La politica vola basso sugli aeroporti
La questione aeroportuale è stata riaperta dall’ottimo articolo di Carlo Lottieri nell’analisi dei casi degli aeroporti di Siena e Brescia.
La politica sia a livello locale che a livello nazionale è sempre voluta entrare direttamente nella pianificazione degli aeroporti. Era il caso del Ministro dei Trasporti del Governo Prodi (2006-2008) Alessandro Bianchi che propose di “mettere un bollino” su ogni aeroporto in modo da attribuire loro una funzione regionale, nazionale o internazionale. Se il Piano Bianchi fosse passato, sarebbe stata la politica a scegliere quale tipologia di passeggeri sarebbe dovuta transitare in un determinato aeroporto. Se una tale normativa fosse stata in vigore dieci anni fa, Bergamo Orio al Serio non sarebbe mai diventato un aeroporto internazionale con oltre 6 milioni di passeggeri internazionali. Il traffico nello scalo bergamasco è esploso negli ultimi sei anni, grazie all’arrivo della compagnia low cost Ryanair e la politica non lo aveva certo intuito.
In realtà il “Piano Bianchi” era l’ultimo tentativo disperato di salvare Alitalia tramite la chiusura del mercato. Il Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, sta seguendo le orme dell’ex Ministro, volendo chiudere Ciampino e al contempo aprire Viterbo e Frosinone seguendo logiche politiche e non certo di mercato.
Il caso degli aeroporti regionali è molto complesso e pieno di sfaccettature. In primo luogo è necessaria l’esistenza di tanti aeroporti. Il settore, infatti, manca di concorrenza, essendo solitamente gli scali dei monopoli naturali. Non bisogna razionalizzare il numero degli aeroporti, perché cosi facendo si limita la minima concorrenza che esiste.
Il problema degli aeroporti secondari non è la loro numerosità, quanto la loro proprietà. Troppo spesso questi scali sono gestiti dal pubblico, che tramite contributi sussidiano l’arrivo delle compagnie low cost. in questo caso si produce una distorsione della concorrenza e uno spreco di denaro per il contribuente.
Vi è una soluzione molto semplice in grado di eliminare il problema alla radice.
La privatizzazione degli scali secondari lascerebbe al mercato la scelta degli aeroporti efficienti e capaci di crescere. Non sarebbe la politica a mantenere in vita artificialmente uno scalo. Secondo l’Airport Council International un aeroporto può generare utili se vede transitare almeno un milione di passeggeri l’anno.
Nel Nord Italia, dove si sente spesso parlare di razionalizzazione, sono presenti dieci aeroporti. Di questi solamente tre non arrivano alla soglia teorica di profittabilità (Cuneo, Brescia e Trieste). Due di questi, Brescia e Trieste, se gestiti in maniera più efficiente, potrebbero raggiungere il beneficio ugualmente. Nel primo caso, grazie al fatto che a Brescia è presente un importante parte del cargo Lombardo, mentre Trieste ha una catchment area che arriva fino alla Slovenia e alla Croazia.
Tutti gli altri scali, se privatizzati, potrebbero raggiungere velocemente l’utile. Una gestione privata permetterebbe ad un aeroporto di fare tutte le scontistiche che preferisce alle compagnie aeree in modo da cercarsi i clienti sul mercato.
In questo modo si eliminerebbe il problema dei sussidi pubblici alle compagnie aeree.
I casi di Brescia e Siena vanno invece in direzione opposta, dove la politica vuol diventare il gestore aeroportuale senza “badare” a spese, nel senso che gli amministratori locali non hanno idea di quanto possa costare la gestione di un aeroporto oltre agli importanti costi fissi.
Quel che stupisce è che per gli aeroporti in Italia si passa dal Nimby al Yimby…
vorrei dire pochissime cose.
1 gli aeroporti in italia sono all’anarchia. Ognuno pensa per se “rubando ” soldi o allo stato o alle regioni, province, comuni.
2 bisogna attuare una liberalizzazione VERA, in cui non vi siano più partecipazioni statali, ma escusivamente private.
3 gli aeroporti attualmente in italia si trovano a ridosso uno dell’altro. Si deve sviluppare un piano con una distanza minima di 200 km tra aeroporti che sviluppano la stessa tipologia di trasporto.
4 sviluppare alta velocità per collegare le città che rimangono fuori dal punto precedente.
5 ecc.
6 sbagliatissimo l’articolo La politica vola basso sugli aeroporti
Gentile Sig. Giuricin,
alcune sue affermazioni sono, a mio parere, assolutamente errate:
Ritengo una sciocchezza dire che il n° degli aeroporti regionali non sia un problema e che basti privatizzarli per risolverlo, poichè sarà il mercato a premiare o punire la società di gestione.
Lei, al contrario dovrebbe chiedersi saggiamente che senso abbia un areoporto a Brindisi, un altro a Foggia e un altro a Bari; oppure uno a BG e un altro a Brescia; oppure uno a FI e un altro a SI; ecc ecc.
Dovrebbe altrettanto saggiamente sapere che la più parte dei piccoli aeroporti sono di proprietà demaniale e che le attuali concessioni prevedono comunque minimo il 20% in mano pubblica e che comunque, i costi delle infrastrutture al servizio di un aeroporto sono da costruirsi a carico del pubblico.
Stupisce poi la rozzezza dell’analisi: lei si rende conto di cosa significhi 1milione di pax per es ad Ampugnano-SI? Sarebbe la distruzione di una economia basata su un agriturismo di qualità, sulle bellezze dei Sir e dei Sic, sulla agricoltura bio e non, sulla concentrazione di splendidi beni architettonici nonchè, piccolo particolare, un pericolo costante e pesante sull’acquifero del Luco, ovvero sulla seconda riserva idrica della Toscana che dà l’80% dell’acqua a SI e comuni limitrofi.
Stupisce anche che lei ignori come il PRIVATO che entra in una spa come socio di maggioranza abbia un unico scopo: il profitto e che, dopo aver ottenuto dal Ministero la concessione ventennale e totale, si rivende le sue azioni e se ne va altrove per un’altra operazione speculativo-finanziaria.
Avrei molte altre osservazioni alle sue ma non posso permettermi di perdere troppo tempo.
La saluto e consulti meglio i bilanci degli aeroporti italiani nonchè le scelte politiche di altri Stati europei, nei quali sono praticamente sconsigliati voli al di sotto dei 400KM.
Maria Rosa Mariani
Gentili lettori,
il problema che gli aeroporti continuano a ricevere soldi pubblici e`reale.
Sono contrario al fatto che si debba costruire un piano che decida quali aeroporti costruire.
Gli aeroporti ci sono e purtroppo sono troppo spesso gestiti dal pubblico che per far volare qualche decina di migliaia di passeggeri, fa spendere alcuni milioni di euro al contribuente.
Se un’aeroporto esistente si vuole sviluppare o se invece se ne vuole costruire uno nuovo, non deve essere la politica a scegliere il dove e il come.
Se uno scalo sara’ profittevole restera’ in piedi senza aiuti pubblici. Questo non esclude che per poche e limitate rotte possa continuino ad esistere gli OPS (Oneri di pubblico servizio).
Collegare il treno ad alta velocita’ per collegare i pochi aeroporti (razionalizzazione scelta dalla politica)? Un’enorme costo per la collettivita’. Il treno e’ il mezzo piu’ efficiente in pochissimi casi, soprattutto in Italia che ha un territorio non pianeggiante.
Sono d’accordo quindi per una vera liberalizzazione e privatizzazione degli scali, ma credo che l’idea che debba essere la politica a decidere quali aeroporti possa portare solo a degli enormi sprechi ed errori. Mettendo aeroporti a 200 chilometri di distanza si va verso un’accentuazione del monopolio, cioe’ contro una liberalizzazione e maggiore concorrenza.
Gli aeroporti di Puglia gestiscono diversi scali, ma siccome questi scali sono stati costruiti perche’ non metterli in concorrenza tra loro?
A Firenze e Pisa si sono sviluppati due aeroporti in concorrenza tra loro e oggi la Toscana riesce ad attrare molti turisti stranieri grazie anche a questa concorrenza.
Un milione di passeggeri significano circa 3000 posti di lavoro, oltre che un volano per l’economia. Puo’ essere utile vedere il caso di Bergerac che con l’arrivo delle low cost e’ stato in grado di sviluppare il rpoprio territorio e l’economia.
Riguardo l’aeroporto di Siena, se creato dalla politica, a mio parere non ha alcun senso.
Non comprendo infine la critica relativa ai bilanci (i miei dati derivano proprio dall’Airport Council International che raggruppa il 90 per cento degli scali mondiali) e il fatto che siano sconsigliati i voli sotto i 400 chilometri. Non ho mai fatto accenno sulla lunghezza del volo e non e’ un caso che le compagnie low cost abbiano un raggio medio intorno ai 1000 chilometri.
Ringraziandovi,
Andrea Giuricin.