Impresa privata e Sistema pubblico. Quando il cavallo non deve più trainare il carro — di Massimo Brambilla
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Massimo Brambilla.
L’Italia è sempre stata un Paese complesso da raccontare. Le sue mille contraddizioni, la presenza di tradizioni culturali diverse e poliformi la rendono difficilmente descrivibile a chi la osserva dal’esterno. Nel nostro paese convivono da sempre una profonda etica del lavoro quasi calvinista con una visione dello Stato borbonica, clientelare ed assistenzialista.
Queste contraddizioni, invece di appianarsi nel corso della storia dello Stato Italiano, sono progressivamente aumentate. Mentre lo sviluppo economico Italiano del secondo dopoguerra era in gran parte ascrivibile alla libera iniziativa imprenditoriale privata, alimentata da un innato impulso imprenditoriale che ha sempre pervaso significative componenti della società italiana, all’interno dell’Amministrazione dello Stato e di molte parti della sua classe dirigente si è andata ad alimentare una diffidenza, se non un’aperta ostilità, nei confronti dell’impresa privata di minori dimensioni.
Si ha come l’impressione che lo Stato, la Pubblica Amministrazione e le rappresentanze sindacali interagiscano con il piccolo e medio imprenditore non come con qualcuno che investe risorse personali (sia finanziarie che professionali) per la realizzazione di un progetto che, se realizzato, andrà a creare occupazione e ricchezza per tutti ma come con un losco individuo che tradisce il Sistema rinunciando allo status di lavoratore dipendente e di conseguenza di soggetto i cui redditi sono tassati alla fonte e di potenziale iscritto alle rappresentanze sindacali.
Non solo l’assurdo sistema tributario ma l’insostenibile carico che la burocrazia pone sulle spalle dell’imprenditoria privata sono gli strumenti con cui le Istituzioni hanno concretizzato questo sentimento di ostilità nei confronti dei principali (se non unici) motori della crescita economica del nostro Paese. Gli adempimenti che Stato ed Enti Locali mettono a carico delle nuove imprese sembrano gli strumenti per dissuadere il sogno imprenditoriale individuale e riportare il fuggitivo nei ranghi del lavoro dipendente e del sindacato e le onerose formalità burocratiche che periodicamente assillano le imprese la punizione per chi, nonostante tutto, non si è fatto dissuadere.
Mentre in altri contesti il sistema formativo (si pensi ai programmi di incentivazione della nuova imprenditoria proposti dalle principali università internazionali – come per esempio il Wharton Entrepreneurial Program negli USA – o al programma Fraunhofer che in Germania dal 1949 crea un ponte tra Università ed Impresa), i meccanismi di incentivo all’investimento in nuove imprese, le agevolazioni fiscali e le semplificazioni normative sono volte a stimolare ed incentivare l’imprenditoria e l’innovazione, le Istituzioni nel nostro paese osteggiano con crescente determinazione l’imprenditoria privata di medio/piccole dimensioni.
Se da un lato la grande impresa, spesso sussidiata a spese del contribuente al fine di mantenerla in vita anche quando il mercato ne ha ormai decretato l’incapacità di competere, è stata vista come organica al Sistema in quanto produttrice di ritenute alla fonte per redditi da lavoro dipendente e di tessere sindacali con cui alimentare gli assurdi rivoli dei meccanismi di concertazione collettiva, che non servono ad altro che a giustificare status e redditi di leve di dirigenti sindacali, la piccola e media impresa è stata con chirurgica spietatezza ostacolata e posta ai margini del Sistema stesso.
Ciononostante, anche se sempre meno, la vena imprenditoriale continua ad essere presente nel nostro Paese. Ma forse è giunto il tempo che l’impresa privata cessi di essere unicamente il cavallo che porta il pesante carico di un sistema inefficiente, ma venga posta al centro del progetto per il futuro del nostro Paese. Forse è tempo che il carro inizi a trainare il cavallo.
Magari cambiare carro?
Ha dimenticato di citare l’ispiratore del Suo titolo:
“Alcune persone vedono un’impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com’è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante.”
Winston Churchill
Da anni sono a capo di una piccola azienda (35 dipendenti) che progetta e produce elettronica per automazioni domestiche nelle Marche (Regione vocata alla micro-impresa). Una piccola eccellenza. E mi scontro quotidianamente con questo stato di cose.
Per noi piccoli imprenditori non c’è mai una agevolazione, mai un sospiro di sollievo.
Tutte le mattine ci mettiamo l’elmetto e scendiamo in trincea, con i costi che aumentano e i margini che diminuiscono.
Nei 14 mesi dall’ottobre 2008 al dicembre 2009, abbiamo perso il 30% del nostro fatturato: ma anche grazie alla Cig (ordinaria) che ci siamo pagati profumatamente in questi anni, siamo rimasti a galla, non abbiamo licenziato nessuno e abbiamo continuato ad investire. A distanza di poco meno di 48 mesi dall’inizio della crisi possiamo dire che il peggio è passato. Abbiamo ricominciato a crescere ed ad assumere…
Ma chi ha finanziato tutto ciò ? Io, cioè l’Imprenditore. E le Istituzioni ? Il Credito ? Nessun aiuto, nessuna agevolazione. Nulla. Anzi: fosse stato possibile ci avrebbero affossato…Ma non ci sono riusciti!
E allora tante volte mi chiedo se continui a valere la pena alzarsi tutte le mattine e mettersi l’elmetto…mentre aziende più grandi di noi sfruttano finanziamenti di Stato e fanno impresa con i nostri soldi…
Poi vengo in azienda, vedo il sorriso dei dipendenti che si rendono conto di essere fortunati ad avere il lavoro e 13 mensilità (che non sono mai mancate neanche nei momenti bui…) e mi dico forse sì…ancora ne vale la pena…non so per quanto, ma ne vale la pena.
Ragionamento giusto e sacrosanto. Ma l’imprenditoria del dopoguerra non era tutto rose a fiori anzi, in molti casi era da seconda rivoluzione industriale. Inoltre quanti sono gli imprenditori che sarebbero disposti a non ricevere aiuti dallo Stato oggi visto il trattamento ricevuto dal dopoguerra con sovvenzioni pubbliche( fiat? ). Grande parte del debito pubblico è finito in aiuti che sono finiti in paradisi fiscali. Basta vedere Sviluppo Italia e schifezze simili precedenti… Inoltre l’ammontare degli stock attuali sono irrecuperabili. Sono stati lasciati maturare troppi problemi per troppi decenni. La manovra correttiva per sistemare l’economia reale in modo da renderla un minimo stabile è irrealizzabile a meno che non si decida di smuovere centinaia di miliardi di euro di colpo. E non certo stampandoli e prendendoli dalla BCE. Infine è incredibile come molti cittadini del nord si siano stupiti della mancata riforma dell’economia italiana da parte del pdl, possibile non rendersi conto che hanno appoggiato uno dei partiti più meridionali per provenienza dei rappresentanti parlamentare? Forse sono piaciuti di più temi come evasione, corruzione e associazione con organizzazioni criminali (vedasi Lombardia, Piemonte, Veneto ed ora l’Italia centrale)…. Quest paese prima dichiara default meglio sarà, è irrecuperabile.
@Fra
Siamo in molti che forse in maniera sconsiderata più che sperare un azzeramento di tutto confidano in un annientamento di molti
@giuseppe 1
bellissima, te la rubo
@Matteo
La salita (globalizzazione e crisi finanziaria e del debito pubblico) è diventata più ripida ed il povero cavallo non ce la fa più, neppure rischiando l’infarto.
Ci sono due modi di cambiare carro.
Il primo è quello di cambiare Paese. Lo possono fare solo pochi imprenditori, quelli che hanno prodotti di punta e produzioni che non richiedono anni per essere spostate, oppure i giovano che possono tentare l’emigrazione. Peccato che il mondo non vada poi così bene, sennò sarebbero già fuggiti in tanti.
Il secondo è tentare di cambiare il nostro Paese. Non è facile perché ci scontra con intere classi di piccoli e grandi parassiti, ma se non cambia il carro fatto di pietra e con le ruote grippate il destino del cavallo è segnato. Intanto gli altri cavalli guadagnano terreno perché i loro carri sono meno pesanti.
Morale: se siamo fra gli sfigati che non possono emigrare, dobbiamo iniziare a promuovere il cambiamento anche “sporcandoci le mani” con la politica.
C’è qualcosa come la S.R.L. a 1 euro per i giovani e altre cavolate del genere che vogliono propagandare un atteggiamento più benevolo nei confronti dei giovani fuori dai ranghi. Ma è un presa in giro.
Le regole andrebbero decimate in modo sistematico: una resta, 10 spariscono. E una volta terminato lo sterminio andrebbero decimate ancora, e poi ancora una volta. In modo che da qualche centinaio di migliaia, ne resti in piedi solo qualche centinaio.
I criteri di selezione dovrebbero essere i sani principi che “tra adulti consenzienti lo Stato non deve mettere il becco”, e che “se non c’è vittima non c’è reato”; o detto in termini più popolari: “vivi e lascia vivere!”.
Ovviamente per fare una operazione del genere ci vuole gente veramente in gamba, convinta e competente… e poi vorrei proprio vedere se gli investimenti in Italia non ripartono. Questo sì che sarebbe un modo per far arrivare e far tornare i capitali dai paradisi fiscali, e per disintegrare lo spread con la Germania.
@francesco: per cambiare il carro intendevo disfarsi di questa italietta. Sono Veneto e mi associo a quanto esternato da Antonio Costato. Solo liberandoci di questo fardello potremo riprendere a camminare. Ma io parlo per il mio territorio, ovviamente.
@lidia58
Sì. Una frase molto significativa, anche per un modesto Liberaldemocratico come me. Churchill del resto nasce come Liberale e solo successivamente aderisce ai Conservatori. Probabilmente per opportunità politica. Quando si è trattato di scegliere fra Libertà ed altro (non voglio dire economia) non ha avuto dubbi. Lui e De Gaulle sono stati gli eroi della strenua e spesso incerta lotta contro Hitler. Penso che con Pinochet avrebbe fatto la stessa cosa.
Per i Chicago Boys avrebbe proposto l’interdizione. Molto bello questo Blog. Ma il nome fa proprio ridere.
Una visione un po’ mitologica, la complessità ci dice che per mantenersi il Cayenne il piccolo non si fonderà mai, raramente entrerà in un consorzio per gli acquisti, anzi non vuole acquistare da chi fornisce il suo concorrente, non vuole lo stesso studio pubblicitario, e non vuole avere un controller ma il fidato ragiunatt (magari ci sono pc e tablet per moglie e figli nei cesspiti). Infine il compagno/i fidato/i dell’esordio contan più di qualsiasi consulente ma per paura gli fottono tutti i capireparto, che faranno loro fino alla morte (magari in nero). Un mio caro amico faceva la chemio durante la pausa pranzo a 100Km dall’ufficio in un’azienda IRI per converso e difendeva il margine molyo meglio dell’AD designato dalla politica. In questo concordo vendiamo tutto non per gli uomini dirigenti e non ma per i polifici operai e AD impreparati che distruggono tutto come le termiti.
Bella la metagora del cavallo che tira il carro. Manca però un pezzo.
Il cavallo italiano è fin troppo forte e sul carro è salita talmente tanta gente che in democrazia la vince perchè sono la maggioranza.
Non solo: chi se la spassa sul carro sfotte, deride, odia e maltratta continuamente il cavallo dicendogli pure ad ogni passo che deve farsi autorizzare in carta bollata dove appoggiare lo zoccolo e lo frustano a sangue se per caso tira un po’ meno di quanto “normale”, anche se inciampa o è ammalato.
Un altro cavallo si sarebbe imbizzarito ed avrebbe già rovesciato il carro da un bel pezzo. Purtroppo il cavallo è italiano e per quieto vivere evita di scalciare troppo (questa è anche la base del successo della mafia).
Fino a quando durerà? Deve proprio morire il cavallo perchè il carro con tutta la compagnia cantante precipiti a valle?
Non so voi ma me prudono gli zoccoli da un pezzo.
@Antonio
Ha fatto tutto Lei? Tutto da solo? Con capitali suoi? Vabbe’, e allora? L’impresa di chi è? il maggior valore a chi va? L’utile chi lo prende? E poi, scusi, ma l’intervento di qualcuno, eventuali aiuti e agevolazioni, non sarebbero stati una distorsione del funzionamento del libero mercato? Ha assaggiato il liberismo. Se lo goda. Un consiglio: si legga la prima parte dell’intervento ddi Marco.
@lionello
Quando Antonio si deciderà ad andare all’estero saranno 35 buste paga dirette in meno e almeno altri 35 statali alla fame.
In ogni azienda c’è un socio di maggioranza che partecipa solo all’utile, anzi lo pretende anche quando non c’è, ma non partecipa ai rischi. Ciò a cui allude Antonio non è la speranza di incentivi ma di meno inutili rotture di …biiip.
Anche il sottoscritto poteva crearsi un’impresa ma già 25 anni fa avevo capito che sarebbe stato solo un calvario perchè buttava male: i semi del disatro attuale vengono da lontano. Ho preferito quindi rimanere da solo ma ho comunque un enorme pidocchio che si prende molto più della metà di quello che produco. E se ha fame, si aumenta il conto a piacimento e se non vuoi pagare (anche se i tuoi clienti non ti hanno pagato) ti manda il suo braccio legalmente violento a riscuotere.
Continuate pure a sputare nel piatto in cui mangiate ed a prendere in giro il cavallo.
Il carro ora è fermo. Vedrete che gioia quando il carro invece di salire comincerà a correre indietro verso il baratro.
Non ci illudiamo che scendiate ed aiutate a spingere il carro. Piantatela almeno di afre gli sgambetti al cavallo.
La sua considerazione fa emergere molto bene un altro problema molto italiano: l’invidia sociale che avvelena tutto.
@lionello ruggieri
Lei probabilmente è uno di quelli che “se la spassa sul carro”, e non ha capito proprio un bel niente. Qui non si tratta di rivendicare agevolazioni e aiuti, ma si pretende piuttosto che il mostro-Stato si levi dai coglioni. Io, per rimanere nella metafora, staccherei il carro nel bel mezzo di una salita.
Al solito ci piangiamo addosso.
Prendiamo in mano il futuro. Solleviamoci contro il tiranno.
Produttori contro mantenuti!
Allons enfants de la Patrie!! Basta elucubrazioni.
Il principio e’ sacrosanto (l’impresa privata e’ la fonte della ricchezza che deriva dal contributo dei lavoratori e dell’imprenditore), ma e’ indubbio che la realtà e’ più complessa. Soprattutto non parlerei di etica calvinista in Italia. Gli imprenditori italiani sono spesso abili e capaci, ma altrettanto spesso non sono certo campioni d’etica. Chiediamoci come mai negli Usa ci sono Warren Buffett Bill Gates o lo stesso George Soros (al tempo stesso giganti d’impresa e filantropia) e in Italia abbiamo Ligresti e Tanzi. Se e’ verissimo che l’impresa deve diventare il punto di riferimento di un nuovo partito liberale (forza Giannino) e’ altrettanto vero che servono imprenditori più calvinisti: in grado cioè di far convivere il fare impresa con una nuova dimensione etica e morale.
quello che manca sempre in Italia e’ un po’ di equilibrio nelle cose .
Nessuno nega l’importanza di un governo e di regole , come pure la necissita’ di banche e sindacati .
Pero’ qui si e’ andato oltre , il carro e’ormai troppo pesante per essere trainato . Qualcuno sul carro dovrebbe scendere dal carro e dovrebbe aiutare il cavallo prima che stramazzi a terra .La ridistribuzione della ricchezza sta bene , ma questo assistenzialismo mi pare che non porti ad altro che ad avere sempre piu ricchi gerarchi e piu poveri . La classe media che e’ poi il cavallo sta morendo e con essa la democrazia .
mi ripetero’ , pero spero che l’Europa ed i mercati ci inculchino un po’ di buon senso .
@lionello ruggieri
credimi non sai di cosa parli
io ho avuto una piccolissima azienda che progettava elettronica e automazione d’avaguardia, spesso 10 anni avanti al mercato e mi sono comunque dovuto arrendere 10 anni fa. Avevo contatti stretti con una altrettanto piccola (5 dip) ditta Inglese. Lui pagava corrente, telefono, trasporti, servizi la metà, credito bancario sui progetti e non sui titoli di stato depositati, si faceva le buste paga da solo mentre io spendevo 35kl/dip/mese, pagava il commercialista 500kl/anno e io 350/mese più quelle varie fantasie di tasse esistenti.
L’allora ministro Formica decise di fare cassa facendo multe per la mancata presentazione mensile dell’elenco statistico Intrastat che doveva passare da annuale a mensile nel mese in cui superavi un certo importo (metà delle aziende multate secondo statistiche) e l’amico inglese costernato che diceva “ma se è un elenco statistico perchè una multa di 3milioni ?”
Ancorala sua camera di Commercio gli passava le copie delle norme internazionali mentre qui le pagavi 900kl (e cambiano spesso), la 626 è stata applicata da subito per intero solo in Italia e senza aiuti.
Poi però se devi mettere su uno stabilimento ti senti dire: autorizzazione ? “Si vedremo” (18 mesi !), l’ENEL la corrente ? “vedremo tra qualche mese, però se lei si stende il cavo, mette la colonnina ecc poi noi colleghiamo”, l’acqua ? se paghi a parte gli operai del comune che vengano fuori orario te la cavi in due settimane invece che in 6 mesi.
Poi però se uno ti ruba un progetto lo stato ti dice di fare causa, perde tempo finchè quello non muta aspetto e quindi dovresti fare nuova causa e così via.
Se non paga fai causa e dopo 3 anni di quello non c’è più traccia ma tu le spese della causa le devi pagare.
E sono a 8 km da Roma !!
Antonio ha bisogno di un responsabile tecnico ? Dipendente ovvio
Massimo Brambilla , candidati , hai il mio voto !
@lionello ruggieri
Egregio Sig.Lionello,
mi scuso per il ritardo nella mia risposta.
Non ho mai parlato di volere agevolazioni. In questi anni di crisi nessuno si è fatto vedere delle Istituzioni…ma le tasse ce le hanno sempre chieste. Noi, di converso, abbiamo sempre pagato buste paga lorde (in bianco) il doppio…visto che lo Stato, per i suoi baccanali, si prende la metà…dovendo competere con avversari che hanno un costo del lavoro decisamente più basso del nostro.
E noi, per i nostri prodotti, dobbiamo investire, spendere per la R&D, le Omologazioni…insomma un percorso ad ostacoli che ogni giorno è sempre più in salita.
E le posso garantire che di utili, in questi anni, non se ne sono visti. Anzi: il più delle volte l’Azienda è andata avanti con i miei investimenti personali…Non mi aspetto che comprenda, se fa il dipendente…
Ma, come giustamente ha detto qualcuno in questo dibattito, almeno non sputi nel piatto in cui mangia. Perché se lei mangia, si ricordi, c’è qualcuno che paga…e quasi sempre è un imprenditore che rischia del suo…
Detto questo, potrei anche, se volessi, portare la produzione all’estero e tenermi un ristretto gruppo di tecnici progettisti…ma noi, almeno qui nelle Marche, crediamo ancora che investendo sul Territorio e sulla sua capacità di fare Qualità, si possa ancora essere vincenti: attenzione artigiana e qualità industriale…nella concordia e nella prosperità del Territorio. E’ questa la scommessa. Per il momento funziona: e se lo Stato non fosse così goloso…forse si potrebbe fare meglio.
Se la busta paga netta di un mio operaio è € 1.300 e a me ne costa più di € 2.500…i € 1.200 a chi vanno, secondo lei ? Facciamo che di questi € 1.200, € 400 li do al dipendete (che è più contento), € 400 li tengo io e li riinvesto in Azienda e € 400 li do allo Stato per le giuste tasse…Funzionerebbe ?
Il problema è che lo Stato dovrebbe diventare virtuoso e dimagrire…cosa che non credo accadrà mai…
La saluto cordialmente.
@Antonio
e non basta perchè ripeto che c’è anche un secondo carico: i parassiti. Mi spiego meglio perchè tecnicamente questo termine lo uso per indicare tutti quelli che in qualche modo sono a carico del sistema propduttivo in quanto tale.
Se si guardano gli altri paesi si scoprono cose assurde, che in Francia i notai sono pubblici, che i commercialisti sono pari a quelli della sola Lombardia ecc.
Di fatto non basta il costo diretto di un dipendente perchè poi lo Stato e i sindacati, con una complicazione assurda delle cose, costringe a pagare un consulente del lavoro solo per compilare una busta paga. Come se dovessi pagare uno che compili per conto mio il bollettino per pagare l’ENEL !
Sembrano pochi ma sono costi perchè mi sembra che oggi il prezzo corrente sia di circa 35euro/busta/mese più il rendiconto a fine anno.
Lo stesso per il commercialista, per i costi notarili, ecc
In quanti paesi esistono l marche da bollo ? Quanto costa l’energia elettrica per il carico fiscale ?
Confrontandomi con l’amico inglese a suo tempo (gli anni ’90) calcolavo che ogni mese a lui restassero in tasca (aziendale) soldi per mezzo stipendio di una persona. E in più esisteva un meccanismo che permetteva di assumere neolaureati con uno stipendio di ingresso ridotto.
Posso parlare con cognizione perchè tra me e mio padre abbiamo fatto tutte le esperienze: artigiano, commerciante di elettronica, imprenditore, consulente, dipendente sia privato che pubblico.
Ho anche lavorato come ispettore nei finanziamenti pubblici per l’innovazione ma sono del parere che non si debbano dare soldi alle aziende ma servizi.
Lo stato ad esempio non dovrebbe dare soldi per acquistare un edificio industriale ma metterlo a disposizione a costo ridotto alle neo aziende minori, magari con riscatto.
Ma più di tutto così come obbliga (facile) l’azienda alla formazione dei dipendenti alla sicurezza, dovrebbe farsi carico della formazione alle normative tecniche e di sicurezza.
In soldoni oggi ti dice: la legge è quella, e fumosa. DEVI imparare e fare corsi a tue spese (restando pieno di dubbi) perchè poi farò passare un ispettore (con le sue idee personali e senza omogeneità) per fare multe.
E questo vale per qualsiasi argomento.
Lo Stato, in quanto società, dovrebbe invece aiutare prima di pretendere
Analisi corretta. Ma un pò di responsabilità dei piccoli e medi imprenditori delle generazioni passate che non hanno saputo vedere più in là del loro naso esiste?. Lo Stato è ingordo, grasso e non rinuncia a pasteggiare ogni giorno ad aragosta e champagne. Chi paga il conto è il contribuente (imprenditore o dipendente che sia), e non sa come ribellarsi. Che il carro traini il cavallo è dura. Forse è tempo che torni allo stato brado.
certo ! In questo lo Stato e gli imprenditori si rimpallano le responsabilità con i sindacati. Da un lato siamo un popolo che, come gli Inglesi, di persone che fanno fatica a mettersi insieme in società. Dall’altro i sindacati hanno sempre avuto tutto l’interesse che le aziende restassero piccolissime (sapete vero che fino al 2006 c’erano due definizioni diverse per la piccola impresa in Europa e in Italia ? 50 e 15 dipendenti). Lo stesso per le banche, che erogano fondi mai sui progetti (che non sono nemmeno attrezzate a valutare) per le piccole aziende ma solo sul corrispettivo (ridotto) di titoli di stato (o titoli della stessa banca !) depositati a garanzia. E pensiamo che lo stato ha fatto business anche su questo tassandoli con un 2%. Tassazione su cui le banche giocavano cambiando il nome del deposito a seconda della rottura di ….. dell’azienda.
Sembra di parlare dell’Africa.
Poi però le stesse banche erogavano (ed erogano) fondi sui progetti alle grandi aziende.
Di fatto è stato creato un confine anzi più confini invalicabili il che ha portato come conseguenza generale che le aziende Italiane fossero mediamente più piccole delle estere, esposte quindi, se di successo, ad acquisto facile del tipo “compra e svuota quello che c’è di buono” senza che la politica si ponesse il problema o peggio compiacendosene (affermazione di Prodi che resta esemplare per la sua cecità e ignoranza)
Insomma si sono tenute le aziende deboli e piccole e poi le si è mandate senza protezione in mezzo alle altre, grandi e robuste. E per maggiore sicurezza sono state azzoppate e legate dalla burocrazia.
L’ignoranza di troppi imprenditori ha fatto il resto
Il problema di fondo è che non c’è capitalismo in Italia.
Negli USA come consulente per l’apertura di una piccolissima azienda di produzione (10 dip) con progetto Italiano di una macchina elettronica quasi caddi dall’azienda quando in banca mi sentii dire che “erano disposti, per il momento, ad investire un milione di dollari in quella iniziativa. L’avevano valutata suscettibile di buon successo e ai primi risultati avrebbero rivisto la limitazione investendo di più”
Quando qui una banca che darti 50ml di sconto fattura te ne chiedeva 70 in titoli tuoi personali.
E, sull’altro lato, ci sono i falsi imprenditori, truffatori di professione, che comprano aziende, acquistano materiali, non pagano e falliscono rubando tutto. E lo Stato continua ad inseguire amministratori semianalfabeti da ospizio messi li apposta !
@Paolo 54
“In soldoni oggi ti dice: la legge è quella, e fumosa. DEVI imparare e fare corsi a tue spese (restando pieno di dubbi) perchè poi farò passare un ispettore (con le sue idee personali e senza omogeneità) per fare multe.”
… e prendere un …buon… caffè.
Leggendo quest’articolo, come altri, e i commenti mi sento depresso. Non mi deprime tanto il fatto che vengano raccontate situazioni aberranti dovute alla pervasività e famelicità dello Stato, eppure dovrebbero deprimermi molto, quanto piuttosto che articolo e commenti manchino sempre di quelle due cose fondamentali quando ci si vuole ribellare a uno stato di cose che si trova ormai insopportabile, perché tale in effetti è.
In effetti mancano due domande:
1) in che modo io stessso sono stato responsabile di questo stato di cose? dove ho mancato?
2) come posso intervenire per cambiare il sistema, se mi interessa cambiarlo?
Senza porci queste due domande mai e poi mai si cambierà qualcosa. Avremo solo perso del tempo a sfogare la nostra frustrazione nei confronti del parassita statale
@vincenzo
Primo manca la consapevolezza di quanto sia grave la situazione ed anche del perchè. L’anestetico più più in voga è la favola dell’evasione fiscale. Certo alcuni imprenditori difettano di etica calvinista ma qualche euro in più allo stato sarebbero stati spesi anche quelli generando solo un buco più grosso da ripagare. Quindi primo identificare il problema e diradare le favolette.
La reazione diretta sarebbe non pagare le tasse, lo sciopero fiscale. Purtroppo non siamo dipendenti di qualche azienda IRI. Forse potremmo metterci tutti d’accordo di fare le dichiarazioni e poi pagare al tempo limite per il ravvedimento operoso. Ci costerebbe un po’ di interesse ma il messsaggio sarebbe forte.
Terzo brontolare contro ogni rappresentante di questo stato e fagli notare le sue stupidaggini. Lo faccio per abitudine. Se lo facessero tutti non è detto che cambi tutto ma qualche risultato si otterrebbe.
Quarto sperare che almeno un soggetto politico ci rappresenti… vedremo domani.
Quinto: rimango comunque pessimista perchè sono tanti i beneficiati da questo sistema ed è difficile anche solo parlare di qualche correttivo.
Sesto: spostare la propria attività all’estero e tirare i remi in barca qui, perchè non rimane davvero altro.
Lei invece cosa propone?
@Vincenzo
C’è qualche esempio di paese con l’economia depressa e la democrazia in caduta libera in cui l’iniziativa dei cittadini sia riuscita a cambiare le cose? abbia prodotto, non una staffetta al potere, ma una effettiva inversione di marcia?
Esempi di paesi che si sono improvvisamente aperti al mondo non mancano certo, dalla Cina al Cile, dalla Russia agli Emirati.. ma mi chiedo: quanto ha contato l’iniziativa dei singoli? A me pare che siano più determinanti la frustrazione diffusa o il “cinismo” dei mercati o l’avvento fortuito di un leader controcorrente o un mix di questi e altri fattori simili. Ma conto sul fatto che tu mi possa darmi qualche dritta per farmi cambiare idea.
Tutto è molto vero. Ma da anni io ho un grosso dubbio: l’ostilità verso la piccola e media impresa non viene solo dalla classe politica e sindacale. La grossa impresa soffia sul fuoco. Basta vedere come confindustria spesso attua politiche in collisione con le esigenze della piccola. Perchè se è vero che sia le piccole sia le grosse sono imprese, non sempre hanno le stesse esigenze. Le grosse “concertano” direttamente a Roma con sindacati e ministri, le piccole? E qui veniamo alla solita cultura di base degli italiani formatasi storicamente: i potenti (clero, aristocratici, signori feudali, grossi proprietari e poi i politici con annessa alta burocrazia) hanno sempre manipolato e soggiogato il popolo. Il quale una rivoluzione non l’ha mai fatta: ha sempre passato il tempo a lamentarsi e ad ovviare ai soprusi facendo il furbo individualmente prendendosi delle soddisfazioni più che magre, ma consolandosi. I potenti vedevano e lasciavano fare perchè a loro ovviamente conveniva. Ecco il sorgere della così decantata anarchia italiana diffusa. Quando con una martellante continua e persuasiva propaganda i politici si sono fatti assegnare moltissime funzioni e con esse moltissimi mezzi per attuarle ricavati dalle nostre tasche, ci siamo scavati la fossa. La “superiorità della politica” spolia il cittadino, il quale non se ne avvede, anzi è ben contento e rassicurato. Subisce il ricatto della redistribuzione: Se lasci fare a noi politici, noi redistribuiamo i redditi. Basta prendersela sempre e solo con i politici. Tocca anche agli italiani
Il problema è che il cavallo sta morendo e sul carro continuano a far baldoria (e non hanno nessunissima intenzione di scendere).
@lionello ruggieri
Liberismo? ma dovè?
Dove lo ha visto? E’ sicuro di vivere in Italia?
Io mi guardo attorno ma di liberismo non vedo traccia, quindi da goder c’è proprio poco.
@giuseppe 1
Mi complimento con Giuseppe 1.
Ricordo anche quella di Einaudi inserita sapientemente nella relazione introduttiva alla proposta di legge sullo Statuto delle imprese.
“Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti (…) costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi».
Egr. Signori
Se vogliamo che i cavalli trainino il carro, bisogna metterli in condizione di farlo e quindi bisogna che siano in forza per farlo. Attualmente lo stato sta dando incentivi per l’assunzione in contratto formazione o di mestiere (progetto AMVA ITALIA LAVORO Spa). Valore del contributo 4700,00€ per ogni dipendente assunto. Questo, visto così, non è una spinta ma come si suol dire, piuttosto di niente……. Qual’è è l’inghippo che stato inventa, visto che ha fatto della furbizia la sua caratteristica dominante? Beh, io stato che ti do 4700,00 € voglio una fidejussione che minimo costerà a me 700,00 €, (il contratto formazione nella mia azienda ho scelto abbia durata 2 anni), dico minimo perchè suppongo abbia durata 2 anni, ma non posso saperlo a priori il costo dato che la fidejussione è a tempo indeterminato a favore di ITALIA LAVORO Spa.
Potrebbebbero passare anche 5-6 anni (tempo che lo stato si prende per controllare che tutto sia in regola) e la fidejussione mi costerebbe 1500,00-1600,00 € senza contare che poi per estinguerla mi servirebbe l’originale da ITALIA LAVORO Spa. E’ questo il modo per far ripartire il mondo del lavoro. Se è così posso dire che sono abbastanza stufo! Mi diano i soldi fra due anni quando spero avrò trasformato questo contratto in un contratto di lavoro a tempo indeterminato (anche se non sono obbligato a farlo) con le mie sole forze (e ho ancora la speranza che nonostante tutto io ce la posso fare) senza dover buttare, permettetemi la parola, nel “cesso” 1500,00-1700,00 (spero solo questi) invece di usarli per contribuire a riammodernare il mio piccolo ufficio di progettazione.