Le cajas al centro dei problemi della Spagna
Tutti i nodi vengono al pettine. L’attenzione dei mercati sul debito pubblico dei diversi Paesi si sposta velocemente: mentre non scema la preoccupazione di un prossimo salvataggio del Portogallo, la Spagna continua a navigare a vista. Il Ministro dell’economia spagnolo Elena Salgado ha annunciato che serviranno almeno 20 miliardi di euro per salvare le Cajas spagnole, anche con soldi pubblici. Questo è il piano di riforma del Governo Zapatero che ha l’obiettivo di trasformare le casse di risparmio in entità bancarie.
In Spagna, il settore bancario è particolarmente debole, non tanto dal lato delle banche vere e proprie, segmento nel quale sono presenti due giganti della finanza, Banco Santander e BBVA, quanto dal lato delle casse di risparmio, le cosiddette cajas.
Quest’ultime sono controllate direttamente dalla politica e nonostante il Governo abbia già messo sul piatto circa 12 miliardi di euro nel 2010 per favorirne le fusioni, questi denari pubblici sono risultati insufficienti.
Il Ministro dell’economia ha annunciato ieri la riforma del settore, affermando che se le casse di risparmio non troveranno capitali privati entro 9 mesi, lo Stato Spagnolo sarà costretto ad intervenire entrando direttamente nel capitale delle stesse.
Questa legge obbliga le cajas a portare il core capital all’8 per cento con l’intento di tranquillizzare i mercati. La domanda che è lecito porsi è questa: possono essere tranquillizzati i mercati con una riforma che vede un intervento diretto dello Stato spagnolo?
I problemi delle cajas sono alla base del problema spagnolo. Queste entità sono state gestite malamente con criteri politici e pesantemente immobilizzate a causa dello scoppio della bolla immobiliare a fine estate del 2007. Nel corso del 2010 il Governo Zapatero aveva già tentato una riforma di queste istituzioni.
Il criterio politico è sempre stato alla base delle scelte “aziendali”. Un anno orsono era stato il caso di Caja Madrid, la prima cassa di risparmio spagnola. Il cambio al vertice si era concluso con l’arrivo di Rodrigo Rato (che rimane un ottimo profilo con esperienze internazionali), ma dopo una lunga lotta all’interno del Partito Popolare che vedeva contrapposti i vertici nazionali a quelli regionali. Una lotta che aveva bloccato l’elezione del presidente in un momento delicato per il settore bancario europeo.
Un altro elemento che dimostrava l’eccessiva politicizzazione delle casse di risparmio si era registrato lo scorso anno, quando grazie al fondo di ristrutturazione bancario (FROB) avevano ricevuto denari pubblici per fondersi e ristrutturarsi.
Gran parte delle cajas si erano unite seguendo un semplice criterio: quello politico. Perché Caja Madrid si è fusa con Bancaja? Semplicemente per il fatto che entrambe le Comunità sono governate dal Partito Popolare ed in questo modo un determinato partito politico non perdeva il controllo diretto.
Qualcosa era stato fatto alcuni mesi fa quando tramite una “riforma” bipartisan; l’entrata di investitori privati nelle casse di risparmio era stata autorizzata, ma di fatto non si era mosso nulla.
Ma quale interesse possono avere le casse a vedere l’entrata di privati? Alcune cajas, le meglio gestite, potrebbero anche trovare degli investitori che mettano dei capitali per cercare di portarle fuori dalla crisi. Molte potrebbero invece continuare a rimanere pubbliche e vedere solamente l’immissione di altro capitale pubblico. Caja Madrid che si è unita a Bancaja pochi mesi fa e Catalunya Caixa sono quelle che necessitano diversi miliardi di euro per soddisfare i criteri che il Governo spagnolo sta imponendo.
Tranquillizzare i mercati con il salvataggio delle cajas tramite 20 miliardi di euro pubblici, pari al 2 per cento del PIL spagnolo non sembra essere la misura migliore. Inoltre uno studio di Nomura evidenzia che per raggiungere l’obiettivo del Governo in realtà servirebbero 43 miliardi di euro e dunque l’esborso Statale rischia di essere superiore a 4 punti percentuali del prodotto interno lordo.
Una riforma seria del settore delle Cajas è essenziale per togliere la Spagna dal mirino degli attacchi degli investitori.
Se questo punto non verrà risolto velocemente dopo il Portogallo, il paese guidato da Zapatero potrebbe finire nell’occhio del ciclone.
Buongiorno,
nell’articolo viene spiegato in modo esauriente che il problema del sistema bancario spagnolo non risieda tanto nei grossi gruppi, ma più che altro nelle casse di risparmio.
Non so se tale sistema corrisponda a quello territoriale esistente in Italia, ma stiamo verificando che anche molte piccole banche italiane stanno attraversando notevoli problemi di liquidità.
Prima dell’esplosione della bolla, i c.d. “profeti” dell’economia avevano predetto l’arrivo di una crisi finanziaria (collegata al settore immobiliare). Ricordo bene, però, che era stata sostenuta le tesi secondo la quale la crisi avrebbe colpito i grandi gruppi bancari, facendo salve le c.d. “banche del territorio”.
Sbaglio o sono proprio queste banche che stanno soffrendo di più la crisi (tanto in Spagna quanto in Italia)?
O forse ciò è dovuto ai piani di salvataggio che hanno riguardato solo i grossi gruppi bancari?
@Marco
Probabilmente si tratta di problemi di “too big to fail”: le banche grandi sono maggiormente protette delle banche piccole e dunque nessuno testa se sono sicure, tanto alla fine pagherebbe il contribuente.
Però potrebbero esserci altri problemi: le banche piccole sono locali e subiscono maggiormente gli shock locali senza diversificare, dunque una banca piccola in Spagna è in posizione peggiore di una banca spagnola grande dove magari il 70% del business è fuori dalla Spagna.