Inutile legge(re): primo bilancio della disciplina del prezzo dei libri
Nel settembre 2011 è entrata in vigore la legge sul prezzo dei libri, cd. legge Levi, che ha imposto vincoli agli sconti e alle promozioni di vendita.
Come già sostenuto in occasione della petizione al Presidente della Repubblica , è convinzione di chi scrive che un tetto asgli sconti e alle campagne promozionali sarebbe stato non solo genericamente lesivo della libertà di concorrenza, ma, soprattutto, non avrebbe portato a quegli obiettivi dichiarati all’art. 1 della legge di “promozione del libro e della lettura” e “diffusione della cultura”.
L’impressione è condivisa dall’Antitrust, che – nelle proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza per l’anno 2013 – ha auspicato l’abrogazione della legge ritenendo che le sue disposizioni non fossero “né necessarie a salvaguardare le finalità di tutela del pluralismo e dell’informazione, né tali da produrre benefici per i consumatori, risultando unicamente di ostacolo all’introduzione di servizi innovativi che il mercato dovrebbe essere lasciato libero di promuovere”.
A quasi due anni dall’entrata in vigore della legge, si può tentare di verificare se tale diffidenza fosse giustificata.
In mancanza della relazione con cui, a dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, i ministri dell’istruzione, dello sviluppo economico e dei beni e attività culturali avrebbero dovuto informare la Presidenza del Consiglio dei ministri e le Camere circa gli effetti della legge sul settore editoriale, non resta che affidarsi a due importanti rapporti sullo stato della lettura e dell’editoria.
Il primo rapporto è curato dall’Associazione Forum del libro su incarico del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e riguarda la promozione della lettura in Italia. Pubblicato nel marzo 2013, prende in considerazione i dati disponibili fino alla fine del 2012, coprendo così un anno e quattro mesi dall’entrata in vigore della legge.
Il secondo rapporto è quello sull’editoria curato dall’ufficio studi dell’Associazione Italiana editori, che ogni anno fotografa le condizioni del mercato editoriale. Il rapporto 2012 esamina il mercato del 2011 e dei primi nove mesi del 2012, coprendo così più di un anno dall’entrata in vigore della legge.
Secondo le due fonti, nel 2012 solo il 46% degli italiani ha letto almeno un libro all’anno, 0,7% in più rispetto al 2011, grazie a un lieve incremento di lettori al sud, ma -0,8% rispetto al 2010.
Tuttavia, chi legge un solo libro l’anno non può nemmeno essere considerato lettore. Se per lettori intendiamo coloro che hanno letto da 4 a 11 libri in 12 mesi, la percentuale crolla al 18,4%. I lettori forti, che leggono almeno un libro al mese, sono invece il 6,3% della popolazione.
Queste percentuali sono invariate da almeno vent’anni e il quadro desolante che ne emerge, dal punto di vista della diffusione della lettura, trova spiegazione in fattori culturali, sociali e ambientali che, a quanto pare, una legge limitativa della libertà di scelta del prezzo di copertina non è stata in grado di contrastare.
Anzi, i rapporti informano che negli ultimi due anni si è registrato un forte calo di vendite. Nel 2011 sono state vendute 1,7 milioni di copie in meno rispetto al 2010 e il giro d’affari è calato del 3,7%. Nei primi nove mesi del 2012 le cose sono andate ancora peggio: si sono persi altri 4 milioni di copie e un ulteriore 8,7% di fatturato. La legge – si ricorda – è entrata in vigore a settembre 2011.
La legge sul prezzo dei libri non sembra quindi aver ottenuto il fine di arginare la crisi del mercato editoriale. Si potrebbe ritenere che sia troppo presto per valutarne l’efficacia, perché le leggi che intervengono sulle abitudini delle persone hanno bisogno di tempo per spiegare i loro effetti. Eppure, il legislatore stesso ha confidato che un anno fosse un tempo ragionevole per effettuare una prima verifica, dato che ha previsto una relazione del governo al Parlamento sugli effetti della legge dopo un anno dall’entrata in vigore.
Si può inoltre replicare che gli effetti della legge andrebbero depurati dagli effetti della crisi economica. Va detto in proposito che, per la prima volta negli ultimi 3-4 decenni, il mercato del libro non ha avuto un andamento anticiclico, ma si è allineato al calo generale dei consumi, dando l’impressione che il contesto economico stavolta abbia seriamente influenzato i comportamenti dei consumatori anche nei settori che meno risentono delle condizioni economiche.
La questione, però, è proprio questa: le leggi come quella sul prezzo del libro sono approvate per “correggere” i mercati, stimolarli laddove si pensi che siano troppo dormienti o equilibrarli laddove si pensi che siano distorsivi. La legge Levi si proponeva proprio di incentivare il pluralismo del mercato editoriale, dando in particolare una mano ai piccoli editori e librai, di diffondere l’abitudine alla lettura e di promuovere il libro come prodotto culturale.
I dati riportati dai due rapporti, i quali segnalano peraltro che le librerie di catena e gli stores on line continuano comunque a sottrarre fette di mercato alle librerie indipendenti, rendono evidente il dubbio iniziale che il legislatore non abbia raggiunto l’obiettivo prefissato.
“I lettori forti, che leggono almeno un libro al mese, sono invece meno di 14 milioni di italiani, pari al 6,3% della popolazione”
Deve esserci un refuso, o nella quantità o nella percentuale.
Tra i lettori forti, Serena, sono da considerare anche quelli che leggono ogni anno gli stessi libri? Battuta a parte, condivido appieno. Sono felice che la petizione abbia avuto un esito quantomeno positivo di smuovere le acque; ora, a quanto pare, resta la parte più difficile, l’abrogazione della legge.
Una discussione che rischia di essere già vecchia prima di cominciare.
Su Internet si trova tutto e gratis. Non parlo di testi illegali, ma di ottime risorse messe gratuitamente a disposizione dai professori universitari e non sulle pagine istituzionali e non. Naturalmente per le Scuole di Secondo Grado il problema è ancora meno significativo. Basterebbe adottare qualcuno di questi testi.
Una legge anti concorrenziale come può aiutare un mercato in se già difficile?La limitazione delle promozioni in periodo di crisi economica ha solo fatto comprare di meno chi – amante della lettura – già spendeva molto.I piccoli editori si tutelano da soli se fanno buone scoperte e scelte: un bestseller inaspettato, un nome nuovo poi eventualmente ceduto con la dovuta compensazione economica a un grande editore
Grazie Ismael. Errore mio che ho interpretato male dei dati. I 14 mil sono lettori medi + forti. 6,3% solo i forti. @Ismael
Oltre alle osservazioni fatte sugli effetti della legge mettere un limite allo sconto del 25% ha portato Amazon , per esempio a vendere scontati molti più libri, e quindi dal punto di vista della concorrenza nei confronti delle piccole librerie è risultata del tutto ininfluente, scontare del 50% il 10% dei libri , o scontare del 25% il 20% è sostanzialmente la stessa cosa.
Quindi oltre ad essere stato un regolatore miope chi ha fatto la legge non ha nemmeno ottenuto il benchè minimo risultato.
Questa è stata una legge che mi ha fatto infuriare a suo tempo. Io sono un lettore forte, suppongo, in quanto leggo almeno 60 libri in un anno che in Italia corrisponde a spendere una certa cifra. Trovare in aziende come Amazon sconti del 40-60% era la mia gioia come consumatore. Questa legge mi ha fatto così incacchiare che da quel momento “per principio” ho smesso quasi totalmente di spendere soldi per l’acquisto di libri.
Mi sento come un toro nell’Arena, ma voglio portare la mia testimonianza da addetto ai lavori per esprimervi la mia disapprovazione. Mi chiamo Franco Zorzon. Ho 46 anni e sono un libraio. A 23 aprì la mia prima libreria a Trieste, ” La Fenice”, affiancando la storica libreria di mio padre, l’ “Italo Svevo”, inaugurata nel 1967.
Nel 2007 valutai di aprire un’altra libreria, la “James Joyce”, all’interno della Stazione Centrale dei Treni. Tre librerie per combattere contro le Catene concorrenti e resistere meglio alla crisi. Venti giorni fa ho portato i libri contabili in Tribunale e sono stato dichiarato fallito. Ma il fallimento è stato determinato paradossalmente – a mio avviso – proprio a causa della totale mancanza di quel concetto che voi amate tanto, il libero mercato, che non esiste nel nostro settore, perlomeno in Italia. Quasi tutte le librerie indipendenti spariranno nel giro di due, massimo tre anni, devastate dal mostruoso conflitto di interessi che le vede costrette a rifornirsi dai distributori di quegli stessi Grandi Gruppi che hanno invece interesse a favorire le proprie Catene e Siti. Come ben sappiamo, le Catene, la Grande Distribuzione e i Siti godono di condizioni incomparabilmente migliori rispetto alle librerie indipendenti. Ma questa non è libera concorrenza, è abuso di posizione dominante. E’ un’anomalia – quella dei Grandi Gruppi che controllano tutta la filiera del mercato con proprie catene di librerie e propri distributori – che esiste solo in Italia, ed esclusivamente nel settore del libro.
Potrei dirvi tante cose, che da anni siete stati ingannati (in assenza di una legge che disciplinasse il prezzo di vendita dei libri) e avete comprato dei libri – sedotti dagli sconti – con il prezzo di copertina “gonfiato ” mediamente del 30%….non mi sembra un grande affare. Potrei dirvi cose che vi farebbero rabbrividire e portarvi a dire: “Quanto siamo stupidi”. Ma non devo scrivere un romanzo.
La legge Levi è stata semplicemente applicata per fermare Amazon, che stava minacciando di sgretolare le stesse Catene. Io personalmente non amo i tedeschi e i francesi, ma devo ammettere che loro tutelano con grande disciplina un settore nevralgico come è quello di cui stiamo parlando.
Con stima
Son un lettore da una ventina di libri l’anno. Prima della legge mi servivo si internet da Amazon o IBS. Dopo la legge compero solo piu’ ebook in inglese direttamente negli Stati Uniti. Per l’editoria italiana, nel mio piccolo, non e’ stato un gran risultato
@Franco Zorzon
ricevo in toto il suo commento.
I piccoli editori possono tutelarsi ben poco. Per le ragioni che ho spiegato sopra sono anch’essi destinati a sparire o a essere fagocitati dai Grandi Gruppi. Questi ultimi esercitano infatti spesso sulla piccola editoria un vile ricatto, chiedendo attraverso le loro catene librarie e le loro società che servono la GDO sconti e tempi di pagamento ai limiti della prostituzione, pena la sparizione dal mercato. E sapete cosa succede? Che quando sei alla disperazione finisci proprio con il prostituirti. Ed è un peccato, perchè basta vedere l’interesse che suscitano sempre le fiere della piccola editoria per capire che se vi fosse davvero il libero mercato l’editoria dei Grandi Gruppi avrebbe davvero di che preoccuparsi. Per quanto concerne la limitazione alle promozioni, mi viene un po’ da ridere. La Legge Levi fa veramente pena, e le sue imperfezioni – rispetto alla regolamentazione francese e tedesca – favoriscono promozioni costanti e devastanti per i fragili equilibri di un mercato a cui mancano i margini per tenersi in piedi da solo. Spero non finisca come nel Regno Unito, dove la religione del cosiddetto libero mercato e la sua totale mancanza di regole ha finito con il distruggere prima tutte le librerie indipendenti e, successivamente, le stesse Catene, travolte dalla concorrenza della Grande Distribuzione che usa il libro come “prodotto civetta” proponendolo a prezzi imbattibili. Ma quando attorno a te fai il deserto, hai voglia di aspettare che rinasca un fiore. Concludo dicendo che per il nostro triste mercato editorial/librario, andrebbe di moda una celebre frase di Camus. “Ti dirò un gran segreto. Non aspettare il Giudizio Universale. Si celebra tutti i giorni”.
La maggior parte della roba pubblicata oggi, e’ immondizia.
Io sono un librovoro. Ne ho cosi’ tanti che non mi ci stanno nemmeno in casa. E li ho letti tutti. Inclusi i miei 17 libri sugli scacchi, a cui non so giocare, e con l’eccezione di una dozzina di libri di analisi matematica.
La mia abitudine del fine settimana e’ sempre stata quella di andare per librerie, guardare e sfogliare, e poi prenderne almeno un paio. Uno di storia, uno di prosa.
Oggi? Vagolo per gli scaffali e per meta’ dei classici mi dico: “ce l’ho” e per l’altra meta’ dico: “manco morto”.
Anche i libri di storia raccontano sempre le stesse cose, solo che lo fanno peggio. Roba che Keegan sembra intelligente.
Il mercato del libro va male perche’ non c’e’ niente da comprare che valga il viaggio da casa mia all’angolo.
E va peggiorando di anno in anno.
A meno di non leggere Camilleri. Ma allora preferisco quello sciagurato di Clive Cussler.
Saluti.