Incostituzionale l’obbligo di rientro in sede per gli NCC: una “vittoria” che lascia l’amaro in bocca
Quello del trasporto pubblico non di linea è, probabilmente, tra i settori economici in cui è possibile misurare con più precisione l’effetto di politiche anti-concorrenziali. Come è noto, tutti i tentativi fatti nel senso di aprirlo al mercato sono naufragati di fronte alla coriacea resistenza opposta dagli incumbent e al sostegno loro assicurato da diverse e trasversali fazioni politiche. Ieri, però, il fronte pro-concorrenziale ha registrato una piccola “vittoria”: la Corte Costituzionale – con sentenza n. 56/2020 – ha difatti dichiarato incostituzionale la norma (art. 10-bis co. 1 lett. e, d.l. n. 135/2018, convertito con modificazioni dalla l. n. 12/2019) che imponeva all’esercente il servizio di noleggio con conducente (NCC) il rientro in rimessa prima dell’inizio di ogni prestazione.
In particolare, si è messo in evidenza come quest’obbligo comporti «un aggravio organizzativo e gestionale irragionevole, in quanto obbliga il vettore, nonostante egli possa prelevare e portare a destinazione uno specifico utente in ogni luogo, a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa “a vuoto” prima di iniziare un nuovo servizio». Pur non negando l’astratta legittimità di un intervento normativo volto ad assicurare che il servizio sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata (e che, quindi, non invada il mercato “artificialmente” riservato al servizio taxi), la Corte ha concluso che la norma censurata risulta irragionevole – come reso evidente dall’ipotesi in cui il vettore sia chiamato a effettuare un servizio proprio dal luogo in cui si è concluso il servizio precedente! – e sproporzionata rispetto all’obiettivo prefissato, in quanto travalica il limite della stretta necessità.
In una nostra ricerca di qualche anno fa, avevamo già sospettato che questa norma fosse passibile di seri dubbi di incostituzionalità: non possiamo, dunque, che essere compiaciuti dalla scelta della Corte. Tuttavia, quella di ieri è una “vittoria” che lascia un po’ di amaro in bocca, perché ci ricorda della grave inadeguatezza del potere legislativo nel disegnare un quadro regolatorio coerente con i bisogni dei consumatori. L’obbligo per gli NCC di rientro in rimessa dopo aver completato una corsa è sempre stato fuori dal tempo, e ciò spiega perché l’entrata in vigore della norma in questione, originariamente introdotta nel 2008, sia stata costantemente dilazionata: cionondimeno, nel 2018, quella norma – anziché abrogata del tutto – è diventata efficace, pur a fronte di un contesto socio-economico diverso e tecnologicamente più progredito. Paradossalmente, è stato proprio questo sviluppo a spingere il legislatore a spiegare gli effetti di quella norma: maggiore è la forza espansiva della concorrenza, maggiore è l’arroccamento dei beneficiari delle rendite di posizione e, di conseguenza, del regolatore che sono riusciti a catturare.
In un contesto come questo, dunque, l’intervento della Consulta è senza dubbio importante, ma insufficiente, perché essa può giudicare solo della costituzionalità di una disciplina, non anche della razionalità economica e dell’opportunità politica di questa. Ne è conferma il fatto che tutte le altre censure svolte dai ricorrenti (in merito, ad esempio, all’obbligo di ricevere le richieste di prestazioni e le prenotazioni presso la rimessa o la sede, e all’obbligo di compilare e tenere un “foglio di servizio”) sono state dichiarate infondate (o inammissibili): perché una legge può essere odiosissima e stupidissima, ma non per questo necessariamente incostituzionale. Adeguare l’offerta alle nuove forme di mobilità, promuovere la concorrenza e stimolare più elevati standard qualitativi è, invece, compito del Parlamento. Nella nostra già ricordata ricerca, avevamo a tal proposito avanzato qualche consiglio, ricavando delle preziose indicazioni dallo studio di alcune esperienze estere di regolazione: queste dimostravano che è possibile affrontare e risolvere il processo d’aggiornamento della cornice legislativa, tenendo conto del mutato quadro sociale e usando la giusta dose di attenzione e fermezza. Certo, ci vuole coraggio: e questo è uno di quei casi in cui, anche non avendolo, bisogna trovare il modo di darselo.