15
Feb
2012

La diatriba sul sindaco unico

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Sara Sileoni.

La legge di stabilità ha innovato la disciplina dei controlli sia nelle srl sia nelle spa, introducendo la figura del sindaco unico, verso cui potevano optare i soci, inserendo apposita previsione nello statuto.

Ciò al dichiarato fine di semplificare e ridurre gli oneri per le società, con ciò attuando l’impegno, preso nella famosa lettera indirizzata alla Comunità europea, ad “ispirare i controlli sulle imprese a criteri di semplicità e proporzionalità per evitare duplicazioni e sovrapposizioni che possano recare intralcio al normale esercizio delle imprese”.

Nonostante le dichiarate ostilità dell’ordine dei commercialisti e dell’INRL, il legislatore è andato ancora più in là con l’art. 35 del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, ancora in attesa di conversione, invertendo i termini della questione ed ampliando l’ipotesi dell’organo monocratico. Mentre nella versione della legge di stabilità, in mancanza di apposita scelta verso il sindaco unico, continuava ad aversi l’organo collegiale, ora la regola è l’organo monocratico, mentre la previsione del collegio deve essere effettuata con apposita clausola dello statuto (seppure con la limitazione, per le spa, che devono sussistere le condizioni per la redazione del bilancio in forma semplificata). Il che vuol dire, ovviamente, indirizzare la scelta verso il sindaco unico, anche solo per semplicità: quante, soprattutto piccole e medie imprese, andranno a modificare lo statuto per far salvo l’organo collegiale? Verosimilmente poche.

Ma vediamo se, al di là di queste considerazioni, le contrarietà espresse dall’ordine dei commercialisti siano o meno fondate.

Da un lato, non appare verosimile, e nemmeno rispettoso della categoria, sostenere che solo un collegio, piuttosto che un solo soggetto, possa garantire indipendenza e, dunque, correttezza dell’operato. Il compito di controllore in seno alla società deve essere svolto con terzietà e avendo come obiettivo la tutela dell’interesse della società, dei soci e dei terzi, nel rispetto di quanto prevede la legge e lo statuto. Se pensassimo che un solo sindaco sarebbe, per ciò solo, più propenso a svolgere con leggerezza il proprio ruolo, daremmo per scontato che il non corretto espletamento dell’incarico è l’ordinario e non, come dovrebbe essere, il patologico. Se pensassimo che la collegialità salvaguardasse maggiormente la reale indipendenza e la prevenzione di comportamenti collusivi, in sostanza ritenendo meno probabile che i collegi sindacali chiudano un occhio rispetto ad un sindaco, allora non basterebbe nemmeno un organo a tre!

Semmai, il vulnus sta nel fatto che il controllore è nominato dal controllato, soprattutto nelle società, come le srl, in cui spesso, soprattutto dopo la connotazione data dalla riforma a questo tipo societario, soci e amministratori coincidono.

Non sembra, quindi, che la presenza di un sindaco unico, anziché di un collegio, possa seriamente determinare un difetto di trasparenza o indipendenza.

Meno peregrina la considerazione dell’CNDCEC e dell’INRL secondo cui un organo monocratico potrebbe appesantire l’attività sindacale, come del revisore unico, a discapito del rigore e dell’efficacia dei compiti e delle funzioni assegnatigli, che richiedono dispiego di tempo ed energie sempre maggiori.

Si segnala, a titolo esemplificativo, che proprio la legge di stabilità consente di attribuire al collegio sindacale le competenze in materia di vigilanza e di modelli organizzativi per la responsabilità delle società (Dlgs 2002/231) per reati compiuti da propri dipendenti.

Ma, anche relativamente a questo aspetto, occorre fare i dovuti distinguo.

E’ vero che il controllo esercitato da un solo professionista comporta un carico di lavoro molto elevato, che potrebbe determinare anche una minore attenzione a fatti aziendali, che, viceversa, meriterebbero maggiori approfondimento. Tuttavia, è verosimile ritenere che, nelle realtà più piccole, un sindaco unico possa assorbire ed espletare tale maggior carico in maniera adeguata ed efficace.

Anche nelle società per azioni di piccola dimensione, quelle che, per intenderci, non superano i limiti previsti dall’art. 2435 bis c.c., la presenza del sindaco unico piuttosto che un collegio sindacale appare, dunque, percorribile. Tanto che, già  da un po’ di tempo, si è intrapresa la via della semplificazione e della diminuzione di orpelli nelle fasi di controllo. Basti guardare alla eliminazione dell’organo collegiale di controllo negli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti. Ebbene, il vento della liberalizzazione – rectius semplificazione – sta spazzando via tutto ciò che aumenta i costi delle imprese.

In conclusione, bene la riduzione degli organi di controllo nelle società a responsabilità limitata e nelle piccole società per azioni con una sostanziale modifica degli artt. 2397 e 2477 c.c., con la conseguente riscrittura delle norme sulla revisione contabile, ma continuiamo sul tracciato delle semplificazioni senza condividere i timori del presidente dei commercialisti, perché per lui e per la sua categoria ci sarà sempre qualcosa da fare!

PS:
Saremo forse pessimisti, ma riteniamo, più propriamente, di essere realisti, se crediamo che la novella non incida in maniera determinante sui costi dei controlli.

Gli oneri relativi alla revisione legale dovrebbero rimanere immutati, considerato che si computano sulla base delle ore dedicate a detta attività (si veda l’art. 32 della tariffa professionale dei dottori commercialisti nonché le usuali tariffe dalle società di revisione). Pertanto, la composizione unipersonale o pluripersonale dell’organo di controllo non influisce su tale voce di costo.

Riguardo l’incarico del controllo sindacale, proprio a causa dell’aumento della mole di lavoro derivante dalla riduzione dei soggetti ad essa deputati, verosimilmente il compenso preteso dall’unico professionista sarà maggiore di quello richiesto come componente di un collegio. Se dovrà fare il lavoro di tre consulenti, esigerà sicuramente un corrispettivo adeguato all’impegno profuso.

In sostanza, il risparmio di spesa per l’impresa sarà, probabilmente, più ridotto di quanto pensava il legislatore.

You may also like

Punto e a capo n. 51
Punto e a capo n. 48
Punto e a capo n. 47
Punto e a capo n. 45

6 Responses

  1. Mandingo

    trovo questa novità francamente un pò ridicola… tanto varrebbe eliminare il colleggio sindacale, se non nelle grandi imprese. A ciò si aggiunga che attribuire al collegio sindacale, sia esso in composizione monocratica o meno, le funzione oggi svolte dagli OdV equivale a cancellare tutte le prerogative degli artt. 6 e 7 del D.Lgs 231/2001 dato che il commercialista fa il commercialista e non l’avvocato, tantomeno il penalista. Che dire, ci sarà più trippa per gli avvocati che si occupano di penale societario. De gustibus…

  2. carlo

    ha ragione mandingo.la storia della 231 è ridicola. si vuole scaricare sul collegio le porcate che gli imprenditori eventualmente combinano a loro insaputa. questo dice molto sull’ orientamento “tecnico” di questo governicchio.se la grattino da soli .tolto qualche giovane disperato non beccheranno nessun professionista serio disposto a farsi mettere in mezzo in un paese dove un’impresa su due sta per fallire. meglio andare a lavorare all’ estero. nella non così lontana francia i revisori dei conti sono 14.000 contro i 140.000 in italia. un mestiere che secondo lo stronzatario quotidiano ha bisogno di essere liberalizzato e di rimuovere le corporative barriere all’ ingresso. accomodatevi pure.

  3. marno

    lo stronzatario quotidiano vorrebbe anche la liberalizzazione di un altri mestiere, i.e. l’avvocato, dove la concorrenza perfetta è assicurata dal loro esuberante numero. sempre in francia i medesimi sono 30.000 invece che 215.000 e rotti.
    ora ma se in francia non ci sono revisori e non ci sono avvocati nel numero sopra visto, quali altri cazzo di mestieri ci sono in francia che assorbano questa forza lavoro? c’è qualcosa che non mi torna.
    quanto all’intervento sono contrario a dire come e quanti debbano essere i controlli in una società. dovrebbero essere lasciati più liberi: chi lo fa volontariamente se ne farebbe un vanto.

  4. Trevisani Giuseppe

    Non ha capito nulla! Beh , proprio nulla no!! ma mi pare che, questo articolo, ben scritto ,e, da quel che si legge nel merito, scritto da una persona certamente afferrata.Ma poco produttuvo i fini di acculturazione e meditazione sui concetti, pur così ben espressi.Tuttavia mi pare eccessivamente tecnico e fatto per addetti ai lavori di cui parla.

  5. CHICCA

    io abolirei definitivamente il collegio sindacael. valore aggiunto=0, costi=tanti, certezze=nessuna. guardate un po’ cosa è successo in società come parmalat dove erano presenti colleggio, revisori etc …
    ripeto, non servono, l’imprenditore è responsabile di ciò che indica nel bilancio e dunque se lo si vuole controllare che lo stato usi i mezzi a sua disposizione.

  6. sergio

    Oggi per fare il sindaco di una società bisogna o essere matti o affamati.
    Per un compenso comunque risibile il sindaco rischia tutto il proprio patrimonio perchè con il senno di poi ,cioè una volta fallita la società da lui controllata , l’azione del sindaco risulterà quasi sempre carente o criticabile.

    In attesa che il legislatore di concerto con gli ordini professionali individui criteri non discrezionali sui quali svolgere i controlli sindacali suggerisco , ai colleghi che vogliono passare notti tranquille ,dimissioni in massa dalle cariche.

Leave a Reply