16
Dic
2009

La pace dei browser

E’ finita la guerra dei browser? Giornali e siti “generalisti” sostengono che si sia finalmente chiusa la “battaglia” fra Microsoft e Commissione europea. La mega-multa del 2004 riguardava pero’ l’inserimento di Windows Media Player in Windows. Il tormentone sui browser e’ assieme piu’ antico (si tratta dell’originario problema fra Microsoft e Antitrust USA) e piu’ recente, per noi europei. Nondimeno, il prossimamente ex Commissario alla Concorrenza Neelie Kroes ci teneva a chiudere il file, prima di cedere il testimone a Joaquin Almunia. “Milioni di consumatori europei potranno beneficiare della libertà di scelta sul tipo di browser da utilizzare”, ha detto. Va bene, continuiamo a prenderci in giro.

Che cos’e’ questa liberta’ di scelta? Cito da Repubblica.it:

Il meccanismo della “schermata di scelta” sarà semplice: una volta entrati in Windows, si aprirà una finestrella col titolo “Seleziona il tuo browser”, senza i tratti caratteristici di Internet Explorer, dove l’utente trovera in ordine casuale tutte le icone dei 12 browser più utilizzati in Europa, come Opera, Firefox, Safari o Chrome e altri. L’utente potrà cliccare sulle icone per ottenere maggiori informazioni e basterà poi un altro clic per installare il browser scelto come impostazione di default per navigare su internet. Questa finestra, che si chiamerà “Choice Screen” comparirà su tutti i pc che utilizzano i sistemi operativi Windows XP, Vista o Windows 7, grazie agli aggiornamenti automatici previsti dai sistemi. Il tutto a partire da marzo 2010.

Tanto rumore per… per risolvere con un meccanismo di questo tipo, che sostanzialmente fa risparmiare all’utente un clic rispetto all’aprirsi una finestra di Explorer e andare alla ricerca del nuovo browser che piu’ gli aggrada. L’impressione e’ che siano sprecate energie e parole per combattere e “vincere” una guerra che non ha piu’ ragion d’essere. Lo sviluppo di nuovi browser non e’ stato pregiudicato dal fatto che Explorer era offerto gratis a chi acquistasse un PC. Firefox, Opera e Safari hanno sgranocchiato quote di mercato riuscendo a convincere sempre piu’ utenti. Google con Chrome portera’ la competizione su un nuovo livello di integrazione, fra browser locale ed offerta di software “remoto”. La posizione dominante di Microsoft non si e’ ridimensionata (almeno in parte) perche’ abbiamo avuto un Antitrust attivista. Che per inciso se l’e’ presa con Media Player mentre iTunes cominciava a cavalcare la tigre, ed ha rispolverato la questione dei browser mentre andava cominciando ad assumere forma l’idea di “cloud computing”.

Microsoft oggi sembra meno pericolosa (se rifacessero il film “Antitrust”, per inciso una vera schifezza, e’ evidente che il “cattivo” oggi sarebbe Google) perche’ si e’ evoluta la tecnologia, e la concorrenza, quella vera non quella immaginata dai Mario Monti della situazione, ha fatto il suo corso. In questo “corso”, ci sta che grandi innovazioni tecnologiche o imprenditoriali garantiscano a un operatore una forte posizione dominante in alcuni momenti, quelli in cui avanza sull’abbrivio dell’innovazione da esso prodotta. Il problema e’ che questa posizione dominante sia “sfidabile” sul mercato, cioe’ non sia tutelata da protezioni legali.

Bruxelles ha accelerato, con le sue indagini e le sue multe, questo processo di distruzione creatrice? Ho i i miei buoni dubbi, perche’ gli interventi muscolari di Monti e della Kroes hanno penalizzato Microsoft senza “garantire” o “agevolare” una sfida di mercato a Microsoft. Il messaggio che hanno dato e’: quando diventi grande, entri nel mirino (e’ accaduto ad Intel, accadra’ a Google). Creare incertezza colpendo gli innovatori di ieri non aiuta quelli di oggi. E non incentiva altri a candidarsi ad essere gli innovatori di domani.

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8 Responses

  1. Riccardo C.

    Sono daccordo con Lei che oggi non ha più molto senso la guerra dei browser ma non banalizzeri l’intervento dell’antitrust europeo.
    C’è stato un periodo in cui la posizione dominante di Microsoft ha rappresentato una minaccia per il mercato.
    Così’ come adesso è Google che minaccia non solo il mercato di cui è monopolista, ma anche mercati adiacenti in cui entra facendo dumping.
    Un antitrust forte è una risorsa preziosa per chiunque abbia a cuore il mercato libero, anche se si annida fra le pieghe di un gigante di burocrazia come la Commissione Europea.

    O vogliamo ritrovarci anche per l’europa con authority come quelle italiane, totalmente ininfluenti, quando non ridicole addirittura, con le loro multe che non scoraggerebbero neanche Don Abbondio ?

  2. La ringrazio per il commento. Le autorita’ di regolazione, e anche le autorita’ antitrust, hanno un pessimo track record con le imprese tecnologiche. Perche’ proprio laddove il mercato si muove cosi’ in fretta, rischiano di evitabilmente di combattere battaglie di retroguardia pensando di essere sulla cresta dell’onda.
    Un buon principio e’ pensare ai danni per il consumatore, che in molti casi (rispetto a Microsoft) restano ad oggi tutti da provare. L’idea della “traslazione” di un monopolio dal settore in cui uno e’ iper-dominante a quello contiguo, rispetto al quale c’e’ la vendita in abbinata, e’ abbastanza screditata.
    Sono d’accordissimo con lei che servirebbe a tutti che a Bruxelles ci fosse chi si occupasse con autentica dedizione della tutela della concorrenza. Ma purtroppo mi sembra che i giorni in cui da li’ venivano strali contro gli aiuti di Stato, le barriere legali all’entrata (per esempio nelle professioni), e l’intervento pubblico che falsa i verdetti del mercato, siano giorni passati. Dopo la prevedibile ma nondimeno stupefacente duttilita’ della commissaria Kroes nella crisi, rispetto agli aiuti di Stato alle banche, mi pare evidente che da Bruxelles oramai verranno solo spettacolari pugni nei confronti di attori di mercato che debbono la loro dimensione e il loro successo alla loro capacita’ di soddisfare i consumatori, e carezze invece per tutte le distorsioni patrocinate dagli Stati membri. Politica della concorrenza con una forte enfasi sulla “politica”, insomma.

  3. Michele Bendazzoli

    @Riccardo C.
    Io non riesco a capire come si faccia a considerare il successo di un’azienda nel soddisfare i propri utenti, prima IBM, poi Microsoft, Intel, ora Google o Oracle, domani chi lo sa, come un attentato alla concorrenza.
    L’unico monopolio che dobbiamo temere è quello che impedisce al mercato di esprimere nuove idee e soluzioni, che blocca le sue dinamiche.
    E questo monopolio non è dovuto, come l’evidenza dei fatti sta dimostrando, alla posizione predominante di questa o quella azienda in un certo mercato, ma all’arroganza dimostrata da un manipolo di guastatori che si riunisce in una comissione “europea”, e attraverso la prepotenza consentita dal monopolio legale, stabilisce regole, impartisce multe, decide quali prodotti possono (o, come MySql, devono) essere prodotti e venduti, interferendo pesantemente e in modo sempre goffo e intempestivo (basti pensare alla ridicola finestra in più che un utente sarà obbligato a completare per eseguire una installazione), sulle dinamiche del mercato.

    “Semo in man dea poja”.

  4. Concordo con l’analisi in buona parte, ma c’è una frase che mi lascia un po’ perplesso: “Lo sviluppo di nuovi browser non e’ stato pregiudicato dal fatto che Explorer era offerto gratis a chi acquistasse un PC”.
    A parte che non esistendo il pasto gratis dubito che esista il browser gratuito, in realtà a livello tecnico Explorer è sempre stato visto come un prodotto che ha causato più problemi che altro perchè non rispettava alcune regole per la navigazione in Rete (sto semplificando): molte pagine venivano create per essere visibili con Explorer (quindi violavano anche esse la struttura definita per esse). Questo ha comportato molti salti mortali per i browser venuti dopo che da un lato puntavano alla compatibilità con le regole che Explorer aveva violato e dall’altro puntavano al massimo uso.
    Fine della nota dal mondo folcloristico dei tecnici 🙂

    D’altro canto mi ricordo che una parte della diatriba era l’apertura del
    codice sorgente di Explorer: ma visto che nell’informatica, quando si vuole fare operare insieme dei componenti software, non è necessario avere il codice sorgente ma solo la specifica delle parti con cui si deve comunicare (nell’ingegneria del software si chiama “design by contract”).
    Perchè l’Antitrust preferì comunque sostenere (almeno per un po’ di tempo) la posizione “a gamba tesa” (pubblicazione del codice) anzichè quella più fondata tecnicamente e meno pesante per Microsoft (rilascio delle specifiche)?

    Saluti

  5. “Creare incertezza colpendo gli innovatori di ieri non aiuta quelli di oggi.”

    Critiche interessanti quelle dell’autore, un ampio spazio di riflessione sul significato della parola Innovazione: i suoi destinatari, la possibile scomposizione e sostituibilità dei singoli componenti (vedi commento di alepuzio), il sostegno o meno di standard tecnologici aperti.

    Certamente un tipo di Innovazione che permette di essere riletta e rivalutata offre interessanti scenari sia per gli end-users che per i developers. Eventualità che sminuirebbe il ruolo delle Authorities e sosterrebbe mercati realmente concorrenziali.

  6. Michele Bendazzoli

    @alepuzio
    Per quanto riguarda la gratuità del software libero si tratta solamente della scelta di un modello di business: software libero non significa software gratis, o almeno non necessariamente. Ci sono tanti modi per finanziare lo sviluppo di un prodotto, e quello di richiedere una royalty agli utenti che lo usano è solo una delle opzioni. Faccio notare fra parentesi che essendo il valore di un prodotto software molto spesso legato al numero di utenti che lo utilizzano, risulta molto spesso non conveniente limitare il numero di potenziali utilizzatori richiedendo loro di pagare per averlo.

    Per quanto riguarda poi il fatto che Explorer fosse un prodotto che non seguiva gli standard, sicuramente questo è in parte vero e a mio modesto avviso reputo che questo sia stato uno degli errori che Microsoft ha compiuto in un maldestro tentativo di blindar il mercato.
    Ma, lungi dalle speranze che una tale miope politica aveva, il risultato quale è stato? Che si sono aperti spazi di mercato per prodotti concorrenti che rispettavano maggiormente lo standard, che l’immagine della Microsoft ne è uscita indebolita, che nuovi paradigmi di utilizzo del web, come la piattaforma Google, ha rimesso in discussione il concetto stesso di utilizzo del computer e di sistema operativo, che ormai è diventato solo un nodo di utilizzo di una infrastruttura che è e diventerà sempre più globale spingendo la competizione in avanti, dove il grado di innovazione e la capacità di interagire con gli strumenti di social network diventerà sempre più determinante.
    In definitiva, non la commissione europea ma il mercato ha dato e darà la risposta se la Microsoft è sufficientemente aperta alle innovazioni o se sta iniziando a scendere la china della popolarità.

    Non certo Monti.

  7. Daniele Medri

    @Michele Bendazzoli,

    una nota aggiuntiva a quanto da te indicato: “software libero” significa esattamente quello che promette, non solo gratuito ma con la disponibilità del codice sorgente e tutelato da particolari licenze. Altra cosa è parlare di Open Source, una categoria più ampia di software a sorgente aperto dove le licenze relative possono porre particolari restrizioni.

    Questo modello di business viene di solito indicato con l’acronimo TCO (total cost of ownership) dove i servizi aggiuntivi di installazione, personalizzazione e assistenza costituiscono la parte “economica” e la diffusione diventa garanzia e valore del medesimo software (+ utenti, + feedback, + bugfixes = stabilità crescente nel corso del tempo).

    Termino con un esempio: da quanto Oracle/Sun ha rilasciato il JDK (Java developer kit) sotto licenza open source sono arrivati numerosissimi contributi esterni tesi a migliorare le prestazioni e ampliare le features. Da una delle “potenziali soluzioni sul mercato” si è creato un nuovo standard tecnologico aperto, attraendo nuovamente attenzione e spingendo la concorrenza a valutare scelte simili. Un vantaggio notevole visto da chi mette mano al codice ogni giorno, una garanzia di investimento per chi pianifica nel medio-lungo.

  8. alepuzio

    @Michele
    per la gratuità del software non mi stavo riferendo al software libero (esiste software libero che è venduto dal creatore, ad esempio Emacs di Richard Stallman, almeno i primi tempi).

    Io mi riferivo all’affermazione in base alla quale Internet Explorer non viene pagato perchè {in omaggio a,compreso con} Windows: il fatto che non sia venduto separamente dal sistema operativo non implica che sia un programma a costo zero: tutto qui.

    Sulla “miopia” di microsoft non ci metto la mano sul fuoco: per noi (venuti dopo) questa miopia significa maggiori costi di sviluppo/testing/blabla con conseguente maggiore forza lato Microsoft. (Lo spiega bene un ex-sviluppatore Microsoft, Joel Splosky qui: http://www.joelonsoftware.com/articles/fog0000000339.html).

    Per il resto concordo che l’Antitrust si è mossa male e non razionalmente, neanche dal punto di vista dei tecnici che spesso è contrapposto a quello dei manager 🙂

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