28
Lug
2010

Le ragioni dei Libertini – di Mario Unnia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Mario Unnia:

Libertino comincia con la l come liberali, liberisti, libertari, e non è infrequente trovare persone che si sentono connotate da uno o più dei quattro termini. Ma di libertinismo si parla assai meno degli altri tre ismi che vengono citati, analizzati, discussi in sedi diverse e da intellettuali di ogni tipo. Eppure un breve richiamo a quella corrente di pensiero e al movimento che l’interpretò non sembra fuori luogo, dato il clima che si respira in questi tempi.

Il libertinismo non è un tutt’uno coerente, ospita tesi in parte contraddittorie, difficili da sistematizzare. Viceversa, c’è una caratteristica che lo contraddistingue, e lo rende attuale: l’essere espressione di una crisi. Infatti si colloca alla fine del Rinascimento e nei primi anni del Seicento, quando le lucide certezze della Rinascenza si sono indebolite e non ha ancora preso corpo il nuovo pensiero, quello scientifico, che condurrà all’Illuminismo. In questo intervallo i ‘liberi pensatori’, gli scettici francesi e i naturalisti italiani, non esprimono una dottrina elaborata e sistematizzata, bensì uno ‘slancio morale’, una ribellione morale, un rifiuto di tutte le tradizioni, a cominciare dall’ortodossia religiosa e dalla legge, sia essa ragione o diritto positivo. Di qui il termine libertinismo che rinvia al libertus, lo schiavo reso libero.

C’è nel moto libertino, ribelle alle regole e disinvolto nei costumi, l’inizio dello spirito moderno che aprirà la strada al pensiero moderno. I libertini sfiorano la scienza, che del pensiero moderno è l’architrave, apprezzandola con riserva e al tempo stesso combattendola, senza mai farne parte del proprio sentire. Avvertono di essersi lasciati finalmente alle spalle le sovrastrutture della Rinascenza, e non vogliono ricadere prigionieri di un’altra sovrastruttura, quale appare il mondo scientifico, frutto dell’intelletto matematico. Sono in larga parte figli di Montaigne che era consapevole della crisi della cultura europea, e polemico verso la ragione, ritenuta ordinatrice violenta e negatrice delle componenti emotive. Di fronte all’avanzare della scienza, i libertini assumono un atteggiamento scettico, contrario alla scienza sperimentale le cui scoperte descrivono una natura dominata da leggi espresse dai numeri. E quando il nuovo corso troverà nella metafisica cartesiana il suo fondamento, i libertini vi si opporrano come ad un nuovo dictat dogmatico. Nel sentire dei libertini abbonda l’ambivalenza, in particolare lo scetticismo favorisce il relativisno etico e una concezione fragile della collettività, minacciata dalla Ragion di Stato: il principio del valore primario dell’individuo naufraga nello Stato protagonista e nell’azione politica. Il ciclo libertino sarà breve, e avrà due conclusioni, un esito intellettuale travagliato e utopistico, e un’accettazione del potere scettica ed erudita.

Domandarci dove stia l’attualità dello spirito libertino vuol dire ammettere che ci siano delle analogie tra diversi momenti della storia. Le analogie sono delicate, vanno trattate con prudenza, eppure non sfuggirà che oggi, come allora, c’è una crisi. Le certezze della Rinascenza si erano indebolite come le ideologie salvifiche che sono andate in pezzi negli ultimi vent’anni,  e a fine Cinquecento non aveva ancora preso corpo un nuovo pensiero, quello scientifico, così come oggi disponiamo di un pensiero cosiddetto postmoderno, ma non ancora postscientifico. Nello smarrimento della transizione furono i libertini a farsi sentire con uno slancio morale, contro tutto l’antico e in ragione del nuovo, auspicato ma non definito. Intuivano il pericolo di nuove strutture di pensiero forte che ben presto si chiamarono Ragion di Stato e Controriforma, dalla metà del Cinquecento al Seicento.

Oggi manca lo slancio morale, ma il pericolo c’è. I partiti senza politica, gli interessi senza autocontrollo, le religioni senza fedi, sono pericoli, e non da poco: tutti i manovratori sono pronti a passare  dalla stagione della manipolazione alla stagione  della  violenza. In questo contesto, quale sarebbe il pensiero dei libertini redivivi?  E’ verosimile supporre che avvertirebbero come pericolo più grave lo stesso pensiero scientifico che ha raggiunto il punto massimo e oggi contempla il suo capolavoro, un conglomerato di conoscenze e di sperimentazioni dal quale è sorto un apparato policratico, affaristico, industriale e mediatico ben più forte e articolato del combino politico-militare, che pur ne fa parte. Metterebbero in guardia tutti noi da un pensiero dominatore, arrogante  e smodato nelle ambizioni, che accampa la capacità di dare ‘nuovi orizzonti al genere umano’ – il benessere, la felicità, la lunga esistenza prolungata artificialmente: e chi non ne è sedotto? -,  di pubblicizzare e plasmare la gente su modelli di vita, di lavoro, di consumo, di piaceri, ma senza proporre un ‘senso’ fondativo a quei fascinosi traguardi, lasciando il campo alle chiese e alle magie, istituzionalizzate e non. E guarderebbero all’ecatombe di spiriti liberi che s’è consumata in Occidente, e all’infanticidio di spiriti appena liberati che è in corso in Cina e in India.  I libertini di allora, che non avevano dubbi sull’ambiguo potenziale del pensiero scientifico che si candidava alla gestione del mondo attraverso la gestione delle vite singole e collettive, dalla vita alla morte, non avrebbero dubbi sulla Rete, il capolavoro del pensiero scientifico, un miracoloso moltiplicatore dei pani e dei pesci, ma anche uno spietato controllore e condizionatore delle nostre libertà. E guarderebbero con mesta indignazione i contemporanei, che sentono di essere nel bel mezzo di una discontinuità, ma non avvertono la necessità di denunciare l’esito sociale del pensiero scientifico. Perché non hanno in loro stessi lo ‘slancio morale’ che è la premessa di un pensiero nuovo, più robusto del fragile pensiero postmoderno.

Chissà dove sono oggi i libertini redivivi. Sono forse passati tra noi, e non abbiamo colto i loro segnali. Oppure sono ancora tra noi, proprio all’interno della cittadella del pensiero scientifico, impegnati a definire un pensiero postscientifico. Libertini, se ci siete, battete un colpo.

Ps. In autunno, in un luogo di conversazione, si parlerà di ‘L’Honnête homme et l’Honnête volupté’. Per informazioni mario.unnia@libero.it

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