12
Set
2022

La sfida dei liberal-conservatori

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Lorenzo Annicchiarico

La sfida dei liberal-conservatori è stato il primo di volume pubblicato dal think tank Lettera150, in cui viene discussa la filosofia politica del liberal-conservatorismo, come modello alla base di una ristrutturazione della politica italiana, che ormai da tempo naviga a vista, avendo per lo più abbandonato l’ancoraggio a specifiche tradizioni di pensiero politico.

Giuseppe Valditara, nella prefazione al libro, afferma che tale filosofia ha una “proiezione verso il futuro, partendo da una forte consapevolezza del passato”; mentre altri autori utilizzano spesso parole come “equilibrio” e “compromesso”, associate alla capacità dello Stato e delle sue istituzioni, che mantengono un ruolo limitato ma fondamentale, di consentire alla società di andare verso l’innovazione e il progresso, senza però dimenticare certi valori che hanno caratterizzato e definito l’Occidente fino all’ultimo secolo.

Di grande interesse è il saggio di Raimondo Cubeddu, che ritiene questo sviluppo tecnologico e scientifico degli ultimi anni impossibile da fermare o da dirigere verso determinati obiettivi, e quindi la missione del liberal-conservatorismo diventa quella di “evitare che l’emergere di novità si trasformi in instabilità politica, economica, sociale”. Lo strumento per raggiungere questa missione è la diffusione della conoscenza che può permettere una migliore previsione dei cambiamenti trasformandoli in fattori positivi per l’intera collettività. Cubeddu prosegue anche con una critica alla classe politica che può essere incentivata a prediligere gli interessi propri o dei pochi a discapito dell’intera società nel distribuire il valore aggiunto derivante dalla trasformazione dello sviluppo in benefici collettivi.

Nel libro, il riferimento al liberal-conservatorismo non è limitato alle semplici politiche economiche o alla revisione del ruolo dello Stato, ma gli autori producono anche riflessioni sulla libertà e sull’individuo stesso. Alberto Mingardi scrive che “il liberal-conservatore vorrebbe conservare quella particolare condizione di libertà che ha reso l’Occidente il miglior luogo del pianeta dove vivere”. Lo stesso Valditara, nel primo saggio, elenca “dieci buone ragioni per essere liberal-conservatori”: al primo posto la libertà di opinione, che viene limitata dai progressisti moderni e dalla cultura mainstream, che tende ad opporsi a tutte le idee contrarie. Nel testo infatti si legge: “un liberal-conservatore è colui che preferisce un’opinione sbagliata ad una opinione imposta o negata: la prima lascia all’uomo la possibilità di una coscienza, la seconda impone all’uomo la coscienza altrui”.

Nel libro vengono anche specificati i motivi per i quali questa filosofia non si può semplicemente allineare ai pensieri conservatori o liberali. La differenza con il primo risiede nella visione delle istituzioni, che sono sì figlie di un processo evolutivo e di una selezione naturale, e che quindi se esistono nella nostra società è perché sono utili; nello stesso tempo però non devono per forza essere “conservate”. Il periodo storico in cui viviamo, pieno di cambiamenti che vedono evolversi anche i bisogni della società, rende certe istituzioni obsolete e inadatte, e infatti secondo il pensiero liberale deve essere l’uomo a costruire e mantenere, attraverso la sperimentazione sociale, le istituzioni che ritiene necessarie e che sono utili ai fini della società. Questa sperimentazione sociale deve rispettare determinate condizioni che non la rendano dannosa per la collettività. Si tratta del pericolo di quella che viene definita “ingenuità filosofica”, ovvero l’errato pensiero che la sperimentazione sociale avvenga con un metodo scientifico in grado di riportare dei dati oggettivi e inconfutabili.

La sfida dei liberal-conservatori sarà presentato il 13 settembre in un seminario dell’Istituto Bruno Leoni (disponibile la registrazione). Insieme al curatore del libro, intervengono Alberto Mingardi (direttore generale dell’IBL e professore associato di Storia delle dottrine politiche all’Università IULM), Giovanni Orsina (direttore della Luiss School of Government e professore di Storia contemporanea alla Luiss Guido Carli), Aldo Rustichini (professore di Economia all’Università del Minnesota).

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