Jacques Garello, 1934-2025
di Nicola Iannello
Se volessi atteggiarmi a Eugenio Scalfari del piccolo mondo liberale della mia generazione, intitolerei questo ricordo: D’estate andavamo a Aix-en-Provence. È nella deliziosa cittadina provenzale che regnava Jacques Garello. La morte lo ha colto alla soglia dei 91 anni. Segno di una fibra fortissima e di un’energia inesausta, la sera prima aveva addirittura tenuto una conferenza nella sua Marsiglia, dal titolo “Catholicisme et libéralisme”, una perfetta rappresentazione dei poli attorno a cui ha gravitato la sua vita e la sua opera. Garello era cattolico perché liberale e liberale perché cattolico.
I suoi punti di riferimento sono stati Frédéric Bastiat e Friedrich August von Hayek, tanto che il Festschrift dedicatogli al pensionamento reca il titolo Un autrichien en France (e forse potrei addirittura intestarmene il copyright, ma suonerebbe millanteria).
Jacques Garello è stato tante cose. Professore di economia all’Université d’Aix-Marseilles, animatore dei “nouveaux économistes”, fondatore dell’Aleps (Association pour la liberté économique et le progrès social) e dell’Iref (Institut de recherches économiques et fiscales), membro della Mont Pèlerin Society, resuscitatore del “Journal des économistes”, padre e padrone di quella Université d’été dove si incontrava la meglio gioventù liberale d’Europa.
Aix-en-Provence, appunto. A Jacques Garello devo tanto: una fidanzata, continui inviti all’Université d’été de la Nouvelle économie nella “capitale” della Provenza e ai seminari dell’IHS poi IES. E soprattutto un affetto un po’ burbero ma sincero che forse affondava le sue radici nelle sue lontane origini italiane.
A Aix, Garello sapeva creare un’atmosfera unica. Paradossalmente, è lì che ho incontrato la maggior parte delle mie amicizie liberali italiane. Eh sì, perché nel 1992, anno della mia prima partecipazione all’Université d’été, non esisteva una rete liberale nel nostro Paese, esistevano piuttosto isole, raccolte attorno a quei pochi professori universitari riconducibili a questa tradizione di pensiero. Garello convogliava a Aix i seminari europei dell’allora Institute for Humane Studies, ribattezzato poi in Europa Institute for Economic Studies, presieduto dal figlio Pierre. Centinaia di studenti si ritrovavano per assistere a conferenze e lezioni della crema del pensiero liberale mondiale in un clima internazionale eccezionale per quegli anni. Garello aveva “investito” molto nei giovani dell’Europa dell’Est, appena usciti dall’incubo del comunismo realizzato. La partecipazione di ragazzi e ragazze soprattutto dalla Romania – Paese di antichi rapporti culturali con la Francia – era una novità anche per noi, che potevamo conoscere l’esperienza di nostri coetanei appena “liberati” dalla caduta del Muro di Berlino.
Garello regnava in quell’ambiente, reso possibile dalle donazioni di grandi aziende francesi dove il professore svolgeva attività di formazione. Ricordo Bertrand Peugeot a un cocktail di inaugurazione dell’Université d’été nella sede di rappresentanza della Mairie. Ricordo anche una sfuriata garelliana – proverbiali i suoi rimproveri – agli studenti che avevano disertato la conferenza di Peugeot, poco avvedutamente collocata subito dopo pranzo, un orario che nella calura tipica dell’agosto provenzale suggerisce attività più riposanti.
Sempre per l’aneddotica un po’ leggendaria che circondava Garello, si narra anche di una inesperta studentessa del suo istituto che a un finanziatore che aveva cercato il professore per telefono chiese il nome; e alla risposta “Michelin” aveva incautamente risposto “come quello delle gomme?”
L’inviata di un giornale di sinistra, venuta a scrutare il bizzarro fenomeno estivo di Aix gestito da Garello, lo descrisse come una pallina di ping pong che rimbalzava da un posto all’altro.
Ciò che ha fatto Garello in Francia non ha riscontro nel nostro Paese, purtroppo. Non c’è stato da noi un personaggio che gli possa stare a pari per entusiasmo, energia, capacità di organizzazione e generosità. Nel momento dell’addio a questa vita, non possiamo fare altro che dirgli “Merci, Jacques”.