La Cina frena e nessuno se ne accorge?
Sempre a proposito di media distratti, quando si tratta di leggere i dati della crisi che magari non confortano l’ottimismo a manetta. La settimana scorsa il Baltic Dry Index – indice che misura in maniera composita noli e contratti di trasporto marittimo nel settore delle rinfuse solide – ha avuto la sua peggiore settimana dalle cadute verticali dell’ottobre-novembre 2009, lasciando sul terreno oltre il 17%, e perdendo oltre il 35% rispetto al punto di risalita che aveva raggiunto intorno al 3 giugno scorso, allorché tutti presero ad avere fiducia nella ripresa dietro l’angolo. La spiegazione è una sola: la Cina ha iniziato a tagliare da un giorno all’altro del 30-40% le massicce importazioni di cemento e acciaio che da inizio marzo corrispondevano al maxi sostegno all’economia domestica – mancando l’export verso i Paesi Ocse – basato su un gigantesco programma di infrastrutture. Ma a questa spiegazione “reale” se ne aggiunge una più profonda, di natura finanziaria. La Banca centrale cinese – leggete i comunicati nel suo sito e osservate come si possa essere essenziali su internet quando si è la potenza planetaria più forte per quanto riguarda il traino dell’economia mondiale – sta dando un taglio radicale all’eccesso di liquidità che alimentava l’eccesso di credito domestico. Nell’ultimo mese la crescita degli impieghi in Cina si è limitata a salire dell’equivalente di 52 miliardi di $, rispetto ai 248 – ! – del mese precedente. Le ragioni della scelta del regolatore monetario cinese sono due. Mentre l’oceano di liquidità saliva, il moltiplicatore monetario si abbassava, cioè si era più che abbondantemente superata la soglia entro la quale la liquidità diventata credito concesso a un’economia reale in grado di assorbirlo davvero. La seconda ragione è che parti crescenti della liquidità venivano invece impiegate in acquisiti di asset finanziari (e su questo il sottoscritto deve ammettere che si è parato rapidamente il fondoschiena, visto che il mio orticello di titoli cinesi oculatamente scelto a gennaio sta battendo di quasi 25 punti l’indice di Shangai, il quale indice – ehm ehm – a fine settimana scorsa da gennaio era a sua volta salito dell’81%…. a conferma di quanto “grassa” fosse la speculazione attirata sulle Borse cinesi da tutto il mondo). Chi ha comprato titoli cinesi alla cieca o si è già riparato, oppure è meglio che lo faccia affidandosi a gente che conosce i dati reali dell’economia cinese, e soprattutto quelli non dichiarati. Chi è stato critico come noi della Greenspan Put sul NYSE non può certo essere favorevole alla Panda Put messa in atto dai banchieri gialli.
Su Repubblica di oggi c’è un reportage[1] che descrive la non rosea situazione economica della Cina.
Più interessante dal punto di vista dell’analisi economica invece questo paper di ieri[2].
A tutto ciò si dovrebbe anche aggiungere le ripercussioni negative che potrebbero verificarsi a causa dell’arresto con l’accusa di spionaggio di quattro dirigenti del gigante minerario Rio Tinto (tra cui un cittadino australiano), dal momento che ci sono forti dubbi sulla solidità delle accuse mosse, mentre sembra più probabile che il governo cinese faccia pressioni affinché Rio Tinto pratichi dei forti sconti sul prezzo del minerale di ferro alle acciaierie cinesi.
[1]http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/esteri/cina-disoccupazione/cina-disoccupazione/cina-disoccupazione.html
[2]http://www.zerohedge.com/sites/default/files/CNY%20China%20V.pdf
che il governo cinese abbia chiesto alle banche di aumentare il credito l’ho già sentito, idem che abbia ordinato di smettere.
Tuttavia… Dalla Cina gli ordini sono cresciuti, e non vendo merce di prima necessità.
Non so che scorte abbiano, ma la Cina rimane tutt’oggi un immenso cantiere a cielo aperto. Non vedo come la domanda di cemento e acciaio possa ridursi nel breve.
Caro Giannino, le segnalo questo articolo:
http://mises.org/story/3573
(Can Bubbles Also Be made in China ?) in cui si evidenza l’effetto dello stimolo economico di 586 bn$ sul mercato immobiliare cinese e sul mercato delle materie prime. Come ci si poteva aspettare, la bolla non è solo nel mercato mobiliare.