Le parole oltre i numeri: brevi riflessioni sulla relazione del Commissario alla spending review—di Gemma Mantovani
Del “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali” ovvero della relazione predisposta dal gruppo coordinato dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli del 7.8.2014 forse non hanno colpito tanto e solo i numeri: credo piuttosto abbiano fatto tanta paura le parole.
Il documento è sintetico. Molte tabelle, numeri, appunto. Uno lo riporto: le partecipate in Italia sono circa 10.000, nella “statalista” Francia circa 1000!
Mi soffermo su alcuni concetti espressi:
1) “circoscrivere il perimetro” delle partecipate: dare attuazione piena alla finanziaria 2008 ossia l’ente pubblico deve evitare di produrre beni e servizi che il settore privato può offrire;
2) trasparenza e opinione pubblica: trasparenza sulle partecipate vuol dire maggior pressione da parte dell’opinione pubblica e quindi maggiore efficienza. Si propone la messa a disposizione al pubblico di indicatori di efficienza e strumenti di business intelligence. I cittadini devono essere in grado di valutare la maggiore o minore economicità ed efficienza gestionale che deriverebbe dal togliere dalla mano pubblica la gestione/offerta di un bene o servizio.
Cottarelli fa un richiamo normativo, non ad una legge Repubblicana ma ad una legge Giolitti del 1903! A buon intenditor! Legge che prevedeva una sorta di “referendum” confermativo che rendeva trasparente l’operazione dell’amministrazione.
Viene poi posta la domanda dirimente, indispensabile: potrebbe l’attività in esame (erogazione servizio bene ecc ecc) essere svolta dal privato? E potrebbe l’attività essere svolta direttamente dall’ente partecipante senza ricorrere ad una partecipata?
La prima questione che deve essere considerata è se sia appropriato che il settore pubblico operi in una certa area di attività nella fornitura di beni e servizi: da un lato c’è chi sostiene che il vincolo principale all’azione di imprese pubbliche debba essere costituito dalla necessità di operare allo stesso livello delle imprese private agendo quindi in modo efficiente e senza ricevere un supporto da parte del settore pubblico; un altro approccio più restrittivo è quello di chi, comunque, ritiene che il campo dell’azione delle partecipate debba essere strettamente limitato ai compiti istituzionali dell’ente di controllo che presumibilmente non si evadono con la produzione di beni e di servizi che possono essere forniti dai privati.
Questo secondo approccio, dice Cottarelli, è coerente con il principio sviluppato dagli studiosi di scienze delle finanze per cui l’intervento pubblico incluso l’intervento attraverso un’azione diretta piuttosto che attraverso la regolazione è appropriato solo in caso di fallimento del mercato.
La mera profittabilità di una azienda pubblica non ne giustifica l’esistenza. Questa posizione può essere motivata dicendo che prima o poi la presenza di una impresa pubblica corre il rischio di turbare il corretto funzionamento del mercato e provocare passività per la collettività per di più con modalità non trasparenti. Inoltre la crescita dell’occupazione pubblica nelle partecipate pone problemi di rigidità superiori a quelle esistenti nel settore privato, ulteriore fatto che dovrebbe scoraggiare la creazione di aziende pubbliche.
Il secondo approccio, insiste Cottarelli, è anche quello scelto dal legislatore con la L. 244/2007 art. 3 comma 27, peccato non sia stato “efficace” visto che in sette anni dalla sua vigenza, sono state costituite almeno 1264 partecipate il 16% di quelle esistenti!
E ancora una frase lapidaria: “Si dovrebbe eliminare la possibilità di affidamenti in house o la sua ulteriore eliminazione anche al di là della disciplina comunitaria” (e con buona pace dei comitati referendari e della corte costituzionale!!). Questo costituirebbe un passo importante per valutare in modo oggettivo la possibilità da parte del mercato di fornire i servizi richiesti e rendere l’affidamento per gara la modalità tipica di affidamento.
Passando poi al capitolo relativo a come rendere più efficienti le partecipate esistenti, innanzitutto viene sottolineata l’importanza dello sfruttamento delle economie di scala.
Per il settore idrico si propone di intervenire sulla normativa ATO allo scopo di estendere i bacini territoriali di riferimento per gli affidamenti avendo come area obiettivo un livello sopraprovinciale, altro che le frammentarie micro realtà che si sono create a che rispondono solo a logiche politiche/partitiche e di gestione dei poteri locali!
Il capitolo TPL sulla riforma del sistema del trasporti pubblici è a dir poco illuminante: elevati costi operativi unitari, bassa qualità di alcuni servizi, bassa incidenza dei ricavi da traffico rispetto ai costi operativi, significativo eccesso di offerta rispetto alla domanda.
Vale la pena qui richiamare qualche numero: costo operativo per km in Italia 3,3, in Germania 2,8, in UK 1,8.
Ed ecco le soluzioni proposte: intervento sui ricavi rimodulando le tariffe, troppo basse. E come intervenire sui costi: sulla bassa produttività del trasporto su gomma influiscono sì la congestione del traffico delle nostre città, certamente, ma anche le “udite udite” generose condizioni normative piuttosto che salariali stabilite nelle contrattazioni a favore dei dipendenti.
Qualcuno dirà che anche Carlo Cottarelli vuole fare la Thatcher!
La sintesi dei concetti espressi nella relazione è una sola: lo Stato non può, non deve erogare, gestire, fornire, beni o servizi che i privati possono offrire.
Io mi sono persuasa che si sia scelto di mettere un po’ da parte il lavoro di Carlo Cottarelli, ma non tanto perché “tagliare” è impopolare, no, non per questo: penso che l’“accantonamento” del lavoro prezioso di Carlo Cottarelli sia dovuto proprio alla limpida e cristallina presa di posizione politico-economica sul ruolo dello Stato attraverso le partecipate come competitore economico: un ruolo da eliminare, da ridurre ai minimi termini, per il bene del nostro Paese. Accettare il documento è accettarne le imprescindibili valutazioni che ho in sintesi selezionato e riportato: è accettare quelle nette convinzioni liberali sul ruolo dello Stato nel mercato.
Questo e’ uno degli articoli piu’ interessanti letti ultimamente.
Purtroppo c’e’ poco o nulla da commentare.
” l’“accantonamento” del lavoro prezioso di Carlo Cottarelli sia dovuto proprio alla limpida e cristallina presa di posizione politico-economica sul ruolo dello Stato attraverso le partecipate come competitore economico” racchiude l’alfa e l’omega di tutti i discorsi, ed e’ un criterio praticamente universale, applicabile a tutti gli aspetti della nostra vita, che abbiamo scelto di regolare tramite lo stato.
Che fare? L’abbiamo scelto noi!
Complimenti per la sintesi.