Lasciamoci in pace—di Alessandro Cocco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Alessandro Cocco.
Quante volte, durante un’intera giornata, ascoltiamo consigli non richiesti? E quante volte questi consigli suonano più come sermoni che come consigli? Quante volte ci ritroviamo, a nostra volta, a far lo stesso con gli altri?
Nel suo ultimo libro – Lasciare in pace gli altri: una prospettiva etica, in Italia edito da IBL Libri – John Lachs (84 anni, ungherese naturalizzato canadese e docente alla Vanderbilt University) ci spiega perché dovremmo reprimere quell’incrollabile convinzione, magari anche piena di buone intenzioni, che ci porta a credere di sapere meglio degli altri come questi dovrebbero vivere le proprie vite. Immaginate quante relazioni di buon vicinato si salverebbero, o quante famiglie e coppie genitori-figli eviterebbero lunghissime discussioni, specie durante il periodo adolescenziale. Come diceva Bob Dylan in “The time they are a changin”: Come mothers and fathers / Throughout the land / And don’t criticize / What you can’t understand / Your sons and your daughters / Are beyond your command.
La superbia di credere di sapere come gli altri dovrebbero vivere è, in fin dei conti, anche quando in buona fede, davvero diabolica. E Lachs, scappato dal comunismo, questo lo sa bene. È inimmaginabile il danno prodotto da quelle volontà che cercano di imporsi sugli altri, che cercano di plasmare gli altri a loro stessa immagine e che cercano di tenere gli altri nella condizione perenne di infanti, bisognosi di attenzioni, aiuto, guida, convinti di essere più bravi degli altri nell’evitare errori. Questo comportamento priva le persone della possibilità di crescere, prendere le proprie responsabilità, sbagliare anche, e dunque vivere liberi. Insomma: essere persone. È bene non dimenticarci mai di quanto sia terribile e insano un simile comportamento, tanto nelle relazioni interpersonali, quanto – come giustamente ricorda Pierlugi Battista nella sua prefazione – tra istituzioni e cittadini. A ben pensarci, l’intero XX secolo è stato un secolo di volontà che hanno ridotto in schiavitù masse numerose al fine di plasmarle secondo la propria volontà. Dovremmo considerare quel sottile (innegabile) piacere che si prova nel dirigere le azioni degli altri secondo la nostra volontà, come qualcosa di ripugnante e profondamente sbagliato.
Quando si gioca a fare dio, il fallimento è inevitabile.
Dovremmo controllarci dall’indulgere in questo piacere, né dovremmo lasciare che altri indulgano in esso a nostro danno.
Ma che fare allora davanti ad una persona in difficoltà? Dobbiamo darle il nostro consiglio, il nostro aiuto? Dobbiamo rischiare di intrometterci nella sua vita? Vorremmo che qualcuno ci aiutasse in una situazione simile? Sarebbe un danno alla sua libertà? Lachs non è certamente arrivato all’età di 84 anni vivendo come un eremita, e lo sa bene, e proprio per questo spiega che lasciare in pace gli altri non deve essere un moto di apatia, di relativismo, di totale disinteresse per gli altri o per il concetto di giusto. Lasciare in pace gli altri deve voler dire rispetto della libertà degli uomini e della loro autonomia, della loro intelligenza. L’aiuto è più che dovuto quando gli ostacoli o i problemi dovessero essere oggettivamente insormontabili per il malcapitato, o quando questi dovesse fare espressamente richiesta di un aiuto, ma senza mai pretendere di diventare così i nuovi “piloti” della vita altrui, né usare l’aiuto come leva per un ricatto.
Allora leggiamolo tutti questo libro, in nome del rispetto che ci dobbiamo, come individui, come adulti, come cittadini e non come sudditi-bambini.