Ancora sulla norma “anti-scorrerie”, il contrario di quel che servirebbe
Sulla norma “anti-scorrerie” il governo fa sul serio. Al di là delle critiche agli effetti che la norma avrà sulla contendibilità delle società, c’è da evidenziare che – alla data di oggi – non è ancora noto il testo dell’emendamento e quindi i precisi contorni che esso assumerà. Il primo punto da chiarire è quale sarà la soglia di capitale al cui superamento scatterà l’obbligo di comunicazione rafforzato: la scorsa settimana, infatti, il relatore del ddl concorrenza, Luigi Marino, aveva lasciato intendere che l’orientamento era sul 10% del capitale sociale; il Ministro Calenda, invece, a margine di un convegno dell’Antitrust, ha detto di puntare su una soglia ancora più bassa (al 5%).
Altro elemento da definire sono le successive quote di capitale il cui superamento comporterà le ulteriori dichiarazioni di intenti: anche qui, sembra che il legislatore si stia muovendo verso degli scaglioni del 5%. Tenuto conto che l’obbligo del lancio di un’OPA totalitaria si colloca al superamento del 30% del capitale sociale, ciò vuol dire che, nell’ipotesi estrema, il soggetto acquirente potrebbe essere tenuto alla comunicazione ben cinque volte, prima di arrivare alla fatidica soglia. E nelle piccole società quotate, che possono prevedere statutariamente una differente soglia – compresa tra il 25 e il 40% – la situazione rischia di essere ancora più grave (e costosa), considerando che proprio le piccole società sono quelle più a rischio di rimanere avvinghiate a un management inefficiente.
È confermata, infatti, l’intenzione di estendere la portata dell’emendamento a qualsiasi settore, perché – come ha ammesso il Ministro Calenda – è impossibile stabilire a priori quali siano quelli “strategici”. Il che è un (paradossale) punto d’onestà: la valutazione di “strategicità” di una società è rimessa a indici che afferiscono più al campo della discrezionalità politica che a quello delle regole economiche, più a un capitalismo “di relazione” che a uno “di mercato”. Elementi, questi, che mal si conciliano con le caratteristiche di generalità e astrattezza che una norma dovrebbe sempre avere: è stato proprio Calenda a ricordare molto correttamente che elemento imprescindibile per l’esplicarsi del libero gioco della concorrenza è una cornice giuridica chiara e stabile. Ma è impossibile non notare che il combinato disposto tra la soglia al 5% e l’estensione indiscriminata a qualsiasi quotata dell’obbligo di comunicazione rafforzata non farà che aggravare le criticità dell’emendamento “anti-scorrerie” (o “anti-scalate”, come lo abbiamo polemicamente definito). In Italia, il mercato delle società quotate è già piuttosto esiguo (ed esangue): una norma così protezionistica è proprio il contrario di quello che ci vorrebbe per rianimarlo.