11
Mar
2010

La bambola gonfiata e quelle… gonfiabili

Negli scorsi giorni, ha provocato un certo rumore la decisione del supermercato più famoso al mondo, Wal-Mart, che in un suo negozio della Louisiana ha abbassato a 3 dollari il prezzo di Theresa, la versione afro-americana della Barbie, che costa invece 5,93 dollari. L’eco della notizia è rimbalzato fino al nostro paese, trovando spazio anche sul Corriere e su La Stampa, la quale lascia che siano le parole di una attivista a spiegare le – o meglio la – ragione dello scontento di alcuni. Così facendo, si sostiene, Wal-Mart sminuirebbe il valore delle “persone di colore”. È veramente questo il caso? Parrebbe davvero strano che un grande supermercato “calmierasse” i propri prezzi, per esprimere un (di per sé, inopportuno e insostenibile) giudizio di carattere razziale.
I prezzi si regolano all’incrocio di domanda e offerta – ma, certo, l’inferiore prezzo della bambola afro-americana solleva più di un interrogativo. Se il prezzo riflette le preferenze degli avventori, finisce per svelare il razzismo che tracima dalla società della Louisiana? Sarebbe un po’ strano, anche perché Wal-Mart, noto per i prezzi imbattibili, è di norma una catena ben frequentata dalla clientela afro-americana, che spesso, soprattutto nel Sud, ha in media una disponibilità di spesa inferiore.
E se ci fossero delle specificità legate al bene-bambola? Cioè, se le bambole fossero caucasiche per definizione?
Abbiamo cercato di scoprirlo guardando a un altro mercato: sempre di bambole si tratta. Ma i consumatori sono adulti che comprano per sé, e non adulti che fanno acquisti per i loro bambini.
Ecco una veloce sintesi delle ricerche sui primi quattro risultati offerti dal motore di ricerca.
Sul primo sito, sexo.it, su un campione di appena nove bambole totali, da cui vanno escluse le due maschili (uno a 19,10 e l’altro a 47,88 euro, entrambi caucasici), i prezzi vanno dai 15,71 euro dell’economica “Brandy big boob” ai 322,93 della riproduzione della celebre pornostar e imprenditrice Jenna Jameson. La sola “bambolona” di colore è “Tyra”, prezzo 33,79 euro; compete da vicino con una “oriental rose”, offerta a 32,28 euro.
Il secondo sito, mistersex.it, offre un campionario di 39 bambole, fra cui sei bambolotti uomini e due bambolotti trans. La più costosa e accessoriata (lasciamo all’immaginazione del lettore capire in che senso) delle quali – “my baby got back” – ha un prezzo di 356,73 euro. Ma il pezzo più costoso della collezione è in assoluto, con i suoi ben 990 euro, la “bambola realistica virtual girl”. Si badi: in questo caso non si parla più di una semplice bambola gonfiabile, ma di una vera e propria riproduzione di donna (sempre di razza caucasica) ad altezza naturale. Nella collezione, due sono le asiatiche, prezzi: 50,51 e 177,45 euro, e due le nere, una a 36, 81 euro l’altra a 43,82. La bambola più economica dell’intera collezione è… obesa (a soli 7,43 euro, davvero non tanto oro quanto pesa), seguita – tra quelle più convenzionali – da quella dell’evocativa, almeno per gli ammiratori della protagonista del bel film diretto dalla coppia Miller-Rodriquez, “Jessica Sin”: 24,40 euro.
Il terzo sito, sexyavenue.com, ci propone di scegliere fra dodici prodotti, tra cui una bambola di sesso maschile (29,95 euro) e una asiatica (23,96 euro). I gioielli della scuderia sono Laura, “super realistica riscaldante” in due versioni (bruna e occhi verdi; bionda e occhi azzurri), per la bellezza di 6.950 euro, ed Emilie, sempre super realistica, sempre in due versioni (stessa combinazione della più costosa amica) ma, in questo caso, priva della funzionalità per riproporre lo stesso tepore emanato dal corpo umano: 4.990 euro. Terza per prezzo è la sofisticata bambola gonfiabile Glenda, alla modica cifra di 349 euro. Quarta più costosa, nonché unica presenza di colore, Jasmin, che viene via per un decimo di Glenda: 34,95 euro.
Un quarto sito, sexyshopdiscount.it (offriamo i link, sia ben chiaro, a mero scopo informativo) offre un campionario di ben 58 bambole gonfiabili, dai 17,80 euro del classico giocattolo da addio al celibato ai 289 per l’altrove più costosa bambola di Jenna Jameson, 10 euro più cara di quella della celeberrima collega Tera Patrick. Le asiatiche sono nove, con prezzi compresi fra i 27,90 e i 189 euro. Cinque le fanciulle di colore: la solita Tyra, 28,90, Africa Queen 17,90, Charming Costance Doll, 24,90, India Nubian, 28,90 euro e Sun Shine, con i suoi 32 euro la più cara. Cinque articoli per le bambole “realistiche”, i cui prezzi oscillano dai 663,10 della più economica ai 6.960 della più costosa e ricercata. Tutte color latte.
Pur senza alcuna pretesa di esaustività, per dimensioni e varietà ci sembra che le quattro serie di dati raccolti siano sufficienti a farsi una prima impressione dell’andamento mercato. Cosa se ne evince? Intanto, dobbiamo ricordare che il prezzo è il linguaggio essenziale, condizione minima e (quasi) sufficiente, del dialogo tra consumatori e produttori.
Nel nostro caso, l’analisi dei vari prezzi ci suggerisce alcune interessanti conclusioni. Sia le bambole meno care che quelle più costose in termini assoluti rappresentano donne bianche, fatto che lascia capire come questo sia a livello generale il grosso della domanda. Benché, così come per ogni altro prodotto – si pensi a un’automobile o a un computer di ultima generazione – il prezzo base, pressoché costante, vada ad aumentare sensibilmente a seconda dei vari accessori e funzionalità che lo andranno a integrare, pare assodato che i pezzi più costosi riproducono le fattezze di donne bianche. Il segmento più alto della produzione è quello nel quale le aziende produttrici devono investire di più e dunque, staranno meglio attente alla scelta del prodotto, per escludere quanto più possibile il rischio di non riuscire a svuotare magazzini e scaffali. Ma se evitare di subire perdite economiche è il primo dovere delle aziende, perché mai le si dovrebbe biasimare perché puntano sui tratti caucasici, tra cui quelli di pornostar famose potenzialmente in grado, anche mettendoci la sola faccia, di fare aumentare la domanda?
Se così non fosse si correrebbe esattamente lo stesso rischio di ritrovarsi nella stessa situazione in cui sono incappati i produttori di Theresa, un prodotto – lasciatecelo dire – davvero “gonfiato”. Wal-Mart, scoraggiato dagli invenduti, abbassa il prezzo per svuotare i magazzini.
Nel caso delle bambole “per adulti” difficilmente, se ci fosse stata una domanda di soggetti di colore, le aziende avrebbero ignorato la possibilità di profitto. Che questi oggetti siano poco o punto presenti nei cataloghi dei rivenditori ci dà l’idea che siano un prodotto “di nicchia”, poco ricercato e incapace di suscitare l’interesse degli allupati che per quanto obnubilati possano essere dalle scariche di ormoni, col loro portafogli restano consumatori razionali.
Razzismo? No, e lasciamo perdere le discussioni sul paradigma greco di bellezza. Le imprese vincono sul mercato quando sanno intercettare i bisogni del pubblico. I bisogni del pubblico pagante, in fatto di bambole, evidentemente sono quelli che sono.

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5 Responses

  1. Pietro M.

    Io vorrei una bambola blu alta tre metri con le fattezze dei Na’vi di Avatar, quanto costa?

    PS Articolo geniale. 🙂

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