Le Poste vogliono fare la banca ma impediscono agli altri di fare le poste
Nel precedente post in tema di Poste ho sottolineato il ruolo improprio del sindacato come “azionista di riferimento” dell’azienda, mai messo in discussione in due diverse repubbliche, un trentina d’anni e almeno una ventina di governi, compresi quelli che hanno gestito le privatizzazioni degli anni ’90. Non ho invece preso posizione sulla specifica proposta di Bonanni che, almeno in parte, posso condividere.Le Poste vogliono diventare banca a tutti gli effetti? Può essere utile che lo facciano: così si accresce la concorrenza e si riesce probabilmente a far arrivare più credito anche alle piccole e medie imprese, una volta acquisito il know how della banca che fa impieghi, non solo raccolta (e quindi non entro l’orizzonte temporale dell’attuale crisi, per quanto lunga possa essere). Però debbono anche accettare tutte le regole che vigono per le banche: dal pieno assoggettamento alla legislazione bancaria, alle regole antitrust (se si aggregassero banche per 14 mila sportelli verrebbero autorizzate?), alla costituzione di un patrimonio dedicato (sul quale Bankitalia insiste da tempo, del tutto inascoltata dal Cda di Poste).
A partire dalla gestione Passera le Poste hanno operato una crescente e positiva concorrenza alle banche sul fronte della raccolta. Si sono tuttavia avvalse di alcuni vantaggi rilevanti: a) un costo del lavoro per dipendente molto inferiore alle banche, dovuto ai differenti contratti; b) l’uso di una grande rete di sportelli i cui costi sono stati scaricati in maniera prevalente sul cosiddetto ‘servizio universale’ del recapito; c) rapporti privilegiati e commissioni di favore dal principale cliente, quello che garantisce il 35% dei ricavi e si chiama Stato italiano.
Le Poste, inoltre, se vogliono fare la banca, dovrebbero lasciare che altri soggetti possano fare il recapito. Questo sinora non è avvenuto: le poste di Passera iniziarono a fare concorrenza alle banche nello stesso periodo in cui ottennero dal governo D’Alema (anno 1999) di blindare il mercato del recapito, accrescere il monopolio legale (unico paese dell’U.E. ad aumentare il monopolio mentre recepiva una direttiva liberalizzatrice), cancellare le concessioni alle agenzie di recapito cittadine e obbligare le medesime a lavorare per Poste, pena la chiusura e il licenziamento dei dipendenti.
Col 1^ gennaio 2011 il mercato del recapito nell’U.E. sarà pienamente liberalizzato ma sapete quale sarà la regola che i sindacati chiederanno e otterranno dal governo PdL (ma sarebbe lo stesso se fosse PD)? Quella di obbligare i nuovi entranti nel mercato ad adottare il contratto di lavoro di Poste Italiane. Si tratta della regola che, qualora applicata in passato ai lavoratori bancopostali rispetto al contratto Abi, avrebbe impedito qualsivoglia sviluppo dei servizi finanziari delle Poste.