La dura lezione greca, per chi vorrà impararla. Noi?
ra senza alternative, il varo della terza versione degli aiuti Grecia in due mesi, dopo che il mercato aveva travolto come non credibili le prime due promesse. Le ragioni del ritardo stanno anche nelle cifre. Dai 30 miliardi iniziali e dai 45 successivi, siamo arrivati a 110 miliardi di euro, 80 dall’Europa e 30 dal Fondo Monetario Internazionale. Dunque il mercato aveva ragione a diffidare. Basterà? Pare improbabile. Come Martin Feldstein, Luigi Zingales e diversi altri, penso che in ogni caso sarà necessaria una forma di soft default, cioè una ridefinizione delle scadenze del debito greco, auspicabilmente su base volontaria e sotto l’egida del FMI. Ciò porterà a perdite dei creditori, a cominciare dalle banche greche ovviamente, e poi di quelle tedesche e francesi e a seguire. Se mancherà tale ristrutturazione, e tutto sarà affidato al taglio di 10 punti di pil di deficit pubblico greco entro il 2014, l’effetto sarà di una decrescita del Pil ellenico di 4 o 5 punti per effetto dei tagli draconiani al bilancio pubblico decisi ieri e attuati tutti in un colpo, e per diversi anni avrà comunque l’effetto di accrescerne il debito pubblico sul Pil. Che cosa insegna la crisi greca? Tanto altro. Anche all’Italia, che chissà se vorrà tenerne conto.Insegna innanzitutto qualcosa di preciso su chi comanda davvero: cioè che i tedeschi si sono definitivamente liberati da ogni complesso di colpa del secondo conflitto mondiale. E’ meglio tenerlo presente, sempre che non fosse già chiaro in precedenza, dopo un anno e mezzo di rifiuto germanico a ogni risposta europea – condivisa e cofinanziata – alla crisi. L’Europa politica – quella con un fisco comune e politiche condivise, non semplicemente coordinate alla meglio – non c’è. E pare a me che, checchè dica sul Corriere Padoa Schioppa, non ci sarà. I vincoli costituzionali posti in Germania dalla Corte di Karlsruhe a ogni strumento europeo che viva di finanza propria – per esempio un eurodebito condiviso tramite Union bonds – sono irrimediabilmente ostativi a un’idea di Europa politica. Per la stessa ragione, l’euroarea resta priva di uno strumento automatico di ristrutturazione condizionata dei membri a rischio, cioè di un Fondo Monetario europeo. Ai tedeschi non piace perché non passerebbe per i Parlamenti nazionali. E resta priva anche di procedure definite ex ante di ristrutturazione del debito, di grandi banche come di Paesi membri.
Ciò significa che l’euro è più che mai uno scudo per i virtuosi, ma una gabbia assai rischiosa per Paesi con squilibri storici e dovuti a politiche sbagliate. Se fino a ieri era chiaro ma fino a un certo punto che la virtù doveva esercitarsi nei conti pubblici – in realtà quando i parametri di deficit sono stati superati da Germania e Francia, essi non accettarono la procedura d’infrazione – da oggi è chiarissimo che la virtù deve anche esercitarsi nel non pagare salari troppo generosi ai propri lavoratori. Chi segue quella strada perde ulteriormente competitività rispetto alla Germania, indebolisce la propria bilancia commerciale, peggiora il proprio deficit nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Non lo avevano affatto capito Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda, Paesi che hanno tra loro problemi e forza di bilancia estera e dei pagamenti in realtà molto diversa, ma che tutti hanno seguito la via di un’impetuosa crescita anche grazie all’euro e ai suoi bassi tassi d’interesse, una crescita a forte componente anche di rafforzamento salariale.
E’ una lunga Quaresima, quella imposta dall’euro com’è oggi a ciascun Paese non abbia introiettato nei suoi conti pubblici e privati e nei comportamenti delle sue classi dirigenti e sindacali la vera “lezione tedesca”squadernata oggi con inesorabile coerenza. L’Italia è fuori dall’avello più infuocato sol perché avevaq toccato prima di altri l’incandescenza del rischio. Ma faccio una domanda a voi tutti. Politica e sindacati italiani hanno davvero la consapevolezza dei tempi di ferro che ci aspettano, e delle riforme d’acciaio che occorrerebbero per far scendere il debito pubblico con meno spesa pubblica e meno tasse, con più produttività e più rigore salariale, legando le retribuzioni alla produttività invece che all’egualitarismo di cui il nostro Paese resta impregnato? A me pare proprio di no. Spero di sbagliare ovviamente.
Per non saper nè leggere nè scrivere: non è più semplice aver la possibilità di buttar fuori dall’euro i Paesi “non virtuosi”, come la Grecia, anzichè dover cacciar fuori miliardi per salvare la baracca che loro fan periclitare? Nel caso greco l'”azzardo morale” è enorme, praticamente scontato: d’ora in poi ogni governo sa che per il solo fatto di appartenere all’area Euro, è “troppo grande (od importante) per fallire”
Ah, un’altra cosa. Sarebbe praticamente possibile legare l’euro all’oro per avere un ‘gold standard’ europeo? Se sì, questo rimuoverebbe il rischio dell’instabilità apportata da “casi” come quello greco?
Questa notizia Reuters non fa ben sperare:
http://it.notizie.yahoo.com/4/20100503/tts-oittp-grecia-pacchetto-ue-ca02f96.html
Io continuo a pormi la seguente domanda: fermo restando che la situazione dei conti pubblici greci è disastrosa e ipotizzando che una ristrutturazione e un soft default possono risolvere il problema sul piano fiscale, che ne è della competitività?
Il WSJ un mesetto fa parlava di costo del lavoro eccessivo per un buon 30%, e un taglio dei salari reali del 30% non è la stessa cosa di una ristrutturazione del debito, è un’esplosione nucleare.
Eppure il pur ottimo paper di Buiter parla di ciò solo in una riga, mentre altrove si presta attenzione solo ai conti pubblici. La cosa mi sorprende, perché è come se nel 1932, con la disoccupazione al 20% e il monte salari pari al 85% del PIL, e i salari reali troppo alti per un 30%, ci si sarebbe preoccupati del deficit pubblico.
Per carità, quello è un problema, ma se fosse solo quello il problema la Grecia avrebbe bisogno solo di una ristrutturazione finanziaria, cosa che non è inconcepibile, ovviamente tagliando le spese e aumentando le tasse e i contributi.
Il problema citato dal WSJ esiste o no? Se esiste, la Grecia sarebbe spacciata anche se il deficit pubblico diventasse improvvisamente un surplus e le scadenze dei pagamenti fossero spostate tutte al 2015.
Sottinteso: il problema no sono i salari dei dipendenti pubblici, ma tutti i salari, se il WSJ aveva ragione.
PS Ho ritrovato l’articolo, parla di salari e prezzi, quindi non tanto di salari reali, la cosa è marginalmente meno tragica, forse: http://www.aei.org/article/101605
Credo che il suo augurio, nella migliore delle Ns tradizioni italiche, sarà disatteso, fintantochè nel Ns paese non trovi una dignità il tema del “rimborso del debito”; in ogni sana “famiglia” (aggiungo Io…Italiana) si pagano gli interessi ma si restituisce (gradualmente) anche delle quote capitale e su questo meccanismo – da sani “mortgage people” quali siamo – dovremmo ripartire considerando la Ns attitudine…non credo che gli Italiani si straccerebbero le vesti e/o non capirebbero.
A quando le riforme sul carrozzone pubblico italiano/europeo? Non sembra anche a voi di essere giunti ai tempi supplementari? Quanto tempo vogliamo aspettare ancora per avviare queste benedette riforme? In recessione i carrozzoni pubblici di Bruxelles, Strasburgo, Roma ecc. non sono più sostenibili.
Come faremo a conciliare la disoccupazione giovanile, il welfare deficitario, l’ evasione fiscale, la competizione globale con il peso di un amminstrazione sempre più sciatta, autoreferenziale, e corrotta? Le piante si potano d’inverno !
Governanti hanno aperto voragini nei conti del loro paese. Poi, grandi banche, li hanno aiutati a falsificare i bilanci, e adesso,altri, devono trovare un oceano di soldi per calmierare la speculazione per non creare il gran botto , eccetera. Ma questi che hanno causato tutto ciò , non dovrebbero essere chiamati a pagare i danni .. ?
Quattro “professori” tedeschi hanno fatto ricorso presso la Corte Costituzionale tedesca per un eventuale finanziamento della Germania alla Grecia. Uno degli autori del ricorso, il Prof. Karl Albrecht Schachtschneider, docente di diritto all’Università di Norimberga, ha detto che il prestito alla Grecia costituisce un sussidio a tasso illegale, che minaccia la stabilità monetaria prevista dal Trattato di Maastricht e viola la clausola di “no bailout” dello stesso trattato. “I giudici non hanno scelta se non prendere una decisione che ottemperi alla legge. Questo potrà causare una grande crisi in Europa ma la crisi c’è già”, ha dichiarato Schachtschneider, il quale chiederà anche alla Corte Costituzionale di congelare gli aiuti alla Grecia fino alla sentenza.
Un altro dei quattro presentatori del ricorso, il Prof. Wilhelm Hankel, docente di economia all’Università di Francoforte, ha dichiarato che “l’intera manovra non fa altro che rinviare il giorno della resa dei conti. Non è nell’interesse della Grecia accettare questi soldi, perché i tagli ai salari e gli aumenti delle tasse imposti in cambio del prestito condurranno ad una depressione economica senza fine. I greci dovrebbero lasciare l’Eurozona volontariamente, svalutare e ristrutturare il proprio debito, con l’aiuto del FMI. Questo è il percorso dettato dalla ragionevolezza economica. In ultima analisi, l’unico modo di salvare l’Euro è quello di ridurre l’Eurozona”.
“Se fino a ieri era chiaro ma fino a un certo punto che la virtù doveva esercitarsi nei conti pubblici – in realtà quando i parametri di deficit sono stati superati da Germania e Francia, essi non accettarono la procedura d’infrazione – da oggi è chiarissimo che la virtù deve anche esercitarsi nel non pagare salari troppo generosi ai propri lavoratori. Chi segue quella strada perde ulteriormente competitività rispetto alla Germania, indebolisce la propria bilancia commerciale, peggiora il proprio deficit nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti.”
Io direi che i salari troppo alti che abbiamo in europa ci fanno perdere competitività rispetto alla moneta più sottovalutata -per volere politico- del mondo che è lo yuan.
Non c’è dubbio che con salari così alti in europa non si cresce. Ce l’ha insegnato, o almeno avrebbe dovuto, la storia dell’Italia degli ultimi 10 anni.
Inoltre, non si capisce perchè in europa tutto costi,immotivatamente, di più. Prendiamo, per esempio, la spropositata differenza di costo tra un iphone americano ed un iphone italiano acquistato sullo stesso sito della Apple:
In america un iphone 3 GS costa 199 o 299 dollari (a seconda che si scelga la versione 16 GB o 32GB), in Italia, invece, per gli stessi identici prodotti si paga dai 599 ai 699 euro (che con il cambio, di oggi, ad 1,31 equivalgono a 784 e 915 dollari).
Qui i link dell’apple store:
http://www.apple.com/iphone/compare-iphones/
http://store.apple.com/it/browse/home/shop_iphone/family/iphone?mco=MTE2NTQ
In pratica, il prodotto americano costa meno di 1/3 di quello italiano.
Vi prego, non ditemi che questa differenza di costi è giustificabile in qualche maniera (iva o altre fesserie simili) perchè è impossibile. L’europa è semplicemente considerata, a livello mondiale, una vacca da mungere e quello di Steve Jobs insieme alla probabile complicità delle compagnie telefoniche nostrane è solo un esempio.
A questo punto le soluzioni da mettere in pratica possono essere due:
1) una sana deflazione che verrà dall’abbassamento degli stipendi europei (anche se questo comporterà un problema debito pubblico soprattutto per noi italiani ed in generale per i PIIGS) che mi sembra sia la strada scelta dall’europa (e dalla Germania che in questo momento è l’unico paese che detta legge in europa).
La definirei una scelta molto difficile da intraprendere ma senza dubbio virtuosa
2) utilizzare politiche di stimolo all’economia keynesiane aumentando a dismisura i debiti pubblici per far ripartire la macchina economica senza disdegnare la possibilità di svalutare la moneta al momento opportuno (orientamento scelto da Obama per gestire la crisi negli USA e che l’Italia ha utilizzato per anni prima del semicollasso degli anni 1992-1994).
Scelta più facile rispetto alla precedente ma anche più rischiosa nel medio periodo
Non c’è dubbio, secondo chi scrive, che un appiatimento degli squilibri monetari mondiali potrebbe portare finalmente l’europa all’uscita dalla crisi e ad una sana crescita del PIL ad oggi anemica (a tutto svantaggio dei paesi BRIC che per troppo tempo hanno goduto di questa situazione).
Spero che i liberali stravincano le elezioni in Nord Renania-Palatinato e che mandino tutto il salvataggiotaggio a carte 48 in parlamento: se non fermano questa mania del ‘bailout’ alla Grecia, dopo sarà il turno di Portogallo ed Irlanda.
Viene anche da chiedersi quanto sia stata furba l’idea di far entrare anche paesi poco solidi economicamente nella zona Euro.
hh
@Shikamaru
“In pratica, il prodotto americano costa meno di 1/3 di quello italiano.”
L’esempio riportato, però, non è dei più felici. L’iPhone americano costa di meno perchè bisogna obbligatoriamente stipulare un contratto biennale con AT&T.
@Shikamaru
sicuro che salari e stipendi italiani siano poi così alti? Se parli del tuo sono felice per te.
Secondo me invece sono alti i guadagni da un certo livello in su, senza entrare fino ai milioni all’anno con cui sono omaggiati grandi manager bravi solo a fare danni.
Per quanto riguarda i costi italiani, il nostro livello di tassazione aiuta sicuramente ad aumentare i prezzi. Dopo di che bisogna anche tenere conto di altre cose, non ultimo il fatto che gli europei, più che l’Europa, siano considerati vacche da mungere – e io mi sento “tetrapopputo” da parecchio tempo.
Per quanto concerne lo stimolo keynesiano, non è che l’Italia possa permetterselo poi tanto, e il fatto che faccia ripartire l’economia mi lascia molto dubbioso.
Per Luca:
Si, hai ragione Luca. Comprandolo dall’Apple store sei obbligato a sottoscrivere, contestualmente (ma questa è una condizione entrata in vigore dopo che si sono resi conto che molti europei acquistavano il prodotto in america per poi utilizzarlo in europa/Italia), il contratto con la AT&T.
Da quel che so è possibile comprarlo, solo per i cittadini americani, e poi rescindere il contratto con AT&T pagando 175 dollari di penale portando quindi il costo complessivo degli apparecchi rispettivamente a 374 e 474 (contro i 784 e 915 italiani).
Il mio consiglio è ovviamente di non farlo perchè: è illegale(e già questo dovrebbe bastare) ed il cellulare non è utilizzabile in Italia/Europa.
Ciò premesso, resta a mio avviso evidente che i costi per i cittadini europei -ed italiani in particolar modo- siano maggiorati rispetto a quelli dei cugini americani. Vogliamo ingannarci dicendo che è solo un problema d’IVA? Vogliamo dire che è solo un problema di costi di trasporto delle merci?
O dovremmo, più verosimilmente, dirci chiaramente che nel nostro paese -come in altri- il costo della vita e di molti prodotti è inspiegabilmente più alto e la cosa, soprattutto se dovessimo ricominciare a contenere le spese statali, non è più sostenibile?
Ho portato l’esempio dell’ Iphone, effettivamente non dei più felici, ma avrei potuto parlare anche della differenza di costi dei farmaci tra l’Italia e gli altri paesi europei, o di altri esempi che sono certo ognuno di noi potrebbe trovare.
Ci vogliamo rendere conto, una volta per tutte, che in Italia si buttano -immotivatamente- risorse per prodotti che all’estero costano anche la metà?
Per Stefano: I salari italiani sono mediamente più bassi (a causa della tassazione) se li confronti con quelli dei paesi industrializzati (europa+USA+Giappone) ma sono alti se li confronti con tutti i paesi che in questo momento nel mondo stanno crescendo (BRIC).
La cosa importante, dal mio punto di vista, non è quanto alto -o basso- sia uno stipendio in senso assoluto, la cosa importante è il potere d’acquisto che uno stipendio ha.
Fino ad oggi abbiamo avuto una moneta fortissima rispetto alle altre ma non ho visto nessun beneficio in termini di potere d’acquisto -esclusa la scelta di vie illegali (vedi sopra) per acquistare i beni.
Questa globalizzazione da un lato ci mette in competizione con i paesi di tutto il mondo (con tutti gli svantaggi sul costo del lavoro e sulla disoccupazione che conosciamo) dall’altro non permette al cittadino di acquistare i beni dove più gli conviene per l’insorgere di mille problematiche (validità delle garanzie solo nei paesi in cui si è acquistato il prodotto, comportamenti opportunistici da parte delle aziende produttrici, etc.)
Le soluzioni solo quelle che ho scritto, perchè altre non ne vedo. Svalutare la moneta (ammesso che sia possibile) o deflazionare (o disinflazionare a seconda della vostra sensibilità sul tema) il sistema riducendo contemporaneamente le spese degli stati (cominciando dagli stipendi dei politici, dalle loro pensioni, dall’abbassamento dei rimborsi elettorali etc.) per non gravare troppo sul debito pubblico.
Io propendo per la seconda scelta anche se mi rendo conto che sia molto dolorosa.
Sarà in grado il Governo Berlusconi di fare una riforma che abbassi i costi dello stato cominciando dai costi della politica? Non credo proprio. Sarei felice se Silvio riuscisse a smentirmi
Saluti e buona sera.
Sono ISA ascoltatore che oggi ho intervenuto nella tua trasmissione sulla Grecia io sono l’albanese. Ero molto emozionato che quello che volevo dire non sono riuscito a esprimere.
Permessa: io sono albanese e quello che successo al mio nonno paterno cittadino greco di nazionalità Albanese che viveva da generazioni al nord della Grecia territorio che gli e stato regalato ai vincitori di guerre cioè alla Grecia e che loro in anni e anni hanno fato i tutto per mandarli via e il culmine e successo nel maggio-giungo 1945 con genocidio che hanno fatto a questa popolazione. Per ciò io spero che un po’ i giustizia viene fatta ma fin che la Grecia e sotto le ali di Europa sarà difficile per noi quasi impossibile. Le dico che ce una denuncia nel tribunale del AIA ei diritti umani che spero non prenda polvere.
Si tratta di molte persone morte molte richieste molti terreni case il diritto ala proprietà che nessun stato non può mandare al esilio il proprio citadino.
Ne ho mille cose da raccontare e spero nella sua intelligenza ad dare voce o conforto a questa causa.
Si tratta oggi di una popolazione stimata di più di 350.000 persone solo in albania.
Con stima e rispetto
tutti citano queste riforme strutturali,ma quali sarebbero nel concreto? sanità privata?previdenza privata?……suvvia siamo reali per rimborsare il debito pubblico ci vogliono più tasse a meno di considerare tale debito illeggittimo,la contrazione salariale sarebbe un suicidio i lavoratori pagherebbero meno tasse;e allora ……l’unica strada percorribile è l’inflazione…aumento dei prezzi,più salario,più tasse,meno debito………….ma per gli usurai di Francoforte questa strada risulta indigesta……per i creditori l’inflazione è una dannazione mentre per i debitori è manna dal cielo……da che parte stiamo?