10
Giu
2010

La Costituzione del Vietnam batte la nostra

All’ultimo G20 a Busan in Corea Giulio Tremonti ha annunciato un’iniziativa di revisione costituzionale, in materia di libertà della piccola e media impresa rispetto al vigente articolo 41 della nostra Costituzione. Ampio il dibattito, sul fatto che non servirebbe una modifica costituzionale per aprire spazi ad autocertificazione, zero burocrazia, meno tasse e mercato del lavoro più flessibile.  Ieri sera un amico avvocato, console del Vietnam a Milano, mi lascia interdetto. “Che il mondo stia cambiando in fretta senza che qui da noi molti se ne accrogano, lo dimostra che quel che a molti in Italia sembra impossibile, nella Costituzione del Vietnam già c’è”, mi dice. Ma dai, gli replico, va bene che il Vietnam ha una crescita impetuosa per delocalizzazioni meccaniche a basso e medio valore aggiunto, e per aziende italiane come Piaggio è un Bengodi, visto il tasso di penetrazioone delle due ruote nella motorizzazione…. ma resta un Paese a economia mista di Stato, e se l’Italia è solo 74a nell’Index 2010 of Economic Freedom della heritage e del WSJ, il Vietnam è pur sempre 144°. Poi per scrupolo vado a leggermi la Costituzione del Vietnam e … sorpresa!

Ecco il testo dell’articolo 16 che disciplina i rapporti economici, nella traduzione ufficiale di Stato in francese:

Article 16.

La politique économique de l’État a pour objectifs de rendre le peuple prospère, le
pays puissant et de satisfaire de mieux en mieux les besoins matériels et intellectuels de la
population sur la base de la valorisation de toutes les capacités et potentialités de production
des acteurs économiques, qu’il s’agisse des acteurs d’État, collectifs, individuels, relevant du
capitalisme de petite taille, du capitalisme privé ou d’État, ou bénéficiant d’investissements
étrangers réalisés sous toute forme. Elle promeut également le développement des
infrastructures matérielles et techniques, l’ouverture de la coopération économique,
scientifique, technique, et des échanges avec le marché mondial.
L’ensemble de ces acteurs économiques sont des éléments constitutifs importants de
l’économie de marché à l’orientation socialiste. Tous les acteurs économiques personnes
physiques ou morales peuvent mener des activités de production et de commerce dans les
domaines non prohibés par la loi. Ils se développent de manière durable, coopèrent et
agissent dans le respect de l’égalité et de la concurrence, conformément à la loi.
L’État promeut la formation, le développement et le perfectionnement progressif des
différentes catégories de marché suivant l’orientation socialiste.

Come si vede, l’orientamento socialista coesiste con il pieno riconoscimento  del capitalismo privato, dei lavoratori autonomi e dell’iniziativa individuale, della piccola e media impresa, con l’esplicito obiettivo dell’apertura ai mercati mondiali, nel rispetto della concorrenza interna e internazionale, e con il fine di attirare capitali stranieri. La nostra Costituzione non cita né il mercato né la concorrenza, per dirne una. Ma, soprattutto, è quella frasetta

Tous les acteurs économiques personnes physiques ou morales peuvent mener des activités de production et de commerce dans les domaines non prohibés par la loi

a farci fare una figuretta del menga. Tremonti ha lanciato la sua iniziativa dicendo di sognare da anni una nuova Costitituzione in cui c’è scritto che nei rapporti economici “è lecito tutto ciò che non è esplicitamente proibito”, invece che “è proibito tutto cio ciò che non è esplicitamente lecito”. Ma il Vietnam ci ha fregato. Nella sua Costituzione è già testualmente così. E forse non è un caso, che nello stesso Index 2010 of Economic Freedom il Vietnam in realtà batta l’Italia sia per libertà fiscale – noi 55 punti su 100 e loro 76 – sia per flessibilità del mercato del lavoro – noi 58 punti e il Vietnam 68…

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6 Responses

  1. Luciano Pontiroli

    La notizia è interessante ma bisogna prenderla con cautela. Gli annunci di Tremonti hanno suscitato una discussione in cui, in definitiva, sembre diffusa la consapevolezza che un intervento sull’art. 41 non sia decisivo, perché i vincoli all’iniziativa economica sono dati da leggi ordinarie. Preciso che, a mio parere, l’art. 41 era effettivamente una norma d’ispirazione statalista, che prefigurava la rilevanza costituzionale della programmazione economica e, di fatto, aveva permesso la conservazione di molte norme dirigistiche dell’epoca fascista.
    Il riconoscimento della primazia del diritto dell’UE, in particolare della sua scelta per un’economia di mercato (ancorché sociale), ha attenuato le potenzialità dirigistiche dell’art. 41. Una sua riforma,
    che assuma il mercato e la concorrenza come base della costituzione economica, sarebbe peraltro opportuna.
    L’art. 16 della costituzione vietnamita sembra bello: ma fino a che punto la realtà economica, sociale e politica gli corrisponde? fino a che punto alla libertà economica corrisponde quella politica? Le risposte a queste domande sarebbero interessanti.

  2. rocco todeero

    E’ necessario comprendere che la modifica dell’art. 41 è necessario ed indispendabile per una ragione ideale e simbolica, per il fatto che fianlmente la ” nostra comunità” fonderebbe un nuovo patto sociale sulla consapevolezza di presupposti diversi ed evoluti rispetto a quelli che determinarono la disposizione ancora ” formalmente ” in vigore. Non c’è professore di diritto costituzionale che non affermi nei propri corsi o nei manuali o negli articoli di dottrina che la costituzione materiale è ( fortunatamente ) di già mutata da un pezzo grazie all’Unione europea, alla Corte di GIustizia ed alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Non tutti i cittadini sono tenuti a saperlo ma la Corte di Giustizia ha ormai affermato da tempo che il principio di concorrenza e quello di libertà di impresa ( con tutto ciò che ne consegue ) sono principi fondamentali, costituzionali dell’ordinamento europeo. In virtù, poi, della cogenza dei trattati europei anche negli ordinamenti nazionali i sopradetti principi hanno assunto valore costituzionale. Si legga, inoltre, l’art. 117, primo comma, Cost. e si vedrà che il legislatore italiano è di già obbligato a uniformare la legislazione nazionale ai principi dell’ordinamento comunitario ed a quelli espressi dalla COrte di GIustizia e dalla COrte Europea dei diritti dell’ìuomo. Tanta parte della nostra legislazione economica e del diritto di proprietà, infatti, è stata ” corretta” ( fortunatamente ) in virtù della necessità di rispettare i predetti obblighi. VOrrei ricordare un esempio su tutti: con le sentenze n. 347 e 348 del 2007 la COrte Costituzionale ha riconosciuto la necessità di riconoscere ai privati cittadini espropriati dalla P.A. l’intero valore venale del bene espropriato e non già un qualsiasi altro valore che non si avvicini a questo ultimo. E tale argomentazione è stata supportata non già sulla base della lettera della nostra costituzione ( proprio l’art. 41 cost. e le altre norme costituzionali avevano legittimato una lettura statalista dell’istituto dell’espropriazione ), ma in virtù dellla necessità di uniformrasi ai pronunciamenti della Corte Europea dei diritti dell’uomo che innumerevoli volte ha condannato l’Italia per la violazione del diritto di proprietà dei suoi cittadini. Gli esempi poptrebbero essere molti. Onestà intellutale vuole che la nostra Costituzione non venga vista come un ” Totem ” intoccabile; non è più così da tempo in campo economico, sul piano della libera concorrenza e per ciò che riguarda i livelli di tutela delle libeerta fondamentali. Richiamarsi alla sua intangibilità è solo polemica politica spicciola e becera. La modifica dell’art. 41 ( e non solo di esso ), fatta salva la necessità di rafforzare le tutele delle libertà fondamentali è necessaria per assumere maggiore consapevolezza dei cambiamenti in atto e per segnalare che le condizione del nostro patto sociale ( piaccia o non piaccia ) sono cambiate e devono cambiare ancora.

  3. liberal

    Non mi risulta che negli USA o nel Regno Unito, per fare cambiamenti, anche radicali, abbiano pensato di cambiare la Costituzione. Gradirei capire dov’è che l’art. 41 , impedisce o limita lo sviluppo di un’impresa e relativa iniziativa privata. Ma anche se si decidesse di cambiarlo, non deve essere certo una scelta della maggioranza. Come già avvenuto una volta.
    L’idea che la Costituzione sia una base che unisce tutto il Paese, sui valori comuni e che non possa essere cambiata come se fosse una tassa, dal Governo e maggioranza di turno, non è più valida? Cambiano la Costituzione ad ogni nuova maggioranza?
    Non si tratta di difendere un Totem, si tratta di cambiarla, semmai, per aumentare la libertà dei cittadini e non per diminuirla, come vorrebbe il nostro amato Cavaliere. Libertà non è solo commercio, o nessuno si è accorto dei DDL,sempre con la fiducia, per eliminare il Parlamento, che diminuiscono la libertà di questo Paese? (legge sulle intercettazioni è l’ultima). E qualcuno osa parlare di “tutela delle libertà fondamentali”? La libertà di stampa, senza se e senza ma, è alla base della Costituzione americana , egregio sig.Todero!
    Eppoi, il boom economico post-guerra, il nostro far parte delle Nazioni più industrializzate del Mondo, i nostri stilisti, il nostro artigianato, non sono nati e cresciuti sotto il “famigerato” art.41? Ma per favore Signori, parliamo di cose serie che non è il momento per questi bizantinismi di lana caprina…….

  4. Luciano Pontiroli

    @liberal
    La Costituzione vigente è stata scelta da una maggioranza e prevede la possibilità di una sua riforma a maggioranza.
    Il Regno Unito non ha una costituzione scritta. In ogni caso, la devoluzione di autonomie, più o meno ampie, a Scozia e Galles e la sostanziale eliminazione dei membri ereditari dalla House of Lords sono riforme di rango costituzionale, compiute negli ultimi anni dal governo guidato da Tony Blair.
    Nel mio intervento ho già spiegato come l’art. 41 avesse permesso la conservazione di norme dirigiste dell’epoca fascista. L’intervento successivo ha completato la spiegazione, ricordando con maggiori particolari l’importanza del diritto comunitario.
    Una riforma dell’art. 41 e delle norma finitime, a mio parere, servirebbe ad eliminare la contraddizione tra la Costituzione formale e quella materiale, espandendo la libertà dei cittadini.

  5. Mauro

    Edilnord, Fininvest, Mediaset. Tre nomi a caso (ah ah ah!!!) di aziende nate e cresciute, assai bene pare, all’ombra dell’art. 41. Smettiamola con le fandonie, la Costituzione italiana non sarà un fulgido esempio di liberalismo, è vero, ma non ha impedito un bel nulla a nessuno, almeno in campo economico. Berlusconi ha francamente stufato col suo dar colpe a chiunque tranne a sé stesso e a qualunque cosa nella quale egli veda un impiccio al proprio non voler render conto a nessuno. Non starò a perdermi in disquisizioni giuridiche sui commi dell’art. 41, altri l’hanno fatto e lo faranno. A me basta richiamare che l’iperlegislazione ordinaria risponde a logiche estranee alla costituzione, logiche riconducibili ad interessi quasi sempre privati e qualche volta, poche volte, pubblici. Operando nel campo dell’edilizia e dell’urbanistica so di cosa parlo, fidatevi. Se le norme attuali pretendono eccessive autorizzazioni a monte e inefficaci controlli a valle, chiedetevi chi ne trae vantaggio in entrambi i casi, e fatevi un esame di coscienza, perché spesso, tra gli “avvantaggiati” ci siete voi o qualcuno che conoscete, e se andate a fare qualche conticino su quanto rendono gli incarichi ricevuti dal famigerato “pubblico”, lo capirete meglio. Migliaia di professionisti e di aziende vivono da anni succhiando latte da quelle stesse norme che altri professionisti ed aziende denunciano come illiberali ed ostative alla loro attività, in un cerchio perfetto nel quale oggi tocca subire a me, domani toccherà a te. Altro che art. 41.

  6. dario

    Art. 41.

    L’iniziativa economica privata è libera.

    Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

    La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

    1. secondo lei Oscar, è più forte come principio quello assoluto del comma 1 dell’art.41 o quella “frasetta” ‘Tutti i soggetti economici o le persone possono esercitare l’attività di produzione e commercio in aree non vietati dalla legge’?
    Sicuramente il nostro principio assoluto che sancisce il principio della libertà dell’iniziativa economica privata.
    Quindi, andando avanti, posto quel principio di libertà, costituzionale, a cui pertanto si deve adeguare il legislatore ordinario, in tutte le sue articolazioni, si passa oltre a dire che questa non può essere in contrasto all’utilità sociale, sicurezza, libertà, dignità…,ma sempre e solo dopo aver stabilito che l’iniziativa economica è libera. Voglio ricordare che in diritto i commi non si mettono in ordine per caso, soprattutto quando poi si parla di un comma 1.
    Andiamo ancora avanti, la legge determina……,bene questo tecnicismo con cui nella costituzione si rinvia alla legge ordinaria, la regolamentazione di una materia enunciata, si chiama, in diritto, “riserva di legge”. Quindi la legge deve regolamentare coordinare etc etc la materia su cui la costituzione enuncia un principio senza violarlo, pena la sua incostituzionalità.
    Infine, ultima considerazione su cui vorrei una risposta, da parte di tutte le persone non necessariamente dotate di cognizioni giuridiche, ma solo di quella stupenda qualità, che dovrebbe essere madre di tutte le azioni umane, cioè il buon senso, secondo voi se una qualsiasi norma pur ammantandosi dell’intento di coordinamento etc etc etc di fatto impedisce (burocrazia) la salvaguardia di quel principio costituzionale che deve regolamentare è una norma costituzionale o no?
    Dopo avere risposto sarete d’accordo con me che è solo necessario che ognuna istituzione faccia nel migliore dei modi possibile e nel minor tempo il proprio mestiere: il governo proponga, il parlamento legiferi, l’ordinamento giudiziario controlli.
    Le cose concrete sono vere, e la verità è immediata.
    Si passi a modificare la legge ordinaria anche con sedute parlamentari supplementari ed entro luglio si potrebbe avere un nuovo incentivo per aggredire la crisi.

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