27
Apr
2009

L’Agenzia delle entrate “toppa” sulla scuola privata

Sono energicamente d’accordo con la dura protesta che nove associazioni – Agesc, Fidae, Agidae, Cnos-Fap, Ciofs-scuola, Fism, Foe-Cdo, Aninsei, Msc – hanno riservato all’incredibile circolare emessa dall’Agenzia delle Entrate. E’ dedicata a “Prevenzione e contrasto all’evasione fiscale”, e contempla tra i servizi di lusso indicatori di potenziale evasione da accertare anche l’iscrizione dei figli a scuole private. Compiere la scelta di far frequentare ai propri pargoli una scuola paritaria viene da oggi considerato un criterio analogo all’uso di porti turistici con barche da diporto, alla frequentazione di circoli esclusivi, wellness center e tour operator. E’ veramente singolare e a mio giudizio del tutto inaccettabile, che un simile principio venga affermato dal vertice amministrativo dell’amministrazione fiscale, per di più sotto un governo di centro destra. Potrei citare tonnellate di letteratura scientifica costituita da solide ricerche comparate sulla maggiore skillness di chi si forma in scuola private piuttosto che di Stato, nel nostro Paese. Ma è appena il caso di richiamarle. Quello che conta di più è la manifesta ignoranza dei fatto che le scuole paritarie fanno parte a pieno titolo del sistema dell’istruzione pubblica, ignoranza propalata dallo Stato stesso in una delle sue accezioni più sedicentemente “etiche” – la lotta alla famigerata “evasione”, naturalmente. Attualmente risulta ancora irrisolto il contenzioso sull’ultima rata dei contributi ordinari al sistema paritario che lo Stato ha tentato di trattenersi, a seguito delle rimodulazione triennale della spesa pubblica attuata con la finanziaria provvidenzialmente varata nel luglio 2008, appena il governo entrò in carica. In più, da oggi la libera scelta delle famiglie a proprie spese, per un capitale umano meglio formato e meno ostaggio del degrado della scuola di Stato, viene considerato a tutti gli effetti un “sospetto sociale”, fomite e scudo di mancato adempimento del dovere fiscale. Quando uno Stato si esprime in questi termini, mostra di disprezzare e infrangere le libertà naturali che dovrebbe considerare intangibili, quelle stesse libertà intangibili la cui difesa dovrebbe costituire prima – se non esclusiva – fonte di legittimità del prelievo fiscale stesso. Uno Stato insomma che diventa ladro e prevaricatore, ma che come al solito si ammanta di virtù. Che poi tutto ciò avvenga sotto l’egida del Popolo delle “libertà”, purtroppo la dice lunga. Se il ministro Tremonti ha appreso anch’egli della circolare dalle agenzie di stampa – come è perfettamente possibile e ordinariamente avviene – richiami per favore immediatamente il direttore dell’Agenzia delle Entrate a una visione meno robespierrista.

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7 Responses

  1. Paolo B.

    Purtroppo in questo paese non si riesce a misurare realmente la ricchezza dei cittadini.
    Servirebbe da un lato maggior rigore scientifico nei metodi di rilevazione statistica, e dall’altro far aderire meglio i parametri fiscali alla “REALTA'”.Questo perchè cambiano le abitudini dei citttadini nei loro consumi e nelle loro esigenze; Ormai è chiaro che la formazione è uno strumento di sviluppo e coesione sociale straordinario , riconosciuto da ogni classe sociale. Permettere l’accesso alle scuole di eccellenza a tutti dovrebbe essere un fatto scontato e di dignità, e non necessariamente indicatore di ricchezza patimoniale.Spesso la politica su questo fa confusione, sparando nel mucchio.

  2. Matteo R.

    Mi spiace, caro Giannino, ma per una volta non sono affatto d’accordo con te.
    Qui non si parla di incentivare gli italiani ad investire in capitale umano, ed in primis in istruzione di qualità per i propri figli, ma viceversa di indicatori di potenziale evasione fiscale.
    Che ne pensi di un avvocato (o altro professionista a scelta) che dichiara quarantamila euro lordi annui (più o meno in linea con la media dei propri colleghi italiani) e spende mille euro al mese (poco meno della metà del suo reddito netto disponibile) per la retta di una scuola privata per il proprio figlio?
    Io sono più propenso a pensare che siamo davanti ad un caso di evasione piuttosto che difronte ad una persona che si sacrifica oltremodo per assicurare un futuro al proprio figlio.

    Saluti,

    M.

    P.S: mi associo a chi ha evidenziato che un font con un colore un po’ più scuro agevolerebbe la lettura

  3. maurizio

    “Potrei citare tonnellate di letteratura scientifica costituita da solide ricerche comparate sulla maggiore skillness [sic] di chi si forma in scuola private piuttosto che di Stato, nel nostro Paese”.
    In realtà, la famigerata inchiesta PISA mostra esattamente il contrario … “nel nostro paese”.

  4. Davide M.

    Pienamente d’accordo con Giannino. L’intervento del governo dovrebbe essere improntato a cercare di garantire la libertà di educazione a più persone possibile tramite il potenziamento dei buoni-scuola e voucher dedicati. Chi non usufruisce del dispendioso sistema scolastico statale non può essere penalizzato economicamente, pagando, di fatto, due volte per l’educazione di un figlio (tasse + retta scolastica della scuola non statale). L’iniziativa dell’agenzia delle entrate è segno di una mentalità che va nella direzione opposta, tendendo a considerare il ricorso alla scuola paritaria come un qualcosa di elitario, “da ricchi”. Ciò non mi fa ben sperare per il futuro di questo settore…

  5. Angus

    Concordo pienamente con lei. Aggiungo un altro aspetto sempre sul tema scuola. Non solo chi sceglie per i propri figli la scuola privata è oggetto di questo trattamento. In maniera diversa anche chi opta per la scuola pubblica è soggetto a normative che definire incredibili è poco quali la pratica di dovere, in sede di iscrizione, compilare l’ISEE, una sorta di questionario d’altri tempi che, alla faccia della privacy, oltre a chiedere reddito, possesso case e box, richiede addirittura il conto corrente del dichiarante, con tanto di IBAN e il valore del conto al 31 dicembre dell’anno precedente, oltre a dovere dichiarare gli estremi di conti titoli o di altre gestioni tutte da effettuare con indicazione del saldo. Piena libertà è lasciata a chi non vuole compilarlo con l’unico aspetto (non marginale) che il punteggio (vedi per assegnazione ad asili) è inferiore e lo stesso viene quindi penalizzato. Provare per credere.

  6. Oscar Giannino

    Risposta a Maurizio: L’inchiesta PISA è sul complessivo dei “privatisti”, compresi dunque i tanti che partecipano al canale “diplomificio a pagamento” che della scuola paritaria costituisce il vero problema italiano, visto che gli standard formativi lì non sono affatto garantiti, per l’assenza tra l’altro di una vera autorità indipendente che ne tuteli il rispetto, come avviene nei Paesi anglosassoni. Le ricerche alle quali mi riferisco io sono invece quelle relative ad esiti comparati nel successivo percorso universitario e professionale, al netto dei diplomifici: dunque dalle scuole in larghissima prevalenza com’è noto cattoliche, da noi. Tutte le indagini in materia a mia conoscenza sono univoche, realizzate in alcune Regioni italiane tanto a Nord che a Sud.
    Og

  7. maurizio

    mi chiedo soltanto quale sia il valore di “ricerche” che escludono una parte del campione, solo perché è di cattiva qualità (i.e. “al netto dei diplomifici”). Si potrebbe allora adottare la stessa logica con le scuole pubbliche : considerare, nella ricerca, solo quelle che funzionano, “al netto delle altre”.

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