La banca piovuta dal cielo
Tutto ciò che avrei voluto scrivere sulla banca piovuta dal cielo lo ha fatto oggi, 1000 volte meglio, Francesco Forte. Articolo stupendo nel quale il maestro di finanza pubblica raggiunge l’apice quando scrive:
In astratto si può supporre che lo Stato sia una immacolata creatura che, facendo nascere la banca del Sud con soldi pubblici e soldi privati, si asterrebbe dallo scegliere chi debba essere il presidente della nuova banca e chi l’amministratore delegato. In concreto si intravede già la corsa dei vari esponenti meridionali a candidarsi a capo di questa banca. E se il presidente sarà pugliese o amico dei pugliesi, l’amministratore delegato dovrà essere siciliano o campano. E nel caso che prevalga, per tale carica, il campano, il direttore generale dovrà essere siciliano o viceversa.
Bisognerebbe poi sistemare un sardo come vice presidente e un calabrese come vice direttore generale, salvo metter questi a capo del collegio sindacale. Resterebbe da piazzare un basilicatese. Potrebbe aspirare a fare il vice direttore generale, salvo che questo posto non sia rivendicato dal calabrese o dal sardo, in quanto più importante della presidenza del collegio sindacale dal punto di vista operativo e quindi clientelare.
Ma se è così (e se aggiungiamo anche la notizia del ponte …), sembriamo ritornati nel pieno degli anni ’70. Peccato che l’irreffrenabile attivismo della non immacolata creatura si accompagni a parametri di finanza pubblica da prima metà degli anni ’90.
La banca del Mezzogiorno puzza di assistenzialismo e di intervento basato su logiche politiche più che di efficenza economica
Si scrive Banca del mezzogiorno. Si legge Cassa del mezzogiorno