Le dimissioni di Cardia: non ho parole
Il presidente della Consob ha ritenuto di presentare le sue dimissioni al governo, poiché non in grado di garantire l’allineamento della maggioranza del collegio alle indicazioni del Parlamento in materia di direttiva sulla trasparenza. La Consob aveva recepito la direttiva che accomuna a tutti gli effetti Internet alla carta stampata, in materia di pubblicazione obbligatoria di avvisi dovuto al mercato in occasioni come IPO, convocazioni d’assemblea ecc. Il Parlamento, su forte pressione degli editori, aveva chiesto all’unanimità di tornare alla preferenza della carta stampa. Ma il collegio Consob, del tutto legittimamente, non ha cambiato idea.
Incredibilmente, a quel punto, Cardia si è dimesso nelle mani del governo. Il quale ha naturalmente concordato con lui preventivamente il respingimento della sua iniziativa, dandogli atto con grande compiacimento del rispetto mostrato verso la volontà del legislatore.
Non trovo parole per commentare. Dunque scelgo di misurarle. Si affossa l’idea stessa di Autorità indipendenti che vigilino sul mercato, una volta che il loro stesso presidente ritenga doveroso “inchinarsi” alla volontà della politica. Tanto vale abolirle e tornare alla sorveglianza ministeriale, se questo è lo spirito ormai destinato a prevalere in Consob, Agcom, Antitrust. Comprendo che Cardia si sia così programmaticamente meritata attenzione e riconoscenza, oltre che della politica, dei grandi editori italiani. Ma ha reso un pessimo servizio allo stesso fine per cui la Consob esiste.
Temo , purtroppo, che ci sia qualcosa di ancor più grave. La procedura odierna mi risulta concordata col governo, anche al fine che altri presidenti di Autorità indipendenti, considerati assai meno malleabili, capiscano la lezione e riflettano, su ciò che ci si aspetterebbe da loro. La lezione è per via Nazionale, per parlar chiaro. Qui mi fermo. Meglio. Mi uscirebbero parole troppo veementi. Non di assenso o dissenso all’operato di questo o di quello, tra via Nazionale ed Economia. Ma perché sono i princìpi, che vanno preservati prima di ogni confronto di merito. Senza princìpi, finisce tutto in vacca.
Però a parte queste lontanissime schermaglie di Palazzo, e a parte la faraonica e immagino costosa burocrazia e ridondanza di queste varie “Authority”, rimane il dubbio, come comunissimi cittadini-vasi di coccio, sulla EFFETTIVA esistenza, non solo formale e retorica, di Autorità di controllo e normative che operino nel REALE interesse dei suddetti comunissimi cittadini (che le pagano) e non di altri centri di potere. Accertato chi controlla chi e nell’interesse di chi ci si può dedicare al resto.
P.S. ben ritrovato Direttore, mi mancava dai bei tempi del suo imperdibile LiberoMercato.
Senza entrare nel merito dei giochi di potere, mi sembra però che la decisione finale di reitrodurre l’obbligatorietà su un quotidiano, oltre che su Internet, sia una maggiore tutela dei risparmiatori/utenti finali. Mi sarei scandalizzato molto di più se fosse avvenuto il contrario. In questo caso l’intervento della politica modifica di fatto una decisione dell’Authority (che peraltro non mi sembra fosse unanime) tesa anch’essa a salvaguardare l’interesse di una categoria (far rispamiare quanche migliaio di Euro cad. alle società quotate ed ai fondi) a discapito della completa informativa al rispamiatore. Non mi sento di biasimare l’ingerenza, questa volta.
Segnalo questo articolo di LaVoce.info sullo stesso tema:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001180.html
— Davide
Caro Direttore,
condivido pienamente quanto da Lei scritto. Si può essere o non essere d’accordo sull’opportunità di pubblicare anche sui giornali le informazioni societarie obbligatorie, ma certamente non si può non condividere l’idea che l’indipendenza della Authority che controlla il mercato è uno degli elementi fondamentali per la credibilità del mercato stesso. Credibilità che, in un momento di profonda crisi come questo, non si può e ancora una volta e così profondamente mettere in discussione.
Caro Giannino,
mi complimento per la sua onestà intellettuale: l’ho sentita attaccare questa aberrazione legislativa , che trova consenso tra governo e forti editori, da radio 24 – figlia di uno dei tanti più o meno forti, più o meno poteri della nostra scalcagnata Italia.