Latte politico, latte di mercato
Quanti sanno che una delle crescenze più famose in Italia è già francese? E quanto sanno che proprio questa crescenza è del gruppo Lactalis, al centro delle polemiche per la scalata Parmalat? Il sapore per i consumatori non è cambiato, ma evidentemente per la classe politica “l’invasione francese” ha un retrogusto amaro.
Il colosso dei latticini francesi ha lanciato l’Offerta Pubblica d’Acquisto per il 100 per cento di Parmalat, creando scompiglio nel panorama italiano. Il decreto “del latte nazionale” rischia a questo punto di essere inutile, se l’azienda guidata dai Besnier salirà verso la maggioranza assoluta di Parmalat.
Dopo essere arrivata alla soglia del 30 per cento, il Governo italiano si è mosso per cercare di fermare l’invasione francese, addirittura ponendo in essere un meccanismo di nazionalizzazione. La Cassa Depositi e Prestiti potrebbe intervenire per prendere il controllo della casa parmense, magari con l’aiuto di alcune aziende private, che tuttavia faticano ad uscire. Granarolo, che in un primo tempo sembrava molto interessato all’affare, lentamente è uscita di scena.
Certo il decreto rimane e potrebbe esserci un rilancio oltre i 2,6 euro offerti da Lactalis. Ma la CDP potrebbe mettersi a combattere una guerra di mercato per il controllo del latte? È davvero così d’interesse nazionale il settore caseario o dietro alla battaglia c’era il solco profondo che ha caratterizzato le relazioni industriali e non solo tra Italia e Francia negli ultimi due mesi?
Il vertice tra le maggiori cariche Governative di Italia e Francia che si è svolto oggi ha dato comunque dei segnali distensivi tra i due Paesi; forse non è un caso che l’OPA francese arrivi proprio nella giornata odierna. Le dichiarazioni del premier italiano Silvio Berlusconi vanno in questa direzione, verso una normalizzazione: “non considero l’OPA di Lactalis come ostile”.
E tornando al mercato, il prezzo offerto dai francesi non è elevatissimo, dato che gli stessi avevano acquistato azioni del gruppo Parmalat anche a 2,8 euro. Sarà il mercato a decidere se il prezzo è troppo basso o meno, come ricorda perfettamente Oscar Giannino, sempre che non arrivi una contro-offerta pubblica. L’offerta di Lactalis avrà 20 giorni di tempo per andare a buon fine e l’azienda francese ha affermato che Parmalat rimarrà in Borsa.
In tutta questa storia dove la politica s’immischia ancora una volta troppo nell’economia, quello che stupisce è l’avversione italiana agli investimenti diretti esteri. Per troppi anni la nostra stessa classe politica ha affermato che l’Italia doveva cercare di attrarre investimenti esteri e nel momento in cui arriva l’azienda straniera, si alzano le barriere dell’italianità.
Non è una questione di destra o sinistra; fu il Governo di centro-sinistra a non volere l’arrivo del messicano Carlos Slim alla guida di Telecom Italia e il Governo di centro-destra a non volere il salvataggio di Alitalia da parte del colosso franco-olandese AirFrance-KLM. Telefoni, aerei e formaggi. A cosa serve la nazionalità?
Il nazionalismo economico provoca solo danni e in un periodo difficile come questo, dove tre dei PIIGS sono già caduti, non si capisce questo interventismo economico da parte dello Stato.
L’Italia non si trova in una posizione facile, con un debito pubblico al 120 per cento del prodotto interno lordo e con l’economia che stenta a ripartire.
Gli investimenti esteri aiutano ad uscire dalla crisi. Sono fondi che arrivano direttamente dall’estero per creare valore nel nostro Paese ed occupazione.
L’intervento della CDP, per “far fuori” i francesi rischia di peggiorare la situazione e togliere la fiducia che i mercati hanno nel nostro Paese.
È bene quindi lasciare al mercato decidere se Parmalat deve finire in mano ai francesi o meno. La politica non deve fare il latte di Stato.
Se io fossi azionista di Parmalat sarei ben contento di vendere le mie azioni adesso, dopo un lungo periodo di risanamento da parte di Bondi e in una situazione di potenziale pericolo di crollo dei consumi del latte, se e quando dovessero diventare mainstream notizie come questa:
http://www.zerohedge.com/article/french-nuclear-group-warns-children-and-pregnant-mothers-should-protect-themselves-radiation
Non entro nel merito della attendibilità e obiettività di questa fonte, ma di certo non è l’attendibilità il parametro principale che i media dominanti usano per selezionare le notizie. Se solo notizie come questa dovessero filtrare dalla cortina di nebbia calata su fukushima, un caro saluto agli azionisti di aziende come Parmalat.
L’unica cosa che mi interessa è quella di cui nessuno parla:
l’antitrust cosa dice? Quali quote di mercato avrebbe Lactalis in Italia?
Lactalis è in grado di strozzare la concorrenza con l’acquisiziione di Parmalat? (sia dal lato fornitori che consumatori)
Se sì, allora abbasso i Francesi, se no, allora vive la France!
Riguardo alla dichiarazione del dott. Berlusconi che si tratti di un’OPA non
ostile, questo lo decide mica lui nè noi, ma il consiglio di amministrazione
della Parmalat. Queste affermazioni da tappetaro andrebbero commentate con
un certo puntiglio. Riguardo ai capitali stranieri, chissenefrega se la
proprietà è di tizio o caio, ben venga l’investimento estero: però
l’esigenza è che quando una fabbica viene comperata si conservi la sua
capacità di impresa e l’occupazione e non solo il marchio. Qui da noi, in
Emilia, c’è stato un preoccupante shopping di piccole e medie imprese da
parte di americani (i più spietati su questo aspetto) che hanno preso,
chiuso, trasferito, conservato al massimo il marchio quando prima c’era un
imprenditore che ci metteva anima e risparmi, c’era una filiera di
fornitori, un patrimonio di competenze, un radicamento nella collettività.
Insomma, c’è comperare e comperare. Voi direte: è il liberalismo, bellezza.
Chi si trova una fabbrica comperata e chiusa magari non si accontenta …
Sono d’accordo che saranno gli azionisti a decidere circa l’OPA di Parmalat.
La politica ha tuttavia dimostrato che s’interessa troppo alle questioni di mercato e il via libera della politica è necessario purtroppo.
Un investitore straniero che compra un’azienda e la chiude dopo poco chiaramente deve essere poco lungimirante. Normalmente le aziende si comprano per entrare in un mercato e crescere nel mercato. E’ abbastanza logico.
Credo possa esistere un problema di Antitrust, ma sarà compito dell’AGCM risolverlo nel caso.
Una avviata industria di conserve di Scandiano (RE) è stata acquistata da
Americani interessati al marchio e ai contratti di distribuzione, poi chiusa
come entità produttiva e tutti a casa. C’è poco da fare: sarei più
tranquillo se incontrassi il padrone della mia fabbrica che passeggia in
paese mangiando un gelato che se la proprietà finisse a un qualche fondo
pensione dell’Illinois. Capisco che per un liberista tutto fa brodo ma credo
che, anche a un livello teorico liberale, una qualche forma di distinzione
debba essere fatta tra una impresa radicata nel territorio e una impresa
(con la gente che c’è dentro) in vendita ai quattro venti nei mercati
globali. Vabbè che non vi piace l’economia sociale di mercato tipo Germania
e optate per un capitalismo con meno legami, ma poi dovete dirmi come si
risolve il caso di Scandiano in un contesto di occupazione difficile, perchè
se ci fosse una corsa ad accapparrarsi il lavoratore portafoglio alla mano
si fa presto a trovare un altro impiego, e allora si digerisce tutto. Non
dimentichiamo che il diritto al lavoro è sancito nella costituzione e che se
c’era un (magrissimo) vantaggio nel socialismo reale, che ancora per questo
qualcuno rimpiange, è che c’era una (forzata) piena occupazione. Poi tutto
faceva schifo, ma almeno questo era garantito. E noi dovremmo essere da
meno?
Va bene con il liberismo economico, ma non esageriamo. Perchè in Francia allora è così difficile comprare da parte di un’azienda straniera ? i casi di interventismo economico dello stato francese ormai sono proverbiali. Dal caso di Danone (che era nel mirino di Pepsi), alla nascita di Sanofi-Aventis (con l’intimazione alla Novartis a rinunciare alla sua offerta per acquisire Aventis, in favore della nazionale Sanofi), all’Alstom (salvata dal fallimento con soldi statali in barba a tutte le regole UE), ecc. ecc. Perchè loro fanno bene e noi no ?? avere multinazionali di propria nazionalità è fondamentale per qualsiasi grande potenza industriale. Andate a vedere la lista delle maggiori compagnie del mondo, e guardate a chi appartengono. Per coincidenza a tutte le principali economie del mondo. E’ solo un caso ?? smettiamola con questa esterofilia imbecille e miope !! vi va bene che a casa vostra comandino degli estranei ?? ma siamo impazziti ??? gli investimenti esteri che si dovrebbe desiderare sono quelli diretti, che aprono stabilimenti e filiali ex-novo sul nostro territorio, non che vengano a comprare stabilimenti e aziende nostre !!!!