La gioiosa macchina per la spesa
Uno degli aspetti più allarmanti della triste condizione in cui versa il nostro paese è costituito dalla scarsa considerazione, ai limiti dell’incoscienza, di quanto soffocare il nostro tessuto imprenditoriale possa danneggiare le prospettive di crescita del nostro paese e in definitiva diminuire il benessere futuro della collettività.
Qualche giorno fa la pubblicazione del rapporto doing business 2014 non ha destato particolare eco sulla stampa nostrana, se non per qualche sparuta considerazione superficiale La maggior parte degli interventi si è limitata a constatare il posizionamento del nostro paese nella classifica generale, registrando un modesto recupero rispetto allo scorso anno. Tuttavia è sufficiente un minimo di approfondimento per evidenziare quanto la situazione del nostro paese dovrebbe essere preoccupante: se restringiamo la classifica ai paesi ad alto reddito membri dell’OECD che sono i comparabili con i quali ha più senso fare un confronto troviamo che l’Italia è 29ma su 31 paesi solo Grecia e Repubblica Ceca hanno un posizionamento peggiore.
Stiamo dicendo che in un mondo sempre più globalizzato, in cui è sempre più facile per i capitali muoversi e soprattutto il capitale umano ha raggiunto un’importanza senza precedenti nel determinare la “ricchezza delle nazioni” l’Italia è quasi il peggior posto dove fare impresa tra i paesi sviluppati. In termini relativi c’è un forte incentivo per le nostre imprese e i nostri cervelli ad andarsene e per quelli stranieri a non venire nel nostro paese e dunque non c’è da meravigliarsi se le imprese che ancora resistono abbiano scarsa convenienza a investire e creare nuova occupazione.
Eppure nel dibattito politico e sui mass media prevale una visione dello stato come una “gioiosa macchina per la spesa” in cui tutte le forze politiche da destra a sinistra si preoccupano solo di come redistribuire le risorse (tenendo per se ovviamente la parte del leone) incuranti dell’agonia in cui versa e delle tragiche prospettive di coloro i quali quelle risorse producono con sempre maggiore difficoltà. Tutti sembrano ragionare come se lo stato potesse sopravvivere tranquillamente anche dopo la morte per soffocamento dell’ultima impresa privata, forse pagando la propria spesa con qualche tipo di moneta filosofale e a poco vale osservare che ormai siamo al livello in cui aumentato le aliquote il gettito diminuisce.
Mi sembra poi emblematico un commento ricevuto a questo post che sentenziava
le tasse vengono pagate in maggiore misura da dipendenti pubblici e pensionati
Mi pare evidente che al commentatore non è chiara la differenza fondamentale tra il ruolo di quelli che si trovano al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione (e delle sue propagini pseudoprivate) e producono le risorse che servono a mantenere coloro i quali invece ricevono il proprio reddito dallo stato (parlo in dettaglio della questione in questo post)
Mentre siamo troppo occupati a inseguire il pettegolezzo del giorno sulle primarie del PD, o l’ennesima puntata della telenovella sul signor B, la nostra classe dirigente sta lentamente segando il ramo su cui tutti siamo seduti e il risveglio da questo sogno ad occhi aperti non potrà che essere brusco ed estremamente sgradevole.
Complimenti alla Spagna
Solo che il deficit dove lo mettiamo? Il deficit spagnolo quest’anno starà ben oltre il 6%.
Com’è che dall’alto delle sue tesi lei dimentica di mettere sull’altro piatto della bilancia il tallone d’Achille del deficit?
Com’è che se l’Italia sfora di uno 0,1 il mitico parametro deficit-PIL, lei (e tutti quelli come lei, in italia e a bruxelles-berlino) fa un sermone (e giù legnate a volontà), mentre se la Spagna sta “fuori fido” il doppio di noi, lei se ne frega e non dà legnate, nè un buffetto?
Si rende conto che se l’Italia avesse avuto la possibilità di sforare al 4% oggi staremmo per chiudere un bilancio assai diverso? E questo grazie ad un ridotto drenaggio dei redditi da parte dello stato? Non parliamo se avessimo sforato il6%, come fa la Spagna.
E poi mi fa ridere il suo confronto fra il settore automotive spagnolo e quello italiano.
Non ho dubbi. Lei ha studiato molto più di me. Purtroppo però, per essere obbiettivi ed equilibrati nelle analisi non c’è scuola, università o master che tengano!
Se il suo obbiettivo era scrivere qualcosa contro l’Italia, avrebbe potuto più semplicemente commentare l’ultima partita della NS nazionale. Non occorrono master in quel caso.
Buonasera
Non comprendo il riferimento alla Spagna, è sicuro di aver commentato l’articolo giusto?
Abbia pazienza,
frequenti un po’ di blog e forum,
e la gente per strada.
La maggior parte delle persone e’ persino incapace di pensare ad un’alternativa.
E’ un popolo che, se l’ha mai avuto, ormai ha perso qualunque concetto di liberta’.
Liberta’ di pensiero, liberta’ da uno stato mamma, liberta’ dal pensare che sia ingiusto essere massacrati di tasse.
Abbia un po’ di pazienza. non e’ gente cattiva. Solo distrutta dentro ed a cui mancano gli strumenti per reagire.
Cordialmente
Gianfranco.
sono d’accordo con il sig. Famularo, purtroppo la palla al piede é la gestone della pubblica amministraziome, e degli enti locali, dice niente 105 province 220 prefetti? Non se né può più, saluti.