28
Ott
2010

La Francia di Sarkozy tra proteste (tante) e riforme (poche)

La protesta francese è alle corde, dopo che per settimane il Paese è stato sull’orlo del blocco totale. Oggi è in programma l’ennesimo sciopero generale, ma Sarkozy sembra aver riportato una vittoria, dopo che la legge della riforma delle pensioni è passata al Senato e ieri all’Assemblea.

Gli studenti, alle prese con le vacanze d’autunno, hanno deciso di riposare, mentre i sindacati hanno allentato la morsa.

Non è la prima volta che sindacati e studenti si alleano per cercare di evitare dei cambiamenti necessari in tema di riforme.

La Francia è il paese degli scioperi. Vi possono quelli “leggeri”; un’esempio è quello attuato dai controllori di volo, che sono in sciopero ormai da mesi e continuano a provocare ritardi per molti voli che transitano sopra il territorio d’Oltralpe. Spesso, invece, il blocco riguarda quasi qualunque attività. Nelle ultime settimane anche le raffinerie sono state “occupate”, impedendo ai cittadini di fare rifornimento di carburante.

Il tema del lavoro e delle pensioni è molto caldo in Francia, distorto molte volte da “leggende” economiche. Una di questa, forse la più importante, è quella che disegna il mercato del lavoro come un’enorme torta.

Solo quando una fetta di questa torta, i pensionati, lasciano il loro posto, vi è la possibilità per i giovani di entrare. È la ragione principale per la quale il movimento studentesco si è unito alla protesta sindacale. I giovani, che vedono un tasso di disoccupazione del 24,4 per cento, molto superiore alla media nazionale del 10,1 per cento, vedono in questa riforma il male di tutti i mali. Invece il mercato del lavoro è una torta che si può allargare, togliendo i freni che limitano l’occupazione.

Il mercato del lavoro francese avrebbe bisogno di altre riforme oltre a quella delle pensioni, sulla quale è in corso lo scontro. Il salario minimo elevato, un’eccessiva burocratizzazione del sistema sono due delle cause che lo rendono poco flessibile.

Il mantenimento dello status quo è certamente uno dei punti di debolezza del Paese Transalpino. Alzare l’età minima pensionabile dai 60 ai 62 anni è necessario in un sistema che vede la spesa pensionistica in aumento. L’etá media di vita si allunga ed i sindacati francesi alleati al Partito Socialista non vogliono tenere conto di questa fattualitá tragica per un Paese che ha un debito ormai superiore all’80 per cento del Prodotto Interno Lordo.

Questa riforma non tocca nemmeno tutte le categorie sociali; in Francia rimangono delle nicchie per le quali non valgono le regole di tutti. In molte aziende pubbliche l’età pensionabile si abbassa a 55 anni e in un Paese dove le grandi imprese di Stato hanno ancora un peso rilevante, questa differenza provoca uno scontento popolare.

Il “Paese dell’égalité” in realtà è più uguale solo per alcuni”fortunati”. E questi fortunati hanno un peso politico rilevante. Un caso per tutti è quello degli “cheminots”, vale a dire i ferrovieri. Sono oltre 200 mila e quando decidono di bloccare la Francia e Parigi, nella cui area urbana risiede il 20 per cento della popolazione francese, hanno la capacitá di creare enormi disagi.

Sarkozy con questa riforma, nella quale s’innalzano anche gli anni di contribuzione minima, fa un passo in avanti, ma in realtà non va completamente alla radice del problema francese. Non elimina la posizione di forza di cui ancora gode il sindacato.

Per questa ragione chi la pensa come i sindacati e il partito socialista mantiene una profonda avversione alle politiche del Presidente della Repubblica, ma chi aveva visto in Sarkozy l’uomo del cambiamento, in realtà ne è rimasto profondamente deluso.

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4 Responses

  1. Michele Penzani

    Purtroppo l’Italia ha copiato molto di questa realtà francese, considerata per decenni un esempio per il pensiero (tacciato) progressista. L’amara constatazione è che se neppure un Presidente, abbastanza forte in poteri, sia nelle condizioni di cambiare repentinamente lo stato delle cose che frenano, di fatto, la propria economia, la dice lunga sulla quasi immobilità del nostro Esecutivo…Eppure guai a toccare Costituzione e sistema parlamentare italiano…

  2. Andrea Verde

    I francesi sono tradizionalmente pessimisti, sempre pronti a manifestare. Il conflitto generato dalla volontà di Sarkozy di riformare il sistema previdenziale, é emblematico di questo psicodramma della depressione francese : sindacati scavalcati dalle frange piu’ estremiste, studenti in piazza , un intero paese in panne per il blocco delle raffinerie, rallentamento dei trasporti pubblici.
    Sarkozy, in difficoltà nei sondaggi, su questa riforma si gioca le possibilità di rielezione nel 2012.
    Nel 2007 aveva sedotto i francesi annunciando una grande stagione di riforme ; la crisi finanziaria ne ha rallentato l’attuazione, ma, per Sarkozy, la riforma del sistema previdenziale resta un obiettivo primario.
    Ridurre gli scompensi tra il regime speciale dei funzionari pubblici ed il regime del sistema privato, significa sfatare un tabu’ francese che ha fatto cadere governi, generato proteste, scioperi e discussioni infinite.
    Nel 1980 c’erano tre persone attive per ogni pensionato ; oggi, grazie all’allungamento della vita media c’é solo 1.8 attivo per pensionato.
    Nel 2010 il sistema pensionistico ha accumulato un deficit di 32 miliardi di euro; senza correzioni il deficit potrebbe raggiungere nel 2020 la cifra record di 45 miliardi di euro.
    Sotto accusa i regimi speciali dei funzionari pubblici e degli « cheminots ».
    Per averne un’idea basti dire che alla SNCF, alla RATP (le società dei trasporti pubblici),all’ Edf, il personale va in pensione tra i 50 e i 55 anni. Anche la maggior parte dei funzionari pubblici puo’ andare in pensione a 55 anni.
    I dipendenti del settore privato, che non beneficiano di queste norme, vanno in pensione, mediamente, all’età di 65 anni.
    Questa disparità tra settore pubblico e privato é stata oggetto di lunghe, interminabili discussioni; dai tempi di Balladur, nel 1995, sino ad oggi.
    Sarkozy per fronteggiare l’enorme deficit del sistema pensionistico aveva tre strade ;
    1) ridurre le pensioni
    2) aumentare gli oneri sociali , minando il potere d’acquisto dei francesi e riducendo la competitività dell’industria francese
    3) Aumentare l’età pensionabile : poiché oggi la speranza di vita é superiore, si puo’ lavorare di piu’ .
    Nel scegliere la terza opzione, Sarkozy ha dato prova di buon senso, dando una risposta politica ad un problema che é innanzi tutto demografico.
    Oggi l’età media di uscita dal mercato del lavoro é di 59.3 anni ; con la riforma voluta da Sarkozy, passerà progressivamente a 62 anni e si prevedono economie per oltre 18 miliardi di euro.
    Imponendo un ritmo serrato alle discussioni e alle votazioni all’Assemblée Nationale e al Senato, Sarkozy ha voluto dimostrare che in Francia le riforme sono possibili, che la volontà espressa nelle urne dagli elettori non puo’ essere capovolta dalla piazza, che i socialisti e la sinistra non hanno a cuore la situazione finanziaria del Paese, né un progetto politico alternativo.
    Ma sopratutto Sarkozy ha voluto metterci la faccia ; non si é trincerato dietro i suoi ministri o dietro il capo del governo. Si é assunto in prima persona la responsabilità di una riforma impopolare ma necessaria ed ha mostrato che chi comanda é lui. A farne le spese probabilmente sarà François Fillon che potrebbe essere sostituito a Matignon da Jean-Louis Borloo o da Alain Juppé.

  3. xxxmen

    L’Italia e la Francia sono avvolte da una muffa Comunista che tenta di bloccare tutto, Sarkozy ci ha messo la faccia, Berlusconi ha sfruttato le vicende della D’addario per far passare inosservato il cambiamento del calcolo dell’età pensionabile.
    Il dubbio sorge spontaneo, con il caso RUBY, ci dobbiamo attendere una nuova riforma di qualche tipo, come cancellazione articolo 18?
    Se è così, all’ora è bene avere uno scandalo sessuale ogni 3 meni.

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