La riforma Profumo: merito? Si, ma non per tutti — di Davide Meinero
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Davide Meinero.
Si è da poco iniziato a discutere della bozza di riforma proposta dal ministro Profumo sul tema università, che mira a introdurre nuovi criteri di merito e trasparenza per permettere all’università italiana di fare un salto di qualità. La parola d’ordine è “meritocrazia”: sì, ma per chi? Certamente non per tutti; anzi qualcuno rischia di essere escluso a priori dalla competizione meritocratica. Di chi stiamo parlando?
La risposta si trova all’articolo 13, che tratta dell’attività delle università straniere in Italia. Per capire meglio occorre fare un passo indietro.
Finora l’attività delle università straniere era regolata dalla legge Barile del 1999, che permetteva alle università straniere, previa comunicazione al Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, al Ministero dell’Interno e al Ministero degli affari esteri, di svolgere liberamente la propria attività su suolo italiano – fra cui, giustamente, la libertà di scegliere le materie di insegnamento.
La realtà delle università straniere in Italia è un micro-mondo in continua espansione, che ormai di micro ha davvero ben poco. Prendiamo l’esempio dell’Association of American College and University Programs in Italy: ogni anno in Italia soggiornano oltre 30.000 studenti americani per un periodo che va dai due mesi a un anno circa. I 134 programmi esistenti (dati 2008) hanno prodotto un flusso economico di 396.832.000 di euro, che raggiunge i 632.126.000 se combinati alle spese indirette. Superfluo affermare che si tratta di una ricchezza immensa per l’economia italiana, una risorsa da non sottovalutare specialmente in un periodo di crisi come quello attuale: si tratta infatti di attività private che forniscono una formazione di alta qualità e che pagano regolarmente le tasse, senza contare i numerosi posti di lavoro che offrono ai cittadini italiani.
Eppure la bozza Profumo sembra non tenerne minimamente conto; al contrario contiene elementi fortemente penalizzanti per le università straniere, che potrebbero essere spinte a chiudere e a trasferirsi all’estero. Le modifiche alla legge Barile contenute nell’articolo 13 (punto a) stabiliscono che potranno operare su suolo italiano solo le università che garantiscono «lo studio di discipline previste dal programma didattico dei corsi di studio concernenti il patrimonio letterario, giuridico, storico, artistico, monumentale o archeologico italiano». Ma come agire allora nei confronti delle università già esistenti dove vengono insegnate materie quali musica, biologia, medicina, turismo, ambiente, e cosi via? Ma non è tutto: gli insegnamenti – rigorosamente quelli del punto a – potranno essere impartiti «in favore di studenti immatricolati o iscritti all’anno di corso […] nei dodici mesi precedenti lo svolgimento degli studi in Italia» – senza contare gli appesantimenti burocratici sulle modalità di filiazione per le università straniere che rischiano di scoraggiare l’insediamento di programmi esteri stabili.
Si tratta per ora di una bozza, e quindi – è auspicabile – passibile di modifiche: sembra infatti quanto mai incredibile il ricorso a misure protezioniste che, invece di spingere il sistema scuola e il paese sulla via di una sana competizione per rendere il prodotto formativo sempre più efficiente, al contrario punta sull’adozione di regole che rischiano di escludere alcuni attori dalla partita.
La presenza stabile di programmi esteri su suolo italiano stimola la concorrenza, favorisce l’interazione e moltiplica le possibilità di scambio, ingredienti fondamentali per una scuola di qualità. La loro scomparsa sarebbe una grave perdita per il paese.
Lei è molto tenero nei confronti del contenuto della bozza, denuncia i fatti e le probabili implicazioni.
Ma questa bozza è un sintomo inequivocabile dell’infimo livello culturale della nostra classe dirigente. Chi propone certe riforme, non solo si rivela (per l’ennesima volta) asservito a logiche corporative in rotta di collisione con gli interessi dei cittadini, ma dimostra anche di essere spudoratamente irrispettoso della libertà di educare e di essere educati, di informare e di essere informati: è una bozza che contiene sia la scellerata violenza nei confronti dell’economia di mercato, sia l’inaccettabile attacco alle libertà inalienabili di ogni individuo e ai principi fondanti di una democrazia degna di questo nome.
Bravissimo. Mi ha tolto le parole di bocca. Aggiungo soltanto un sintetico: vergogna!@claudio p
i professori universitari, di cui è pieno il nostro attuale governo, non sono quasi mai realmente liberisti, crescono proprio all’interno e nutrendosi della cultura accademico-statalista predominante nelle università italiane
Ma quando riusciremo a diventare davvero un paese moderno??? Solo la meritocrazia potrà farci crescere, come esseri umani e come paese. E per l’ennesima volta questi tecnici sono una delusione!
L’imposizione di programmi dirigisti nelle materie umanistiche è una scontata (e obbligata) forma di controllo di massa: il dittatore non può concedere uno studio libero perché esso è in palese contrapposizione alla sua stessa esistenza.
Quindi, davvero, c’è da sorprendersi?
I Balilla e la Gioventù Ariana non esistevano per caso: controlla la formazione e controllerai le masse.
In questo internet è una scheggia impazzita che può ribaltare il tavolo, ma finché non si lotta per togliere qualsiasi valore legale ai titoli di studio non si va da nessuna parte.
Ma siamo in Italia (Europa) o siamo in Unione Sovietica?
bravo davide !
mi associo alla tua analisi e sottoscrivo i commenti di chi mi ha preceduto.
marco
Anche come Paese delle Banane non andiamo male..
come professore universitario concordo con alexzandra sull’atteggiamento generalizzato e auto-referenziale dell’ambiente. Non sono invece d’accordo nel definire “professori” membri del governo. In base al loro curriculum non possono essere considerati tali anche se ne hanno tutti i difetti.
NELLA PIANIFICAZIONE DI QUESTE RIFORME SONO STATI CHIAMATI AD INTERVENIRE 10 (MI PARE) CERVELLI ITALIANI CHE HANNO LAVARATO IN UNIVERSITA’ ESETERE COME A TORONTO, INGHILTERRA, USA,….DAI LORO INTERVENTI MI ASPETTAVO DI PIU’…..
Caro Marco, perchè vuoi togliere il valore legale al titolo di studio? Ti sei mai seriamente interrogato su questo, e sul perchè questo sia un obiettivo sempre perseguito dal centro destra, Monti incluso? Chi investirebbe più, fatica, tempo e denaro per ottenere una condizione non più riconosciuta dalla legge? Quasi nessuno. Certamente lo Stato darebbe corpo ad una istruzione sempre più elitaria e costosa, tipica del liberismo finanziario che detta i tempi della crisi dell’euro. L’ istruzione pubblica si decomporrebbe e la selezione sarebbe a puro appannaggio della scuola privata, la qualità della quale e il relativo altissimo costo diventerebbero l’unico discrimine per trovare un posto di lavoro adeguato agli studi svolti. Ahinoi lo studente non potrebbe altro che appartenere alla classe agiata (molto) del paese. Sembrerebbe questo un pessimo risultato. Maurizio Franco Guidi@Marco Tizzi
@Maurizio Franco Guidi
Certo che mi sono interrogato. E mi sono anche risposto.
L’unica materia su cui può servire un qualche tipo di certificazione è la medicina.
Per tutto il resto serve una seria responsabilità civile e penale di chi fa le cose, che invece in Italia manca: abbiamo dei serissimo “esami di Stato”, ma poi quando crolla un edificio non è mai colpa di nessuno.
L’istruzione è una questione personale, individuale e deve essere LIBERA. I programmi ministeriali sono una gigantesca farsa atta a creare gente completamente priva di senso critico, che si beve tutte le peggio stronzate che gli propinano, dalla Storia (le piramidi le hanno costruite a mano facendo rotolare cubi di pietra su tronchi di legno. Tecnicamente impossibile, ma fa niente) alla Filosofia (qualcuno ha mai insegnato Lao Tzu o Zhuang Zi o gli antichi cinici o Godwin, Bakunin, Malatesta?), dall’Economia (la scuola austriaca non esiste) alla biologia dove ancora regna un timore tutto cattolico per qualunque studio del DNA.
Qualcuno ha mai messo in discussione a scuola il fatto che “lo Stato siamo noi” (ma sarete VOI lo Stato! Io con ladri assassini non ho nulla a che fare!!) e che la nostra santa Costituzione non sia un’accozaglia di stupidaggini inventata dal cattocomunismo che voleva lavarsi la coscienza dal fascismo replicando le stesse soluzioni con colori diversi?
Che l’assenza di valore legale del titolo di studio renda la scuola “elitaria” è una falsità dimostrata da fatti inequivocabili: Bill Gates e Steve Jobs, così come altra gente davvero straordinaria come Tesla, Del Vecchio, Bombassei, Coco Chanel, David Geffen, Frank LLoyd-Wright, F.H. Royce, Henry Ford, James Cameron, Jerry Yang, J.D. Rockfeller, Michael Dell, Branson, Wozniack, Edison, Walt Disney… e potrei andare avanti per giorni, sono tutte persone che non hanno frequentato la scuola, ma hanno ottenuto risultati straordinari nella loro vita.
E oggi magari vengono curiosamente invitati nelle università a parlare agli studenti: l’unica cosa che dovrebbero dire è “uscite di qui, vivete la vostra vista, siate curiosi e studiate, leggete, imparate solo quello che vi pare”.
Come dice Will in “Will Hunting”, parlando allo studente di Harvard:
“Wood drasticamente sottovaluta l’impatto delle distinzioni sociali basate sulla ricchezza, soprattutto quella ereditata. L’hai preso da Vickers: “Lavoro nella contea di Essex” pagina 98. Sì, l’ho letto anch’io. Volevi attribuirti tutta la cosa, o hai un pensiero tutto tuo sulla faccenda? O il tuo trucco è questo: entri in un bar, hai letto qualche oscuro passaggio, e poi fingi, lo fai passare come una tua idea per colpire le ragazze e imbarazzare il mio amico?
La cosa triste per uno come te è che tra 50 anni comincerai a pensare per conto tuo, capirai che ci sono due certezze nella vita. Una, non fare queste cose. E due, hai sborsato 150 000 dollari per un’istruzione che potevi avere per un dollaro e 50 in sovrattasse alla biblioteca pubblica.”
@Marco Tizzi
bravo marco!
il valore legale del titolo di studio nasce credendo che si tratti di una buona idea, cresce perché si è rivelato un modo per controllare le masse, e si perpetua ostacolando il progresso individuale e collettivo con straordinaria efficacia.
Caro Marco dopo aver letto il suo intervento del 5 mi ero fatto l’idea che lei potesse avere idee di sinistra, ed è per questo motivo che sono intervenuto, evidenziando quella che, del caso, sarebbe stata una chiara contraddizione. Dopo la sua replica ho capito di essermi sbagliato. Questo mi conforta. Le lascio i migliori auguri per un avvenire, se possibile, migliore di quello di Walt Disney. @Marco Tizzi
@Maurizio Franco Guidi
Un anarchico non è né di destra, né di sinistra, almeno così la vedo io, anche se il discroso sarebbe molto ma molto lungo.
Ma hanno ancora senso queste categorie?