Le banche centrali Re Mida, l’eccesso di pseudo-moneta
di Leonardo Baggiani e Silvano Fait (IHC)
Per capire quanto il mercato obbligazionario possa trovarsi in futuro sotto pressione, si può dare un occhio a qualche report di Standard & Poor’s, tra cui uno citato anche dal Sole24ore: da qui al 2013, dovranno essere rimborsati più di 3.000 miliardi di dollari, con un picco di 903 miliardi previsto per il prossimo anno, ed a questo vanno aggiunte le necessità di cassa degli Stati sovrani (circa 870 miliardi di dollari a titolo di rifinanziamento solo 2011, più gli oneri derivanti dal servizio del debito e il finanziamento dei rispettivi deficit). La conseguente, ed evidente, scarsa sostenibilità di politiche di deficit spending ed il rischio che queste possano spiazzare la domanda privata di fondi. In questo scenario la BCE non potrebbe ritirarsi dal suo monetary easing, anzi dovrebbe trovarsi ad incrementarlo. La nuova “moda” del debito potrebbero essere i covered bond, la cui emissione è incrementata del 60% nel primo semestre dell’anno in seguito al programma di acquisto previsto dalla Banca Centrale (tale programma è terminato il 30 giugno, ma vi sono tutti i presupposti per riedizioni future più o meno analoghe). E che ne sarà delle tanto sbandierate “politiche di sterilizzazione monetaria”? Come evidenziato anche da Bagus, tali interventi comportano comunque un drenaggio di fondi che renderebbe più restrittive le condizioni del mercato interbancario, a da lì sul resto dell’economica, il che va “contro” il quadro appena sopra disegnato. La situazione non sembra offrire vie d’uscita: imperante e imperituro monetary easing. Riguardo l’aspetto più “quantitativo” del monetary easing, inciderà sicuramente la disponibilità di capitali strategici provenienti dall’estero, di cui una possibile anteprima è stata offerta con gli acquisti cinesi sui titoli di Stato spagnoli: questo alleggerirebbe il compito della BCE riducendo in generale la pressione sull’obbligazionario seppur rischiando un nuovo “patto scellerato tra oriente e occidente”.
Ma la partita più interessante si gioca ormai sul piano qualitativo, tanto da mandare in secondo piano il mancato rinnovo a inizio luglio della mega-operazione a un anno per oltre 400 miliardi di euro, che non può considerarsi “compensato” semplicemente da quelle poche decine di miliardi di euro di acquisti di covered bond. D’altra parte la grande creazione centrale di base monetaria non ha avuto tutti gli effetti moltiplicativi attesi: le banche hanno per lo più preferito parcheggiare le somme nelle deposit facility (e pure in debito sovrano fino ad annullarne il rendimento) piuttosto che rischiare un prestito privato. Nei fatti le riserve di liquidità in eccesso nell’eurosistema sono balzate a luglio 2009 verso i 300 miliardi di euro, e dopo il minimo di inizio anno sono rimbalzate fino a circa 350 miliardi di euro a inizio luglio 2010 appena prima della scadenza nella suddetta mega-operazione; scaduta la mega-operazione le riserve sono cadute verso i 140 miliardi di euro. Al netto, insomma, il sistema ha visto ridurre la quota di riserve in eccesso per circa 200 miliardi di euro (oltre la metà), ma gli effetti sull’interbancario non sono stati così drammatici come si temeva (l’euribor andrà ad aggiustarsi con un 1% sulla nuova scadenza media del rifinanziamento centrale probabilmente a tre mesi, tutto qui), il che indica che pure la fase espansiva è stata povera di risultati, sia per l’interbancario che per l’intero circuito del credito.
Le Banche Centrali stanno dando vita ad una vera e propria politica di creazione e ampliamento dei surrogati monetari, il qualitative easing. In un contesto di moneta irredimibile e monopolizzata dalla Banca stessa, ogni decisione espansiva in materia di accettazione di collateral o acquisto di una qualsiasi attività, conferisce a questa uno status di pseudo moneta, innalzandone la domanda e quindi il prezzo. Questo è ciò che avviene con i titoli di Stato, e che è avvenuto con i covered bond prima e con i titoli greci dopo il declassamento. Il rischio di controparte viene fortemente controbilanciato con la liquidabilità assicurata dalla Banca stessa (gli emittenti di questi surrogati monetari sono i primi ad esserne beneficiati a scapito degli altri soggetti poiché l’attività di espansione è non uniforme e discrezionale, quindi non è neutrale).
Se lo status di pseudo moneta di un qualsiasi asset viene definitivamente riconosciuto dal mercato, lo stesso asset entra agli effetti pratici nella massa monetaria, al punto che non sarà più indispensabile che la Banca Centrale converta immediatamente l’asset in “moneta strictu sensu”, e l’asset può arrivare a circolare come, appunto, moneta, semplicemente sulla fiducia che volendo, prima o poi, possa venir convertito in “moneta strictu sensu”. Vista la facilità con cui soprattutto gli Stati possono “creare” debito, e che fenomeni di “circolazione di certificati” come moneta non sono impossibili, esiste un significativo pericolo di una nuova forma di inflazionismo che sfrutta forme endogene di circolazione monetaria.
Ogni nuovo interventismo cerca di lenire il tessuto finanziario dove questo appare stressato. Lo scenario descritto a inizio articolo, quando andasse a minare lo stato di banche ed istituzioni finanziarie, è plausibile che spinga la Banca Centrale ad interfacciarsi ulteriormente anche con il mercato delle emissioni private, così che lei prima ampli tutti gli strumenti a disposizione delle banche commerciali per favorire l’evergreening del loro attivo, e poi allarghi la gamma di collateral accettati, per finire con la creazione di strutture o veicoli finanziari ad hoc. In questo modo la BCE acquisirebbe definitivamente il “tocco di Mida”, tramutando in “oro” tutto ciò che tocca; il problema è che Mida scoprì di non poter più alimentarsi, trasformando in oro anche il proprio cibo, e allo stesso modo la BCE potrebbe trovarsi “accerchiata” da (pseudo) moneta che ella stessa ha creato. E Trichet ha forti incentivi per cadere, consapevolmente o meno, nella spirale della pseudo moneta, in una nuova fase di qualitative easing piuttosto che dell’indistinto quantitative easing, rischiando che lui, il nostro Re della liquidità, diventi un novello Re Mida: la semplice politica monetaria (quantitativamente) espansiva ha mostrato una troppo ridotta efficacia perché si “perde” nella politica creditizia delle banche commerciali, quindi può diventare necessario cercare di scavalcare il sistema bancario facendo fluire liquidità, ad esempio sotto forma di acquisto di titoli quali covered bond, titoli di Stato, o accettazione di nuovi collateral ben specifici, fin nei settori che si vogliono specificatamente stimolare.
Qualcosa del genere era già stato detto nel 2008 riguardo la politica della Federal Reserve: scavalcare quel percorso fatto di finanziamenti della Banca Centrale alle banche commerciali e di speranze che quest’ultime concedano prestiti nell’economia, puntando direttamente con la propria liquidità “dentro” ai settori da sostenere. Il punto è che facendo questo si può finire appunto in un ambiente di pseudo moneta come sopra descritto. In una situazione simile le statistiche non riuscirebbero a cogliere questa forma di inflazione, anzi potrebbero descrivere una apparente riduzione degli aggregati monetari, specialmente quelli di grado inferiore, mentre il sistema già si muove su una moneta qualitativamente ampliata. Sterilizzazione apparente, e inflazionismo qualitativo; Re Mida potrebbe nemmeno accorgersi del suo “tocco”.
Considero il tasso di interesse di riferimento l’unico vero strumento in possesso delle Banche Centrali per poter orientare l’offerta di moneta,l’aggregato monetario;le altre operazioni accennate nell’articolo sembrano essere solo miseri palliativi messi in campo da una pletora di pavidi burocrati ma dubito che tali interventi siano in grado di far ripartire risparmi e investimenti.
Considero il tasso di interesse di riferimento l’unico vero strumento in possesso delle Banche Centrali per poter orientare l’offerta di moneta,l’aggregato monetario;le altre operazioni accennate nell’articolo sembrano essere solo palliativi messi in campo da una pletora di burocrati ma dubito che tali interventi siano in grado di far ripartire risparmi e investimenti.
FINALMENTE qualcuno che punta il dito sui tassi invece che sulla moneta in sé.
Comunque non mi pare che nessuno dica che le autorità riusciranno a “salvarci”, ma solo che ci proveranno, forse, per una strada più “diretta”. Per il resto vincerà comunque il ciclo, le autorità potranno solo farcelo “pagare” per molto tempo.