In difesa delle agenzie di rating
Da tempo è giunto fra noi comuni mortali un mostro da azzannare per tutti i malanni che ci crea: le agenzie di rating, accozzaglia di individui accusati di volere il male dell’Italia e di tutti noi, penalizzandoci oltre misura e determinando un aumento dello spread eccessivo rispetto alle nostre reali condizioni economiche.
E’ convinzione di chi scrive che invece le cose non stiano esattamente in questo modo. Da dove traggo questa convinzione? Dall’aver studiato (scientificamente) per anni il loro comportamento.
Semplificando, tre sono gli aspetti che vengono rimproverati alle agenzie, che di seguito esamino brevemente:
1) le agenzie operano in conflitto d’interesse. Il rating infatti è pagato dalle stesse istituzioni (banche, aziende, istituzioni pubbliche centrali e locali) e dunque il sospetto che ne viene fuori è che una loro remunerazione migliore potrebbe contribuire ad “addolcire” il rating stesso. Con la cultura del sospetto non si arriva molto lontano, a mio avviso. Ad oggi, non esistono evidenze di sistematico comportamento “deviato” in tale direzione e dunque non ritengo ragionevole accusarle di “sicuro” comportamento improprio.
2) le agenzie commettono degli errori, e dunque sono inaffidabili. Scusate, ma chi non commette errori? Mi sapete citare una qualsiasi istituzione che finora non abbia commesso errori? Anzi, e qui mi rendo conto di attirarmi gli strali di molti, commettere errori, per alcuni versi, può anche rivelarsi una buona cosa. Il motivo? Perchè vuol dire che i giudizi attribuiti dalle agenzie non sono meccanici e/o automatici ma richiedono anche le opinioni soggettive degli analisti, i quali, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori. L’importante è che questi ultimi non siano commessi sistematicamente (e non vi sono evidenze in tal senso) o con dolo (e anche in questo caso l’operato illecito in alcuni casi è tutto ancora da dimostrare, se permettete).
3) le agenzie hanno un potere eccessivo, e dunque vanno “ridimensionate”. Anche ammettendo che ciò sia vero, questo potere da dove deriva? Dalla (straripante) regolamentazione dei mercati finanziari, la quale in più ambiti ha inserito l’obbligo del rating per le emissioni su determinati mercati (e limiti di investimenti agli investitori istituzionali in enti senza rating o con rating insufficienti).
Molto altro si potrebbe dire ma mi fermo per il momento qui. Accusare le agenzie di rating di essere la causa dei nostri mali, è come accusare il termometro di essere la causa della febbre. Di più. Accusare le agenzie di rating spesso nasconde la malafede di coloro i quali vogliono i coprire le vere ragioni della crisi, accusando altri e non sè stessi.
Come se ne viene fuori? Per esempio, aumentando il numero delle agenzie, non certo imponendo superauthorities o, ancora peggio, creando un’agenzia europea. Che sarebbe il classico rimedio peggiore del male….
Pienamente d’accordo.
Le agenzie di rating accozzaglia di individui accusati di volere il male dell’Italia?
Non c’è da preoccuparsi la Procura di Trani vigila arcigna! Chissà come tremano a Wall Street!
TRANI A GOGO’
Anch’io sono d’accordo che è assurdo pensare che siano le agenzie di rating ad affossare il paese intenzionalmente. A questo pensano già abbastanza i partiti politici e tutta la nostra macchina pubblica sprecona e inefficente. Forse però sarebbe il caso di studiare “scientificamente” i problemi che affliggono le agenzie di rating e cercare di correggerli nell’interesse di tutti, non solo degli azionisti delle stesse agenzie. O no?
Vero, d’accordo su tutto. Quasi tutto. Nel senso che, anche partendo dal presupposto che non vogliano male a nessuno e che agiscano in totale indipendenza (sarà così?speriamo!), non può essere un paese intero a pagare per un eventuale errore, e al momento agiscono in una sorta di oligopolio (sono 3!!!!). Dunque, se vogliamo che la cosa sia più cristallina e autonoma da ogni interesse, occorre che la “concorrenza” in questo ambito aumenti e occorre che l’eventuale errore (ci ricordiamo il rating di Lehman B a che livelli era 2 giorni prima della disfatta???) non pesi così tanto su milioni di persone. Non é assimilabile all’errore del netturbino che non tira su una cartaccia dalla strada!o sbaglio?
Dunque: no alla cultura del dubbio e del sospetto, ma sí ad un ripensamento dell’attuale sistema
Concordo. Del resto, la critica sistematica alle agenzie di rating è, per i politici nostrani, un mezzo per cercare di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle loro responsabilità. Un nemico esterno fa sempre comodo.
Oddio, il documentario “Inside Job” di prove sull’evidenza del conflitto di interessi ne porta più che a sufficienza.
Poi si può dire che è tutto inventato, che è di parte, si può dire qualsiasi cosa, ma che “non ci siano prove” mi pare davvero un po’ troppo.
Su tutto il resto sono pienamente d’accordo e in particolare sul punto 3) che è la vera chiave del problema: alla fine se non si costringessero alcuni investitori ad investire solo in tripla A si potrebbe tranquillamente lasciarle agire in totale libertà e magari con un po’ più di concorrenza.
Oppure, più probabilmente, ci si renderebbe conto che oggi come oggi quel lavoro serve a poco o niente e pian piano sparirebbe seramente come tanti lavori resi inutili dalla storia.
Certo è che finché un loro giudizio può determinare lo spostamento o meno di gigantesche masse di denaro senza che nemmeno l’investitore possa opporsi qualcosa che non va c’è.
Concordo sul punto che le agenzie di rating non stanno certo seguendo chissà quale misterioso complotto. Semplicemente certificano, con ritardo fra l’altro, la situazione esistente, cioè che curare un problema di debito, in buona parte privato, con l’austerità è una follia perché uccide i debitori.
Però leggere “la (straripante) regolamentazione dei mercati finanziari”, mi ha fatto fare delle risate di gusto per almeno mezz’ora 😀
“Accusare le agenzie di rating di essere la causa dei nostri mali, è come accusare il termometro di essere la causa della febbre.” Con la differenza che la misurazione del secondo è oggettiva e, soprattutto, se ne conoscono i meccanismi attraverso cui avviene. Non mi pare che si sia ancora riusciti a capire in base a quali criteri vengono emessi i rating.
Se una critica deve essere mossa alle agenzie di rating è quella di intervenire in ritardo sugli Stati e sulle banche; quasi sempre i loro downgrades non cambiano le quotazioni se non in misura marginale perché il mercato già sconta una minore affidabilità dei soggetti. Per comprendere questo fenomeno non serve una preparazione finanziaria: basta solo un minimo spirito d’osservazione e un po’ di memoria.
Siamo di fronte ad una campagna di disinformazione colossale a cui si prestano anche figure che sanno benissimo come stanno le cose a partire da Monti, leader di partito e giornalisti. Per migliorare il nostro rating sarebbe necessario migliorare la competitività del Paese, ma questo avrebbe conseguenze catastrofiche per il mondo di parassiti che ci stanno portando alla rovina.
P.S.
A proposito, con quali soldi i leader europei vorrebbero creare l’agenzia leccaculo? Potrebbe mai autosostenersi vendendo a caro prezzo i rating delle imprese come fanno Moody’s, S&P e Fitch? Che credibilità avrebbe presso gli operatori del mercato? Domande inutili, sarebbe un bellissimo e costosissimo “cimitero degli elefanti”; è quanto basta agli euroburocrati.
Però all’uomo normale qualche dubbio viene. Basta pensare che nell’ultima riunione in Idaho Monti è stato accolto calorosamente da Buffet, con lodi sperticate alla sua azione politica. Ma Buffet non è il più grande azionista di Moodys? Capisco: l’agenzia è indipendente dai giudizi del suo azionista! Complimenti.
Fuor di complottismo, non vedo le agenzie di rating degne di cotanta fiducia, e non capisco perchè siano viste come un dogma da non mettere assolutamente in discussione.
Poi il fatto che postularne qualcuna in Europa sia da accogliere con lazzi mi fa addirittura strabiliare: cosa siamo noi europei? Più incapaci degli americani a fare valutazioni?
Pienamente daccordo che noi abbiamo i nostri grossi problemi e le nostre brave responsabilità, ma pensare che il resto del mondo sia sempre nel giusto e che noi dobbiamo accettare supinamente una tutela che fa sempre e solo il nostro bene mi sembra ottimismo allucinato, per non dire di peggio.
Qualche hanno fa ho avuto occasione di fare ricerche sulla crisi delle “mortgage-backed-securities”, consultando siti USA e saggi di studiosi nordamericani, soprattutto cultori di law & economics. Era assolutamente condivisa l’idea che le agenzie di rating avessero assegnato rating esagerati (AAA) a titoli privi di mercato, perché era interesse delle banche che li avevano emessi o distribuiti.
Non sarà uno “smoking gun” ma qualcosa significa, non Le pare?
@Marco Tizzi
“un loro giudizio può determinare lo spostamento o meno di gigantesche masse di denaro senza che nemmeno l’investitore possa opporsi”: che vuol dire? chi sposta le masse di danaro contro la volontà dell’investitore? la banca o la s.g.r. cui ha affidato i suoi investimenti? queste ne rispondono!
certo crearne una europea sarebbe semplice visto che le banche potrebbero mettere a disposizione una montagna di dati utili ecc., manca la volontà di farlo, sono anni ormai che se ne parla, ma rimaniamo ostaggio degli americani, mi chiedo perchè e chi ci guadagna?
@Davide
ognuno può pensare quel che vuole resta il fatto che ogni paese, ogni banca e ogni cliente di banca ha un rating che pone condizioni precise a chi eroga credito, lo si voglia o no, sia giusto o meno….funziona così e sono regole internazionali, più che mai opportuno avere agenzie rating europee. Saluti
Purtroppo ogni downgrade penalizza chi lo subisce perchè in molti casi il rating è il solo metro di giudizio con cui alcune istituzioni, come la BCE, giudicano titoli e stati. Più basso è il rating, più difficile ottenere finanziamenti. Se il rating non fosse il solo metro di giudizio, allora le opinioni delle agenzie di rating resterebbero solo e semplici opinioni, da condividere o da contestare, ma solo opinioni. Penso che sarebbe il caso di battersi a livello globale in questo senso.
@luciano pontiroli
No, non è vero: se, per esempio, un fondo pensione ha nel suo statuto l’obbligo di investire solo su titoli con la tripla A, in caso di downgrade il gestore del fondo è costretto a dismettere anche non fosse per niente d’accordo sul downgrade.
Questo penso intendesse l’autore al punto 3.
Consideriamo che gli investitori non istituzionali di tutte evidenza non tengono in gran considerazione il rating delle agenzie, anzi i mercati rispondono spesso in maniera opposta rispetto a ciò che suggerirebbe la variazione del rating.
Da dove deriva la scarsa fiducia nelle agenzie di rating da parte degli investitori?
Dal fatto che non hanno mai previsto un bel niente di niente, se chi vuole cogliere le opportunità che offrono i mercati finanziari basasse le sue scelte sulle valutazioni della tali agenzie non guadagnerebbe il becco d’un quattrino.
francamente mi sembra un articolo “lunare”. Tralascio la vexata questio dei limiti all’acquisto di strumenti che non abbiano rating “investment grade” da parte della maggior parte degli investitori istituzionali (robettina che mette in crisi la teoria della fallibilità delle Agenzie di Rating, perchè se danno solo opinioni potenzialmente fallibili non dovrebbero poter indirizzare – come invece fanno – flussi finanziari di tale portata) ma avete mai avuto a che fare con questi soggetti? no, si vede…
bene, anzi male, per diversi anni mi sono occupato dell’emissione di strumenti finanziari, quando avevamo bisogno di un rating si convocavano le 3 agenzie e ci si accordava sul rating. La prima ad es. proponeva un A, la seconda – per avere il business – proponeva subito un AA, la terza ovviamente per la stessa ragione ti garantiva l’AAA. Ecco come funzionano i rating, se il Sig. Salvi non sa come funzionano nella pratica le cose forse dovrebbe astenersi dallo scrivere valutazione che nella migliore delle ipotesi si devono classificare come superficiali, semplicistiche e tragicamente avulse dalla realtà.
si è mai chiesto il Sig. Salvi perchè nessuna banca d’affari, che pur emette ricerca, si è mai sognata di downgradare emittenti quotati a mercati aperti o in prossimità di una loro emissione obligazionaria? immagino di no, la risposta è che la banca è un soggetto regolamentato e quindi passibile di sanzione, l’agenzia di rating emette “opinioni”, non è un soggetto regolamentato e quindi è perseguibile solo atttraverso la giurisdizione dei tribunali civili o penali (e a tal riguardo le 3 sorelle si rimettono solamente alla giurisdizione dei tribuinali USA).
Pensavo che Chicago Blog fosse un posto dove chi scrive ha contezza dei fatti, mi devo ricredere, sembra la fiera dei dilettanti allo sbaraglio. Che delusione.
Per le agenzie di rating ci sono due posizioni :
– sono dei complottisti della finanza demoplutogiudaicomassonico per indebolire l’Italia ( anche adesso che siamo guidati dal nostro caro leader);
– sono dei pasticcioni che non ne azzeccano una ;
Nel primo caso ci dobbiamo difendere con tutti i mezzi , magari battendo i pugni sul tavolo della finanza mondiale , come ha fatto il nostro caro leader in Europa.
– nel secondo caso ritengo inutile tenere conto dei loro giudizi.
Ma in ogni caso tra l’opera del nostro caro leader e l’intervento decisissimo della famosissima Procura di Trani , conosciuta e stimata in tutto il mondo , il problema verrà superato e lo spread crollerà sotto i 500 e queste agenzie verranno pesantemente sanzionate a meno che non si decidano ad alzare subito e di molto il nostro rating , nel qual caso ci sarebbe subito un coro di approvazione per la loro obbiettività e competenza professionale .
Forse non c’è dolo nei giudizi delle agenzie di rating, ma l’ultimo declassamento italiano avvenuto il giorno prima dell’asta dei bot un po’di perplessità me i le fa venire. Rimane vero però che il male dell’Italia non lo fanno le agenzie di reting bensì il susseguirsi di governi inetti attaccati alle poltrone e agli spendi più che al bene del paese. Aggiungendo poi la corruzione e l’evasione fiscale dobbiamo solo sperare di essere invasi e annessi alla Germania.
Credo che accusare le agenzie di rating di conflitto d’interessi sia come accusare le maggiori banche mondiali di accordarsi sul fixing dei tassi d’interesse lybor e euribor. Che sciocchezza!
Viva il libero mercato!
@Claudio Di Croce Parole sacrosante!!
Non posso che unirmi al gioioso tripudio per il nostro caro leader e per gli eroici sostituti procuratori di Trani (che tutto il mondo ci invidia). Ebbene si facciamoci l’agenzia de noantri, se ci sbrighiamo forse facciamo ancora in tempo a salvare anche la Sicilia dalla congiura demoplutogiudaicomassonica.
@Mandingo
La descrizione del processo ricorda molto l’opera delle società di revisione…
Comunque il rating sui sovrani è cosa molto diversa dai rating delle società private.
In entrambi i casi il fatto che i giudizi abbiano in qualche modo “valore legale” mi pare assolutamente assurdo.
Poi da lì si apre un mondo: come faccio ad avere una valutazione obiettiva di un titolo?
E forse questa domanda non ha risposta…
Caro Oscar, sei ormai uno dei pochi sinceri che dicono le cose come stanno e penso che siano in molti ad apprezzarti.
Ci hai dimostrato di essere anche una persona competente, non come quei politici di professione che si riempiono la bocca di parole vuote.
Allora:
O TI CANDIDI,
O FAREMO LA RIVOLUZIONE,
perché c’è bisogno di riportare in auge: l’onestà, la moralità, l’accortezza, la competenza, la politica come missione.
Non mi dilungo, ma considera che hai una enorme responsabilità; ora scegli tu, ma tieni a mente che il tempo stringe … non so se arriveremo a gennaio 2013.
Franco.
@ Marco Tizzi
“come faccio ad avere una valutazione obiettiva di un titolo?”
questa domanda non può avere risposta per definizione, la valutazione di ogni titolo scambiato in un mercato regolamentato dipende dal valore che il mercato gli attribuisce nel corso del tempo. Se così non fosse le borse valori come le conosciamo noi non avrebbero senso, ogni titolo avrebbe un prezzo prestabilito per tutta la sua durata, sarebbe la negazione del libero mercato.
Una agenzia di rating non può dare una valutazione obiettiva dato che una valutazione obiettiva non esiste, se non data dal mercato. Questa è la contraddizione del rating.
Il rating serve solamente da giustificazione all’operato dei gestori che invece di svolgere una accurata analisi di ciò che comprano (con soldi altrui) si “fidano” del rating investment grade emesso da agenzie pagate dall’emittente…
fino a pochi anni fa, per rimanere nel settore corporate, erano pochissimi i totoli AAA, ora sono la stragrande maggioranza, tutti “gioiellini” o il problema c’è?
Sulle società di revisione, almeno queste negli ultimi anni hanno fatto passi da gigante, è normale che un bilancio non venga certificato, le osservazioni dei revisori sono diventante la regola mentre fino a qualche anno fa erano totalmente assenti, i revisori hanno dovuto rispondere alla pressione del mercato e dei tribunali, le agenzie di rating – per ragioni che non sto qui a ripetere – non hanno dovuto riformarsi come hanno fatto i revisori o le investment bank che emettono ricerca dopo il settlement Spitzer
Concordo in parte, nel senso che e’ giusto che le compagnie di rating facciano il proprio lavoro per valutare la solidità di enti privati e pubblici. Gli Stati tuttavia non sono imprese e una valutazione negativa prolungata provoca effetti sull’economia reale devastanti. Nella storia gli Americani hanno applicato spesso politiche del genere ( argentina,…) per mantenere una supremazia sui mercati internazionali compromessa dalla potente Cina!
Mi domando, perché il sistema bancario e finanziario, dopo gli innumerevoli scandali e frodi a norma di legge, non possono fallire, mentre gli Stati si??
Oppure, perché le banche e il sistema finanziario non interviene “pesantemente” nel garantire la solidità agli stati in crisi restituendo un po’ di soldi prelevati dalle tasche dei cittadini per coprire i giochi rischiosi compiuti da banchieri spregiudicati?
Con il passare del tempo aumentano i dubbi e diviene sempre più chiara la politica anti-europeista portata avanti dagli Stati Uniti che non ci stando a perdere la Leadership, in primis perché non sono abituati come gli Italiani a stringere la cinta!
@Mandingo
Sono d’accordo su tutto, anche se sulle società di revisione diciamo che ancora c’è da far passare parecchia acqua sotto i ponti prima che personalmente mi fidi di un bilancio certificato.
Però resta il fatto che in alcuni casi (per es. valutazione dei collaterali) un minimo di “giudizio sul valore dell’asset” può servire per poter stabilire dei parametri di legge.
Poi è vero che comunque stiamo parlando di regolamentazione, quindi si può sempre rispondere “togliamo tutte le regole”, ma sinceramente mi pare che ultimamente la deregolamentazione nella finanza non abbia ottenuto grandi risultati, soprattutto per il fatto che la deregolamentazione non può essere associata al concetto di “salvataggio”…
Quindi diciamo che siamo in una situazione un po’ spinosa.
Infatti, sinceramente, non credo che se il problema non è ancora stato seriamente affrontato a quasi 4 anni da LB sia per un complotto: semplicemente è un problema difficile da risolvere.
@ Marco Tizzi
sicuramente il problema che lei pone è reale, e cioè elementi che consentano all’invedstitore di capire cosa sta comperando. A mio modo di vedere il modo migliore di risolvere il problema è assicurare la massima disclosure in sede di presentazione della documentazione d’offerta. Certo l’obiezione la vedo subito anch’io, se la maggior parte degli scambi è relativa a prodotti OTC la disclosure è relativa dato che non vi è obbligo di sollecitazione con tutto quel che ne consegue. Ma se vogliamo diventa in quel modo un problema dei tribunali civili.
Già un’altra volta ho sollevato il tema, ma qui stiamo parlando dell’operato delle agenzie di rating in merito a debito sovereign, e in quel caso il problema della disclosure se lo sono posto anche i regulators. Per non allontanarci troppo dal nostro problema, l’Unione Europea, con il Trattato di Maastricht, ha cercato di arrivare ad un level playing field relativamente ai critieri con cui i vari paesi membri computano il loro debito pubblico. nonostante ciò le differenze tra i vari paesi sono enormi: c’è chi ritiene di non essere sottoposto alle norme di cui al Trattato (l’UK, che non è parte dell’Euro), c’è chi è “costretto” ad una interpretazione pedissequa (l’Italia, per ragioni ben immaginabili, non è che io neghi i problemi dell’Italia, anzi personalmente ritengo che una qualche forma di default sia inevitabile) e c’è chi – grazie al meccanismo delle maggioranze qualificate in sede di comminzione di sanzioni in seno all’UE – si ritiene sopra le regole (esempio lampante, Germania e in maniera minora Francia, che non computano poste assultamente rilevanti nonostante il Trattato preveda espressamente la loro rilevanza).
Ecco a fronte di tutto ciò il lavoro delle agenzie di rating dovrebbe essere facile, una agenzia di rating seria avrebbe dovuto dire nel 1993 che l’Italia aveva concluso una serie di swap che le consentivano di spostare poste in bilancio e che tale mossa era pericolosa, una agenzia di rating dovrebbe saper dire oggi che la garanzia “implicita” alle Landesbanken è una spada di Damocle sul futuro della Germania, questo non accade e allo stesso tempo in tanti non ne sentono la necessità. Questo perchè facendo affidamento sul rating i vari gestori scaricano ogni responsabilità in relazione alla loro attività.
Paradossalmente oggi come oggi le agenzie di rating sono uno strumento che consente una minor chiarezza e consapevolezza all’investitore finale, perchè funzionano come uno smoke screen dietro cui si può rifugiare il gestore incapace che ha perso i soldi dei propri clienti. Se poi non si riesce nemmeno ad avere una piena disclosure allora diventa tutto assolutamente aleatorio. Non si capisce quindi quale sia l’utilità sociale delle agenzie di rating.
Faccio poi presente che se il rating è solo una “opinione” e se fosse vero che le agenzie non vogliono influenzare le scelte di investimento del mercato allora farebbero come hanno fatto le investment bank qualche anno fa, modificherebbero il loro sistema di score per non ingenerare nell’investitore false speranze/certezze. Noto che le agenzie di rating non si sognano manco lontanamente di seguire una strada del genere, e qui si ritorna al fatto che non essendo regolamentate non hanno avuto fino ad ora alcun incentivo a farlo.
Qualora si vedessero portate in tribunale in diversi paesi allora forse la musica cambierebbe, ma dobbiamo considerare che l’attività di rating è in se uno specchietto per le allodole, non avendo ragionevole spiegazione o giustificazione non ha un vero valore per un mercato pienamente funzionante (dove quindi la disclosure sia completa) e che per ciò cercheranno di resistere ad ogni cambiamento, perchè ne andrebbe della loro stessa esistenza.
@Mandingo
Vedo che con migliori argomenti alla fine giunge all’incirca alle mie stesse conclusioni: nel momento stesso in cui si risolve il problema (perché un problema c’è, è innegabile) delle agenzie di rating finisce che le agenzie di rating non servono più a nulla.
E noto con piacere che anche lei mi sembra d’accordo sul fatto che i famigerati “fondamentali della Germania” proprio così solidi non siano…
Poi, per carità, magari appena arriva un controllore esterno che apre qualche libro a Roma finisce che scopriamo che il nostro debito pubblico è il doppio di quello che ci dicono e che da 60 anni non c’è un numero sensato che sia uno, ma anche se così fosse, qualcuno metterebbe anche solo un dito sul fuoco per un qualsiasi altro stato sovrano?
Io sinceramente no.
E anche qui torniamo da capo: analisti si basano su dati di seconda mano per emettere giudizi personali che però hanno un valore legale. Ma che senso ha?
E’ come se io potessi esprimere un giudizio su un caso di omicidio senza aver raccolto e nemmeno esaminato personalmente le prove, ma una mia condanna facesse finire in galera il primo che passa.
E quando mi fanno notare che ho sbagliato rispondo “era solo un’opinione”.
@Alessandro
Non ci avevo pensato : come abbiamo gli economisti de noiatri che continuano a sostenere che gli investitori di tutto il mondo sono stupidi a comprare titoli tedeschi a interesse negativo o quasi mentre potrebbero comprare titoli italiani altrettanto sicuri e a più alto reddito , una agenzia di rating de noiatri sarebbe sicuramente un bel deterrente per i biechi speculatori . Potrebbe essere chiamato a presiederla Alessandro Profumo, che come ceo di Unicredit ha fatto in modo che in quattro anni il valore di borsa del titolo sia crollato del 98% . Ma lui è uscito con una liquidazione di quarantamilioni di euro e nessuno ha detto nulla : come mai ? per forza sia lui che la moglie erano e sono iscritti al PD ed erano in fila per le primarie di Bersani . Con queste referenze , nessun problema . E adesso lo hanno chiamato a ” sistemare ” il MPS dove dall’ultimo degli uscieri fino al presidente tutti avevano ed hanno la tessera del PCI,PDS,DS,PD .
Per la parte giuridica ovviamente il Procuratore capo di Trani . Il team potrebbe essere arricchito da Lusi , che ha una profonda esperienza di gestione di tesoreria all’insaputa di tutti i suoi capi , e da tanti altri personaggi simili di cui il nostro paese abbonda . Con una agenzia siffatta il nostro rating salirebbe al massimo e il nostro caro leader potrebbe andare alle riunioni internazionali fregiandosi della tripla , ma che dico, quintupla A.
Suggerisco la lettura di questo articolo di ft.com : http://www.ft.com/cms/s/0/261bdd52-d030-11e1-99a8-00144feabdc0.html#axzz20vHk9Nct .
E’ forse colpa di Moody’s se l’Italia va male ed è giudicata male dagli investitori esteri?
I mangiasoldi pubblici nostrani sono penosi nel loro richiedere di essere assolti al solo scopo di continuare a vivere sulle spalle dei cittadini tartassati. E l’inchiesta di Trani contribuisce a trasmettere agli operatori internazionali un’immagine dell’Italia come un Paese da cui stare alla larga.
Fermo restando che anch’io sono d’accordo sul fatto che i giudizi delle agenzie di rating vadano sempre presi con il beneficio d’inventario se non altro per la questione del conflitto d’interessi rimane certo che a livello internazionale sono fondamentali per le decisioni di investimento.E’ anche chiaro (vedere esempio Francia)che la buona reputazione di un Paese vale molto nell’influenzare i giudizi come sempre per ogni evento umano.Ricordo un’intervista a Radio24 che la responsabile della sede italiana di una delle due agenzie americane fece all’indomani del declassamento italiano avvenuto alcuni mesi orsono.Alle domande del giornalista(ovviamente non Giannino)che chiedeva stupito come le straordinarie riforme messe in campo dal governo non avessero convinto l’Agenzia,essa rispose che quand’anche tali riforme avessero avuto effetti benefici questi si sarebbero comunque realizzati a medio lungo termine.Sottolineo’ e mi parve molto equilibrata e convincente,che essendo il nostro debito enormel’unica azione che avrebbe potuto convincerli dal cambiare l’outlook da negativo a stabile era un’azione incisiva di riduzione dello stock del debito pubblico e un taglio decisivo della spesa pubblica corrente.In buona sostanza diede ragione al 100% a Giannino con il quale non credo proprio si fosse messa d’accordo.Morale?il buon senso deve sempre essere alla base dei giudizi.E le conseguenze di tutto cio?Se come penso quasi nulla di cio’ che in modo molto semplice ci chiedono gli investitori internazionali stiamo riuscendo a fare credo che sia inevitabile l’arrivo di altre mazzate future.Salvo poi riprendercela con questi cattivoni anglosassoni che non capiscono la “peculiarita” della situazione italiana.
@Marco Tizzi
“finisce che le agenzie di rating non servono più a nulla”: esattamente, il nocciolo della questione è proprio questo, un giudizio sulla “bontà” di uno strumento contrattato in un mercato (regolamentato) è una contraddizione in termini
E’ innegabile che le agenzie di rating hanno abbiano avuto conflitti di interesse pesantissimi, che si sono sommati a clamorosi errori di giudizio forse anche commessi in buona fede.
La questione è: è importante? La risposta è duplice.
1) Relativamente al mercato, NO: Il “potere” delle agenzie di rating sul mercato deriva unicamente dalla loro reputazione e credibilità, ogni investitore privato è libero di ascoltare oppure no i giudizi delle agenzie di rating, e se queste sbagliano o sono in malafede (come si è reso evidente nel 2008/2009), ne perderanno in credibilità e “potere” – cosa che è di fatto successa: come notava un altro blogger, dopo i fatti del 2008/2009 il mercato non segue più tanto le agenzie. Anzi, causa un mix di perdita credibilità/maggiore cautela delle agenzie/più rapida diffusione delle informazioni, ormai le agenzie di rating arrivano puntualmente in ritardo, dando giudizi che il mercato ha già scontato.
2) Relativamente agli investitori istituzionali: SI che c’è un problema. In questo caso la regolamentazione regala alle agenzie un potere enorme, le quali possono usarlo anche a fini di interessi particolari. Ma è inutile stare a sbraitare contro i conflitti di interessi delle agenzie, si cambi la regolamentazione, liberando gli investitori istituzionali dal vincolo del rating.
Classica creazione di un nemico per attribuire colpe proprie: prima gli evasori fiscali, poi la Germania, ora le agenzie di rating. Basta una campagna di stampa compiacente e il gioco e’ fatto… Qui poi abbiamo addirittura una procura che regge il moccolo e il popolo bela
Mi pare invece che questo sia un esempio lampante di quanto questi giudizi siano personali e labili: il Giappone ha uno stock del debito doppio rispetto all’Italia e un rating AA-/A2, il Belgio uno stock comunque superiore al 100% dle PIL, un’economia “deboluccia” (molto eufemismo qui) e cmq un rating A-/A2.
Mentre U.K. e U.S.A. mantengono una tripla A con uno stock enorme ed in esplosione.
Quindi dire che per un cambio di outlook basti una riduzione dello stock e della spesa mi pare non confermato dai fatti.
Diciamo che è il caso che chi vuol dettare l’agenda economica di un Paese è meglio se si presenta alle elezioni, le vince e poi ne parliamo.
Che di mestiere faccia l’analista finanziaria, col massimo rispetto, non mi basta.
@Marco Tizzi
“se, per esempio, un fondo pensione ha nel suo statuto l’obbligo di investire solo su titoli con la tripla A, in caso di downgrade il gestore del fondo è costretto a dismettere anche non fosse per niente d’accordo sul downgrade”
In questo caso il gestore tiene un comportamento conforme a quanto si aspetta l’investitore, che gli ha conferito il mandato di gestione conoscendo tale obbligo statutario. Però, bisogna pur dirlo, un gestore di portafoglio non investe tutto su un signolo emittente, deve differenziare e di regola lo fa; per altro verso, le sue scelte sono in larga misura discrezionali, il che significa che un’adesione pedissequa alle variazioni del rating non lo libererebbe da responsabilità verso gli investitori, qualora tali variazioni non fossero condivisibili.
@Marco Tizzi
Non credo che la signora in questione volesse dettare l’agenda economica dell’Italia, ma solo esprimere quello che riteneva il “sentiment” del mercato: se non riduce lo stock di debito, il tesoro si sogna che gli facciamo ulteriormente credito.
Poi le cose vanno altrimenti, almeno secondo la lettura che ne danno i quotidiani nazionali, che esultano quando le emissioni del tesoro sono collocate a tassi “ragionevoli”.
Le agenzie di rating non son la causa dei nostri mali, i loro giudizi sono comunque faziosi e quindi inattendibili,basti vedere l’assetto proprietario di tali agenzie. Il problema sono tutti quei politici, intellettuali, giornalisti, addetti ai lavori, ecc, che sembrano pendere dalle labbra delle agenzie, e prendono tutti loro giudizi per oro colato, creando allarmismi, non si sa bene se per ignoranza o per malafede,L’unica cosa da fare e’ ignorare certi giudizi.
Ricordatemi allora il rating di Lehman Brothers solo un mese prima del suo crack……….alla faccia della credibilità. Le agenzie, mi creda, non hanno alcun bisogno di farsi difendere
Il discorso è che tutti gli investitori istituzionali hanno in qualche modo delle regolamentazioni che obbligano il gestore ad investire in rating alti e quindi il gestore non ha scelta.
Mi ricordo un po’ di tempo fa un’intervista al gestore dei un fondo sovrano (può essere norvegia?) che era molto preoccupato perché aveva un target di rendimento e poteva investire solo in tripla A e diceva che in pratica il lavoro era diventato impossibile: o investiva in tripla A o prendeva un rendimento.
Certo che nel momento in cui il fondo sovrano decidesse di rendersi indipendente dal rating a quel punto si pone il problema che il gestore può fare un po’ quel che vuole.
E quindi forse all’investitore istituzionale non va bene.
E siamo da capo.
@Luciano Pontiroli
Se la signora voleva esprimere il sentiment di mercato avrebbe dovuto spiegare perché il Giappone, con uno stock doppio del nostro e spesa sicuramente non limitata, ha rating di 6 livelli più alto del nostro.
Altrimenti vuole dettare l’agenda economica del paese.
O meglio: imporla senza passare dal processo democratico necessario a farlo.
Ecco dove ci ha portato la natura criminale del neoliberismo: prima o poi, secondo me, capita che qualcuno spara a questi “selezionatori”, voi che ne dite? E’ così improbabile?
Lavoro, l’inferno degli annunci
di Lorenzo Bordoni – FpsMedia
Paghe da tre euro l’ora, stage gratuiti per ‘arricchire il curriculum’, falsi tirocini, rimborsi forfettari da 300 euro al mese, centralinisti stipendiati a provvigione. Ecco con che cosa si deve confrontare oggi chi è a caccia di un impiego
(15 maggio 2012)
Sette euro l’ora per scaricare cassette per dieci ore di fila sembrano quasi un miraggio. Nel sottobosco del nuovo precariato, il lavoro spesso non ha nemmeno retribuzione, e a volte bisogna pure pagare per lavorare. Basta dare un’occhiata ai più importanti siti di annunci specializzati e alle riviste di settore per trovarsi di fronte a una selva fatta di parole d’ordine come “lavoro gratis”, “stage non retribuito”, “retribuzione comunicata al momento del colloquio” e molto peggio.
Centocinquanta ore a disposizione per svolgere un tirocinio quotidiano dal lunedì al venerdì presso la sede in zona Roma est, recita un’inserzione capitolina che, senza giri di parole, spiega: “Lo stage è gratis” ma, come ricompensa, “rilascia un attestato al termine delle ore svolte, utile ad arricchire il proprio c.v.”. Identico discorso per gli organizzatori di eventi. La tipologia del lavoro è “full time”, dura “tre mesi rinnovabili” e richiede “buone capacità dialettiche, buon senso, puntualità e buona volontà”, si legge nell’annuncio di una società milanese ma, neanche a dirlo, è totalmente gratuito.
A volte la paga invece c’è, ma non è chiaro capire quale. Le formule sono delle più strane, come nel caso di una “piccola azienda creativa in crescita” che si occupa di arredamento nella zona di Reggio Emilia. La figura ricercata è quella dell’interior designer/ illustratore editoriale “con esperienza pluriennale nella creazione di illustrazioni e immagini per l’editoria e l’advertising. Svilupperà una nuova serie di prodotti realizzati con tecnologia digitale”. E alla voce retribuzione? “L’azienda – si legge – riconosce un compenso sotto forma di royalties percentuali sulle vendite”. Insomma, serve la laurea, serve l’esperienza, serve lo spirito di abnegazione e la creatività per portare a termine il progetto ma i soldi entreranno solo se la società riuscirà a venderlo.
Il pagamento in base alle vendite non è certo una novità e la “provvigione” è diventata ormai una prassi. A Roma un’agenzia seleziona “Operatori per call center per turno part time. Offriamo fisso mensile, provvigioni gare e incentivi”. Contratto a norma di legge. Chiamando per informazioni, comunicano che nel call center sulla Casilina sono già al completo. C’è ancora posto a Torrealta. Cinque ore al giorno, da lunedi a venerdì, più altre quattro e mezzo il sabato mattina. Si tratta di chiudere dei contratti al telefono. “Se devi chiamare anche venti volte la persona, la chiami venti volte”, spiegano. Ci sono le provvigioni, se superi i venti contratti al mese hai un bonus. Ma il fisso è di 400 euro netti. Divisi per le circa 120 ore di lavoro mensili fanno 3,33 euro l’ora.
Dalla capitale a Pesaro il passo è breve. Nel capoluogo marchigiano cercano “Personale dinamico interessato ad incrementare il reddito”. La signora che risponde al telefono spiega che si tratta di un’attività che non prevede un fisso, ma solo le percentuali sulle vendite di integratori alimentari, cosmetici e depuratori per l’acqua. E’ un sistema commerciale basato su appuntamenti che si può svolgere anche da casa, e in cui: «Serve gente spigliata». Come si faccia a svolgere un’attività basata su appuntamenti da casa propria è presto detto. “Se tu scegliessi la cosmesi, ad esempio”, continua, “potresti vendere ad amici e parenti invitandoli a casa, e sono venti euro al pezzo”. Il fisso non c’è, ma se si vendono i depuratori che costano 200 euro si ha “una buona percentuale”.
In altri casi scoprire quanto si viene pagati è anche più difficile. Come per un annuncio che propone dieci posti di lavoro in un contact center a Concorezzo (nei pressi di Monza). Sono richiesti “diploma o laurea, ottima conoscenza di internet e Office, spiccate doti comunicative, preferibilmente con esperienza nel ruolo” ma sul sito la paga non è specificata. Contattata telefonicamente, la società spiega che “la retribuzione verrà resa nota solo in sede di colloquio”. E questa riservatezza nel comunicare il compenso è diventata ormai un’abitudine nelle offerte di lavoro.
@Marco Tizzi
Il Giappone, con tutto il suo debito, non preoccupa il mercato. Sarà perché la sua banca centrale emette moneta?
@Luciano Pontiroli
E allora la signora doveva dire che i mercati considerano 6 (sei!!!!!) livelli di rating per il fatto di avere una banca centrale che può stampare moneta.
Sottolineo il può, perché poi in effetti non lo fa.
Mentre invece gli altri parametri (debito/pil, spesa pubblica) per i mercati contano molto meno.
Questo è il vero “sentiment” espresso dai mercati, facilmente verificabile dai rendimenti e dai ratings.
@Luciano Pontiroli
@Marco Tizzi
Non c’è solo la banca centrale. Il Giappone non è visto come un Paese a rischio perché ha un’industria forte e dinamica che punta sull’innovazione. In più i Giapponesi sono un popolo forte e temprato; si danno da fare senza tante storie. Il livello di istruzione medio è nettamente superiore al nostro e nelle università si fa tanta ricerca applicata a fianco dell’industria. Guarda caso la pressione fiscale giapponese è inferiore al 30%. Neppure loro sono perfetti, ma sanno essere fra i leader tecnologici e industriali del mondo. In questo modo fanno soldi e possono pagare i loro debiti, ancorché enormi.
L’Europa di contro è molto più ferma e l’Italia in particolare sta vivendo un processo di deindustrializzazione; la recessione e la scarsità di finanziamenti stanno mettendo in crisi la capacità innovativa delle imprese e anche l’export, che finora ci salva dal collasso economico, rischia di perdere colpi.
Mi sembra che gli investitori internazionali e le agenzie di rating siano ancora troppo buoni nei confronti di una nazione che SI RIFIUTA DI STARE AL PASSO CON IL MONDO.
A me pare che questa discussione non faccia che confermare come la reputazione di un paese(buona nel caso del Giappone e con un export ancora in grado di non spaventare gli investitori pur con una mole impressionante di debito)influenzi i giudizi non solo delle Agenzie ma anche di noi semplici commentatori.Purtroppo la nostra reputazione ce la siamo giocata da un pezzo e la forza del nostro export pur essendo ancora ragguardevole non e’ in grado di reggere la forza d’urto di scandali politici,corruzione e quant’altro.Inoltre proprio nelle ragioni del declassamento e dell’outlook negativo si sottolinea l’incertezza politica che purtroppo ci zavorra.Un’ultimo pensiero:leggo spesso nei siti anglosassoni e solo ieri sulla reuters che il nostro problema economico e sociale piu’ grande e’ il crimine organizzato.In particolare si parlava delle cifre del business del gioco d’azzardo legale(in parte ormai controllato dalla malavita) e illegale.Lo sapete che il 50%delle slot machines d’Europa e’ in Italia e un quarto del giro d’affari mondiale dei giochi si fa nel nostro Paese?Sono un po sconcertata che certi allarmi arrivino dall’estero e che nei fatti il problema criminalita’ sia sparito o mai entrato nell’agenda politica attuale.
il debito pubblico giapponese è in mano a soggetti giapponesi per una quota superiore al 90%, non dimentichiamolo
Per una volta non sono d’accordo.
Il termometro misura la febbre e non ne è la causa, ma sul metodo di taratura e di verifica della stessa credo si possa discutere a lungo.
Confesso che quando leggo certe improbabili difese d’ufficio di comportamenti indifendibili apprezzo la liberta’ con qui viene gestito Chicago-Blog e la naturalezza con cui si da’ spazio a tutti.
Detto questo resto basito nel leggere da uno che afferma di aver studiato per anni e in maniera scientifica le societa’ di rating che il fantomatico conflitto di interessi stia solo nel fornire i rating a clienti interessati. Ben più grande e pernicioso e’ il conflitto derivante dal fatto che sono proprio gli stessi proprietari a guadagnare speculando mediante edge fund sui risultati delle stesse valutazioni. Mi meraviglia poi che uno studioso attento e scientifico non abbia notato nulla sul timing delle valutazioni che, un po’ troppo spesso, avviene in concomitanza di aste importanti senza che nelle settimane precedenti sia accaduto alcun fatto di rilievo. Perche’ aspettare il giorno prima quando si hanno da tempo in mano tutti gli elementi per valutare ?
Detto questo, il problema delle societa’ di rating ha una sola origine, ovvero nel potere che gli e’ stato attribuito. Loro fanno il loro lavoro, liberamente e come meglio credono; stupisce pittosto che le istituzioni europee inseriscano nei trattati la necessità di ricorrere ai rating e stupisce anche che, sempre secondo le sacre leggi del rating, una banca che ha in pancia titoli italiani sia considerata a rischio patrimoniale, mentre una che ha piu’ del 60% in derivati ad alto rischio sia degna della massima fiducia.
Concludo con una amara osservazione.
Oramai sembra che il mondo si divida tra che puo’ stampare moneta e puo’ fare quello che vuole, e chi invece non lo puo’ fare e deve comportarsi bene e, se necessario, obbedire. Una volta la liquidità serviva per finanziare investimenti, per costruire ricchezza, per portare sviluppo e benessere. Ora mi sembra che la liquidità serva solo a mantenere vegeto e pimpante l’immenso giro di carta su cui oramai si fonda la finanza.
@Mandingo
Giustissimo, ma allora le propongo un confronto. Di questi due giudizi:
“per aumentare il rating è necessario avere una banca centrale che garantisca il debito pubblico e mantenerlo il più possibile all’interno dei confini nazionali”
e
“per aumentare il rating è necessario dismettere patrimonio pubblico (chi lo compra? non è dato a sapersi) e diminuire la spesa”
Quale le sembra il più azzeccato?
E comunque: non le sembrano entrambe opinioni sensate la cui scelta è solo ed esclusivamente politica?
@Marco Tizzi
Attenzione:
avere una banca centrale che garantisca il debito pubblico ok, ma mantenere il debito all’interno dei confini nazionali è un’arma a doppio taglio: se è vero che avere il debito nelle mani dei propri cittadini offre una minore volatilità dei tassi, dall’altra parte sottrae risorse agli investimenti privati, con conseguente minore crescita (il Giappone, non solo per questo ma anche per questo, ha un’economia stagnante da 20 anni).
Per il resto, tra
“avere una banca centrale che garantisca il debito pubblico” (e basta)
e
“dismettere patrimonio pubblico e diminuire la spesa”
La scelta è semplice: entrambe le cose! Non si escludono a vicenda, non sono scelte alternative ma complementari.
Unico dettaglio: la seconda è un’azione squisitamente nazionale, che l’Italia deve perseguire da sé ed in ogni caso.
La prima invece è una questione di accordi europei, che l’Italia deve proporre e sostenere con forza (ed il fatto, nel frattempo, di fare la seconda in casa è un grosso aiuto nella discussione)
@Ricardo
Sì sì, ma l’intenzione del mio intervento è un’altra: le ricette possono essere tante e possono esserci varie ipotesi ed interpretazioni, non per forza convergenti e non per forza errate, ma la soluzione di un problema di debito sovrano è sempre e comunque politica.
Quindi nel momento in cui una persona da un giudizio e propone una soluzione, quella persona esprime un giudizio e propone una soluzione politica.
Se lo facciamo io e lei in questo blog, poco male: non contiamo nulla e lo facciamo per piacere di discussione.
Ma se lo fa una persona il cui giudizio muove gli investimenti degli investitori istituzionali è tutt’altra cosa: quella persona sta facendo politica attiva senza essere passata dalle elezioni.
Che poi le ricette possano anche essere giuste, benissimo, ma resta il fatto che io preferirei che questa signora, che probabilmente vale da sola metà della nostra classe politica come preparazione economica dato il ruolo che ricopre, si presentasse alle elezioni e venisse eletta.
Perché se c’è una cosa che il confronto Italia-Spagna ci insegna tutti i giorni è questa: senza investitura politica le cose non si fanno mai per bene.
@Luciano Pontiroli
No. Molto più semplicemente, il mercato il problema nemmeno se lo pone perché i titoli di debito pubblico giapponese non escono dai confini del Giappone. Il giorno che le autorità nipponiche decideranno che non c’è più trippa per gatti, sarà un problema tutto interno. Intanto le famiglie giapponesi continuano a gonfiarsi di carta pubblica a rendimenti reali negativi. E questo sarebbe un modello virtuoso. Mah…
Verissimo. Una Banca Intesa è capitalizzata meglio di una Landesbank, ma le seconde godono di un (immeritato) credito riflesso dalla reputazione che il sistema paese nel quale operano ha saputo costruirsi. E ora ne godono, finanziandosi a tassi quattro/cinque volte inferiori delle banche italiane.
Ma se queste cose le sappiamo noi, le sanno anche i mercati. Sono le agenzie che fanno un po’ lo gnorri.
@Marco Tizzi
discussione molto stimolante. Credo che la prima ipotesi sia viziata da una questione che spesso dimentichiamo: quando le banche centrali comprano debito (classico esempio ciò che sta accadendo in UK) non è che “annullano” il debito emesso, semplicemente lo spostano dal groppone dell’amministrazione centrale su quello della banca centrale. E stampare moneta per diminurne il peso ha senso (forse) su un orizzone temporale limitato, alla lunga diventa insostenibile (visto che parliamo dell’UK, paese che amo e nel quale divido il mio tempo con l’Italia tanto per dire che vi ho un interesse reale, la massa totale del debito prima o poi verrà “fuori”, così come il debito italiano è ingestibile allo stesso modo l’UK dovrà prima o poi far fronte a una crisi di debito pubblico colossale).
Nel secondo caso, invece, c’è una riduzione del debito, riduzione che per quanto riguarda i tagli alla spesa pubblica sicuramente può avere effetti recessivi sul breve periodo ma che perlomeno presenta elementi di sostenibilità nel tempo.
Quale delle due ipotesi serva a far migliorare il rating credo che sia impossibile da dire, da un lato perchè il rating segue i flussi macroenomici e non li prevede, dall’altro perchè vi sono una serie di variabili non indifferenti che possono influenzare i mercati.
Oltre a ciò già ho spiegato le mie idiosincrasie al concetto stesso di rating e le esperienze personali con tali agenzie (vabbè parliamo di corporate e non di sovereign ma temo che certi metodi non cambino…).
Personalmente credo che il problema non sia “accontentare” le agenzie di rating, non le accontenteremo mai, ma rendere il debito gestibile o perlomeno sotto controllo. Il rating è uno strumento che a me pare francamente ridicolo e che ritengo abbia i giorni contati (perchè per la maggior parte dei titoli circolanti si è dimostrato assolutamente inutile, non per altro).
Quindi, per riassumere, a mio modestissimo modo di vedere la priorità è ridurre il debtio e ridurre il perimetro di azione dello Stato (in tutto il mondo occidentale, Hong Kong insegna!), mettendo però in atto una serie di misure tecniche che aiutino a superare la fase di stress acuta che stiamo attraversando (ad esempio, ostinarsi con l’EFSF e il problema della subordinazione è da folli malati di mente incompetenti, ridare senso ai prodotti assucrativi veri a difesa di investimenti long – quindi ben vengano i CDO che non siano naked, possibilità per le banche di rifinanziarsi direttamente dall’ESM, ecc). sul medio-lungo temine, poi, e qui mi dichiaro apertamente, credo che l’Euro non sia sostenibile, per me che ne ho anche seguito professionalmente la nasciata (si può dire? vabbè non avevo un gran ruolo, più che altro quello di “giovane di bottega”) è una grande sconfitta ma l’integrazione europa non c’è stata e dobbiamo prendere atto del fatto che i popoli d’Europa per la stragrande maggioranza non la vogliono, quindi concentriamoci su ciò che c’è – l’UE – e rimandiamo tra qualche decennio i sogni di una moneta comune, per ora abbiamo 16 paesi che hanno adottato la valuta nazionale del 17o paese… è una situazione insostenibile
@Marco Tizzi
discussione molto stimolante. Credo che la prima ipotesi sia viziata da una questione che spesso dimentichiamo: quando le banche centrali comprano debito (classico esempio ciò che sta accadendo in UK) non è che “annullano” il debito emesso, semplicemente lo spostano dal groppone dell’amministrazione centrale su quello della banca centrale. E stampare moneta per diminurne il peso ha senso (forse) su un orizzone temporale limitato, alla lunga diventa insostenibile (visto che parliamo dell’UK, paese che amo e nel quale divido il mio tempo con l’Italia tanto per dire che vi ho un interesse reale, la massa totale del debito prima o poi verrà “fuori”, così come il debito italiano è ingestibile allo stesso modo l’UK dovrà prima o poi far fronte a una crisi di debito pubblico colossale).
Nel secondo caso, invece, c’è una riduzione del debito, riduzione che per quanto riguarda i tagli alla spesa pubblica sicuramente può avere effetti recessivi sul breve periodo ma che perlomeno presenta elementi di sostenibilità nel tempo.
Quale delle due ipotesi serva a far migliorare il rating credo che sia impossibile da dire, da un lato perchè il rating segue i flussi macroenomici e non li prevede, dall’altro perchè vi sono una serie di variabili non indifferenti che possono influenzare i mercati.
Oltre a ciò già ho spiegato le mie idiosincrasie al concetto stesso di rating e le esperienze personali con tali agenzie (vabbè parliamo di corporate e non di sovereign ma temo che certi metodi non cambino…).
Personalmente credo che il problema non sia “accontentare” le agenzie di rating, non le accontenteremo mai, ma rendere il debito gestibile o perlomeno sotto controllo. Il rating è uno strumento che a me pare francamente ridicolo e che ritengo abbia i giorni contati (perchè per la maggior parte dei titoli circolanti si è dimostrato assolutamente inutile, non per altro).
Quindi, per riassumere, a mio modestissimo modo di vedere la priorità è ridurre il debtio e ridurre il perimetro di azione dello Stato (in tutto il mondo occidentale, Hong Kong insegna!), mettendo però in atto una serie di misure tecniche che aiutino a superare la fase di stress acuta che stiamo attraversando (ad esempio, ostinarsi con l’EFSF e il problema della subordinazione è da folli malati di mente incompetenti, ridare senso ai prodotti assucrativi veri a difesa di investimenti long – quindi ben vengano i CDO che non siano naked, possibilità per le banche di rifinanziarsi direttamente dall’ESM, ecc). sul medio-lungo temine, poi, e qui mi dichiaro apertamente, credo che l’Euro non sia sostenibile, per me è una grande sconfitta ma l’integrazione europa non c’è stata e dobbiamo prendere atto del fatto che i popoli d’Europa per la stragrande maggioranza non la vogliono, quindi concentriamoci su ciò che c’è – l’UE – e rimandiamo tra qualche decennio i sogni di una moneta comune, per ora abbiamo 16 paesi che hanno adottato la valuta nazionale del 17o paese… è una situazione insostenibile
@Mandingo
Sono d’accordo con lei su tutto: già a settembre (e lì il problema era ancora solo la Grecia) proponevo un fondo con dotazione minima ma licenza bancaria illimitata per finanziare la Grecia con un modello bastone-carota, dove i fondi venivano elargiti a fronte di riforme molto più sensate di quelle effettivamente richieste dalla troika, ma in cambio di fondi diretti a sostegno della popolazione (ospedali, sussidi di disoccupazione) direttamente elargiti dal fondo.
Il risultato sarebbe stato un rafforzamento dello spirito europeo che dai cittadini greci (l’Europa ci ha salvato il culo) si sarebbe allargata a tutti gli altri Paesi, inclusa Germania che avrebbe speso poco o niente.
A quel punto ragionare sulla cessione di sovranità avrebbe avuto un gran senso.
Si è preferita la shock therapy, con il grande risultato che nella situazione della Grecia di due anni fa adesso c’è mezza europa, che la Germania stessa è in pericolo e che quindi anche quelli che all’inizio erano più europeisti, come il sottoscritto, adesso implorano una exit strategy più veloce e serena possibile perché mi sono rotto i coglioni, scusate il francese, di dover sperare in una mossa della corte di Karlsrhue perché i miei clienti ricomincino a pagarmi regolarmente e magari darmi anche un po’ più lavoro.
Perché poi quando si parla di recessione e credit crunch ci si dimentica sempre che nella pratica dei fatti questo significa: meno lavoro e meno soldi per tutti a parità, quando va bene, di prezzi.
Alla faccia della decrescita felice che ancora non si è capito cosa abbia di felice.
Condivido quasi completamente con una sola eccezione.
“le agenzie commettono degli errori, e dunque sono inaffidabili. … i giudizi attribuiti dalle agenzie non sono meccanici e/o automatici ma richiedono anche le opinioni soggettive degli analisti, i quali, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori.”
Attenzione! Queste frasi, se mal interpretate, possono far credere che i giudizi (e comunque le operazioni) meccanici e/o automatici, cioè forniti dai computer, possano essere infallibili. Non è assolutamente così, in ogni campo: dalla meteorologia, alla medicina, all’economia, eccetera. I computer elaborano solamente i dati forniti con i software di cui sono dotati e sia gli uni che gli altri sono opera umana, quindi possono essere errati. Ne consegue che risultati forniti dagli elaboratori possono essere totalmente sbagliati, anche se ammantati dall’aura di modernità e infallibilità dell’elettronica. Non può esistere un giudizio completamente meccanico/automatico.
A mio avviso questa errata valutazione dell’affidabilità dei computer è una delle cause dell’attuale difficile situazione economica e di errori in tutti i campi in cui si esagera con un uso fideistico dei computer, per quanto moderni, veloci e potenti essi siano.
Ma si può sapere cosa cavolo lei dice? Ma ha per caso preso troppo sole? Le agenzie sono in conflitto di interesse grave, intrinsecamente.
E perchè mai egregio? Anzi ne farei più di una, molte, ma senza gli stessi conflitti di interesse di quelle USA! La Cina l’ ha fatta e si trova bene!
Sarebbe invece molto meglio, e lei non lo dice, per conflitto di interesse? per reticenza? perchè non ci arriva? perchè studia poco? In ogni caso è cosa grave per uno che scrive qui:
1)le agenzie di rating vanno pagate dagli investitori e non da chi emette titoli, soprattutto derivati; per legge;
2)le agenzie di rating debbono tornare a essere società private e prive del potere di dare valore di non debbono avere più alcun peso sulla regolamentazione dei mercati.
Si legga Donato Masciandaro!
Mai posto la questione. Le agenzie di rating sono emanazione del mondo finanziario. Se si vuole far parte di quel mondo, cosa non obbligatoria, bisogna garbare alle agenzie di rating. Mi sembra tutto auspicabile, ancor prima che corretto.
L’aumento di agenzie di rating non e’ possibile. Bisognerebbe ammettere che non sono affidabili, indimostrabile scientificamente, oppure che per motivi tutti da spiegare si ha bisogno di un rating piu’ alto di quello di cui si gode.
Per il resto, poiche’ il re si e’ spogliato nel 2008, e’ ovvio che le agenzie di rating non siano super partes e coprono quello che viene chiesto loro di coprire.
Per cambiare queste regole del gioco occorre essere piu’ forti degli sponsor di queste agenzie. Anche questo e’ impossibile.
Amen.
… e li chiamate errori? la bolla speculativa delle banche americane poi fallite erano a conoscenza delle agenzie di rating, nonostante ciò sono stati segnalati dalle stesse come investimenti affidabili dei mucchi di spazzatura…
io li chiamerei malafede.
Il mondo finanziario? Quale? Quello di chi fabbrica spazzatura o quello di chi deve difendere i soldi che mette sul piatto? Nulla è impossibile e sarà impossibile dopo la tempesta perfetta. @Gianfranco
http://www.linkiesta.it/agenzie-rating-opinioni
Le regole stringenti del mondo finanziario americano non sono paragonabili alle nostre.
Nei fondi confluiscono tipologie diverse di investimento e non tutte hanno come obiettivo ultimo la speculazione finanziaria.
Ne consegue che, poiche’ il futuro di milioni di persone dipende da questi fondi (futuro non inteso come la barca ad Antigua), le regole devono essere chiare e stringenti. La destinazione dei fondi deve essere necessariamente sicura o con un richio calcolato (a volte male, chiaramente).
Non e’ chi investe (le cui agenzie di rating sono emanazione) ad essere in discussione: e’ la destinazione.
Nella mia opinione, invece che lamentarci perche’ ci vedono per come siamo, e talasciando il facile nichilismo, dovremmo fare quello che possiamo, ed e’ tanto, affinche’ cominciamo ad essere giudicati con fiducia.
Vogliamo i loro soldi? Dobbiamo giocare con le loro regole.
Saluti.
Senta Gianfranco, io la stimo ed apprezzo la sua passione e pacatezza, ma bando alle ciaccole, possiamo porre questioni di principio fino all’ anno prossimo senza uscirne fuori; lei mi deve spiegare se onestamentelei ritiene che i rating di Francia ed Italia, per esempio, siano differenzialmente corretti e perchè! Poi le darò la mia posizione. @Gianfranco
Gentile Sig.Alberto, io non sono affatto pacato. Sono furente come un mongolo dell’orda che conquisto’ Baghdad (e non lascio’ vivo nemmeno un passero). Il grande fondamentale ed irrisolvibile problema che abbiamo e’ questo: per 70 anni noi abbiamo voluto crearci un’isola economica virtuale in cui tutti gli scambi avvenivano a prezzo politico. Esempio su tutti la Fiat, a partire dall’indotto per arrivare a chi la comprava, una macchina simile. Non a caso, passata una generazione o due, tutte le maggiori ditte hanno chiuso o hanno venduto. Dall’altra parte dell’oceano vivevano i loro problemi e le loro crisi monetarie. Noi, imperterriti, abbiamo vissuto nel mondo delle fate economiche. Ora, diventuta insostenibile la posizione della lira, abbiamo tentato il colpo: quello di affibbiare il nostro debito pubblico del 120 e passa percento all’Europa. Abbiamo capito poco e male. Ci siamo raccontati la fiaba e ci abbiamo voluto credere. Ora ci stanno presentando il conto e non vogliamo svegliarci. Ci tiriamo sulla testa le coperte per non dover ammettere che abbiamo fallito, che siamo falliti e che siamo dei falliti. Guardare la Francia, o l’Algeria, poco cambia. La Francia e’ sistematicamente, anzi sistemicamente molto piu’ forte di noi in tutti i fondamentali dell’economia reale. Energia, trasporti, manifattura, materie prime. Hanno marcato malissimo sulla questione dei titoli avvelenati, eccome, ma per loro rimane una scelta: assorbire il colpo e proseguire. Noi? Noi siamo stati deprivati dei fondamentali. No strade, no nucleare, no ferrovie, no sviluppo del sud, supertassazione, svendite del pubblico ai privati. E via, finche’ diventiamo vecchi. Ora, vogliamo prendercela con le agenzie di rating? Ma facciamolo pure. Vogliamo prendercela con Zia Merkel? Evviva! Rimane il fatto che in Europa stanno crollando tutte le nazioni che non hanno tenuto il passo con lo sviluppo dell’economia reale (italia, portogallo, grecia, spagna, irlanda) e che si sono indebitate per mantere il livello di welfare delle altre. Chiudo: la Francia? E’ messa peggio di noi. Ma per loro e’ un flesso. Per noi e’ una parabola discendente in ogni caso. Mi scuso se sono sembrato cosi’ gentile, pacato, remissivo e fatalista (che da un po’ sui nervi, se ci pensiamo bene). Se dobbiamo entrare sul personale, direi che rifiuto le favole per principio. Dobbiamo muovere tutto cio’ che abbiamo in quella che e’ diventata una guerra spietata. Il tutto, ovviamente, con un sorriso. Anche i mongoli ridevano, di quando in quando. Distinti saluti.
Finalmente questa mattina le famigerate agenzie di rating hanno avuto un coro di elogi : è bastato che Moody’s cambiasse l’outlook da positivo a negativo per la bieca Germania che i critici feroci delle agenzie cambiassero opinione . Vedete che il problema non è l’agenzia in se , ma cosa dice . Se si decidessero a cambiare idea , dicendo che con il nostro caro leader l’Italia ha qualche problemino adesso per colpa dei biechi speculatori , ma sotto la sua luminosa guida è destinata a un radioso futuro , che subito i famosi giornali ” indipendenti ” e con la ” schiena dritta ” e le tv di stato , la 7 , Sky e co. farebbero un coro di elogi alle suddette agenzie .
Beh è dal mio punto di vista quasi tutto corretto nella prima parte, meno che dal punto che la lira era insostenibile quando entrammo nell’ euro, mi meraviglia il fatto che lei non sappia che in quel momento il debito era al 108% e solo un anno dopo eravamo al 105%, per trascinamento della condizione pre euro, da quel momento, come lei vedrà la situazione è peggiorata. E anche sufficientemente pacato, abbastanza pacato, ma c’ è sicuramente una visione un po’ unilaterale dei problemi italici, un po’ diciamo all’ ingrosso, perchè i dati vanno analizzati tutti; a proposito di energia per esempio, se è vero che sono messi meglio di noi, e qui lei sfonda una porta aperta, io sono nuclearista convinto, è anche vero la nostra efficienza energetica per unità di prodotto è il doppio della loro, per questo anche se paghiamo il doppio l’ energia, teniamo su questo tema. Non so cosa lei intenda per manifattura, ma noi siamo al terzo posto, ancora o forse al quarto, come produzione industriale pro capite. Non credo che per loro l’ attuale situazione sia un flesso, perchè il flesso è una condizione temporanea e la risalita, non è detto che ci sia; una cosa è certa, per noi c’ è stata una curva crescente fino all’ ingresso dell’ euro, per tutto ciò che riguarda la crescita, mentre dal momento dell’ ingreso è iniziato il declino, quindi c’ è stata una cuspide.
Sono altrettanto convinto, che uscendo dall’ euro, la Francia, come si vede da questo lavoro teorico ma fino ad un certo punto, si troverebbe peggio di noi, molto peggio, ma anch’ io ero arrivato a quelle conclusioni, e se ci pensa ci arriva anche lei, e per questo insisto e ciò credo potrebbe trovarci d’ accordo. La pacatezza è diminuita nell’ ultimo intervento, ma restando sempre nell’ ambito di regole civili di confronto. @Gianfranco
@Claudio Di Croce
Notare bene che la reazione di Shaeuble è uguale IDENTICA a quella di Berlusconi un anno e mezzo fa:«La Germania», afferma Schaeuble in una nota, «farà tutto ciò che potrà, assieme ai suoi partner, per consentire il superamento della crisi del debito europeo il più rapidamente possibile». «La Germania si trova in una situazione economica e finanziaria solida» ha poi ribadito il ministero: «La capitalizzazione del settore bancario – ha aggiunto – è sensibilmente migliorata e le prospettive di crescita dell’economia tedesca sono solide».
Il mio prozio, che ha 85 anni, mi ripete sempre: non ci sono politici in gamba e onesti. Se fossero stati in gamba e onesti sarebbero andati a lavorare.
Non ci sono, nemmeno in Germania.
@Gianfranco
Guardi, io non ero euroscettico quando è stato introdotto, ma ammetto di avere sbagliato: l’Euro è stato un enorme errore.
Io speravo che sarebbe stato il viatico di un’unione politica, speravo che avrei potuto votare politici stranieri per amministrare l’Italia. Non è stato così. Non sarà MAI così, semplicemente perché l’Euro è stato imposto alla Germania e il popolo tedesco, giustamente o a torto, difficile da dire, non l’ha mai voluto.
C’è però un fatto inequivocabile: ad inizio anni ’90, per qualche mese, l’Italia superò la Francia diventando la quarta economia del mondo. QUARTA, dietro Giappone, USA e Germania.
Da lì in poi è stato un inesorabile declino, manco tanto lento, soprattutto a partire dal ’92.
Cosa è successo? Mani pulite? La morte di Falcone e Borsellino?
Oppure… il trattato di Maastricht?
@Claudio Di Croce
Qualora non lo avesse già letto, ecco il link al comunicato di Moody’s : http://www.moodys.com/research/Moodys-changes-the-outlook-to-negative-on-Germany-Netherlands-Luxembourg–PR_251214
Leggendo il comunicato trovo solo molta oggettività e nessuna volontà negativa o punitiva.
Purtroppo c’è un coro di speculatori dell’informazione che distorcono i giudizi (moderati) delle agenzie di rating per distogliere l’attenzione della gente dalla realtà economica, finanziaria e fiscale dell’Europa, sperando che i cittadini non si informino e non parlino fra di loro.
La grande paura che ho e’ quella di trovarmi a fare discorsi qualunquisti e minimalisti.
Tuttavia, voglio sperare, tutti noi ci rendiamo conto che l’Italia non funziona come squadra.
Certo, se andiamo a vedere alcune particolarita’ rispetto ad altre nazioni, come l’indebitamento privato, l’uso migliore dell’energia, sicuramente certe fasce di prodotto e settori economici, siamo superiori a qualcuno. In quel settore, meglio di qualcun altro piazzato sopra di noi. Ma e’ troppo facile.
Che senso ha usare meglio l’energia, se paghiamo tra le bollette piu’ care del mondo? E avere un basso debito privato, solo perche’ le banche hanno stretto i cordoni? Ed esportare moda che ha un indotto ridicolo, in termini assoluti? Non e’ da li’ che si parte.
Si parte dall’Italia nella sua globalita’, che ha un sistema politico che riflette esattamente il carattere degli italiani: la paura di cambiare sistema per la paura di “stare peggio”.
Monti, di questa italianita’, e’ il culmine. Il professore del conservatorismo. Chi si aspettava un fulmine di guerra, s’e’ trovato presto deluso. Tasse. Saremmo stati capaci anche noi. Un tecnico dell’italianismo. Fargliene una colpa? Non scherziamo. Davvero.
Noi non siamo mai stati la quarta potenza industriale del mondo. Quei numeri erano falsi. Siamo stati forse i quarti terzisti del mondo. Sono piuttosto propenso a credere che cio’ che ha fatto cadere il castello di carte sia successo a Berlino, nel 1989. Caduto il muro noi abbiamo perso qualunque strategicita’ nello scacchiere tra USA e URSS. Altro paese che ne ha fatte le spese e’ stata la ex Yugoslavia, in modo molto piu’ drammatico. Cosi’, invece che trovare altre vie di sussistenza crescendo economicamente, la nostra classe politica ha scelto l’altra via: quella della sorpavvivenza di se stessa.
E mentre la Germania Ovest comprava la Germania Est, che confronto al nostro Mezzogiorno era messa come Hiroshima, ed ha cominciato a pedalare, noi ci siamo seduti. L’Irlanda abbatteva le imposte. In Portogallo partivano le opere pubbliche finanziate dall’Europa. Questo e’ successo.
Mani pulite nel 92, crisi del 94, 2001 (le torri non c’entrano, c’entra la migrazione in Cina di una manifattura a 50centesimi di dollaro all’ora)… e cosi’ via, in calando.
La risposta che do e’ una sola: tutto attorno al noi, il mondo girava, l’asse commerciale ed industriale si e’ spostato e noi abbiamo scelto di ignorarlo. La sveglia e’ suonata e noi non vogliamo svegliarci. Non la destra, la sinistra, i liberali, i comunisti o i berlusconiani. Noi italiani. Ma ho fiducia. Siamo veramente brillanti, quando ci mettiamo. E’ che non abbiamo ancora abbastanza fame.
Cordialmente.
Ma queste cose le sappiamo tutti mio caro Gianfranco, certo, le nostre debolezze strutturali, sono quelle che in 10 anni di euro hanno consentito alla Germania di allungare ed a noi di restare al palo, lo diciamo, io Tizzi, Mandingo & C. Cosa pretende che l’ Italia diventi come la Germania? E diventi come la Germania in questo recinto? Mi dica pensa questo? Dato che lei ha molto buonsenso, io credo che le sia chiaro sia che dovremo diventare più virtuosi, per prima cosa liberalizzando radicalmente il paese e comunque non potremo farlo più restando in Europa, non abbiamo più tempo, perchè non possiamo riuscirci prima di scoppiare avendo prevalso l’ egoismo fine a se stesso, da parte di tutti, e l’ europa come vede si sfascerà di sicuro; l’ unica opzione che ci resta,oggi è se uscire in modo ordinato o meno, come diceva quello studio.@Gianfranco
Queste sono le motivazioni di MOODY’S prima e dopo Monti, per i due tagli di rating che ci riguardano. Prescindendo dalle pesanti ingerenze politiche del secondo giudizio, mi limito a far rilevare le contraddizioni, ed il banale livello tecnico dei giudizi. Queste OPINIONI, orientano gli investitori!
Signor Alberto, grazie per la sua franchezza.
Ho letto quanto ha scritto ed ho visto il video.
Mi chiedo una cosa: che differenza c’e’ tra l’Italia nell’euro e l’Italia fuori dall’euro?
Mi rispondo subito: nessuna.
Le misure necessarie per salvarci, e che non colpirebbero la maggior parte della popolazione ma solo un’esigua minoranza, e sappiamo benissimo di chi parliamo, rimarrebbero esattamente le stesse.
Rimanendo esattamente le stesse e’ molto piu’ logico, nella mia opinione, attuarle mentre siamo ancora abbastanza credibili di rimanere nel recinto.
Non attuarle, sia dentro che fuori, non cambierebbe assolutamente nulla.
L’unica differenza sarebbe che la lira sarebbe carta straccia, lo spread salirebbe a livelli stratosferici e pagheremmo queste riforme ancora di piu’. Con il rischio che, non attuandole, ancora di piu’ si dovrebbero colpire le fasce deboli ed innocenti, a scapito delle minoranze forti e colpevoli.
Uscire dall’euro non e’ un’opzione. Non cambierebbe niente sui rimedi e non farebbe che peggiorare le cose. Intanto il debito salirebbe a cifre ancora piu’ spaventose.
Lei la supertassazione per entrare nell’euro forse non se la ricorda. Immagini di arrivare a 250% di deficit e poi dover rientrare nell’euro….
Cordialmente.
@Marco Tizzi
Non ho capito il suo riferimento a SB , io parlavo dei commenti a quanto detto da Moody’s sulla Germania . I politici sono come gli elettori che li esprimono , non credo affatto che la cosidetta ” società civile ” italiana sia nella media migliore della classe politica che abbiamo. Ci sono tantissimi ladri, imbroglioni , incapaci, inetti, approfittatori, mafiosi , criminali e cosi via nella società civile e se tanto odio e disprezzo è arrivato improvvisamente contro la politica , mi creda , è solo perchè la politica non può più dispensare soldi e favori ma li chiede indietro . I politici degli anni sessanta/settanta / ottanta non erano affatto migliori degli attuali , solo che dispensavano soldi, soldi , posti di paga , affari e così via e allora la famosa società civile li accettava e come. li adulava e li corteggiava , giormalisti in testa. Lo ricordi a suo prozio .
@Claudio Di Croce
Be’, su questo non siamo d’accordo. Io penso che la stragrande maggioranza della gente in Italia sia infinitamente meglio dei suoi politici.
Penso sia il paese con la differenza più alta.
Ma sono opinioni, per carità, non ci sarà mai la controprova.
Il paragone tra le dichiarazioni di SB e quelle di Schoeuble lo riporto solo per far capire che anche i politici tedeschi, come SB ai suoi tempi, non hanno capito assolutamente nulla di questa crisi.
Sono convinti di essere “un porto sicuro”, al riparo da qualsiasi problema e che la loro unica preoccupazione sia se far la carità agli straccioni del mediterraneo oppure no.
E’ un’illusione, una mera illusione: sono nella stessa barca di tutti e faranno la stessa fine di tutti gli altri, è solo una questione di tempo.
Certo, il botto spagnolo potrebbe essere talmente forte che non ci sarà nemmeno il tempo di rendersene conto, ma non hanno capito assolutamente nulla, glielo garantisco.
Ne è una prova la selva di dichiarazioni di oggi sulla Grecia: la Grecia non è più un problema da mo (tranne che per i greci, ovviamente) il problema è da tempo tutto quanto l’Euro.
Infatti le notizie sono solo sui giornali tedeschi, nel resto del mondo non se ne parla più.
Grazie della risposta, ma purtroppo, vista la distanza radicalmente incolmabile fra le nostre posizioni, non posso che risponderle che “The time will tell us all”. @Gianfranco
Purtroppo si’, caro Alberto. Purtroppo si’.
Cordialmente, buona continuazione.
Gianfranco.
Altrettanto a lei!@Gianfranco