La “nuova” IVA sugli e-book e i miracoli della concorrenza fiscale
Fiat iustitia et pereat mundus: dopo un lungo travaglio, il comma 667 della legge di Stabilità 2015 ha esteso agli e-book l’applicazione del regime IVA agevolato previsto per i libri, mediante un’interpretazione autentica di quest’ultimo termine, entro cui dovranno d’ora in poi essere ricomprese tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica. E, dunque, anche gli e-book, nonostante il (concreto) rischio di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles. Per le medesime ragioni di equità fiscale, non si comprende per quale ragione la norma abbia escluso dall’estensione del regime agevolato l’IVA sulle copie digitali dei giornali e dei servizi delle agenzie di stampa online. Ma il meglio è pur sempre nemico del bene.
In questo senso, poco importa se è sufficiente una minima dose di cinismo a suggerire che il provvedimento nasca da un ben preciso calcolo politico: contemporaneamente all’applicazione della nuova aliquota, infatti, sono state modificate a livello euro-unitario le regole sulla tassazione IVA di servizi elettronici, telecomunicazioni e teleradiodiffusioni, che da quest’anno sono imponibili nello Stato di stabilimento del consumatore, e non più in quello del fornitore, come invece accadeva sino al 31 dicembre 2014. Per intenderci: l’anno scorso, l’IVA di un e-book acquistato su Amazon veniva pagata in Lussemburgo, dove l’aliquota è pari al 3%. Da quest’anno, invece, dovrà essere pagata in Italia. Se il regime dell’IVA sugli e-book fosse rimasto quello ordinario, la tassazione sugli e-book venduti da Amazon in Italia sarebbe pertanto aumentata del 19%.
Cosa significa tutto ciò? Significa che se il governo italiano non fosse intervenuto, con ogni probabilità i retailers del mercato degli e-book, Amazon in testa, avrebbero dovuto aumentare i prezzi considerevolmente, dato l’impatto della maggiore tassazione. Col rischio, per Franceschini, di ritrovarsi in una situazione simile a quella, assai imbarazzante, dovuta all’aumento dei prezzi dei dispositivi Apple a seguito dell’approvazione del decreto sull’equo compenso per copia privata, durante la scorsa estate.
Probabilmente è davvero così. D’altronde, come disse saggiamente un filosofo romano, talvolta le buone leggi nascono dai cattivi costumi. E la scelta di equiparare l’aliquota IVA sugli e-book a quella sui libri cartacei è da salutare con favore in ogni caso. Soprattutto perché, ed è una circostanza determinante, la misura persegue un obiettivo di equità, e non di aiuto fiscale. È una misura, cioè, sacrosanta dal punto di vista della logica e del diritto, prima ancora che politicamente. Nel caso di specie, l’obiettivo perseguito è eliminare il privilegio di cui hanno goduto sino a pochi giorni fa i libri cartacei rispetto ai loro omologhi digitali, e non certo favorire questi ultimi. I quali, al contrario, sono stati ingiustamente discriminati per lungo tempo da un trattamento fiscale iniquo e non degno di un ordinamento giuridico contemporaneo. Il che, infine, rende totalmente ininfluente, per giudicare la bontà della misura, la circostanza che i prezzi degli e-book diminuiscano o, come accaduto sinora, rimangano immutati o addirittura aumentino.
L’interpretazione “opportunistica” della misura, peraltro, costituirebbe una superba prova dell’importanza della concorrenza fiscale e istituzionale (particolarmente all’interno dell’Unione Europea). Solo grazie all’eterogeneità dei regimi esistenti, infatti, i consumatori hanno potuto acquistare e-book a prezzi ragionevoli sia prima che dopo le modifiche normative intervenute, in qualche modo bypassando l’ingiustizia che avrebbe rischiato, altrimenti, di colpire il settore. Non solo: se le aliquote IVA fossero state identiche in tutti i paesi dell’UE, il governo italiano non sarebbe mai stato spinto a discostarsi dall’ingiusta politica fiscale che ha colpito gli e-book fino a qualche giorno fa, evitando che gli fosse attribuita la responsabilità di un probabile aumento dei prezzi.
Twitter: @glmannheimer
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Peccato che il calo dell’IVA non abbia prodotto nemmeno un centesimo di beneficio al consumatore finale. Vedere il sito dday.it (cercando IVA + ebook) per conferma. Alla faccia della concorrenza.
@Ivan Cattani
La mancata diminuzione del prezzo degli ebook sui siti “italiani” dovrebbe far riflettere sul fatto che, molto probabilmente, questi siti fossero già basati fiscalmente in Lussemburgo e che quindi fossero già soggetti all’IVA 3%. Questa è la controprova del fatto che la decisione di presa dal governo italiano è stata solo politica, come suggerisce l’articolo.
Anche in questo caso ci hanno fatto credere di concedere una agevolazione (di cui già beneficiavamo).
Il solito gioco all’italiana delle tre carte!!