16
Feb
2012

Le esternalità negative delle fonti rinnovabili

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Giuseppe Artizzu.

Venerdì scorso l’Autorità per l’Energia ha enunciato principi e modalità per assoggettare, in via d’urgenza, le fonti rinnovabili non programmabili (principalmente solare, eolico e idroelettrico ad acqua fluente) ad oneri di sbilanciamento. Gli impianti non programmabili, al pari di quelli programmabili (termoelettrici convenzionali e idroelettrici a bacino), saranno cioè assoggettati a penali per le deviazioni della produzione effettiva da quella programmata (basata necessariamente su previsioni meteo).

Il razionale è chiaro: gli errori di previsione, sbilanciando la rete in tempo reale rispetto all’assetto programmato, creano dei costi per Terna, che deve disporre specularmente la riduzione o l’aumento della produzione degli impianti convenzionali al fine di controbilanciare le deviazioni. Il costo di tali servizi prestati a Terna dagli impianti convenzionali viene oggi “socializzato” in bolletta, piuttosto che ribaltato sulle rinnovabili non programmabili in forma di penali di sbilanciamento.

Nelle parole dell’Autorità, la socializzazione dei costi di bilanciamento “non è cost reflective”, e configura un “ulteriore incentivo implicito per le fonti rinnovabili non programmabili”. Le ipotesi di intervento proposte dall’Autorità sono ragionevoli, salvo criticità di natura implementativa sulle quali non si tedierà il lettore. Nel merito, quindi, poco da dire.

Tuttavia lo zelo dell’Autorità nell’identificare e sanzionare le diseconomie esterne delle fonti rinnovabili è economicamente ortodosso ma filosoficamente grottesco. Il sistema energetico convenzionale è… fondato sulla socializzazione delle esternalità negative della produzione di energia.

È come se in una gara di ciclismo si contestasse l’uso di doping a un concorrente, lasciando che gli altri corrano in moto. Si dirà: sì, ma le rinnovabili sono sussidiate. Obiezione pertinente, ma non tiene: le rinnovabili smetteranno di essere incentivate, e l’assetto regolatorio deve creare un level playing field a tendere. Per alcune tecnologie gli incentivi sono stati già eliminati (a cominciare, con poche eccezioni, dai grandi parchi fotovoltaici) e numerosi imprenditori (fra cui chi scrive) stanno dando l’anima per dimostrare nei fatti che la grid parity non è uno slogan. La non perfetta prevedibilità di ventosità e irradiazione solare sono fisiologiche, così come la combustione di gas e carbone produce fisiologicamente anidride carbonica e particolato. Gli oneri di sbilanciamento graveranno sui conti economici delle rinnovabili, mentre gli impianti convenzionali continuano ad emettere più o meno gratis, uno dei tanti “incentivi impliciti” alle fonti fossili.

Qualche esempio terra terra, senza parlare di massimi sistemi: i blocchi del traffico nelle aree urbane per eccesso di PM10 chi li paga, la cittadinanza o la filiera degli idrocarburi? I costi di funzionamento delle vecchie centrali ad olio, perché col freddo la Russia ci ha tagliato il gas e i rigassificatori hanno fatto cilecca, chi li pagherà: gli importatori di gas spiazzati da force majeure o i consumatori in bolletta? I costi di smantellamento e bonifica dei siti petrolchimichi dismessi chi li paga? Nessuno, e rimangono lì, ferite putrescenti del nostro territorio.

Sia chiaro: qui nessuno suggerisce la possibilità di fare a meno dei combustibili fossili. Il punto è che se a tendere il prezzo delle rinnovabili deve essere cost reflective, a maggior ragione lo deve essere quello delle fonti fossili, che hanno le sconvenienti caratteristiche di essere esauribili e largamente importate da paesi poco affidabili. Le direttive europee dello scorso decennio, a cominciare da quelle sulle emissioni di anidride carbonica, avevano orientato la produzione normativa in tale direzione.

Con la crisi economica e il faro sulla competitività dei sistemi-paese, la chimera dell’energia a basso costo è tornata alla ribalta.  L’internalizzazione dei costi esterni dei combustibili fossili non è più una priorità, mentre i sussidi e gli “incentivi impliciti” alle rinnovabili sono il problema. Con buona pace del mercato, la cui efficienza allocativa (soprattutto nel tempo, in una dimensione intergenerazionale) dipende dalla capacità dei prezzi di riflettere le esternalità della produzione dei beni e servizi.

Torniamo al nostro orticello. Impotente di fronte al caro-energia di importazione, da tempo l’Autorità vede come il fumo negli occhi i costi associati alla crescente penetrazione delle rinnovabili (ed in particolare del fotovoltaico). Non avendo competenza sui meccanismi di incentivazione (in mano al legislatore che li ha gestiti in modo sciagurato), l’Autorità ha scatenato una grandinata di provvedimenti tecnici per arginarne la crescita: fidejussioni per prenotare la capacità di connessione (solo per le rinnovabili, le fossili viaggiano gratis); cancellazione dei premi per i costi evitati di distribuzione e le perdite di rete evitate dalla generazione distribuita; ed ora assoggettamento ad oneri di sbilanciamento. Provvedimenti spesso basati su istruttorie affrettate, e che altrettanto spesso colpiscono tutta la generazione distribuita, non sempre incentivata e non solo alimentata da rinnovabili. L’Autorità si appresta anche a chiedere a Terna di quantificare “la massima penetrazione da fonte rinnovabile intermittente compatibile con l’assetto del sistema”. Il tutto condito da una strategia di comunicazione estremamente aggressiva sui costi diretti ed indiretti delle rinnovabili.

Il risultato è paradossale: per mitigare gli effetti di politiche di incentivazione sbagliate, l’Autorità sta minando preventivamente la competitività delle energie rinnovabili in uno scenario che superi la logica dell’incentivazione. In un paese che ai primi venti da est rischia di dover bruciare i mobili per scaldarsi, che logica ha tutto questo?

Giuseppe Artizzu è Amministratore Delegato di Cautha S.r.l.

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15 Responses

  1. Davide Gionco

    Concordo con l’analisi presentata, sia a livello tecnico che a livello “logico”.

    A mio parere l’Italia paga una volta di più la sua carenza di progettazione, politica innanzitutto, a medio e lungo termine.
    L’utilizzo di fonti rinnovabili discontinue come il solare e l’eolico avrebbe richiesto non solo incentivi alla produzione, ma anche una ristrutturazione della rete.
    Se oggi la rete è in qualche modo unidirezionale, ovvero vi sono relativamente poche centrali elettriche a produzione controllata che immettono energia in rete, un domani la rete sarà costituita da generatori diffusi a produzione non controllata.

    Questo passaggio richiede sia un adeguamento fisico della capacità di trasporto delle reti periferiche, sia nuovi sistemi di gestione.
    Le “smart grid” per la gestione di un gran numero di produttori fotovoltaici sono già una realtà da diversi anni in Germania.
    Inoltre è vero che la produzione da fonti rinnovabili non è controllabile, però è in qualche modo prevedibile mediante le previsioni meteo.
    So che esistono già dei sistemi di gestione che anticipano le variazioni di produzione di energia elettrica in funzione dei dati meteo e regolano la rete di conseguenza.
    Regolano le centrali a produzione controllata, ma arrivano anche potenzialmente a regolare l’orario di l’utilizzo di utenze domestiche, come le lavatrici.

    Riguardo agli incentivi, temo che fra massimo 10 anni i costi delle energei rinnovabili saranno scesi, ma soprattutto il costo del petrolio sarà aumentato di almeno 5-8 volte.
    A quel punto la loro redditività non sarà più questione di incentivi.

    Infine volevo far notare come la distribuzione degli incentivi sia stata molto sbilanciata verso la produzione piuttosto che verso il risparmio energetico.

    Sappiamo che il potenziale di riduzione del fabbisogno di energia per riscaldamento in Italia è oggi, allo stato attuale delle tecnologie già note e in commercio, di almeno il 50%.
    E il tempo di pay-back di questi investimenti è certamente inferiore a quello dei pannelli fotovoltaici.

    Mi auguro che chi di dovere ripensi interamente le politiche energetiche a medio e lungo termine.

  2. Fabio

    Anche tralasciando le numerose affermazioni “pro domo sua” di Artizzu, la logica conseguenza di quello che dice è che forse sarebbe più semplice non incentivare le fonti rinnovabili ma penalizzare le fonti fossili in base alle esternalità negative che la società gli riconosce (“Carbon tax”) …

  3. Paolo masiello

    Aggiungo ai corretti commenti di Davide l’incredibile costo di disefficienza rete ( di cui la nostra e’ forse la piu’ complessa) e l’unidirezionalita’ delle protezioni elettriche come problema di rilevo e ad Artizzu suggerisco in merito a comportamenti non virtuosi di guardare i dati dei ripompaggi degli impianti idroelettrici italiani abilitati ove si vede che una tecnologia arcinota viene semplicemente dimenticata benche’ altamente efficiente. Cercasi piano energetico e non piano di sussidio di energie rinnovabili.. Magari poi qualche denitrificatore e desolforatore e filtro su qualche centrale nn farebbe schifo.. La lista e’ veramente lunga

  4. Lorenzo

    Cicero pro domo sua.
    Le rinnovabili sono state sciaguratamente incentivate e godono di svariate facilitazioni.
    Tra queste c’è anche quello di potere riversare in rete la loro produzione in qualunque momento mentre ad altri resta il compito di inseguire il carico.
    Non è questione di “rete”. Per quanto la rete sia smart, ci deve essere istante per istante l’equilibrio esatto fra la potenza prodotta e quella consumata dagli utenti. Molte rinnovabili sono quindi un vero disturbo e siccome possono anche mancare non risparmiano l’installazione di una sola centrale convenzionale.
    Poi le rinnovabili costano molto care. Il solo fotovoltaico, per produrre circa 3% (tre percento) della corrente di cui abbiamo bisogno, ci costerà 10 miliardi di euro all’anno per i prossimi 20 anni.
    Se le politiche sono state solo “a tutto gas”, col risultato di essere allacciati al “tubo scorsoio” e fotovoltaico (come dire che un povero affamato compra caviale invece che una robusta pastasciutta), difficile andare lontano. E’ chiaro che industrie energivore a questo punto scappano all’estero, non bastando altri problemi.
    Penalizzare ulteriormente le fonti fossili? Con altre tasse ed accise? A che pro? L’uso di fonti fossili è già una formidabile fonte di reddito per quel mostro assetato di soldi che è lo stato. Non basta? Vogliamo buttare altri soldi dalla finestra?
    Avanti così e Giannino non toglie mai più i doors.

  5. Ogni attività imprenditoriale, ogni forma di incentivo che sia rivolta a privato o PMI in Italia è sempre stato un fallimento!! Perché !!!! Perché siamo governati da incompetenti.
    A Napoli dicono: cha Nisciun é fess, mentre dalle mie parti dicono, “Chi è più fesso Carnevale o chi lo porta sulle spalle??”

    Noi cittadini Italiani siamo caduti con tutto il ns. Corpo e la ns. Casa nella bocca dei falsi Incentivi Fotovoltaici installando strutture già allora obsolete e non investendo in altre più redditizie da un punto di vista di “autonomia”
    E bene si, cari signori, la vera vittoria in campo energetico è l’autonomia. L’autonomia con i pannelli di shirling

  6. Davide Gionco

    @Piero Di Bello
    I pannelli solari accoppiati a motori shirling costano certamente meno dei classici fotovoltaici.
    Hanno però necessità di essere installati a terra, con sottrazione di prezioso spazio all’agricoltura (a meno di non metterli sulle montagne, ma con impatto estetico e di infrastrutture non trascurabile).

    E in ogni caso presentano lo stesso problema dei fotovoltaici, con picchi di produzione quando c’è molto sole.

    Il problema di ristrutturare la rete elettrica e la sua gestione mediante i sistemi smart-grids si ripropone.

  7. Davide Gionco

    @Lorenzo

    Non concordo con la sua analisi.
    E’ un dato arcinoto agli addetti di settore dell’energia (io sono fra questi, lavorando in Svizzera nel settore risparmio energetico) che entro massimo una decina d’anni la curva di domanda del petrolio supererà abbondantemente le capacità di estrazione. E questo a causa del progressivo esaurimento dei giacimenti di petrolio, che andrà verso il quasi totlae esaurimento fra circa 30 anni.
    Questo significherà una impennata dei costi del petrolio e, a ruota, del gas.

    E significherà un salasso per la bilancia commerciale italiana.

    A quel punto l’uso delle fonti rinnovabili diventerà conveniente da solo, senza bisogno di incentivi.
    Il problema sarà che, come sempre, l’Italia non sarà pronta, mentre la Germania, come sempre, si sta già preparando.

    L’utilizzo di fonti rinnovabili a regime discontinuo obbligherà ad una gestione intelligente dei flussi di energia verso la rete. Questa gestione si chiama tecnicamente “smart-grids”.
    Da un lato sarà necessario aumentare la capacità delle linee di trasporto dell’energia, che oggi sono molto capaci in uscita della centrali elettriche e poco capaci in vicinanza degli utenti. Ma se la produzione di energia sarà (e certamente lo sarà) decentralizzata sui tetti delle abitazioni, allora dovrà essere aumentata la capacità di tutte le linee elettriche periferiche.
    Tutto questo non lo si realizza in 1-2 anni di lavoro, ma ci vogliono almeno 15 anni di investimenti mirati. La Germania lo sta già facendo da anni. Noi non abbiamo ancora fatto nulla e siamo già in ritardo di 5 anni rispetto alla “scadenza”.

    Dall’altro lato la gestione intelligente significa che se per domani si prevede molto sole, allora oggi svuotiamo i bacini idroelettrici per produrre energia.
    Domani il surplus di energia verrà accumulato ripompando acqua nei bacini a monte, in modo che l’energia sia disponibile quando non ci sarà abbastanza sole.
    gestione intelligente significa ad esempio la possibilità di comandare a distanza l’accensione delle lavatrici nelle abitazioni private proprio nei momenti in cui si ha maggiore produzione di energia solare.

    Un discorso parallelo sono poi gli investimenti sul risparmio energetico.
    Da operatore del settore posso dire che esistono dei margini reali di riduzione di almeno il 50% dei consumi per riscaldamento e delle utenze elettriche, semplicemente applicando tecnologie già note e sul mercato.
    Per realizzare questi risparmi, però, sono necessari dei cosicui investimenti e sono necessari molti anni di lavoro.
    Quando fra 10 anni il costo del petrolio sarà 5-10 volte superiore ad oggi, ci si renderà conto della convenienza di tali investimenti, ma -tanto per cambiare-, saremo ancora in ritardo.
    E sarà ancora un salasso per la nostra bilancia commerciale.

    Eppure per un paese come l’Italia, che non dispone di petrolio né di gas, ma dispone di ottimi ingegneri e di imprese capaci, il risparmio energetico dovrebbe essere la prima risorsa energetica.
    Ve lo dice un ingegnere che è emigrato in Svizzera, non a causa della mancaza di lavoro, ma della mancanza di denaro per i pagamenti nel settore risparmio energetico

  8. Lorenzo

    @Gionco

    Piacere. Svizzero, ingegnere, che lavora nel settore energia in Italia.
    Era altrettanto arcinoto che dal 2000 il petrolio è finito.
    In Svizzera c’è il nucleare e si arriva addirittura al riscaldamento elettrico diretto. Loro (noi) non hanno fatto per viltade il gran rifiuto.

  9. Augusto Albeghi

    Posso trasecolare?

    Avevo perso l’articolo in uscita ma è una vera perla di logica per inversione di causa ed effetto.

    Sgombro subito il campo: assieme alle rinnovabili occorrono le smart grid e il legislatore non lo sa, non le incentiva e perde l’occasione di posizionare l’Italia all’avanguardia di un settore tecnologico ad alto valore aggiunto.

    Il punto però è altro. Gli incentivi non si danno mica per motivi economici, ed è ben noto che il costo delle rinnovabili è superiore a quello di fossili e nucleare.
    Gli incentivi si danno perché ridurre le emissioni di CO2 è un obiettivo assolutamente prioritario. E’, su scala pateticamente ridotta, un tentativo di diminuire il cambiamento climatico del pianeta. E’ poco ma si comincia sempre con poco e l’obiettivo ha un valore in se e per se.

    A me, ed a chiunque sia dotato di un briciolo di senso comune, va bene pagare l’energia di più per uno scopo che è oggettivamente corretto.

    Per cui alla obiezione che le rinnovabili presentano delle “esternalità negative”, non posso che rispondere “pazienza, sono più importanti del loro impatto economico”.

  10. matteo

    Lorenzo :@Gionco
    Piacere. Svizzero, ingegnere, che lavora nel settore energia in Italia.Era altrettanto arcinoto che dal 2000 il petrolio è finito.In Svizzera c’è il nucleare e si arriva addirittura al riscaldamento elettrico diretto. Loro (noi) non hanno fatto per viltade il gran rifiuto.

    come non quotare!

  11. Daniele

    le rinnovabili sono importanti e come paese dovremmo svilupparle di più, seguendo l’esempio di Belvedere spa che nella discarica di Peccioli (PI) punta tutto sullo sviluppo di questo modo di fare energia

  12. Pier Luigi Caffese

    Ho l’impressione che in Italia ci sia la massima ignoranza sullo smart grid e di cosa significhi bilanciare le rinnovabili,che si bilanciano benissimo con l’hydro modulare che è visto come fumo negli occhi da ENEL E NON CAPITO NE DALL’AUTHORITY NE DA TERNA.Ora l’acqua è pubblica ed abbiamo la possibilità di 67 TWh se applichiamo il modulare ad 1 fase giorno e 134TWh se applichiamo 2 fasi giorno.cioe’ se tutti gli invasi applicano il modulare abbiamo da 67 a 134 Twh disponibili e non vedo per quale ragione il Governo non parta,lasciando a marcire i progetti di Terna che non ci capisce niente in materia.Terna si preoccupi di efficientare la trasmissione di potenza con elpipes che perde solo l’1% contro il loro 16%.Certo in Italia ci sono dei pazzi che vogliono bilanciare le rinnovabili con il gas come se avessimo le riserve di Putin.Poi tirano fuori la storia che siamo pieni di gas e petrolio in mare.Quando imparreranno che le intermittenti vento e sole si bilanciano benissimo con l’hydro modulare che non è morto,
    proprio perchè si modula come si vuole.Ma bisogna imparare la tecnologia e autoconsumare solo il 17% e non il 100% come ha detto Terna al Senato.

  13. Carlo Maschio

    Caro Giannino
    come quasi tutte le mattine seguo la sua rubrica tenuta presso Radio 24 il Sole 240re.
    Stamane tra i suoi ospiti c’era un rappresentante di quella che non esito chiamare un’altra lobby e specificatamente quella delle energie rinnovabili . Nel caso specifico ho dovuto ascoltare i lamenti di una grosso produttore marchigiano di pannelli fotovoltaici evidentemente colpito negli sperati grassi guadagni che provengono dalle folli sovvenzioni che lo stato italiano dà a chi installa tali dispositivi.
    Faccio una premessa : non sono affatto convinto che i cambiamenti metereologici a cui stiamo assistendo siano esclusivamente colpa della antropizzazione e come stanno dimostrando degli studi fatti Germania ed altrove vi sono stati cicli di grandi riscaldamento o raffreddamento anche in secoli recenti quando l’inquinamento atmosferico non esisteva
    Tornando a bomba : forse ero distratto o non sono in grado di capire ma non riesco a vedere i vantaggi personali e per la collettività di queste installazioni .Evitando i voli pindarici dei vari Realacci & C la realtà e che l’energia elettrica costa sempre di più grazie anche alla voce in bolletta che giustifica il fatto che la moltitudine paga un balzello per permettere alla catena di speculatori che parte dal produttore di pannelli fotovoltaici , prosegue con l’installatore e termina con l’utilizzatore di poter vendere a Terna il chilovattora a prezzi scandalosamente più alti di quelli che possono praticare le fonti tradizionali di produzione. Se vivessimo in un paese con un minimo di serietà ci concentreremmo di più nel costruire o ristrutturare edifici civili e non in modo di limitare le perdite termiche e come già avviene sfruttare il solare termico per la produzione di acqua calda ; se poi uno vuole installare qualche forma di produzione elettrica a mezzo fotovoltaico od eolico lo faccia pure se pensa che gli convenga ma non pretenda di camparci grazie alle sovvenzioni truffa.

    Cordialità

  14. mattia

    @Lorenzo
    Sei ubriaco.
    Fino a quando parli in generale si può anche ascoltare e provare a crederti, quando passi ai dati ( 10 miliardi per 20 anni il costo del fotovolataico, sono 5,6 oggi e 7 il limite totale ) vien da ridere.

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