo mobilità attiva più alto è la Lombardia, con 555 milioni di euro (in aumento rispetto al 2012: 457 milioni), seguita dall’Emilia-Romagna che registra un saldo di 337 milioni (ma in riduzione dal 2012: 368 milioni). Viceversa, come mostra il grafico che segue, il saldo mobilità passiva è più alto per le regioni del sud, da cui i pazienti evidentemente scappano (nel grafico non compaiono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Molise. Per queste infatti il saldo mobilità passiva è pari a zero negli anni esaminati).

Saldo mobilità passiva

 

Per quanto riguarda la composizione dei costi sanitari, non si notano differenze tali da giustificare inferenze. Il capitolo di spesa con le differenze più evidenti è quello relativo alla sanità privata. Tra le regioni a statuto ordinario, la Lombardia è prima anche in questa classifica, con circa il 30% del totale dei costi dedicato ai “servizi esterni” (appunto, la sanità privata) nel 2013, chiude la classifica l’Umbria con l’11,23%, a fronte di una media nazionale del 18%.

Questo dato potrebbe essere tuttavia fuorviante se non accompagnato dalla spesa totale in termini di risorse disponibili (quindi di Pil). La tabella che segue mostra un’istantanea per le regioni a statuto ordinario nel 2012 (anno più recente per cui sono disponibili i dati ISTAT sul PIL regionale).

Innanzitutto vediamo a quanto ammonta la spesa sanitaria totale delle regioni in termini di Pil (in ordine da quella che spende meno a quella che spende più). La terza colonna mostra il saldo mobilità attiva tratto dal rapporto Agenas. La quarta colonna mostra il dato Agenas sui costi dei servizi esterni in rapporto ai costi totali per la sanità. L’ultima colonna mostra la spesa sanitaria privata in rapporto al Pil.

tabella

Le ultime due colonne lasciano trasparire come la questione delle risorse destinate alla sanità privata sia piuttosto controversa. Certamente non ci si può limitare a sostenere che spendere di più in istituzioni pubbliche o private sia determinante a priori per la qualità del sistema. Sappiamo infatti che il tema della qualità del servizio pubblico appare legato più ad altri fattori, quali la storia istituzionale o la cultura civica, assai divergenti tra le regioni del nord e quelle del sud. E questo vale per la sanità (anche dalla tabella è chiara la grande divergenza tra nord e sud in merito alla quantità di risorse destinate alla sanità e a quanto queste siano fruttuose, ad esempio in termini di attrattività di assistenza sanitaria) come per molti altri servizi.

 

@paolobelardinel

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