La Germania e l’Europa
In Germania le elezioni europee sono generalmente poco seguite. Si calcola che circa il 60% degli elettori rimarrà a casa il 6 e 7 giugno prossimi. Lo scetticismo verso il moloch della burocrazia UE, ma soprattutto l’insofferenza verso la presunta attitudine “mercatista” della Commissione (viene da chiedersi se in questi ultimi mesi i tedeschi abbiano o meno assistito all’“insabbiamento” delle pratiche sugli aiuti di Stato riguardanti il loro paese) ha generato una nuova ondata di nazionalismo. E con il Trattato di Lisbona al vaglio della Corte Costituzionale di Karlsruhe (una delle “lamentele costituzionali” proviene da un professore berlinese di estrazione liberale), la Germania è pericolosamente in bilico tra il proseguire sulla strada dell’integrazione e l’avventurarsi su perigliosi sentieri solitari. Finora la Repubblica federale ha mostrato di essere infastidita dallo sguardo vigile di Bruxelles e ha approfittato della crisi per dettare un po’ l’agenda e fare di testa propria. Ce ne ha data prova con la sua invettiva anti-italiana di qualche mese fa anche Günter Verheugen, Commissario tedesco all’Industria, un tempo esponente dell’Fdp (il partito liberale!), poi accasatosi all’Spd. Ora che l’Unione Cdu/Csu sembra prossima a vincere questa tornata di giugno con decine di lunghezze di vantaggio sui colleghi di governo, il Ministro degli Interni ha messo le mani avanti, candidando a prossimo Commissario Friedrich Merz. Per chi non lo conosce, basterà citare il titolo del suo ultimo libro per capire di che pasta sia fatto: “Osare più capitalismo. Vie per una società più giusta”. Ebbene, Merz, a lungo capogruppo al Bundestag per i conservatori, è da ormai qualche tempo nelle retrovie, non incontrando più il favore di una Cancelliera passata in pochi anni dal proporre la flat tax ad un approccio pragmatico (leggasi neostatalista) alla politica economica. Il nome di Merz non è ovviamente andato giù ai socialdemocratici: “La sua candidatura contraddice gli interessi della Germania”, afferma con molto candore il segretario generale dell’Spd Hubertus Heil, che rilancia subito proponendo il nome dell’immarcescibile “Kapò” Martin Schulz. La scelta tra l’uno e l’altro non è secondaria. Almeno dal punto di vista del segnale che la Germania intende dare agli altri paesi membri. Nell’un caso, con Merz, avremmo una Germania più rispettosa ed attenta ai principi del mercato e allo spirito dei Trattati di Roma; con Schulz il rischio è quello di vedere la Germania alla guida della setta “pro-armonizzazione”, così come la intendono i socialdemocratici tedeschi, ovvero con un tocco di teutonico protezionismo. Un assaggio di questi scenari neo-doganali lo abbiamo d’altronde già gustato a fine aprile, quando Berlino ha deciso di prolungare fino al 2011 i termini del periodo transitorio che permette agli Stati membri di porre limitazioni all’ingresso di lavoratori dai nuovi Stati membri dell’Europa dell’Est. A questo punto solo Merz potrebbe aiutare a invertire la rotta. D’altronde per Schulz il nemico numero due da sconfiggere (subito dopo Berlusconi) è “l’ideologia neoliberista”. Fate voi.
Sul tema segnalo poi questo bel post di Beda Romano che risale al settembre scorso e l’editoriale dell’Economist di fine aprile dal titolo “Quei tedeschi egoisti”.
Quest’anno il mandato della commissione attualmente in carica sarà prorogato e quindi i nuovi commissari saranno scelti dopo le elezioni federali tedesche.
A questo punto se le elezioni andranno come i sondaggi sembrano suggerire, con forte calo della SPD e governo di coalizione CDU/CSU-FDP sarà molto difficile avere Martin Schulz come commissaro tedesco.
Caro Massimo,
tutto è possibile. Ma non è detto che la decisione di nominare il nuovo commissario sia presa necessariamente dopo il 27 settembre. Per carità, è forse l’ipotesi più probabile (la stessa Merkel ha ribadito che se non dovesse esserci l’accordo con l’Spd la decisione sliterrà ai primi di ottobre), ma non è matematico. Schulz non sarà il nuovo Commissario? Lo spero bene. Ma non guardiamo troppo i sondaggi. La sfida si decide nelle ultime settimane.
A presto
Caro Boggero, la Germania non è in bilico. La Germania già da anni non crede nell’Europa.