La grande stagnazione USA: figuriamoci la nostra!
Ogni tanto bisogna occuparsi di problemi di fondo e di lunghe prospettive. Non perché avesse torto Keynes che chiedeva risultati a breve, visto che tra ics decenni saremo comunque morti, ma perché è solo un’occhiata al lungo termine alle nostre spalle quella che ci fa capire meglio quali nuovi errori evitare. Da questo punto di vista, c’è un e-book che consiglio, vale a mio giudizio per intero i 4 dollari che vi costerà scaricarlo. Si intitola The Great Stagnation: How America Ate All The Low-Hanging Fruit of Modern History,Got Sick, and Will (Eventually) Feel Better. L’ha scritto Tyler Cowen, un economista libertario-cane-sciolto non meno critico verso i repubblicani che i democratici, che insegna alla George Mason, scrive per il New York Times, e insieme al collega Alex Tabarrok dal 2003 col loro blog Marginal Revolution è la seconda stella del firmamento internettiano economico con Paul Krugman (io tifo per Cowen, ovvviamente). E’ un libro che parla di America, ma utilissimo anche a noi. Il problema centrale: perché il reddito medio dei cittadini non cresce più come nei tumultuosi decenni del dopoguerra e fino alla fine anni Settanta?
Naturalmente su questo assunto già ci si può dividere a iosa, se per esempio si dà un occhio al reddito mediano e non medio, oppure se si calcola il Pil procapite e dunque la produttività. Ma lasciamo queste cose ai tecnici. Ciò che stimola è la risposta di Cowen. L’America – ma vale sia pur diversamente per tutti i Paesi avanzati – ha spettacolarmente migliorato il reddito medio finché c’erano frutti che pendevano dagli alberi e che potevano sfamarci senza fatica, cioè sussistevano in abbondanza ingenti fattori tali da accrescere produttività e reddito: vaste estensioni di terra, incrementi demografici esogeni ed endogeni, nonché infrastrutture e rivoluzioni tecnologiche il cui avvento realizzava un enorme passo avanti, dal vapore all’elettricità, dalle ferrovie alle autostrade. Con le ICT, pensa Cowen, avviene l’ultima rivoluzione ma si ingenera anche una grande illusione. Sarà anche vero che abbiamo dovuto correggere verso l’alto gli indici rivelatori di produttività inglobandovi l’ICT – vero in America e cavallo di battaglia di Greenspan per giustiticare bassi tassi d’interesse, da noi l’utilizzo delle nuove tecnologie informative e di comunicazione latita ancora nel più della piccola impresa – ma rimaniamo ciechi di fonte a un fatto evidente. Quando la manifattura si stringe a poco più del 10% del valore aggiunto del Pil – come negli USA – il più dei nuovi servizi internettiani genera e soddisfa un mucchio di domanda individuale e collettiva, ma realizza assai meno incassi e dunque reddito da spalmare di quanto avvenisse con le grandi rivoluzioni tecnologiche precedenti, ormai spremute.
Che conseguenze, per Cowen? Primo ridare lustro e risorse agli scienziati impegnati su tecnologie e innovazioni “pesanti”. Secondo, nel breve periodo il più del reddito aggiuntivo nei Paesi avanzati verrà assai più sperando e aiutando che i Paesi emergenti accrescano il loro mercato, e producendo beni di alta gamma per loro, che da riforme nel breve delle nostre società avanzate: dunque piantiamola di diffidare dei cinesi, e teniamo le dita intrecciate perché continuino a crescere senza crisi del loro sistema bancario. Terzo, diffidare di una conseguenza del drive tecnologico largamente sottovalutata, e cioè che la rete e i grandi server per accumulatre e trattare dati agevolano assai più il Big Government e le grandi corporations che le piccole aziende e il governo decentrato.
Che cosa dedurne per noi? Primo, è un bene avere una componente manifatturiera sul Pil largamente superiore a quella di altri Paesi avanzati, visto che ben il 23% del nostro Pil è fatto di export per lo più manifatturiero. Secondo, noi rischiamo di avere le tecnologie internet che potenziano lo statalismo e le grandi aziende senza l’ondata di accrescimento della produttività che per Cowen è già finita o quasi nell’universo dei “piccoli”. Terzo, siamo messi meglio per l’export nei Paesi in via di sviluppo, se cambiamo il nostro mercato del lavoro, ma peggio per tornare a finanziare ricerca e brevetti “hard”. Cowen passa per Cassandra, negli USA, perché comunque il suo è un invito a moderare le aspettative. Da noi sarebbe un inguaribile ottimista, visto che il potere d’acquisto reale dei dipendenti del settore privato, depurato dell’andamento dei prezzi a fine 2009, era tornato quello del 1999.
Premetto che ho già inviato il libro al mio kindle, ma non ho ancora iniziato a leggerlo.
Non capisco perchè internet dovrebbe favorire quello che lei chiama Big Government e le grandi Corporations?
Se c’è una cosa che dimostrano anche i disordini di questi giorni in Tunisia ed Egitto è proprio la forza che viene data alle masse dalle tecnologie digitali. Internet sembra essere la tecnologia bottom-up per eccellenza, mentre Cowen sembra considerare solo l’aspetto accentratore della tecnologia.
Anche secondo me Cowen sbaglia riguardo le infrastrutture IT. Con esse, se usate adeguatamente e, a riguardo, non sempre le grandi compagnie riescono a farlo, i piccoli con moderati investimenti riescono ad ottenere risultati difficilmente immaginabili altrimenti. Penso anche solo alla pubblicità a mezzo dei motori di ricerca.
concordo pienamente con Cowen, considerando che la rete internet ha portato ad un significativo incremento di “produttività” riscontrabile solo nel settore terziario ma in termini materiali, nella maggior parte dei paesi, si utilizzano tecnologie considerate innovative negli anni 60 del ‘900; non dimentichiamo che internet ha causato una bolla finanziaria che ha mandato letteralmente al baratro migliaia di famiglie e che è assolutamente un paradosso, cioè non esiste alcuna correlazione tra investimento in IT e aumento della produttività (come mostrato da tante ricerche scientifiche).
Premetto che mi sono limitato alla lettura del solo post
e non del libro
La mia posizione è in linea con quella di Riccardo,
le Tecnologie basate sulla Rete sono molteplici, iper elastiche
ed adattabili alla soluzione di una grandissima quantità di problemi
Il tutto sta nel sapere in che modo sfruttarle adeguatamente,
come ingegnerizzare una soluzione ottimizzata per una determinata problematica, rispettando determinate condizioni al contorno relative a tempi e costi.
Temo che troppo spesso si compia il grossolano errore di considerare le Tecnologie Internet Based come un semplice insieme di
Web, Mail, VoIP, …
Questa è una visione altamente riduttiva:
le sopra citate sono le tecnologie che, ad oggi, si sono più largamente diffuse trovando vasti ambiti applicativi nel contesto Produttivo (in Italia ovviamente giochiamo con l’handicap …)
Ma le Tecnologie ICT sono molto di più:
sono in continua evoluzione e maturano con una rapidità e una pervasività che, probabilmente, non hanno eguali nella Storia della Tecnologia.
A dimostrazione di quando dico porto alcuni esempi:
– Visione Artificiale
Dalla metà del 1990 fino a poco più del 2000 (prima non parliamone neanche) era considerata dai più quasi fantascientifica l’idea
che una Automobile potesse guidare da sola …
L’anno scorso avete visto la Google Car ?
Ovviamente non solo Google ma tutte le Grandi Case Automobilistiche, nessuna esclusa (o forse solo Fiat 😉 ), stanno lavorando all’applicazione di questa tecnologia sui loro prodotti:
tra pochi anni potremo avere il privilegio di assistere a questa incredibile rivoluzione in tema di mobilità.
Ma senza scomodare le Auto che guidano da sole,
la Visione Artificiale viene utilizzata ormai quasi come standard in molte Macchine per la Lavorazione di Alimenti (Polpe Alimentari, …)
Ben inteso, io considero la Visione Artificiale all’interno dell’insieme ICT, in quanto il cuore di questa tecnologia è il Software
Un esempio più terra terra è lo stesso VoIP: anche in questo caso,
ad inizio 2000 pensare che si sarebbe potuto gestire il traffico telefonico sulla Rete era roba solo da Call Center di determinate dimensioni, tutte le altre aziende (almeno in Italia) si appoggiavano alla buona vecchia telefonia classica, ora invece la situazione sta cambiando
Certo tutto questa può avere anche un risvolto economico “negativo” da un certo punto di vista:
mi spiego con un esempio semplice
Prima una Azienda aveva la sua bella Rete Ethernet e la sua Rete Telefonica quindi 2 Reti di cui pagare Costruzione e Manutenzione,
quindi Aumento di un tot del PIL
Oggi una Azienda può decidere di volere SOLO la Rete Ethernet perchè su di essa farà girare anche la Telefonia tramite VoIP,
con tutti i vantaggi che ne conseguono
– 1 linea in meno di cui pagare la costruzione e la manutenzione
– possibilità di gestione avanzata del traffico tramite software sempre più intelligenti
Tutto questo risparmio per l’Azienda (a meno che i soldi risparmiati non vengano scialacquati in consulenze milionarie per la gestione di un apparato di tale complessità 😉 ) non è però un bene per il PIL
(correggetemi se sbaglio) almeno non con questo Sistema
Se si puntasse maggiormente su Tecnologie Avanzate e si sviluppasse un Mercato più incentrato sulla Conoscenza e la Consulenza in materia, non si potrebbe considerare una Evoluzione ?
Considerando i Dati (allarmanti) relativi alla Fuga dei Cervelli,
direi che potremmo avere la “manodopera” (i Cervelli appunto 😉 ) adatta per realizzare una tale transizione, no ?
Chiedo scusa per la eccessiva lunghezza del commento
Ricerche Scientifiche: ad esempio?
Il libero mercato del sabato mattina e la rete.
http://luigiboschin.wordpress.com/2011/02/05/libero-mercato-sabato-mattina/