26
Ago
2015

La paura ci fa chiedere alla Cina l’opposto di quel che serve

Travolto dalla paura di una crisi finanziaria peggiore di quella del 2008, l’Occidente chiede ai regolatori pubblici della Cina di tagliare i tassi, comprare titoli coi soldi pubblici, pompare liquidità alle banche, fare qualunque cosa purché la caduta di Shanghai s’interrompa e non si trasmetta alle piazze mondiali. E’ quel che la banca centrale cinese ha fatto: ha tagliato i tassi per la quinta volta dal novrembre scorso e per la settima volta da metà 2012, di 25 punti base sui depositi in modo che il valore degli asset finanziari indirettamente si apprezzasse; ha ridotto la riserva che le banche cinesi sono obbligate a detenere presso la banca centrale, in modo che la liquidità complessiva di sistema aumenti; ha venduto dollari per una ventina di miliardi e comprato yuan, per evitare pressioni ribassiste sulla moneta. E le borse occidentali sono rischizzate verso l’alto.

La domanda è: questa è la strada giusta? E’ figlia delle dure lezioni accumulate dal 2008 in avanti? O è pura disperazione? Per rispondere a queste domande, bisogna dichiarare coma la si pensa. Diffidare di chi in economia spaccia verità assiomatiche. Può avere cattedre e Nobel, ma tra i Nobel Krugman e Stiglitz la pensano all’opposto rispetto a Robert Lucas o Edmund Phelps, e non parliamo poi degli anni luce che li separano da Friedman o Hayek. Ergo dichiariamo le premesse in base alle quali le mosse della banca centrale cinese appaiono più figlie della disperazione che della lezione sin qui appresa.

La lunghissima serie positiva della Borsa americana che esplose con il default di Lehman è stata figlia di troppi anni di politiche monetarie accomodanti della FED di Greenspan, dopo la crisi asiatica di fine anni Novanta e quella delle Dot.Com a inizio anni Duemila. L’oceano di liquidità monetaria figlia di politiche monetarie troppo lasche gonfia le bolle finanziarie e immobiliari, perché con le borse che guadagnano a ritmi imparagonabili ai rendimenti del capitale nell’economia reale, è ovvio che il denaro poco caro prenda sempre più la via della finanza facile.

Alla crisi, non si è risposto affatto allo stesso modo dovunque, come ripetono in molti. E’ di gran moda, e piace molto a keynesiani e statalisti, dire che la risposta è stata quella di politiche monetarie ancor più accomodanti, a tassi praticamente negativi, e di acquisto massiccio di asset finanziari da parte delle banche centrali, il cosiddetto quantitative easing effettuato dalla Fed in tre lunghe fasi (oggi siamo alla fine della terza, sempre più ridotta, e il mondo attende che la FED alzi i tassi).

Questa è stata per così dire la condizione di emergenza garantita da una politica monetaria che, di fronte a una crisi americana cioè mondiale, si è inoltrata in acque sino allora ignote. Ma sotto questa cornice – a cui si è aggiunto molto dopo il QE della BCE, dall’inizio di quest’anno a settembre del 2016, volto a sostenere più che altro i titoli pubblici abbassandone l’onere, mentre i governi dovrebbero fare riforme per ridare equilibrio alle loro finanze pubbliche– in realtà ciascuno si è comportato in modo diverso, per affrontare i guai reali, cioè l’esistenza di debiti non sostenibili.

Gli USA hanno salvato alcuni giganti finanziari coi solidi pubblici, per vederseli poi in larga parte restituire, e hanno fatto la stessa cosa con due giganti dell’auto, GM e Chrysler, ma nel frattempo hanno fatto fallire centinaia di banche minori, addossandone le perdite ad azionisti e obbligazionisti. Il Regno Unito ha fatto la stessa cosa degli Usa con alcuni grandi banche, ma non con le imprese. In Europa sulle banche ciascuno si è comportato a modo suo, ma qui la parola d’ordine è “nessun fallimento” – vedi il caso MPS – e solo ora faticosamente siamo ai primi passi di una vera Unione bancaria.

Altri paesi, come l Svezia in crisi negli anni Novanta, hanno concentrato in mano pubblica debiti insostenibili da gestire, per attenuarne l’effetto sull’economia reale. Altri, come il Giappone, da 20 anni tengono i tassi bassissimi e sostengono pubblicamente in tutti i modi l’economia, ma non separando debiti buoni dai debiti cattivi anche l’attuale premer Abe si trova nei guai dopo 2 decenni di crescita asfittica.

Mettiamola così. Per chi è scettico sul fatto che banche centrali e finanza pubblica possano evitare che i mercati abbassino i prezzi per far svaporare le bolle, e per tornare finalmente a far orientare i capitali verso l’economia reale, le risposte alle mega crisi finanziarie possono avere al massimo come risposta immediata politiche monetarie interventiste. Ma l’essenziale è metter rapidamente mano a riforme profonde, lasciando ai mercati il diritto-dovere di fare i prezzi. Per tornare il più rapidamente possibile a politiche monetarie meno discrezionali possibili: l’esatto opposto di quel che oggi s’invoca dai banchieri centrali. Anche perché altrimenti più durano le politiche monetarie lasche, meno i governi riformano, e più la liquidità torna a gonfiare nuove bolle. Questa è la ragione per cui negli USA i Krugman sono perché la FED non rialzi i tassi, e per cui in Europa gli statalisti contano sul fatto che il QE di Draghi duri in eterno, invece di pensare a unificare davvero i mercati del lavoro, dei beni e dei servizi europei in nome di una maggiore produttività.

Torniamo alla Cina. Il partito comunista cinese guidato da Xi Jinping nel suo ultimo congresso ha indicato la strada di aprire l’economia cinese a forme sempre più vicine al mercato. Chi ieri ha brindato all’intervento della banca centrale cinese preferisce forse dimenticare che gli squilibri di cui vive la bolla finanziaria e immobiliare cinese sono tutti figli dell’eccesso d’interventismo pubblico, non del suo contrario. Da anni e anni la banca centrale cinese aumenta l’offerta monetaria tra i 3 e i 5 punti più di quanto non cresca nelle innattendibili statistiche ufficiali il PIL. Da decenni, l’economia è cresciuta investimenti pubblico che erano quasi la metà del PIL, e la montagna d’investimenti pubblici senza rendimento economico ha generato sovraccapacità gigantesca.

Fino all’altro ieri l’Occidente ha chiesto alla Cina di lasciare lo yuan libero di fluttuare sul mercato invece che regolato nel cambio dalla banca centrale. Di dissodare le banche pubbliche i cui libri sono pieni di asset ipervalutati e in realtà oggi senza prezzo, a cominciare dall’immobiliare. Di chiudere gradualmente il marginal lending, e cioè che società finanziarie non soggette ad alcuna valutazione spingessero oltre centomila cinesi senza risparmi a credere freneticamente nella Borsa anticipando loro i liquidi per investirvi (tutta gente che oggi rischia ovviamente il disastro). Che senso può avere oggi chiedere alla Cina l’esatto opposto, e cioè che Stato e banca centrale continuino a pompare soldi pubblici?

Direte voi: problemi loro, l’essenziale è che non diffondano crisi e instabilità nei mercati di tutto il mondo. Risposta sbagliata. Perché l’economia reale si prende le sue rivincite. Se la banca centrale cinese ha aspettato, prima di assumere le decisioni di ieri, è perché sa per prima che intervenire l’avrebbe costretta a dei controsensi. Quando si svaluta una moneta è perché i flussi di capitale escono dal paese, e di conseguenza per contenere il fenomeno occorre alzare i tassi e non abbassarli, come l’Occidente ieri ha invece caldamente spinto la Cina a fare. Se l’obiettivo è di pompare più liquidità attraverso le banche – e a questo serve abbassare la riserva obbligatoria – è un controsenso comprare al contempo yuan, perché significa diminuire la liquidità che si vorrebbe crescesse. In più, da quel che sappiamo la banca centrale cinese non è proprio l’esempio di un istituto liberista: detiene già asset nei suoi libri pari al 60% del valore del Pil cinese. Il doppio, in percentuale, di quanto abbia la Fed rispetto al PIL USA, dopo tre lunghe fasi di quantitative easing.

In conclusione: no, la riposta di ieri cinese non è quella più adeguata alle ormai gravi contraddizioni dell’economia cinese, è solo un pezza a colori. Chiesta dall’Occidente per bloccare la paura. Sarebbe meglio – e molto più stabilizzante per i mercati mondiali – che l’Occidente offrisse alla Cina una finestra spalancata per fare dello yuan una valuta di riserva visto il peso che la Cina ha nel mondo, a patto di sapere entro quanto verrà lasciato al prezzo di mercato, perché ciò consentirebbe a Pechino di contare sugli acquisti di molte altre banche centrali. Chiedendo alla Cina nel frattempo di fare in grande scala quanto fece la Svezia negli anni Novanta, cioè avviare un enorme processo di scouting sui troppi debiti insostenibili e sui troppi asset dichiarati a un valore che non esiste. Che lo Stato cinese si concentri su quello, mentre attua una vera vigilanza sulle sue banche e chiude nel tempo alla possibilità che oltre un terzo della sua intermediazione finanziaria sia operata da chi non è soggetto ad alcuna regolazione.

Un enorme programma pluriennale cinese di stabilità e pulizia finanziaria, da assumere come priorità inernazionalmente condivisa perché la Cina resti una locomotiva mondiale, continui ad assorbire sempre più esportazioni mondiali ad alto valore aggiunto per le sue centinaia di milioni di nuovi consumatori, e dipenda sempre meno da un proprio export forte per un basso costo della manodopera destinato comunque ad alzarsi.

In larghissima misura, è il compito del nuovo presidente degli Stati Uniti che succederà ad Obama, sempre che sia interessato a un mondo stabile. L’Europa ha giù i suoi enormi guai da risolvere. Al massimo possiamo essere una media potenza cooperante. Ma dovremmo per primi chiedere all’America in questi giorni di non commettere l’errore di chiedere ai cinesi solo misure figlie della disperazione a breve termine.

 

You may also like

Una FED ancora troppo discrezionale
Punto e a capo n. 50
Punto e a capo n. 24
Inflazione, il momento di agire è ora

17 Responses

  1. Caro Oscar,
    Ma se la Federal reserve ha nel proprio statuto il sostegno della crescita, il che significa che credono fermamente che quello che la Cina ha fatto e che loro stanno facendo da svariati anni sia corretto, come può chiedere ai cinesi di fare il contrario, visti poi i rapporti tra USA e Cina? Direi invece che la BCE e la Fed si accordino per una politica monetaria più coerente tra di loro e più stile Draghi-BCE-scuola liberista, in modo tale da isolare la Cina. C…i loro se le loro politiche monetarie si rifletterano, prima o poi in un peggioramento dell’economia reale e della crescita: i mercati apprezzeranno lo scudo che nel frattempo l’occidente si sarà creato, la pulizia di cui parli, e tutto il macigno ricadrà sulla stessa Cina. Gli stessi Hedge Funds, non avranno scuse per far collassare le borse occidentali visto che i mercati si saranno allineati ai fondamentali e il Giappone dovrà scegliere con chi stare e rivedere, se ha il coraggio, una buona volta, il proprio modo di fare politica monetaria. Sono un po scettico però vista la grande ignoranza che ci circonda: se c’è è stata fatta tanta fatica nel convincere che la posizione dei tedeschi sulla Grecia fosse quella giusta, figuriamoci a voler cambiare le regole degli USA. Ma altre strade ci sono? A parte la fine della globalizzazione e quindi il ritorno a un anno zero per l’economia mondiale?
    Grazie,
    Giuseppe C

  2. Gianfranco

    Certo, riportiamo tutto all’economia reale.

    Probabilmente prenderei un Nobel, dimostrando che esiste un legame esponenziale tra economia reale e bolle finanziarie, in termini di valore prodotto.

    Nel senso: ho un uovo, ne prometto due. Ma se ne ho 10 milioni, posso prometterne 2000 miliardi (vedasi i titoli aurei di qualche anno fa).

    Sarebbe interessante un bello studio in cui, assumendo che quanto propone lei si avveri, si dimostrasse che la bolla esploderebbe fino alla luna!

    In pratica si comincerebbe una guerra non tanto per questioni finanziarie, quanto per la cellulosa necessaria a stampare tutte le banconote.

    Temo sia giunto il momento di investire in alberi. Un bosco di 10 alberi potrebbe essere venduto cinque o sei milioni di volte.

    Cordialmente
    Gianfranco.

  3. marco

    fortunatamente credo che i cinesi non faranno tutto quello che sti scannati vorrebbero
    purtroppo essere duri si richiede che siano tra i migliori, non tra i più accomodanti
    e qui i nostri politici son di ben altra estrazione MEDIOCRE

  4. FR Roberto

    Come sempre si è arrivati a cercare di mettere le pezze a disastro avvenuto, e prima poco o nulla si è fatto per cercare di evitarlo.
    Leggendo l’articolo il mio piccolo cervello ha divagato un po’ fuori tema. Sono conscio che le bolle speculative sono fortemente alimentate da (macro)meccanismi complessi legati anche a scelte di politica economica e di politica monetaria, nonché da carenze normative e di vigilanza.
    Tuttavia mi chiedo se e quanto potrebbe contribuire ad evitarle una maggiore cultura finanziaria, e un orientamento ad investire laddove sono ridotte le asimmetrie informative, comunque non eliminabili.
    Giustamente vedo imprenditori che prima di acquistare un macchinario o un’azienda non quotata pretendono di avere a disposizione analisi e valutazioni (in realtà non tutti… purtroppo vedo imprenditori che proprio perché si sentono imprenditori si credono guidati dallo Spirito Santo, e se loro hanno un’idea o un’intuizione deve per forza essere quella giusta). Però vedo anche gli stessi imprenditori, rigorosi e puntigliosi, investire in strumenti finanziari a cuor leggero, in base a sommarie indicazioni ricevute (chiacchiere da bar o poco più), o in base a generiche aspettative (se un paese è in via di sviluppo, vuol dire che si svilupperà).
    Giustamente vedo anche piccoli risparmiatori che per comprare una televisione confrontano mille prodotti, e diventano quasi dei tecnici esperti, che anche loro quando devono fare investimenti finanziari, che magari comportano investimenti superiori all’acquisto di un televisore, si affidano a sensazioni o a “consigli” non ben definiti.
    Forse l’impatto anti-bolla di una maggiore cultura finanziaria e di una maggiore propensione ad investimenti consapevoli sarà nullo (non nutro particolari aspettative), ma potrebbe contribuire ad evitare fregature ai più sprovveduti.

  5. andrea

    Caro Giannino, non Le pare che si stia perfettamente avverando l’esito del peccato monetario dell’Occidente individuato da J.Rueff dopo la trasformazione del denaro da mezzo economico in mezzo politico di scambio?
    Grazie.

  6. rt-roberto

    Alcune considerazione e questioni sulla crisi cinese, un continuo, a mio avviso, delle precedenti.
    Le bolle economico-finanziarie ci sono sempre state, ma negli ultimi decenni si sono ripetute con una maggiore frequenza ed impatto sulle economie nazionali e continentali. Le bolle permettono ad alcuni di lucrare molto in poco tempo, a molti di perdere ed anche molto. La finanza “dopata” è divenuto uno strumento di potere e controllo economico-politico che sovrasta l’economia reale. (qui si potrebbe inserire la tematica morale-etica della finanza, ma è un altro articolo).
    Le banche centrali, che hanno a che fare con l’economia reale e la finanza borsistica, immettono liquidità nel sistema (la BCE in ritardo dalla FED e pagheremo anche questo a mio avviso) per dare “ossigeno” all’economia, che viene consegnata-drenata alle banche, per coprire i propri debiti ed i debiti degli stati (vedi Italia), per investire nella borsa (che di fatto è + redditizia) ed infine all’economia reale (imprese e privati). Il problema sta non tanto nella liquidità in se stessa ma nella destinazione della stessa. Se la liquidità venisse vincolata al suo impegno finale (no finanza borsistica, si economia reale) allora l’effetto sarebbe di abbassare il rischio bolla e che nel caso ricade per buona parte su se stessa. Controllo della liquidità nella sua destinazione finale o meglio divisione della stessa nei suoi 2 impieghi: economia reale e finanza speculativa.
    Crisi borsa Cinese: anche mia moglie, “laureata in economia-domestica”, alle continue notizie di crescita cinese ha sempre affermato che prima o poi sarebbe finita. Non è la teoria de “l’avevo detto io”, ma sicuramente che questo nodo sarebbe arrivato al pettine, era quantomeno noto agli addetti ai lavori. Con i cinesi si discute male e le sorprese sono tutte da scoprire.
    Se posso due questioni da chiarire a Giannino:
    – leggo anche sul “Fatto Quotidiano” nell’articolo a firma di Mauro Del Corno nel 5° capoverso dove si commenta il test dei mercati sulle capacità di intervento delle banche centrali, ma soprattutto con evidenza di quella Svizzera (“tirata” con acquisto asset pari al 100% del Pil nazionale) ed a seguire il 30% della BCE, FED e 60% di quella cinese come citato nel presente articolo. Ma la Svizzera non dovrebbe essere la “banca” meglio patrimonializzata e liquida a livello internazionale, e soprattutto nel caso di esaurimento della liquidità, quale panorama internazionale può prefigurarsi ?
    – casa nostra: ma il giochetto di mancata riduzione del debito nazionale fino a quanto può reggere ? o ad ogni crisi internazionale dobbiamo sperare negli interventi divini, per non trovarci ufficialmente cittadini terzomondisti?
    Grazie. Roberto.

  7. Cesare

    la ricetta dì Giannino è il contrario di quella di Napoletano (dir. sole24ore). Il nostro sistema delle imprese non vuole riforme dell’esistente, ma solo meno tasse, il cui onere andrebbe scaricato sui detentori di capitale

  8. Caro Gianfranco,
    La questione non è nemmno così semplicistica come tu la poni. Il mercato non è un gioco statico, ne a stadi finiti e limitati nel tempo. Si può promettere la restituzione al tempo x di un ammontare M, a patto che vi sia la credenza che al tempo x si hanno quegli M. In termini di mercati finanziari stiamo parlando di una sequenza di x infinita, che varia nel continuo (mettiamo ogni minuto) e con un M che è impossibile quantificare anche per un orizzonte di tempo non troppo lontano. Inoltre, devi parlare di “credenza” e non di sicurezza assoluta poichè se tutti credono che ciò avverrà, non c’è nessuna motivazione razionale a limitare M (cioè ad indebitrarti meno). Andrea notava il diverso comportamento di individui (si ipotizza razionali) di fronte a asset liquiti e illiquidi. Il motivo è semplice: un asset liquido lo puoi vendere in qualsiasi momento. Uno illiquido è impossibile, che se sia sopravvalutato il cerino non rimanga in mano a te. Ma quand’è che un asset diventa liquido? Bene quando quegli x di cui parlo sopra si avvicinano sempre di più al continuo. Sopra dicevo ogni minuto, al limite, ma potrebbe trattarsi di un giorno, un’ora. L’importante è che non ci vogliano giorni o mesi per trovare un acquirente. E non è finita. Un asset è liquido anche quando le credenze sulla restituzione di M di cui parlo, sono stabili. Se ciò non avviene quell’asset comincia a perdere fluidità e quindi diventa meno liquido. Quindi fanno bene gli speculatori a sganciarsi dall’economia reale? Ma nemmeno per sogno. Te ne ho appena parlato. Le condizioni attorno alla liquidità di un asset, non sono così stabili come sembrano. Solo per la moneta è così. Nemmeno per i titoli di stato. Nel momento in cui le credenze (purchè sbagliate) siano stabili tutto funziona. E potrebbe durare anche per sempre. Ma nel momento in cui (e non pensare per quanto sia difficile la determinazione di M a ogni X che questo non si palesi tanto spesso, vedi il caso della grecia. Era palese a un certo punto che non ce l’avrebbe fatta a restituire i soldi alle scadenze fissate) ci si dovesse incamminare verso un sentiero di cambiamento delle credenze (vedi grecia) prima uno (quello più scaltro e intelligente) poi due, cento, 10000 operatori, cominciano a cambiare opinione. I più fessi rimangono scettici solo alla fine, quando proprio si vede che Tsipras non ha i soldi nel portafogli per pagare la Merkl. Ma quell’uno iniziale, attraverso dei metodi sofisticati, era stato già in grado di prevedere, per esempio nel 2009, che nel 2015 c’era la probabilità dell’80% che la grecia poteva andare sotto come un palombaro. Seguito a ruota dai due, dai cento ecc. Questi hanno guadagnato un botto. Mentre i 10000 probabilmente hanno perso qualcosina e i più fessi hanno perso un patrimonio (tra questi molti di quelli che tu definisci in mala fede). Ci vorrebbe quindi qualcuno che a un certo punto, dica: ok prima che quell’uno, 100, 1000 si accorgano che stiamo andando sotto come dei palombari (perchè tanto avverrà) facciamo in modo di allinearci ai fondamentali. Infine basterebbe che i fessi di cui sopra siano sempre di meno. A quel punto chi gonfia le bolle? Spero di essere stato chiaro. Non dovete vedere per forza tutto come dei furbi contro degli ignari. Dovete cominciare a pensare che esistono quelli che hanno capito come funzionano le cose, e quelli che non l’hanno capito.

    Giuseppe

  9. adriano

    Unificare il mercato del lavoro,dei beni e dei servizi è possibile quanto lo sviluppo del mezzogiorno.Quando saremo riusciti a realizzare il secondo potremo considerare il primo.Il debito è come la grappa,si deve scartare la testa,aumentarlo sempre comunque,e la coda,non farlo mai in ogni caso, e bere solo ciò che non avvelena,utilizzarlo nella misura e quando serve.Non capisco come sia non sostenibile un debito denominato nella moneta di cui si ha il controllo, come quello giapponese , fino a quando esiste la cellulosa.In Cina è in corso la macellazione del parco buoi.Bisogna aspettare che sia ripristinato uno schema Ponzi accettabile.Da noi i buoi sono scappati da tempo e per il crollo bisogna attendere la prossima crisi,magari quando e se quei burloni degli americani aumenteranno i tassi.Sono curioso di vedere di quanto lo faranno.La macellazione da noi avviene con altri strumenti come patrimoniali,tasse per la redistribuzione della miseria o simpatici provvedimenti tipo bail in ma questa è un’altra storia.

  10. guido

    Faccio una domanda a tutti voi: ma per quale ragione oggi dovrei investire in un insediamento industriale quando posso raddoppiare il mio patrimonio in sei mesi investendo nel mercato borsistico. Perché dovrei pagare dei dipendenti, rischiare che il mio prodotto diventi obsoleto, pagare delle tasse o semplicemente lavorare 18 ore al giorno? Ancora, qual’è la ricaduta sociale di un investimento industriale e qual’è la ricaduta sociale della speculazione finanziaria ( non parlo di finanza ma di speculazione ).
    Sono un liberale ma ho la sensazione che il mercato borsistico vada limitato.

  11. Gianfranco

    Caro Giuseppe, grazie del lungo intervento.
    Tranne che dalla sestultima riga in giu’, condivido tutto cio’ che scrivi, in quanto sacrosanto.
    Del mio, non traspare a sufficienza il senso ironico.

    Non capisco, pero’, perche’ “quell’uno” dovrebbe dare la sveglia, visto che ci guadagna, e non capisco come potrebbe mai avvenire “il riallineamento coi fondamentali”.
    Se fosse un finanziere, sinceramente, del destino dei risparmiatori mi interesserebbe umanamente quanto al padrone di una miniera di carbone potrebbe interessare umanamente del minerale estrattivo.
    “Riallineare” significherebbe rendere dei soldi. E questa sarebbe una cosa bellissima, quanto impossibile.

    Vedi, io non sono un cospirazionista o un arrabbiato della sfiga. Sono semplicemente realista.
    Tralasciando i cinesi imbecilli che hanno intascato centinaia di migliaia di euro e li hanno reinvestiti al 30%, perdendo tutto, il problema principale e’ nel concetto di responsabilita’ per cui, ad un certo punto, dato che nessuno ha interesse a dire “stop” o “riallineiamo”, cosi’ come un imprenditore che manda i propri operai a morire su di un’impalcatura senza reti, anche un banchiere – cioe’ tutto il consiglio di amministazione di una banca – dovrebbe andare andare felicemente in galera, quando si pone nella condizione di fallire un progetto.

    L’atteggiamento, invece, e’ quello del bimbo discolo portatore di handicap: sapendo che non sara’ punito, ne combina di tutti i colori.
    Finche’ funziona, funziona e si intasca provvigioni e commissioni. Quando non funziona piu’ sorride e dice: “mica e’ colpa mia, e’ stata la bolla economica. nessuno avrebbe potuto prevedere che i cinesi non avrebbero comprato milioni d’unita’ immobiliari a prezzi astronomici. ora che si fa? roviniamo tutti i clienti della banca facendola fallire oppure tassiamo un po’ tutti e sistemiamo?”. Quanto c’e’ voluto, per capire che quella immobiliare sarebbe stata una bolla? Te lo dico io: 2 settimane.
    Questa responsabilita’, e’ indeterminata. Tu mandi i soldi in borsa tramite un broker e auguri e figli maschi.

    La bolla dei subprime e’ splendida perche’ totalmente slegata dal “reale”. Per me e’ un caso di studio meraviglioso.
    Mutui concessi ad indigenti, cartolarizzati e sparati nell’etere. Chi li ha comprati non s’e’ posto il problema? Si’, ma non glie ne e’ importato, perche’ sapeva benissimo che non ci sarebbero state conseguenze. Ora mi dici come cazzo e’ possibile promettere fino al 17%? E mi spieghi come cazzo e’ possibile che un imbecille creda ad una cosa simile?

    Facile: il mondo della finanza e’ il mondo dei sogni. Tutti sperano di fare il colpo e ritirarsi su di una spiaggia piena di belle gnocche. Per questo il gioco continua a durare e non finira’.

    La risposta alla tua domanda e’ banale: tutti. Le bolle piacciono a tutti. A chi piglia i soldi, a chi ci fa sopra commissioni, agli investitori piccini e meno piccini che guadagnano nell’interim e che comunque sperano di guadagnare ancora di piu’ in futuro. La bolla e’ frutto della natura umana. Che esplode quando la realta’ infrange il sogno.
    Quelli che tu dici dovrebbero chiamare i colpi, sono i penultimi del cerino: sono quelli che quando si accorgono, vendono in rialzo per l’ultima volta. Poi, casualmente, il casino esplode.
    Il loro guadagno e’ li’. Senza bolla non ci sarebbe guadagno. Per questo serve a tutti.

    Ultimamente, quando il sogno si infrange, gli stati rimettono tutti a sognare con iniezioni di tasse. Il problema reale e’ che sono sempre di piu’, i sogni delusi, quindi si e’ arrivati all’asfissia. E chi perde i soldi investiti, ed al contempo deve pagare piu’ tasse, ha sempre meno i requisiti per riaverne, restringendo la base “sfruttabile” ed acuendo il problema ai livelli piu’ alti.
    Chiedere alla Cina di rimanere slegata dall’economia reale significa continuare a perpetuare i sogni ed i guadagni a questi sogni legati.

    Se ci fosse quel benedetto riallineamento, scopriremmo che la Cina e’ quello che e’: un’enorme serbatoio di manodopera non specializzata in un paese comunista dittatoriale che ammazza, anche per crimini politici, ottomila persone all’anno. E chi cazzo investirebbe in un posto simile? Un pazzo.
    Parliamoci chiaro: Cina = macchine europee trasferite dagli stabilimenti dismessi (costo zero) + delta tra costo manodopera occidentale e cinese.
    Per assurdo, occidentalizzando la Cina, il delta diminuirebbe, togliendo ogni convenienza. Quindi la Cina e’ necessario rimanga un paese con un miliardo di pezzenti, affinche’ il costo della manodopera rimanga bassa e conveniente. Tolto quello, chi credi si sorbirebbe tempi e trasporti logistici e dogane, per fare lo stesso giocattolo, che potresti produrre qui laggiu’? Io in Cina ci sono stato. Ho visto.

    Non e’ una guerra tra furbi contro ignari. E’ un sistema che sta cominciando a mostrare i suoi limiti perche’ ultraottimizzato, ultraspecializzato ed al contempo irresponsabile.

  12. Anonimo

    Gianfranco non vorrei sembrare paternalista però continuo a pensare che la fai troppo semplice.
    Quell’1 nel mio esempio molto stilizzato non è che da la sveglia. Si accorge prima degli altri, fiuta l’affare, tutto li: perchè investire al rialzo in un titolo che è o sarà potenzialmente in default? Anzi perchè non investire al ribasso su quel titolo? Tu dici ok, ma se il meccanismo di esplosione della bolla non avviene quell’1 avrà perso la sua scommessa. Certamente, ma quell’1 sa che come lui altri 20 potranno accorgersene, poi altri 1000 ecc. Lui non da la sveglia, anticipa che prima o poi ci sarà la corsa a vendere. E’ chi si trova nella corsa che rimane fregato. Il fatto che 1, 10, 1000 cominciano a investire al ribasso non significa che danno il segnale agli altri, attenzione. Il segnale è sempre e solo uno: la tendenza del mercato, le credenze di cui ti parlo. Semmai quei primi potranno (al limite) accellerare un po il processo, se le somme sono cospicue, ma possiamo pure tralasciare questo aspetto, in sostanza non cambia nulla. Quello di cui ti devi convincere è 1,:onn c’è nessuna ragione, una volta che le credenze di equilibrio saranno cambiate da rialziste a ribassiste a pesarla al contrario 2 Le tendenze si muoveranno da rialziste a ribassiste quando più evidente è che il sottostante non se la passa bene. Il resto viene da se. E non c’è motivo di fermare questo. L’essenza del mercato è tutta li. Quell’1 di cui ti parla è semplicemente uno che fa il seguente ragionamento: la società x o lo stato y si sta cacciando in un brutto guaio, sta facendo delle scelte sbagliate, prima che ciò diventa evidente è meglio che mi muovo ad hoc. Punto. Non c’è nessun CATTIVO come pensi tu che vuole far credere quella cosa per guadagnarci anzi, se io compro a 100 e vendo a 500 il mio guadagno è 400. Quello che succede dopo i 500 non conta nulla per me. Purtroppo mi rendo conto che non è facile capire come funzionano i mercati, è matematica dinamica, teoria dei giochi e contabilità messi insieme. Quanto di più rognoso l’uomo si sia inventato da quando si è messo a giocare con i numeri.

  13. Gianfranco

    Tu non puoi chiedere a nessuno di non avere scrupoli per farti guadagnare e di averne, invece, in qualunque altro caso.
    La differenza, tra noi, e’ che tu pensi che le cose seguano un’ordine naturale, mentre io penso esista un ordine predefinito e concordato e che sia da ingenui (non ti sto dando dell’ingenuo in nessun senso) pensare che una cosa cosi’ importante come la gestione borsistica del danaro sia lasciata alla “natura”.
    Quello che dico e’ che non e’ sempre vero che se un mercato sale e’ perche’ debba salire naturalmente, e nemmeno se scende.
    Quello che dico e’ che il miglior modo di sottrarsi a qualunque responsabilita’ sia quello di fare un bel botto, in cui tutti possano dire “oh, che botto! non e’ colpa mia se c’e’ stato”.
    Ma se vai a vedere, le azioni X avrebbero potuto avere un senso fino ad un valore Y. Oltre Y e’ speculazione, cioe’ bolla. Tu compri a 20, sapendo che io ricomprero’ a 21 perche’ tu ricomprerai a 22 ed io a 23. tu 24, io 25, pinco pallo a 26 e cosi’ via. Poi arriva il botto. Fino a quel momento sia tu, che io, che pinco pallo, abbiamo guadagnato alla grande. Il “sottostante” non conta nulla. Conta solo l’algoritmo di ottimizzazione del profitto.
    A meno che non pensiamo che la mattina ci alziamo, controlliamo se le case cinesi di cui parliamo sono veramente vendute, andiamo in ufficio e diciamo: “la pacchia e’ finita: non si vende un tubo, il mercato e’ fermo: vendiamo quelle azioni finche’ siamo in tempo”. Oppure: “chissa’ se qualcuno usa veramente gli inutili treni ad alta velocita’”. Niente di tutto cio’: si aspetta che esploda il bubbone.
    Ci sono in ballo troppi soldi, perche’ queste cose non siano accuratamente pianificate. Non c’e’ nessun fiutare d’affari. Infatti, se noti, le bolle partono praticamente sempre sul mercato delle costruzioni. Anche in Italia, per “ripartire”, si fa ripartire il mattone. E’ il piu’ facile da controllare e con la resa maggiore. Inoltre non tutti ci cascano. Non tutti i paesi si fanno fregare. Il motivo e’ che chi ci casca ci vuol cascare sapendo che pagheranno i contribuenti.
    In questo caso si cerca di imporre politicamente che il gioco continui. Perche’ pensiamo sia possibile farlo, essendo andato avanti sino ad ora con modalita’ totalmente slegate dal reale.
    Essendo perfettamente consci di aver attratto dei babbioni, e gente onesta, nella trappola.
    In realta’ il funzionamento dei mercati e’ banale. Basta mettersi d’accordo ed avere qualcuno che politicamente regga il bordo del sacco. La Cina, in questo caso, e’ terreno fertile perche’ ha un livello di corruzione tale che veramente qualcuno puo’ pensare di slegarsi dalla realta’ e giocare solo coi numeri.
    Finanza e realta’ sono due cose che hanno un punto in comune solo nel momento in cui c’e’ da pagare. Lo dice la matematica.

  14. il Declino del Capitalismo

    l’esplosione dei Debiti dagli anni ’80 in poi è il Marketing necessario per Mantenere Artificialmente in Vita la crescente SovraCapacità Strutturale (NON PIU’ CICLICA) tanto più in un contesto dove SottoOccupazione/Disoccupazione Tecnologica mina il Potere di Acquisto dei Salari.. gli Interventi Drogati di Moneta (= Debiti) sono l’Unico Modo per Evitare il Crack Sistemico.. che invece ci sarebbe Immediatamente se seguissero le Vostre Austriache Ricette..
    avete ragione quando dite che la Moneta non è la soluzione (serve solo per tamponare le Inevitabili Crisi Finanziarie da Eccesso di Debiti Pubblici + Privati).. avete torto credendo che esista una soluzione.. quella da voi vostra sarebbe o sarà solo una Accelerazione del Declino.. 100 anni per lanciarlo.. 100 anni per svilupparlo.. e questi sono solo l’inizio dei 100 anni necessari x smaltirlo..

  15. Gianfranco,
    I fenomeni collusivi che tu sostieni probabilmente esistono, non ne conosciamo la dimensione. Può essere pure che come tu pensi, siano di proporzioni tali da guidare alcuni mercati (impossibile tutti). Però mi rifiuto di credere che alcune banche centrali asserviscono la loro politica monetaria a questi fenomeni, tanto che mi devi sempre dimostrare che i repentini aggiustamenti di mercato (scoppio delle bolle) siano vantaggiosi per questi arbitraggisti. Non ne vedo il motivo. E ti dirò di più, seppure fosse. Seppure queste politiche monetarie interventiste fossero a servizio delle speculazioni tarocche (il che è tutto da dimostrare) non sono convinto che le banche centrali sappiano che esse sono contrarie ai principi di sana economia. In altre parole sono convintissimo che non sbagliano sapendo di sbagliare, ma rinnovo la convinzione che sbagliano pensando di essere nel giusto. E’ li che bisogna lavorare, in un caso o nell’altro.

  16. Gianfranco

    Giuseppe,
    da un punto di vista formale, hai ragione. Dimostrare certe cose e’ impossibile.
    Non possiamo pero’ chiudere gli occhi di fronte alle cose che succedono, anche se non abbiamo nessun potere di cambiarle, e vederle per cio’ che sono.
    Giusto per rimanere in tema, non e’ il risultato della richiesta alla Cina, che conta. Conta che la richiesta sia stata fatta.
    Questo e’ sintomo che il modo di intendere la finanza e’ quello. Dice inoltre che, quando non ci sono “terzi” coinvolti, quella e’ la gestione che si mette normalmente in pratica senza far troppo rumore.
    Immagina una pompa che dreni il fondo di un lago e porti il materiale in collina. Quando il lago e’ secco, svuotato, ridotto ad un buco morto, si stampa moneta, si piantano quattro canneti, si butta dentro un po’ d’acqua e si immettono 2 carpe. A quel punto si ricomincia a drenare.
    Ora, questa cosa succede a cicli sempre piu’ pressanti. Insostenibili. Proprio perche’ non si ottimizza altro che il drenaggio. Lo scopo e’ drenare. Non c’e’ altro fine e non interessa altro.
    Nel tuo scenario, invece, sembra che ad un certo punto qualcuno dica: ma no, povero laghetto, basta massacrarlo. Questo, per me, e’ cio’ che non succede. Quando la raccolta finisce, invece che aspettare che si aggiusti il mondo, si riassetti, si torni all’economia reale, si pompa liquidita’.
    E’ un fenomeno per me, come dicevo, palese ed innegabile. E sperare che per qualche motivo a qualcuno interessi di milioni di persone in crisi, penso sia… ottimistico. 🙂
    Nel pratico, esempio da bar: chi paga gli impianti fotovoltaici, completamente antieconomici? Noi, nella bolletta. Chi ne ha beneficiato? Non certo noi. Noi paghiamo. L’importante e’ trovare dove scaricare i costi (che siamo sempre noi).
    Ciao.

Leave a Reply