Ilva, fermiamo l’autodistruzione
L’immagine dei dirigenti Ilva tradotti come delinquenti all’interrogatorio mi ha provocato uno sturbo. Ma sono convinto che polemizzare contro la magistratura sia un doppio errore: non solo serve a niente, ma fa psssare dalla parte del torto. Cerchiamo dunque di svolgere ragionamenti fondati sul caso ILVA-Taranto. Anche se i Riva ai domiciliari dopo i miliardi che hanno investito anche nella compatibilità ambientale mi appare come la perfetta fotografia di un Paese che si prende a calci da solo. Bisogna assolutamente sperare che per l’ILVA di Taranto prevalga la ragionevolezza. Che consiste in una precisa condizione: la produzione di acciaio con le colate a caldo deve proseguire. Uno stop alle colate metterebbe comunque l’impianto in condizioni tecniche di dover restare fermo settimane e mesi. Nessun reparto deve essere bloccato alla produzione. L’occupazione e la produttività dell’impianto vanno preservate. Il danno della perdita di ordini e inflitto all’intera catena di aziende che si forniscono dal più grande impianto europeo di questo tipo va scongiurato: a cominciare dagfli stabilimenti della stessa Ilva a Cornigliano e Novi Ligure. Dopo le vicende che già hanno investito le acciaerie di Porto Vesme e Piombino, è a rischio per la vicenda Ilva l’undicesima posizione al mondo dell’Italia e la seconda in Europa come produttrice di acciaio. Di tutto la severa recessione italiana attuale ha bisogno, tranne autoinfliggersi nuovi pesantissimi danni aggiuntivi a quello già creati dalle aspre difficoltà della domanda interna e della disoccupazione a due cifre.
Perché queste condizioni vengano garantite, occorrono in sostanza tre cose. Nessuna di esse lede in qualsivoglia modo la piena indipendenza della magistratura tarantina, e il valore delle misure cautelari sin qui disposte sull’impianto. Occorre che il sequestro e i sigilli posti a sei reparti essenziali della produzione restino appunto com’è apparso nel primo giorno: cioè “virtuali”, tali da non impedire a operai e tecnici di entrare negli impianti e di farli restare produttivi. Occorre inoltre che i custodi amministrativi nominati dalle autorità giudiziarie coordino accuratamente ogni propria decisione con tecnici e dirigenti dell’impianto, al fine di evitare ogni stop e senza per questo pregiudicare le finalità di tutela loro affidate dal dispositivo del Gip di Taranto Todisco.
Infine, c’è il punto centrale, che riguarda il cuore delle misure assunte dalla magistratura sotto la fattispecie penale gravissima del disastro ambientale a carico dei Riva e dei dirigenti colpiti da custodia cautelare: cioè la distinzione delle conseguenze negative per lavoratori, popolazione e ambiente delle lavorazioni nelle condizioni in cui avvenivano molti anni fa, quando il rilascio di diossina era 250 volte superiore a quello attestato ora, rispetto a ciò che avviene ora. Cioè dopo oltre un miliardo investito negli ultimi anni dai Riva proprio a questo scopo, sui 4 circa investiti nell’impianto. Il continuum temporale è un concetto giuridico che serve a incardinare le responsabilità giudiziarie che a giudizio della magistratura incombono su proprietà e dirigenza. Ciò di cui si occuperà il procedimento, per accertare le ipotesi dell’accusa. Altro conto è assumere misure sullo stabilimento che spezzino il continuum produttivo oggi, quando innegabili passi avanti erano stati compiuti proprio al fine di perseguire l’ecocompatibilità.
Tutto ciò è perfettamente possibile. Non credo la magistratura potrebbe op dovrebeb sentirsi dimidiata se garantisse di orientare le proprie azioni e provvedimenti al fine di non intaccare cioè a Taranto si fa, accertando intanto ciò che è stato. Cosa del tutto diversa sarebbe invece far discendere dalle misure giudiziarie la conseguenza che a Taranto non si può e non si deve più lavorare l’acciaio a caldo, perché tale lavorazione è incompatibile con un insediamento storicamente inglobato nel centro urbano. I Verdi per esempio sono espliciti su questo, Bonelli in alcune sue dichiarazioni ha detto esplicitamente che vi sono lavorazioni come queste che sono da considerare ormai incompatibili con la forte antropizzazione di aree prossime alle acciaerie. Ma poiché il primo impianto europeo non si smonta e rimonta daccapo in ipotetiche aree disabitate – e quali poi? – e magari lontani dai nodi logistici necessari per la movimentazione del prodotto, ecco che la conseguenza diventerebbe quella dell’uscita dell’Italia dall’acciaio. Sic et simpliciter. Per effetto di misure cautelari della magistratura.
Non c’è paese al mondo in cui una cosa simile sia avvenuta o possa avvenire. Non intendo qui alimentare una geremiade contro il pregiudizio anti industriale che in Italia costantemente si riaffaccia, perché rispetto troppo i magistrati. Preferisco pensare che essi per primi osservino in questi giorni la reazione dei lavoratori che ieri si sono riuniti in assemblea a Taranto, e dei sindacati i cui capi nazionali domani saranno in piazza insieme ai dipendenti dell’ILVA per difendere il lavoro. Insieme all’ambiente, senza separare ideologicamente obiettivi e conseguenze. Non posso credere, che davvero vi sia chi pensi che tecnici e operai difendano l’ILVA come fossero vittime della sindrome di Stoccolma, che da condannati alla sentenza capitale difendano il braccio della morte. No, non possiamo credere a questo, se siamo ragionevoli.
Solo per chiedere di modificare il carattere (aumentare l’interlinea?), è difficile leggere.
Grazie
Ecco questa è una posizione chiara e autorevole. Si può essere d’accordo o meno ma entra nel merito. Ed è proprio ciò che manca al dibattito in corso. Qui cerco di spiegarlo: http://t.co/0hVHSYmq
Mi piacerebbe riuscire a essere indulgente come Lei, ma no non mi è riuscito. Pur partendo dalle stesse considerazioni non riesco a non ritrovare ancora, anche in questo ennesimo caso, il germe di una ideologia opposta all’impresa http://thefielder.net/31/07/2012/ilva-storia-di-un-paese-impossibile/
In questo caso non vedo cosa altro potesse fare la Magistrtura, se non applicare le Leggi. Oppure vorremmo le sia data un’ampia discrezionalità, in barba allo Stato di Diritto, che già ci siamo abbondantemente messo sotto i piedi? Se ci sono Leggi fatte a cazzo, qualcuno le ha scritte. Purtroppo.
Anche se questa volta il caso è leggermente diverso, intervento della magistratura e non della famosa “società civile”, siamo e restiamo il paese principe del NIMBY, not in my backyard, va tutto bene, ma lontano dal mio cortile. Ci lamentiamo del costo dell’energia o del possibile/probabile declino industriale ma guai a parlare di nucleare, ma anche di rigassificatori o di termovalorizzatori o quale che sia la tecnologia demoniaca, il pennacchio di fumo, il pericoloso congegno che di certo recherà danno alla nostra salute, alla nostra sicurezza, al nostro cortile. E medesimo ragionamento vale, per ponti, ferrovie, strade, discariche, fabbriche e quant’altro. Tutte minacce alla nostra sicurezza, al nostro “orgoglio civile”.
Ha da venì baffone. Ma forse saranno sufficenti le conseguenze di questa crisi a far capire che senza far molliche non si mangia pane. (E che il luogo deputato per le molliche non è sotto al tappeto, ma in qualche ordinata pattumiera. Semplice, no?)
I magistrati hanno fatto il loro dovere solo vhe a scoppio ritardato. i problemi ambientali ci sono da sempre. oggi con.il mercato dell’acciaio in vacca letteraente, la chiusura di ILVA e un favore ai Riva che ai tempi d’oro (2005-2008) avrebbero dovuto essere forzati ad investire per mettere a posto i problemi ambientali (inclusa bonifica). Ricordiamo che lo stato ha regalato ILVA nel 2004 per 4 soldi, e nel 2007 i russi avevano offerto circa 16 miliardi di Euro per comprare l’impianto (offerta rifiutata perche ne volevano 20), salvo poi essere stati i primi a chiedere aiuti allo stato (mobilita e cassa integrazione) allo scoppio della bolla dell’acciaio nell’estate 2008.
Qui, l’unica alternativa è riscrivere le leggi che governano la materia. E di corsa. Magari usando un po’ di cervello.
OK sto chiedendo troppo ai politici italiani e a questo governo in particolare.
La mia grande paura è che questo diventi il “cigno nero” che affonda l’Italia, per il semplice fatto che se l’ILVA salta, ci saranno ripercussioni a catena sui conti dello stato, sulle spese per il welfare dei lavoratori, sugli investimenti, sull’accelerazione dei disinvestimenti dall’Italia verso l’estero.
Se si blocca la produzione, quanta gente sarà lasciata a casa senza stipendio? CIG per 15.000 persone (più l’indotto?). Quanta gente ha un mutuo da pagare e non potrà pagarlo? Quanta gente avrà semplicemente problemi a pagare le bollette e il panettiere?
Più tempo passa è più la situazione assomiglia alla scena del domino di “V for Vendetta”. I pezzi sono a posto, basta che qualcuno o qualche cosa dia il via facendo cadere il primo.
alla magistratura è data amplissima discrezionalità, basta leggersi codici invece di limitarsi a leggere gli articoli di certa stampa…
@Mandingo
Lei mi ha già attribuito qualcosa che non esiste: “certa stampa”.
Io leggo di tutto, ma cerco di non bermi niente.
Ho fatto so due più due. Lo ammetto, con una certa superficialità “colloquiale”. Ma se c’è un’Arpa che fa una denuncia, un Nas che peggio mi sento, e poi la Gdf e via compagnia cantando, che deve fare il Magistrato? Figuriamoci che putiferio sarebbe successo se avesse agito altrimenti!
Per quanto riguarda i Codici, Lei ha sicuramente ragione. Ma su me avrebbe lo stesso effetto che contare le pecore alle dieci di sera.
ma stia zitto per cortesia!
Oscar, devo farle solo un rimprovero: quando succedono queste cose lei parte da un pregiudizio di innocenza assoluta che non ci sta.
Quando dice che dirigenti e proprietà sono trattati “come criminali” lei giudica a priori che non siano criminali. Questo è un errore, davvero.
Ci sono criminali tra dirigenti ed imprenditori, quanti ce ne sono tra operai, impiegati e liberi professionisti.
Non conosco a sufficienza la vicenda per esprimere un parere, ma prima di parlare di errore giudiziario, perché comunque di questo stiamo accusando la procura, non dovremmo essere sicuri al 110% che si tratta di un errore?
Ci pensi.
Se siamo sicuri che è un errore giudiziario io sono il primo ad essere pronto alle barricate, ma alla cieca no, mi spiace.
Piange il cuore a pensare che un tempo Taranto produceva acciai considerati tra i migliori del mondo. Non conosco gli aspetti tecnici e giuridici della questione, spero solo che si trovi una soluzione civile. Altra considerazione: quello che manca, in Italia, è una corretta pianificazione del territorio, soprattutto a lungo termine, quotidianamente divorato dalla cementificazione. Rischiamo, tra l’altro, di non riuscire più a soddisfare il nostro fabbisogno alimentare, a causa della perdita di terreni coltivabili (e coltivatori) a “vantaggio” di centri residenziali e capannoni industriali diffusi a casaccio e a volte costruiti accanto ad altri già esistenti ed inutilizzati: la prospettiva è che oltre all’energia, in futuro dovremo comprare anche la farina per il pane, magari dalla Cina (già importiamo i pomodori!). Le zone industriali dovrebbero essere isolate e i centri abitati dovrebbero concentrarsi e diminuire di numero, adottando strutture edilizie di grandi dimensioni e il fatto che fino ad ora costruire grattacieli era proibito, ha avuto il suo peso, insieme alla falsa convinzione di un falso ambientalismo, secondo cui un grattacielo di 100 piani sarebbe meno ecologico di 100 “graziosi villini con giardino”. Certo che come al solito in Italia, si compiono disastri per decenni sotto gli occhi di tutti, poi, improvvisamente, qualcuno fa la “scoperta” e allora si prendono provvedimenti tanto drastici quanto “urgenti”…
Basta leggere l’intera perizia per accorgersi che la proprietà in fatto di inquinamento ha fatto il meno possibile puntando sulle rilevazioni periodiche, in orari di comodo, non continuative, concesse da norme compiacenti non in linea con le direttive europee. E che lontano dalle rilevazioni il comportamento era molto diverso. Certo che può andare avanti la produzione. A condizione di rendere meno nocivo lo stabilimento, e finalmente decenti, e non di rapina, i comportamenti aziendali. Nel frattempo, perizie alla mano, proprietari e dirigenti stanno bene dove stanno, agenti di scorta compresi.
@Marco Tizzi
Non so nemmeno io come valutare la cosa dal punto di vista giuridico, ma a me sembra che il senso dell’articolo fosse un altro: Legge o non Legge, fermare queste acciaierie adesso è soprattutto un errore strategico, che nelle nostre condizioni potrebbe costarci molto caro. Inoltre, al di là degli aspetti formali, procedere proprio adesso che c’è un piano già in atto per il miglioramento della sicurezza, dopo decenni in cui la situazione era sicuramente peggiore e non si è mai fatto nulla, appare alquanto grottesco.
e allora che l’impresa uccida e che per il profitto tutti si ammalino generando altro profitto e altre malattie.
ma per dio cosa stiamo diventando????
l’ultimo baluardo di legge e di libertà ormai è in mano a qualche isolato magistrato.tutti così asserviti,disinformati, acquiescenti,o solo stanchi delusi e rassegnati, ma dove è l’informazione che ne è stato della nostra costituzione dove il lavoro la salute la prosperità sono al primo posto?
ovviamente in situazioni come queste il primo pensiero va alle vittime di queste tragedia.
Quelle che ormai non sono piu’ con noi e quelle che vivono con paura gli eventi di questi giorni .
E’ proprio per il sacrificio di generazioni di famiglie , piegate da decine di lutti e da una vita spesa per duro lavoro che credo non meritino anche l’umiliazione dell’esproprio del proprio lavoro .
Un lavoro che hanno difeso anche contro una delle piu dure recessioni di tutti i tempi .
Non conosco la legislazione in merito a questi casi ma , forse per la mia ignoranza in materia , sempra lampante come decisoni come quella di chiudere un’azienda come questa , con la storia che ha avuto fatta tra l’altro di molto pubblico e poco privato , rende tutti perdenti .
Se vi sono colpevoli e’ giusto perseguitarli per i torti fatti sopratutto quando come in questa vicenda ci sono molte vite tagliate .
Trovo pero’ altrettanto giusto che lo Stato non si comporti da carnefice ma da padre amorevole che non abbandona mai i propri figli .
Sono sicuro che se vi e’ la volonta una soluzione al problema esiste se pur difficile .
Sono pessimista. E’ l’ennesimo esempio di come un problema ambientale e di salute pubblica generato da un’attività economica, trascurato in passato e poi avviato in qualche modo a soluzione, diventa comunque oggetto di strumentalizzazione politica. A prescindere dalla legittimità o meno dell’eventuale intervento della magistratura. Anche in questo caso, il cerchio si chiuderà, inesorabilmente, con la morte dell’attività economica e con la socializzazione dei danni. Secondo la migliore tradizione italiana, secondo la quale “tanto paga Pantalone”. E intanto il Paese sprofonda….
La questione ambientale, in nome della quale si sta perpetrando la distruzione di un intero settore produttivo e condannando al sottosviluppo un’intera città, va analizzata guardando alla storia dell’impianto.
L’impianto Italsider fu inaugurato nel 1961. Attorno a questo impianto è cresciuto rapidamente il quartiere Tamburi, inizialmente costituito da poche case isolate dalla città. Inoltre il quartiere risulta posizionato in modo sfavorevole rispetto alla direzione dei venti prevalente. Un evidente controsenso dato che le acciaierie sono per loro stessa natura inquinanti. Erano i tempi dell’IRI e della vecchia DC.
Discutendo dell’argomento su un altro blog, un partecipante alla discussione mi ha fornito l’indirizzo di questo documento ufficiale : http://www.arpa.puglia.it/c/document_library/get_file?uuid=327b14ad-3f48-47de-8533-1a8cdc909b00&groupId=13879 .
Cosa possiamo dedurre? Ilva ha provveduto all’adeguamento degli impianti, mentre i danni alla salute a lungo termine sono un retaggio del passato, aggravato da uno dei tipici “non senso” delle politiche del territorio di tipo statalista.
Si sta chiudendo un impianto sulla base di errori del passato e di problemi ormai ampiamente superati. Si sta distruggendo la siderurgia in Italia perché negli anni sessanta non esistevano tecnologie efficaci nell’abbattimento dei fumi e, contemporaneamente, si è realizzata una insulsa operazione di speculazione edilizia con tanto di permessi ed autorizzazioni. Si stanno umiliando persone per bene per nascondere le contraddizioni di uno Stato pieno di regole che servono a perpetrare arbitri anziché impedirli.
A me hanno insegnato che all’impresa conviene applicare le norme antinfortunistice,di igiene del lavoro,di salvaguardia ambientale e che il rischio zero non esiste.C’è chi crede sia vero il contrario.Se si parte dai primi presupposti può essere accettato il ragionamento di Giannino.Con i secondi no.I limiti di massima concentrazione ammissibile degli inquinanti non sono scritti nella Bibbia ma fissati su studi a volte seri (che hanno la validità temporale e fallibile della conoscenza),a volte su convenienze politiche,commerciali ed anche truffaldine.Resta l’obbligo del rispetto.Non conosco nei dettagli la situazione di Taranto ma se la legge ,a parere dei magistrati,non è rispettata c’è poco da fare.Anzi l’unica ipotesi certa ,se non si vuole correre il rischio di spegnere gli impianti,è un provvedimento urgente che esplicitamente legalizzi ciò che non lo è.Non vedo terze vie.In ogni caso,a mio avviso,il futuro dovrebbe essere nostro ed in questi casi mai delegato.A decidere il leniniano “che fare” devono essere i cittadini,non gli ottimati.Personalmente sono favorevole al nucleare (anche perchè tutto è nucleare) ma se la massaia di Voghera dice no a maggioranza,per me il suo giudizio è insindacabile,sacro ed inviolabile.Con buona pace di chi si sente investito della missione di decidere per gli altri.
Concordo pienamente.@Francesco_P
@Lorenzo62
Sono d’accordo, mi riferivo alle prime frasi.
E’ anche un po’ un avvertimento in vista “elettorale”: Giannino ha fatto più di una gaffe in passato su argomenti simili.
@mauro
Dati inesatti: Ilva è stata privatizzata negli anni 1990 ed il gruppo Riva si è impegnato pesantemente nella sua riorganizzazione produttiva, conseguendo elevati livelli di fatturato nel nuovo secolo. Ciò nondimeno, nel 2008 il bilancio chiuse in perdita, dovuta in grande parte ad operazioni finanziarie, ed ha chiuso nuovamente in perdita nel 2011 – pur aumentando il fatturato – per i costi accresciuti.
Sembra che Emilio Riva stimasse Ilva 30 miliardi, quando alcuni russi fecero circolare l’idea di un loro acquisto. Chissà cosa si direbbe oggi se l’avesse venduta?
Perché Giannino è così difficile credere che un padre/madre di famiglia è disposto a farsi avvelenare per dare un altro futuro ai propri figli, soprattutto in una terra dove non si ha altra scelta ? Giannino scenda dalla Crocetta o dalla Collina di Torino tra i villici. Si faccia un po’ di jogging vicino all’ ILVA…..una boccata di salute 😉
@Francesco_P
Sono pienamente d’accordo. Ferma restando la mia ignoranza ed incompetenza in materia, ma se ho capito bene l’ILVA è una società privata, subentrata nel tempo all’ITALSIDER, che invece era una società statale (o a partecipazione statale, come all’epoca, l’Alfa Romeo?). E sembra che i maggiori danni ambientali e socio-sanitari siano dovuti all’inquinamento prodotto più nel periodo precedente che in quello attuale. Quindi mi sorge un cupo dubbio: non sarà che qualcuno (non necessariamente la Magistratura) vorrebbe far pagare ai privati i danni prodotti, a suo tempo, dallo Stato? E non sarà che qualcuno sta rischiando di cadere nella tentazione di sfruttare le inevitabili conseguenze socio-economiche (in pratica un boom di disoccupazione di massa, sebbene a livello “locale”) per ottenere “due piccioni con una fava”, cioè sabotare l’economia nazionale (evidentemente a vantaggio di quella di qualche altro paese) e al tempo stesso cavalcare l’onda della divisione sociale contro l’imprenditoria e l’industria privata? Fantapolitica? Spero di sì e spero che qualcuno o qualcosa mi aiuti a fugare questo dubbio, ma….
Ormai siamo diventati tutti preda di paure irrazionali spesso determinate da studi e statistiche distorcenti. Queste spesso portano a definire livelli di pericolosità troppo prudenziali. Poi, siamo sicuri che le statistiche fatte dai medici sono così accurate? Quanti sono i casi esaminati e qual’è l’errore statistico conseguente? Quanti di questi casi sono stati adeguatamente diagnosticati? Quali inoltre sono affetti da effetti collaterali? Non dico che i fumi di un’acciaieria siano salubre aria di montagna ma bisogna definire il corretto livello di pericolosità. Se non basta ridurre un inquinante di un fattore 250 allora tanto vale chiudere gli impianti e mandare tutti a casa (e pagare il conseguente costo sociale).
@Achille Mizzi. Dimentica pero’ di notare che la regione Puglia ha artatamente in passato abbassato le soglie di inquinamento ammissibile che così’ sono le più basse d’Europa ed il superamento implica la chiusura degli impianti. Superare quindi queste soglie non significa morire significa solo obbedire ad un principio di precauzione per il quale e’ più saggio spararci un colpo in testa alla nascita per evitare di morire.
sapere che i tedeschi siano i primi competitor europei per l’Ilva….fa riflettere…almeno.
E’ vero come dice Giannino, polemizzare con i magistrati, oltre che quasi vietato, in Italia, porterebbe a poco (certo se continuiamo cosi’….), però io la mano sul fuoco non ce la metterei
Quanto sta succedendo all’ILVA è un ulteriore spinta a far si che le imprese che lo possono fare decidano i loro investimenti fuori Italia , in silenzio e senza cortei .
In Italia rimarrano solo dipendenti PA , giudici in testa , solo che avranno un piccolo problema : chi li manterrà ?
Chi continua a parlare di obbligo dell’azione penale per cui i giudici sono ” costretti ” a intervenire non si rende conto che i procuratori decidono loro secondo logiche varie – anche politiche – quali procedimenti avviare e quali tenere nel cassetto anche per molti anni o insabbiare e nessuno può dire qualcosa .
Caro Oscar,
in questo post hai toccato un punto molto sensibile.
Apolidi, si, ma pur tutti nascemmo in un luogo.
Non posso qui scrivere tutto quello che so e che sarebbe necessario.
Lo faccio altrove, permettendomi anche con qualche indiscrezione non reperibile sui media nazionali.
Eppure lo strazio di quella comunità è grande.
Concedendo anche che una certa riduzione di immissioni si sia verificata, stiamo pur parlando di mettere la marmitta catalitica ad un trattore degli anni ’60. E pensare che ciò possa risolva problemi immensi ed incancreniti.
Il mercato dell’acciaio al momento non pare florido, nemmeno per le tigri asiatiche che dal 2006 ne sono signore.
Almeno così dice il Financial Times.
La Fiat pare aver cambiato contesto e prospettive, giusto per pensare al mercato interno.
Del resto, non credo che la magistratura ricordi solo adesso e per caso tutto il danno che è stato fatto e decida di colpo un’intransigenza mai vista prima.
Ma non c’è solo il mercato: qui parliamo di migliaia di famiglie, in tutta la città ed in specie nei quartieri Tamburi e Croce, con 3 o 4 neoplasie per schiatta, in corso mentre scrivo.
Non a caso un vero registro dei tumori è apparso solo recentissimamente in provincia.
Parliamo anche di migliaia di capi abbattutti dopo che alcuni elementi inquinanti di assoluta veneficità, come la famosa diossina ed il benzo(a)pirene, sono stati trovati in alte concentrazioni. Ovviamente non è il valore dei capi che preoccupa: è però segno che il ciclo alimentare risulta ormai compromesso.
Numerosi medici hanno costatato l’incidenza di tumori e malformazioni nei neonati. E le malattie cardiorespiratorie, principale oggetto dello studio “Sentieri- SIN”, galoppano.
Io non sono un ambientalista duro e puro… però una fabbrica grande due volte l’abitato, con scarse prospettive sul mercato prossimo futuro, che inquina selvaggiamente da un cinquantennio avendo mezza città apertamente o occultamente sul libro paga (vedasi le indagini in corso), non so quanto sia difendibile.
Mi rendo conto che tutto ciò abbia il sapore della fine di un intero sistema produttivo, in un momento drammatico per il paese. E che ci sia da strapparsi i capelli.
Ma questo sistema si è fondato sulla sistematica violazione di norme e morale, ha avuto in dispregio vite e salute, ha devastato le prospettive di crescita naturali di un territorio celebrato nell’antichità persino da Orazio e Virgilio, conservatosi quasi intatto sino al 1960.
Vini, agrumi, pastorizia, maricultura, pesca, turismo. Porto, quello si che potrebbe avere dimensioni adeguate… ma ad oggi è ancora sprovvisto di infrastrutture plausibili e soggetto al monopolio ILVA – Anchor, ottenuto probabilmente con minacce e pressioni. F
accende per cui è in corso un’altra importantissima causa, di cui nessuno parla. Guardacaso.
E Taranto non è nemmeno solo ILVA. E’ anche petrolchimico, cementificio… e non c’è bisogno di aver nari da sommelier per “annusarlo”. O uno stomaco da principessina per provare bruciori di stomaco, semplicemente passando in auto a fianco degli stabilimenti.
E sei già in città…
Ho la massima stima nei tuoi confronti e desidero che il tuo movimento abbia lunga e proficua vita.
Se ritieni che la questione ILVA sia di importanza nazionale, come emerge dal tuo post, ti invito personalmente ed ufficialmente a Taranto, a sostenere liberamente ed in debita sede le tesi che ti parranno più opportune, non solo su industria e ambiente, ma su vecchia e nuova economia, su impresa e lavoro: argomenti fondamentali per un contesto agonizzante che necessita assolutamente di teste pensanti. Come la tua.
Ricorda però che la collettività tarantina ha pagato un altissimo prezzo alle scelte strategiche di una nazione e di un continente. Di un’America e di un Vaticano. Quindi non v’è fiducia veruna nella politica locale, sempre pronta a ritirare parti civili, a farsi ammansire e mai ad intuire svolte o a proporre per tempo soluzioni. Ed ancor meno credito si da, se possibile, ai sindacati e ad altre camarille spacciate per enti terzi.
Se sarà attuata una reale messa in sicurezza dello stabilimento e la prosecuzione “civile” della sua attività, allora si potrà discutere di tempi e risultati: converrai che dovranno essere messi a disposizione e spesi tutti i soldi che servono (a mio parere notevolmente superiori ai lucri immaginabili negli anni di vita rimasti allo stabilimento), senza mistificazioni. Pertanto la supervisione non potrà toccare a chi, da sempre, ha consentito ogni abuso e criminalmente prodotto l’attuale aporia, detta anche “sto’ casino terribile”, accontentandosi del voto di scambio.
Insomma, serve tutto l’opposto dell’attuale proposta del ministro Clini, concertata con fenomeni di credibilità ed efficienza quali la regione Puglia e l’ARPA.
Dici che a queste condizioni qualcuno si cimenterebbe nel produrre ancora acciaio all’ILVA?
Io sinceramente non so.
Con molta stima.
Sono un ricercatore dipendente da un ente di ricerca pubblico, esperto in inquinamento ambientale. Non intendo in questa sede esprimere un giudizio su quanto ILVA inquini, abbia inquinato o inquinerà. Non conosco i dati rilevati. Tuttavia, se i livelli di diossina si sono abbassati notevolmente, saggia decisione sarebbe mantenere l’impianto aperto e proseguire per migliorare le tecniche di produzione, mirando ad abbassare ancora i livelli.
Così fu fatto per una fabbrica sui cui scarichi abbiamo lavorato anni fa. Adesso l’ambiente è migliorato e non si sono persi posti di lavoro.
Una cosa mi preme sottolineare, in Italia c’è una totale mancanza di collaborazione degli imprenditori nei confronti di chi effettua i controlli ed una totale mancanza di organizzazione fra ricerca pubblica, impresa ed enti politici.
Durante il periodo dei controlli , regolarmente autorizzati dalle ASL, ci siamo trovati addosso vigilantes provati, polizia chiamata come se fossimo ladri. Ben diverso è l’atteggiamento di imprenditori esteri, specie nei paesi scandinavi. Ti invitano all’interno quando lo chiedi e non ad orari predeterminati, si interessano di quello che stai facendo, chiedono seminari di aggiornamento. Si preoccupano dell’ambiente, quanto dell’attività industriale.
E’ anche ovvio che sia giusto operare in modo che i costi di una bonifica non incidano in modo grave sull’attività dell’azienda
Se ci fosse un buon coordinamento fra ricerca pubblica, impresa e enti politici si potrebbe chiedere ad un gruppo di ricercatori pubblici competenti di trovare soluzioni efficaci e con il minor costo possibile ed in tempi rapidi. Ma questa è utopia, siamo in Italia!!
@ Elena
I dati sono in mio possesso, volendo può averli. Inclusa l’ordinanza di sequestro della dottoressa Todisco, alquanto dettagliata.
Tutto ciò starebbe meglio in mano sua che mia, visto che non dispongo di nozioni scientifiche adeguate.
Se vuole darci un’occhiata… quel che le posso dire è che, purtroppo, nell’ordinanza emergono numerosi casi come quelli che lei cita, in cui i tecnici vengono avversati ed intralciati. Questo sarebbe accaduto, sempre secondo il G.I.P., anche nel corso di quest’anno. Oltrechè nel leggendario “passato ormai passato” di Vendola e Riva.
Alla stessa maniera vi sono parecchie intercettazioni e video che evidenziano pratiche molto poco commendevoli, per usare eufemismi, coinvolgenti funzionari ILVA e periti.
Immagino sia giusto considerare i costi della messa a norma (che per me mai avverrà, proprio perchè eccedente gli utili)… ma anche 3 tumori per famiglia, leucemie nei bimbi e chili di polvere rossa, ovunque e sempre, son cose a cui pensare.
Ad ogni modo sono a sua disposizione, dovesse mai aver desiderio e tempo di voler considerare i dati.
Credo che in questo momento sarebbe stato meglio che la magistratura avesse agito in altro modo!! Ilva è li da tempo e se qualcosa non andava, intervenire prima era DOVERE! Le leggi ci sono da tempo e comunque il progresso costa caro ed in ogni parte della nostra terra e di tutte le terre costa e costerà…. In Francia ho visto stabilimenti enormi (famosa marca di gomme d’auto) nei centri città. Si vedeva a occhio nudo che non era tanto salubre la location ma intorno a quella fabbrica c’è un mondo a guai a chi lo tocca i francesi lo proteggono. Il problema è che chi deve vigilare non lo fa e poi alla fine si cerca sempre lo scoop! Questo paese è strano e troppo pieno di contraddizioni, e noi ne siamo gli interpreti…. Peccato.
@Elena
Cara Elena, un po’ di utopia credo sia necessaria. Per il pragmatismo, il suo chiaro intervento mi fa ben sperare. Ce la possiamo (e dobbiamo) fare.
sono un imprenditore della Greeneconomy dal 90 (non ci sono solo i pannelli fotovoltaici) ho lavorato con la canapa in ITALIA produco Cellulosa, tessuti Olio per cosmesi, sapevate che eravamo i produttori della miglior canapa ad uso industriale al mondo? e che potremmo ricreare una filiera importantissima agro industriale, vedi il sito http://www.raggioverde.it inoltre mi occupo di riciclo e di Riuso con DaCosaRiNasceCosa..
vorrei partecipare a questa nuova proposta con te Oscar Giannino ho un sacco di idee ma ho tantissimi clienti e aziende che ci credono!! sono socio fondatore di SYMBOLA (fondazione delle qualità italiane) lavoro con legambiente wwf greenpis e da questo anno faccio un progetto molto interessante con Slow Food l’agenda contro lo spreco alimentare…
Ho sentito in tv il solito ambientalista/catastrofista/ ricercatore ( cioè uno che vive di denaro pubblico e ha tutto l’interesse ad aumentare la paura del popppppppolo verso l’ambiente così aumentano le ” risorse ” e gli ” organici ” per gli addetti ) straparlare di diossina . Ho letto una seria ricerca americana di qualche anno fa sulla diossina : orbene la diossina è presente naturalmente nell’atmosfera e per determinarne la presenza si usa come parametro quantitativo il PPB , cioè Part Per Billion , parti per miliardo .Poichè la concentrazione max considerata ammissibile dagli ambientalisti è di qualche ppb , quando si straparla di pericolo si dovrebbe ricordare che il più perfetto apparecchio di rilevazione avrà sempre dei margini di errore che, nel caso di ppb , sono frequentissimi . Quando viene detto che il livello di diossina è triplicato o quintuplicato – magari notizia non vera- si dovrebbero ricordare SEMPRE – cosa che non viene fatta MAI – che si parla di parti per miliardo , oltretutto di difficilissima rilevazione esatta. Ci ricordiamo che siamo sette miliardi di persone e che qualche unità per miliardo non può essere pericolosa ? Mi aspetto reazioni furibonde degli ambientalisti che mi parleranno dei pericoli per la salute per i nostri figli, nipoti e pronipoti fino alla ventesima generazione futura.
@Claudio Di Croce
Alla fine il discorso si restringe a desiderare vengano applicate le tecnologie migliori di riduzione inquinamento e che istituzioni e capitani d’industria, in combutta con i sindacati ed il clero, non barino più sui test e sulle misure applicate, magari mediante un vasto sistema di corruttela.
L’incidenza impressionante e scientificamente descritta di malattie cardiorespiratorie e neoplasie, spesso mortali, su popolazione ed operai, in specie guardacaso delle zone più prossime agli stabilimenti, credo renda ragionevole questa richiesta.
Credo anche se lei abitasse in loco sarebbe tra i primi a desiderarlo.
@Abate di Thélème
Buonasera
Mi scusi se ho ritardato a rispondere. Leggendo il suo post, mi sono chiesta se con il mio intervento non avessi dato l’impressione di voler sminuire o di non credere alla gravità dei possibili danni alla salute e alla qualità della vita dei residenti, per appoggiare solo la causa di chi chiede di lavorare. In questo caso, chiedo sentitamente scusa, perché questa non era la mia intenzione.
Volevo riportare un’esperienza da me vissuta, nella quale si è giunti ad un miglioramento ambientale senza mettere a repentaglio posti di lavoro. Intendevo altresì sottolineare, la necessità di una stretta collaborazione fra chi produce, chi può studiare i problemi prima che diventino allarmanti e chi deve prendere delle decisioni dal punto di vista politico.
Problemi così complessi, che implicano ricadute sull’ambiente, sulla salute umana, sul tessuto socio-produttivo di un‘area e di una nazione dovrebbero essere affrontati, escluse le parti in causa come abitanti od operai, con spirito costruttivo, non di parte. Al contrario, ascoltando la radio, i telegiornali, leggendo articoli sui quotidiani, al contrario sembra di stare in mezzo ad una guerra fra guelfi e ghibellini, una campagna elettorale perenne. Impresa contro operai, pubblico contro privato, ecologisti contro impresa… il dialogo in Italia non è mai possibile?
Ovviamente anche senza leggere gli incartamenti mi vengono spontanee molte domande:
.
1) un rapporto dell’ ESFA (European food safety authority) reperibile sulla rete con questo indirizzo http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/120718.htm, riporta la notevole diminuzione di diossine negli alimenti in 26 paesi europei, dopo un controllo effettuato fra il 1994 ed il 2010. Questo porta a concludere che le emissioni siano in generale diminuite in Europa. Io non sono riuscita a capire se l‘ordinanza della magistratura sia relativa ai dati attuali o ad inquinamenti pregressi alla privatizzazione della fabbrica. Se i risultati dello studio di impatto ambientale concludono che i valori sono diminuiti, allora perché ordinare la chiusura?
Ma Lei parla di intralci ai tecnici da parte dell’azienda (le credo senza leggerlo!!!), nonostante gli intralci le analisi sono state effettuate a ‘sorpresa’? Se questo non è avvenuto i dati diffusi dal Ministero sarebbero erronei perché non tengono conto che i rilievi sono stati effettuati solo quando l’azienda ha permesso di farli.
3) Dato che la città è ricoperta di polvere rossa e pervasa da odori persistenti e, da come lo dice, non è un fatto sporadico, accaduto negli ultimi mesi, l’assessore all’ambiente della regione Puglia e del comune di Taranto dovevano aspettare che si arrivasse ad un’ordinanza di chiusura per mettere mano al problema? Cosa hanno fatto fino ad ora? Perché non vengono interrogati dalla magistratura, insieme ai loro predecessori, sul loro operato, quanto i dirigenti della fabbrica? E con loro il sindaco e il presidente della regione? In questa storia non sono implicati solo i dirigenti dell’ILVA, ma anche e direi soprattutto, chi aveva il dovere di controllare. Se fossi un assessore all’ambiente mi vergognerei di non aver richiesto perizie.
Spero che si capisca quello che intendo dire. Non si può essere schierati da una parte o dall’altra, senso critico e senso del bene comune sono necessari per andare avanti, sempre che in questo paese si voglia andare avanti.
@Abate di Thélème
Io ho parlato di DIOSSINA e non di inquinamento generale . Due osservazioni : quando lo stabilimento è nato non esistevano abitazioni civili intorno per molti kilometri : chi ha concesso le licenze edilizie ? E come mai nessuno – partiti politici, sindacalisti , preti , ambientalisti di allora – ha protestato ? Non conosco le statistiche sulle morti , ma come fa lei ha essere sicura che ci sia correlazione diretta ? Io abito a Torino , cioè una delle città più inquinate d’Italia , ma nessun medico avanza correlazioni del genere . Forse perchè da decenni è amministrata dalla sinistra e la stragrande maggioranza degli ambientalisti sono di sinistra ?
@ Claudio di croce
Credo che a Torino vada come lei dice… per Taranto esistono degli studi del ministero degli interni, oltre ad altre recenti risultanze scientifiche e tutte le perizie su cui poggia buona parte dell’ottimo impanto accusatorio della dottoressa Todisco, che dimostrano alcune correlazioni. Con tanto di “impronta”, per usare un termine utilizzato appunto nell’ordinanza.
Uno di questi studi è il “Sin -Sentieri” (siti di interesse nazionale per la bonifica). Divulgato nel 2011.
L’abbattimento dei capi di bestiame prossimi allo stabilimento (ma molto meno di tante abitazioni) dovrebbe dirla lunga…
Ad ogni modo sul sito, a cui si può giungere per tramite del mio nick su Chicago Blog, c’è tanto, che qui non potrei ripetere, sulla questione.
Assai spinosa, anche perchè le dimensioni dell’ILVA sono degne di Blade Runner (tipico commento di chi giunge per la prima volta in città)
@ Elena
nessun problema per il “ritardo”, ci mancherebbe. Parliamo di una comunità deprivata culturalmente ed economicamente, pilotata da leader locali penosi, infingardi ed approfittatori i quali dovrebbero tutti, come lei dice, stare di fronte ad un tribunale.
Quel che accade, e che non ha soluzioni ormai, è frutto della responsabilità di Stato, enti locali, magistratura, forze di polizia, ispettorati del lavoro, sindacati e via dicendo. Ovvero di ogni autorità preposta al controllo ed al bene della collettività.
Tutti a Taranto lo sanno ma solo di recente le conseguenze negative son parse un carico insopportabile, anche a fronte di uno sviluppo innegabile della sensibilità collettiva.
Pertanto nessuno ha alcuna fiducia in nulla. Video se ne trovano a bizzeffe, i dati ci sono, l’ordinanza è pubblica e le vicende note.
Altro non potrei dirle. Per il resto, se vuole, mi visiti.
@Claudio Di Croce
Buonasera. Non ho seguito l’intervista al catastrofista/ambientalista/ricercatore di cui lei parla. Quindi mi baso solo sulla sua affermazione. Se ciò che lei dice è vero, nel senso che non lei ha erroneamente interpretato ciò che è stato detto, il ricercatore in questione ci ha fatto fare una gran brutta figura. Le regole etiche alle quali i ricercatori dovrebbero attenersi consigliano poche uscite sulla pubblica piazza e, quando richieste, sobrietà nelle affermazioni. Nella mia vita ho conosciuto professionisti ed artigiani seri ed altri incapaci e cialtroni, così come fra i ricercatori c’è chi ama il rigore e la riservatezza, e ce ne sono alcuni (pochi) che propendono a fare ‘audience’. Ci scusi e non ci consideri tutti uguali.
Quanto allo studio sulla diossina che lei cita. E’ vero che i livelli di inquinanti sono valutati in microgrammi per grammo (ppm) o in nanogrammi per grammo (ppb, cioè miliardesimi di grammo). In casi particolari alcune tecniche permettono di scendere anche al picogrammo, cioè 1000 miliardi di grammo. E’ vero che analisi a questi bassi livelli sono delicate ed il margine di errore può essere alto. Ma ci sono dei protocolli e dei parametri che devono essere seguiti rigidamente, inutile elencarli in questa sede, che permettono di capire se i risultati sono numeri casuali o dati significativamente validi. E’ lecito e doveroso aspettarsi che nel caso dell’ILVA tutte le analisi siano state seguite con le dovute cure e cautele. E che il magistrato sia stato in grado di capire se le regole sono state rispettate.
Tuttavia la tossicità di un elemento, le cui concentrazioni sono basse, è data dalla sua capacità di interagire con gli organismi e dalla continuità dell’esposizione. Qualche ppb di un inquinante per tutta la popolazione mondiale è irrilevante, ma se si concentra in una sola zona può diventare estremamente pericoloso. E’ vero che la diossina si produce normalmente anche bruciando i rifiuti del proprio orto, ma non se ne bruciano tutti i giorni.
La diossina è un inquinante organico, cioè basato su legami del carbonio, ha quindi un’alta affinità per le membrane che circondano le cellule del corpo. Se l’inquinante organico entra, non riesce ad uscire e si accumula a livelli altissimi. Si lega alle molecole che sono deputate alla vita cellulare, proteine, DNA ed altera i sofisticati meccanismi che permettono la vita della cellula. Se l’organismo ne viene in contatto sporadicamente, le cellule alterate possono essere eliminate e sostituite con cellule sane. Se il contatto è costante e prolungato nel tempo, i meccanismi di rigenerazione cellulare potrebbero non essere più sufficienti. Le cellule che presentano alterazioni potrebbero trasformarsi in cellule tumorali ed il resto è cosa nota. Inoltre, dato che la diossina è capace di passare la placenta che collega la madre con il feto, si accumula nel bambino che diventa il serbatoio di scarto dei rifiuti della madre. E su un organismo in continua proliferazione cellulare i danni possono essere ancora più devastanti. Se controlla su internet, anche questi meccanismi sono citati. Mi scusi per la tediosa lezioncina, ma non è giusto minimizzare un rischio reale.
Tuttavia, a prescindere dei possibili danni a livello molecolare, se lei legge il post del Sig. Abate de Theléme si accorgerà che si parla anche di polveri rosse che si depositano dappertutto, di odori sgradevoli nell’aria. A me non piacerebbe vivere in un ambiente così e non credo neppure a lei.
Ho già scritto che prima di chiudere la fabbrica ci penserei 100 volte, ma anche la qualità di vita dei residenti deve essere presa in considerazione. E anche le prospettive degli allevatori che hanno perso i loro capi di bestiame ed il loro reddito. Quello che comunque resta di grave in questa storia, ripeto, specie considerando gli effetti macroscopici ed evidenti dell’inquinamento, è la mancanza di controlli da parte della Regione, del Comune, dei consiglieri di maggioranza come di quelli di opposizione. Spero che alle prossime elezioni i cittadini pugliesi si ricordino di questo.
Quanto al fatto che non si parla di inquinamento a Torino, è così’ dappertutto. Io abito in una regione amministrata dal PD, in una città del centro-nord amministrata da secoli dalla sinistra (rossa a varie sfumature), in un quartiere a pochi chilometri dal termovalorizzatore e nel quale sono stati rilevati alte incidenze di tumori nei residenti. Nessun partito o consigliere di maggioranza ed opposizione si è mai interessato del caso. Probabilmente perché non ha nessun ritorno elettorale. Ma che accade nelle città amministrate dalla destra? Non credo cambi qualcosa!
Ma, a parte queste disquisizioni accademiche che SI PUO’ FARE PER TARANTO? Non possono essere lasciati soli, né la popolazione, né i lavoratori (una parte dei quali immagino anche residenti).
@Abate di Thélème
Grazie per l’invito. Sicuramente visiterò il suo blog.
@Elena
la sua risposta pacata e argomentata testimonia che lei sta facendo il suo lavoro – difficile – in modo serio . E questo in un paese di fazioni fanatiche e bugiarde è una grande cosa : si mantenga così anche se immagino che incontrerà dei problemi , perchè il problema ambientale è usato in Italia come argomento di lotta politica. Per quanto riguarda le affermazioni di quell’ambientalista fanatico e ignorante, le confermo e mi ricordo anche che a proposito della diossina ha sostenuto che ridurre la dieci a quattro o due i livelli di concentrazione non serviva a nulla ; era come portare da dieci a due le bombe atomiche sulla nostra testa . Per quanto riguarda il problema delle polveri, dei fumi prodotti dagli stabilimenti industriali – problema che esiste in tutti i paesi industriali – sicuramente si possono ridurre e controllare meglio , ma eliminare del tutto , no.
Non capisco come mai nessuno si pone il problema del perchè questi stabilimenti nati in zone isolate , distanti molti kilometri dai centri abitati , si sono visti progressivamente avvicinare e circondare da abitazioni civili. Chi e perchè ha dato le licenze edilizie? E i privati che acquistavano non le vedevano le polveri nere o rosse nell’aria e nelle strade ? Mi rendo conto che costavano meno ed erano più vicine al luogo dove si recavano al lavoro , solo che adesso protestano e chiedono la bonifica ( a spese di altri ).
La sentenza del riesame è un oracolo dei tempi antichi.
Ciascuno vi legge quel che desidera. Sindacati, proprietà, ministri, ambientalisti. E ciascuno è fermo nel voler difendere il “vero” intendimento della magistratura. Che in realtà, a mio parere, non ne aveva alcuno. E se l’aveva ha preferito tenerlo per sè. Un vero caos, attendo le motivazioni.
L’Italia è comunque questa qua: come possa uscire dal tunnel se le decisioni sono prese da coloro i quali nel tunnel si sono infilati ed ormai solo li sembrano saper vivere, non foss’altro che per ignavia, davvero non lo so. Non credo vi sia più il tempo per qualcosa di graduale…
Mah…
@ Claudio di Croce
Mi spiace davvero molto qui orientare su altro sito, però quando dici che non ti spieghi come mai queste improvvide vicinanze tra abitati e industrie si verifichino, dubitando delle capacità logiche degli abitanti (su cui comunque qualche dubbio c’è…), non posso che indirizzarti sul pezzo intitolato “Speciale: dalla vandea dello statalismo…” che trovi su Corporeus corpora, con tanto di video dell’epoca. Scoprirai che l’edilizia e lo stabilimento andarono di pari passo e fu l’IRI stesso di allora a volere edificare intorno le abitazioni dei futuri operai, all’epoca braccianti semianalfabeti che bramavano, com’è umano, uno stipendio fisso. E nulla sapevano di siderurgico.
Sul finire del video c’è persino il commento “progressista” del cronista, felice di tutto questo futuro ormai sottomano, incluse le palazzine sotto le ciminiere.
L’Italia è una brutta bestia, senza pietà per i deboli. Questa è la verità. E se saremo deboli anche in questa occasione, il teatrino dei potenti ci regalerà altre emozioni da “Istituto Luce”.
@Lorenzo62
peccato che:
1. la presunzione di innocenza (e non il contrario) dovrebbe valere per tutti
2. che non sono con ogni probabilità responsabili per quanto viene contestato (in primis i morti per asbesto) lo dice il calendario
@aa
scusate, era in risposta al n. 11
@Fabio27
anche a me piacerebbe leggere la (le) perizia (e) ma ho cercato dappertutto e non sono riuscito a trovarla.
Lei che è stato fortunato mi può dire dove?
@ aa
se avesse letto i miei post, cosa peraltro non obbligatoria ma consigliabile 🙂 , saprebbe che l’ho io l’ordinanza.
Se la vuole mi cerchi per mail… intanto attendo il testo del riesame.
Anzi, adesso la metto proprio in rete, prometeicamente, almeno in parte…
@Abate di Thélème
ho letto ma non ritengo opportuno l’uso della mail.
peraltro mi interessavano le perizie (testo integrale come affermato da Fabio27) proprio perchè vorrei leggere i dati e non le interpretazioni.
Intanto ho comunque trovato in rete la parte conclusiva e mi sto facendo un’opinione.
@ aa, Elena
Per venirle incontro e risparmiarle l’uso della mail, 113 pagine di decreto di sequestro preventivo sul sito, in slideshow.
Su di un totale di 295. Dovesse esserle di interesse anche il resto, ovvero quel che per ora non c’è, lasci un commento. Grazie per l’attenzione.
@Abate di Thélème
grazie mille, da casa avrei avuto difficoltà a scaricare tutto il decreto. Entrerò nel sito e
leggerò tutto, Cordiali saluti
@Abate di Thélème
interpretando il loro pensiero, grazie anche a nome degli indagati per aver fornito a qualsiasi scervellato le coordinate per azioni diciamo riprovevoli…
@b
Buonasera, dopo aver letto il suo post, mi sono chiesta a chi si riferisse. Se per ‘scervellati che possono compiere azioni riprovevoli’, includesse la sottoscritta, La informo che da esperto ambientale quale sono, conosco bene le regole e le rispetto, anche se in Italia, il rispetto delle regole non è proprio al primo posto nelle abitudini delle gente. Esiste un’ordinanza di un magistrato, esistono rilievi effettuati su ordine del magistrato, quindi, anche se leggendo la documentazione dovessi rilevare qualcosa che non mi convince dal punto di vista tecnico, MAI e ripeto MAI, avrei il diritto di avvertire nessuno. Nè la stampa, né la popolazione, e neppure il magistrato che ha emesso l’ordinanza. Noi possiamo dare il nostro parere, esclusivamente su richiesta di un organo competente. Le esternazioni in televisione le lascio ad altri.
Io non mi sono mai occupata di inquinamento da diossina, anche se sono in grado di impostare un protocollo per uno studio di monitoraggio ambientale. Tuttavia, la lettura della documentazione potrebbe essere utile per suggerire a colleghi competenti nel settore, di mettere insieme una proposta di risanamento dell’area circostante alla fabbrica, sempre che ci siano i requisiti per farlo. Se al contrario la definizione di ‘scervellati’ non era riferita a nessuno di questo blog, e a me in particolare, La prego sentitamente di scusarmi per l’intervento.
Cordiali saluti
Sulla vicenda la CGIL ha assunto la posizione di difesa dei giudici ( come i comunisti dall’avvento di SB hanno sempre tenuto, contrariamente a prima , basta ricordare il film di sinistra ” Detenuto in attesa di giudizio ” contro i giudici ) e credo che abbiano in mente di far nazionalizzare di nuovo l’Ilva . Dopo avere dissipato montagne di denaro dei contribuenti , il governo di allora aveva deciso di liberarsi di quel pozzo senza fondo , che oltretutto inquinava in modo elevatissimo di gran lunga maggiore di adesso. Il gruppo Riva ha investito moltissimo per ridurre l’inquinamento , senza riuscire a eliminarlo. Con la motivazione dell’inquinamento la CGIL prima chiederà di chiudere lo stabilimento fino a quando non sarà completamente disinquinato e dato che i Riva non possono spendere questa montagna di denaro ,farlo fare dai contribuenti , pagare sempre lo stipendio ai dipendenti e successivamente fare di nuovo nazionalizzare l’Ilva, sempre a carico dei contribuenti. Chi è nato ed è comunista , sarà sempre statalista.
@Elena
non mi riferivo certo a lei e nemmeno a quelli che scrivono sul blog, ma a quelli, e ce ne sono purtroppo tanti, che magari trovandosi qualche indirizzo pronto, ed essendo secondo loro tutto consentito…
sono certo che non servano altre parole; credo anche che qualche riga nera nulla avrebbe tolto
@ b
Sono documenti teoricamente “pubblici”, sebbene in pratica di difficile reperimento.
Terrò comunque in futuro conto del suo suggerimento.
Anzi provvederemo.
Ad ogni modo diciamo che l’importante era aver fornito il dato di fatto e di testo su cui ragionare.
@ Claudio di Croce
In realtà hai ragione. La loro amara scoperta sarà che Pantalone non ha denari, nè può procurarsene altri per uno stabilimento che ha pochi anni di vita ormai, non foss’altro che per meri fatti di obsolescenza e mercato. Di cui ci stiamo occupando.
Italsider era una sacca di assistenzialismo infinita.
Taranto non può più però vivere l’inganno mortale e quasi quasi preferisce la fame.
Le responsabilità della politica locale sono immense e vergognose, la loro cecità e pochezza un’onta che pagheranno in tantissimi.
@ elena, tutti
Per chi fosse interessato, Corporeus corpora pubblica oggi in esclusiva tutti gli ulteriori provvedimenti ancora non diffusi dalla stampa, che danno se non altro ragione delle scelte processuali del G.i.p.
Gentile Dott. Giannino, dopo le nuove notizie relative al “fumo bonis” diffuso dallo staff dei Riva sull’attuale situazione di compatibilità ambientale dell’ILVA ritiene ancora valido il suo intervento? I dati sui quali ha potuto elaborare il suo scritto provengono da fonti oggettive o da quelle proposte ad arte dalla società stessa (xchè mi pare che sia questo l’attuale dibattitio) ?
Mi piacerebbe pensare ad imprenditori eticamente consapevoli del loro ruolo in questo paese, ma è sempre più difficile.
fermare il declino mi pare promuova invece proprio un’imprenditorialità etica e consapevole. Che poi tecnicamente si possa fare il risanamento senza fermare gli impianti sarebbe meglio che lo confermassero tecnici validi e che non si lasciano cadere nel miraggio di 10 mila euro…
La saluto Bruna Matoti
Anche questa vicenda fa’ capire che dobbiamo buttare a mare ( ma pieno di squali ) la casta politica e la magistratura se vogliamo rifondare il Paese
@Dario Negri
La casta politica dovrebbe pagare per il caso di ILVA. Sono più di venti anni che il problema dell’inquinamento nell’area era conosciuto. Nessuna giunta regionale o comunale è mai intervenuta, almeno seriamente. Auspicherei che da questo blog partisse una raccolta di firme per richiamare l’attenzione sul fatto che la magistratura non ha indagato nessun politico per ‘disastro ambientale’.
E’ sconcertante anche la notizia di oggi. Un tecnico che si sarebbe lasciato convincere ad alterare le sue conclusioni, in favore di ILVA. Se poi il tecnico fosse veramente il vicepreside della locale Facoltà di Ingegneria, come appare cliccando il nome su Internet (ma spero in un caso di omonimia), lo sconcerto sarebbe ancora più grande. Speriamo di poter ‘fermare il declino’, ma comincio a perdere le speranze.
Abate di Thélème ho letto la documentazione sul suo blog. Non sono riuscita a trovare le perizie dell’ARPA sui livelli di inquinamento e l’estensione. Sono state rese pubbliche? Potrebbero essere utili per iniziare a pensare se ci sono i margini per un’opera di bonifica dell’area.
@BRUNA
a me invece interesserebbe sapere da lei quale futuro si immagina per questo povero paese, possibilmente senza ricorrere a frasi fatte e luoghi comuni. No, perchè, sa, ho quotidianamente a che fare con gente che prima impiega una decina di anni per autorizzarti a fare una cosa (con la immancabile precisazione “fatti salvi i diritti di terzi”) salvo negarla nei fatti il giorno dopo, e salvo il comprendere fra i diritti dei terzi, tutti indistintamente i terzi, anche l’esercizio del diritto di veto sulla base di fisime e antipatie personali e talvolta dalla speranza che a furia di rompere magari ti pagano per smettere.
E allora se ci piace il rispetto delle regole, sarebbe il caso di basarsi sui dati di fatto e non sul riferito, e male, da qualche operatore dell’informazione, mondo che le cronache odierne dimostrano non essere propriamente cristallino nè disinteressato
@BRUNA
Avendo lavorato sempre in imprese industriali private, mi da molto fastidio il tono saccente e moraleggiante di coloro che traggono il loro bel vivere dai soldi prelevati con la forza della legge dalle tasche di coloro che producono ricchezza . L’industria siderurgica comporta il rischio dell’inquinamento in tutti i paesi del mondo ;lo si può ridurre , lo si può controllare , ma eliminarlo , no . E allora cosa vogliamo fare ? Quando l’Ilva – Italsider era di proprietà dello Stato etico , oltre che pesare moltissimo sulle tasche dei contribuenti con dei deficit spaventosi – come quasi tutte le industrie di Stato- inquinava molto ma molto di più rispetto a adesso che è proprietà Riva. E francamente credo molto di più ai memoriali dello Staff dei Riva piuttosto di quelli dei consulenti dei giudici , dei sindacati o di qualunque ente o organizzazione pubblica , che oltretutto è molto facilmente corruttibile .
Quando l’industria sarà sparita da questo paese , da dove pensa di trarre il suo stipendio, dallo staff della Camusso o di Vendola o di Bersani/ Penati ?
@Claudio Di Croce
Buonasera, io sono d’accordo con lei che la produzione industriale di un paese non può essere fermata. Si deve tuttavia tenere conto dell’ambiente, come viene fatto in paesi molto più progrediti di noi, quali Svezia e Germania, ma anche di un’altra cosa che in Italia sembra mancare. Una strategia industriale. Dato che si prevede che la richiesta di acciaio diminuisca in futuro, forse si dovrebbe puntare sulla ricerca di acciai migliori, con caratteristiche che meglio soddisfano le esigenze delle produzioni future. Che a mio parere si stanno sviluppando verso il piccolo. Pensiamo ai micro robot per gli interventi chirurgici, per dirne una. Poi c’è un’emergenza mondiale alla quale nessuno per ora pensa. La carenza idrica. Forse riqualificare le nostre imprese ed i nostri operai per la produzione di tutto ciò che potrà servire per questa sfida, dissalatori, sistemi automatizzati per irrigare aree vastissime, non sarebbe male. Forse sto dicendo sciocchezze, ma anche basare la realtà della grande industria in Italia su pochissime realtà non va bene.
Infine un commento sull’ultima sua frase:
‘francamente credo molto di più ai memoriali dello Staff dei Riva piuttosto di quelli dei consulenti dei giudici , dei sindacati o di qualunque ente o organizzazione pubblica , che oltretutto è molto facilmente corruttibile’.
Ha azzeccato parzialmente nella previsione, a quanto pare l’ ente pubblico sembra piuttosto corruttibile. Stando alle carte, i memoriali dello staff di Riva si basano su una contro-perizia effettuata da un istituto appartenente ad ente pubblico. Purtroppo è quello per cui lavoro anch’io. Ho anche incontrato alcuni dei colleghi a dei congressi, e se tutto fosse vero ne sarei molto nauseata.
@Elena
Mi permetto di aggiungere qualche informazione:
-la produzione mondiale è passata da 848 (2000) a 1.490 (2011) mil. ton. Nel primo semestre 2012 i volumi sono sostanzailmente stabili. E’ quindi certo probabile che in futuro le richieste diminuiranno, ma per ora nel mondo si costruiscono nuovi impianti (da notare che sono a ciclo integrale e non miniacciaierie) segno che si prevede che i livelli attuali dureranno qualche decennio.
-i livelli qualitativi sono già molto alti, la ricerca e sviluppo c’è, ma non sono d’accordo su quanto propone: le nicchie, le eccellenze, l’innovazione possono svilupparsi se hanno alle spalle qualcosa di solido; la piccola industria può esistere se ci sono le grandi imprese di base; altrimenti, come diceva un noto chimico scrittore, possiamo tutti andare a cantare in un altro cortile
-non conosco personalmente Riva; conosco però la sua storia ed è quanto di più lontano ci possa essere dallo speculatore; certo non è un santo, ma i maggiori danni al sistema industriale italiano li hanno fatti quelli che si spacciavano per industriali ed erano solo finanzieri;
-forse varrebbe la pena, se ci teniamo ad un futuro dignitoso, di prendere atto che il mondo reale è diverso da quello che ci immaginavamo, e che dobbiamo guardare alla sostanza delle cose invece che farcela raccontare; se è così, in questo paese abbiamo ancora competenze e capacità per sistemare le cose
@c
– Grazie per le informazioni aggiunte. E’ veramente difficile capire qualcosa dalla massa di informazioni che si trovano su internet, almeno che non si sia esperti nel settore.
-Quanto al fatto delle piccole imprese, mi sono espressa male. Non pensavo che puntare su microindustrie potesse essere un futuro per l’Italia. L’idea era avere una grande acciaieria, ma favorire lo sviluppo di piccole medie industrie italiane che ne possano assorbire una parte della produzione, magari per produrre prodotti di nicchia ad alto valore tecnologico pronti per le grandi sfide del futuro. Mi scusi, sono giusto elucubrazioni da una perfetta ignorante del settore.
-Sono d’accordo con lei, ho letto la storia dei Riva (su internet, ma sembra veritiera). Non si può che essere fieri di persone così, a prescindere dal problema ILVA.
-Personalmente sono disposta a fare la mia parte per sistemare le cose. A mettere le mie competenze e le mie capacità al servizio di chi le può utilizzare, disposta anche ad imparare cose nuove, con umiltà, a lavorare ancora di più. Ma è necessaria una strategia nazionale politica che chiami a raccolta chi ha voglia di fare. Le operazioni individuali hanno poco futuro.
Cordiali saluti
@Elena
Non si faccia venire la nausea : la corruzione – sopratutto nel mondo pubblico – è sempre esistita in tutti i paesi del mondo . Il mondo pubblico italiano è ,diciamo , molto portato verso questo genere di comportamento , aiutato e favorito da norme sempre molto complicate e di molteplice interpretazione che favoriscono il potere discrezionale della PA e quindi della corruzione o meglio concussione . Dai tempi del ” latinorum ” del Manzoni non è cambiato nulla.
Sappia che il mio primo contatto con la concussione è avvenuto nel lontano 1967 da parte di un funzionario di un importante Ente Pubblico che poteva bloccare la produzione dell’azienda per la quale da giovanotto lavoravo con le sue interpretazioni regolamentari , poi passato all’onore delle cronache prima per la sua carriera e poi per il suo arresto per concussione . La mazzetta richiesta – e la sua motivazione era la stessa che sento da decenni dire da parte dei dipendenti PA – che lo stipendio era basso , le risorse e gli organici del suo ufficio erano insufficenti , ecc.. ecc… era di ben cinquemilioni di lire – ripeto nel 1967.
-5 milioni di concussione nel 1967? Io allora avevo 11 anni, non ho molto idea del valore del denaro all’epoca, però mi sembra una cifra stratosferica.
Comunque è vero, in quegli anni, mio zio era amministratore delegato di un’ azienda molto importante a livello nazionale. Arrivavano i finanzieri a mano tesa…se ne lamentava continuamente.
-Tuttavia la nausea mi verrà ugualmente se fosse vero che ci sono colleghi implicati in ILVA (e continuo a sperare di no). Noi non siamo PA, siamo scienziati (con la s minuscola, ma scienziati). Abbiamo alle spalle persone che hanno dedicato la vita alla scienza, un grande passato, dobbiamo essere di esempio per i nostri allievi, dare indicazioni per il futuro, non ci sono giustificazioni!!!
-Nella PA sono necessarie riforme epocali. Pochi dirigenti (con un tetto massimo di stipendio, tanto è uno stipendio sicuro) e di ottima qualità.
La prima volta che ho scritto nel blog, sottolineavo che nel mio istituto si lavora sodo, che la gente lavora anche malata, che consideriamo l’istituto come un’azienda da far fiorire. C’è un motivo. Ottimi direttori, scienziati di eccellenza trasformatisi anche in ottimi manager, hanno selezionato accuratamente ottimo personale. Non ci sono raccomandati, furbetti o altro nelle generazioni dalla mia in poi (qualche sindacalista c’era, ma dell’epoca in cui con le sanatorie DC/PSI entravano cani e porci). Nessuno dei figli dei direttori è mai entrato da noi, anzi neppure nell’Ente. Le riunioni programmatiche, si fanno spesso di venerdì pomeriggio, o all’ora di pranzo per non bloccare il lavoro. Ripeto ottimo dirigente, forma e seleziona ottimo personale, così come il il bravo imprenditore fa l’azienda di eccellenza e quello che apre e chiude dopo pochi mesi solo per intascare la plus valenza, è solo uno scroccone. Su questo punto sarà necessario lavorare per tirarci fuori dal declino. Cordiali saluti
@Elena
Era una cifra stratosferica : il mio stipendio era di duecentomila lire al mese .
Ma questo figuro aveva il potere di bloccare , ritardare , la produzione di una azienda di duecento persone , azienda che andava bene e quindi il proprietario , quasi sorridendo in quanto conosceva il mondo in cui viveva , mi disse che non era ” opportuno ” opporsi e meno che mai denunciare il fatto.
Sono contento di leggere le precisazioni riguardanti l’ente per cui lavora . Spero che le cose continuino così e che aumenti il numero di enti come il suo.
@Claudio Di Croce
La ringrazio, ma anche nel mio Ente ci sono sacche di furbizia da PA. I sindacalisti ci sono, specie fra i tecnici. ‘Spending review’ da effettuare senza esitazioni, si trova anche da noi. Giannino ha lanciato una proposta, spero ora che passi a concretizzarla e che in questo blog tutti possiamo dare il nostro contributo di idee per cercare di recuperare il paese. Svio dall’argomento ILVA, ma fa sempre parte del ‘pacchetto Italia’. Ad esempio non ho ancora sentito parlare di riforma seria della Sanità, uno dei nostri buchi più gravi. Io lascerei gli ospedali pubblici, ma tranne casi di vera indigenza, chi ha uno stipendio paga le prestazioni e poi le scala interamente dalle tasse. E si abolisce il ‘dottore della ASL’. Io ho dovuto scegliere un pediatra ASL per mio figlio e poi ho sempre pagato uno privato non convenzionato. Era bravo, se era necessario veniva a casa. Mio figlio ora ha 21 anni. Il pediatra, quando era piccolo, lo avrò chiamato 5 volte in 12 anni. Perché lo Stato ha buttato i soldi per un pediatra che non abbiamo usato? Nessuno sul blog ha commentato la notizia apparsa sul Corriere qualche giorno fa. Un pediatra ‘convenzionato’ si era stabilito da DIECI anni in USA e faceva la libera professione laggiù, come anestesista. Ma aveva conservato il suo posto di pediatra in Italia (stipendio 6500 euro), mediante uno stratagemma. Inviava certificati medici di meno di 30 giorni, così conservava il posto e lo stipendio (!!!!!!!!) e ne versava 3000 al sostituto compiacente. Dieci anni e all’ASL non hanno mai protestato, mai chiesto un chiarimento. Inutile dire che ora sarà indagato lui, il dirigente e il sostituto, ma finirà in una bolla di sapone, e magari qualche magistrato del lavoro dirà anche che ha ragione. Allora che si fa? Si abolisce il ‘convenzionato’, io pago e riprendo interamente dalle tasse. Chi non può va in ospedale. Servirà rimboccarsi le maniche, se vogliamo uscire da questo declino.
@Elena
Sono assolutamente d’accordo : le consiglio di rivedere il famoso film ” Il medico della Mutua ” con un Alberto Sordi favoloso, che un modo ironico , ma non troppo , anticipava tutto quello che sarebbe successo con la nazionalizzazione della Sanità.
Le scenette di quando lui prescrive i componenti della marmellata a una paziente o di quando durante uno sciopero dei medici , non si presentava nessun paziente in quanto doveva pagare la visita ,e molte altre , dovrebbero essere proiettate alle riunioni di partito quando si parla di ” diritto costituzionale alla salute “
@Elena
intendevo dire, con due numeri, che:
– la produzione è in costante crescita
– nel panorama mondiale Taranto è una pulce
– però la capacità produttiva è la metà del fabbisogno nazionale
– e non abbiamo altri impianti a ciclo integrale (immagino che i russi coglieranno il pretesto per darsela dai due impianti dove non mi risulta abbiano investito un soldo)
poi ho visto la faccia del governatore in tv dire che 500 milioni non bastano (ma ce l’avrà una calcolatrice? saprà come si usa?) e mi è venuta la depressione.
perchè ho capito che non sappiamo più distinguere, che se uno può impunemente sorvolare sugli aspetti kafkiani e tragici della vicenda,
se può nascondere proprie inadeguatezze e responsabilità dietro ripetute false promesse e competenze inesistenti, bene, siamo noi il problema.
Taranto è tecnicamente morta; il suo patrimonio di cultura industriale andrà disperso e dissipato, come è stato per la chimica, la meccanica, il tessile e giù giù fino alla Olivetti, per chi se la ricorda.
E’ morta anche perchè far girare il cervello costa fatica, e quindi siano altri a spiegarci come stanno le cose, cosa “ci sta dietro”.
della nostra semenza abbiamo perso memoria e quindi virtute e conoscenza vanno bene solo più per i gonzi.
e infine perchè qualsiasi argomento pertinente e razionale (e dai politici ne sono arrivati troppo pochi e troppo tardi) nulla può contro l’immagine di un bambino malato (che, voglio dirlo, meriterebbe ben altro rispetto e considerazione).
beh, per chiudere in tono meno tragico, devo:
1) informare che, a differenza di Claudio, ho incontrato nel pubblico e anche nel privato tanti mascalzoni e incompetenti quante persone degnissime e preparate; la quota dei rpimi forse superiore alle seconde, ma vabbè..
2) segnalare questo http://junkscience.com
@c
se a qualcuno è rimasta voglia di svagarsi un pò segnalo:
1) l’articolo dell’esperta di siderurgia T. de Zulueta, sul sito del Fatto, di cui riporto: “L’Ilva di Taranto è un enorme museo vivente, un vero e proprio reperto di archeologia industriale: uno degli ultimi impianti non solo in Europa, ma anche nel mondo ad utilizzare il vecchio procedimento di cokeraggio ed altoforno, con tutto il suo corollario di inquinamento. E’ il vecchio ciclo produttivo a base di cokerie ed impianti di agglomerazione a produrre quei livelli paurosi di inquinanti, come le tanto – e giustamente – temute diossine, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici, ma anche la stessa polvere di coke, materiale tuttora stoccato a cielo aperto, nonché a ridosso dell’abitato. Le cokerie sono notoriamente energivore, e l’acciaio prodotto a Taranto è il più inquinante del paese in termini di C02, argomento sufficiente in sé per giustificare l’abbandono di questo metodo di produzione – se non altro per adempire ai nostri impegni internazionali di riduzione delle emissioni di gas serra.”
Capito? Chissà perchè allora gli impianti nuovi nel mondo sono tutti a coke e altoforno. Chissa perchè gli impianti che non prevedono “le cockerie notoriamente energivore”, sono ancora più energivori, tant’è che contabilizzano meno del 4% della produzione e sono localizzati dove, ad esempio, è disponibile gas naturale. Emettono meno CO2, certo, ma per Taranto (e per l’Italia) la CO2 è proprio l’ultimo dei problemi.
Mah, però quello che stupisce non è la sicumera della maga del “cokeraggio” ma il lungo elenco dei commenti dei lettori, che sono favorevoli o contrari, applaudono o fischiano, accusano e assolvono, tutti ovviamente prescindendo dal merito.
2) l’intervento ieri sera in TV di noto medico e parlamentare che ci dice che “dobbiamo chiedere fortemente al governo che renda immediatamente noti i dati attuali di malattia e di mortalità” e poi le solite amenità su Pittsburgh e sulla coniugazione di lavoro e salute. Cioè esattamente quello che ti aspetti da uno che un libro di economia probabilmente non l’ha mai aperto. Qello per cui indignarsi è il “dobbiamo”. Verrebbe da chiedersi lui cosa sta lì a fare.
Mi pare che basti per intonare il de profundis. A meno di miracoli (più di uno, ovvio) non ce la possiamo proprio fare.
@c
la ” nota esperta ” tana de Zulueta ” è esperta solo nello sparare cazzate in tutti i campi . Nota ” esperta ” della sinistra extraparlamentare , adesso non so dove milita , ma è sempre la solita fanatica comunista senza virgolette . ( come adesso si usa scrivere vergognandosi dell origini )
@c
L’incompetenza dei politici di questo paese è spaventosa. Ho ascoltato qualche settimana fa alla trasmissione ‘In onda’ su La7, l’intervista a Chicco Testa, il ministro Clini e Bonelli, relativa ad ILVA. Bonelli sparava a zero, producendo dati vecchi (le perizie recenti non erano ancora state rese note). Pontificava di green economy. Dipende cosa si intende per green economy, fra l’altro. Personalmente non trovo piacevoli a vedersi, intere distese di pascoli ricoperte di pannelli solari che fra qualche anno dovranno essere smaltiti!!! Bisognerebbe controllare se l’impatto ambientale di una piccola centrale nucleare (di ultimissima generazione) non produca meno danni di siffatti antiestetici manufatti.
Comunque sono andata a controllare il CV di Bonelli, riporta che è un politico, che è leader dei Verdi. Esperienza in campo ambientale? Zero!! Non passerebbe neppure il concorso per un assegno di ricerca, l’ultima laureata dei miei studenti vanta più competenze di lui!
In effetti, credo che lei abbia ragione. Hanno distrutto il tessile, la chimica, la meccanica. Avevamo le più belle auto del mondo, i tessuti più pregiati. Adesso …più nulla. Io sto ancora cercando di darmi da fare, di dare il mio contributo, sono un funzionario pubblico ed è il mio dovere. Tuttavia vedo scarso futuro per le nuove generazioni, in questo paese. Mio figlio, 21 anni ieri, in pari con gli esami del terzo anno della laurea quinquennale in Giurisprudenza, sta già cercando un posto per la tesi all’estero, e l’idea è di non tornare. Creare un’azienda fuori Italia. Non posso dargli torto, quale futuro ha un ragazzo che voglia lavorare, in questo paese?
Stiamo inesorabilmente affondando, a meno che ‘fermare il declino’ possa fare qualcosa. Anche se temo che sarà presto in balia dei ‘soliti noti’.
@Elena
per essere giusti, non è che abbiano fatto tutto da soli, e poi qualcuno li avrà pure votati. sui verdi nostrani meglio non esprimersi. alcuni che siedono in parlamento hanno però lo stesso se non superiore livello di incompetenza, accompagnato da una bassissima statura morale e da un aspetto nemmeno gradevole (per dire che uno li guarda in faccia e sa esattamente cosa aspettarsi).
Le nuove generazioni hanno in questo almeno il vantaggio dell’inesperienza che porta a fare sbagli ma anche (qualche volta) a essere piacevolmente e positivamente sorpresi. Proprio per loro abbiamo il dovere di fare il meglio che possiamo.
@c
sono d’accordo su tutti e due i suoi commenti.
Ovvio che c’è sempre qualcuno che li vota. Non solo i verdi, ma tutti…rossi, bianchi, rosa e sfumature varie.
Ovvio che abbiamo il dovere di fare quel che possiamo e anche più, ma il panorama non è roseo.
Lavoro o salute ?
Mi pare di capire, leggendola, che a Taranto sia tutto ok.
Ma allora di cosa stiamo parlando ?
Il problema inquinamento non esiste affatto !!!
Grazie di avercelo detto !
Siamo tutti più tranquilli !
Soprattutto i tarantini !
Dobbiamo pensare che tutti coloro che hanno accertato immissioni altamente nocive (fino a provocare la morte) siano dei visionari ?
I morti e gli ammalati che ci sono, sono dei malati immaginari ?
Francamente, Dott. Giannino, mi pare difficile che sia in corso un complotto o una speculazione internazionale ai danni dell’Ilva e dell’italia.
E che dire di 750 miliardi delle vecchie Lire di denari che pare verranno utilizzati per bonificare l’area ?
Mistero.
Non è che che forse qualche problemino esiste ?
Ho un dubbio: Aiuti di Stato ?
In caso contrario, perchè no ?
Cordialmente,
Paolo
4 set 2020
Messaggio inviato al commissario Ferrante, ai ministri Clini e Passera, al giornalista Ferrera, al prof. Mapelli (cattedra di siderurgia del Politecnico di Milano), al giornalista Salvia
Ho passato quasi tutta la mia vita di lavoro, da operaio, impiegato e dirigente, nell’ industria siderurgica e penso possa esprimere qualche opinione sull’ ILVA che nel 1951 fu il mio primo datore di lavoro a Bagnoli. Sempre all’inizio degli anni ’50, in occasione dello storico crumiraggio per la Magona a Piombino fui messo a manovrare l’estrattore del coke ed imparai allora molto di più di quanto ho potuto imparare successivamente in sessanta anni di lavoro nell’industria.
L’area a caldo di Taranto è un reperto di archeologia industriale che poteva funzionare quando i polmoni degli operai e degli abitanti non valevano niente e quando l’energia era quasi regalata.
Oltre che per ragioni ambientali non ci si può più permettere di far viaggiare attorno al mondo tre tonnellate di minerale, carbone, calcare e altri componenti primari, per produrre una tonnellata di acciaio semilavorato. Blumi e bramme vanno prodotti quanto più vicini possibile alle miniere e vanno trasformati quanto più vicino possibile ai luoghi di impiego..
Continuare a fare “bonifiche” o “investimenti” nell’ “area a caldo” di Taranto, forse l’ultima al mondo, insieme a Piombino, a ridosso di un grande e moderno centro abitato (e rallegriamoci di aver scampato di doverci occupare anche di Gioia Tauro), è un costosissimo ed inutile esorcismo. E’ come sperare che si possa separare il ferro dal suo ossido per virtù dello Spirito Santo su intercessione di Santa Barbara producendo contemporaneamente acqua ferrarelle ed aria di montagna.
L’area a caldo va sostituita importando sbozzati e producendo i manufatti in acciaio necessari al risanamento strutturale dell’ Italia: le reti di distribuzione (il tubificio, ad esempio, potrebbe essere potenziato per il risanamento della rete idrica italiana che perde acqua da tutte le parti), la difesa del territorio, le reti e dei mezzi di trasporto di massa, ad esempio, le reti metropolitane e le autostrade del mare, ecc….Altrimenti, Marchionne e Marcegaglia importeranno coils e nastri dalla Cina e dall’India e i tarantini rimarranno comunque disoccupati.
Occorre un vero piano industriale di largo respiro magari ascoltando anche i tecnici dopo aver ascoltato, con riserva, i politici e i sindacalisti.
Risposta del prof. Mapelli
Egr. Ing. Coluzzi,
la ringrazio per la sua mail relativa alla mia intervista e per il giudizio che ha espresso.
Ho letto la sua lettera: ritengo che se si voglia rimanere un paese industriale la siderurgia vada migliorata (sicuramente!) ma non abbandonata, quindi troverei rischioso delegare ad altri paesi la nostra produzione siderurgica primaria e, secondo me, mantenere almeno una quota minoritaria di produzione di acciaio prodotto da minerale è fondamentale anche per ragioni di sicurezza nazionale. Oggi la produzione italiana di acciaio da minerale è attorno al 30-35% e scendere al di sotto potrebbe essere pericoloso.
Distinti saluti
Replica al prof.Mapelli
La ringrazio per la Sua immeritata attenzione.
I motivi strategici da Lei segnalati sono sacrosanti ma essi sono di fatto già soddisfatti con la siderurgia da rottame che in Italia ha una grande tradizione ed una grande capacità produttiva. Non dimentichiamo, per i prodotti piatti, l’ esempio di Terni per l’acciaio inox e per l’acciaio magnetico.
Lei dirà giustamente che il rottame è una materia prima critica ma il minerale ed il carbone da coke non lo sono forse di più ?
A meno che non si pensi di alimentare in maniera continua gli altoforni di Piombino e di Taranto e con le ultimissime scorie etrusche di Baratti e con il carbone delle ultimissime carbonaie dell’ Amiata. Ma quand’anche avessimo superato la criticità strategica dell’approvvigionamento delle materie prime di massa (come ?) ci sarebbe ancora da risolvere, senza la siderurgia da rottame, il problema del cromo, del nickel, del manganese, ……(ma già, dimenticavo le colline metallifere di Massa Marittima,….).
Mi scusi se mi sono permesso una replica .
Replica al giornalista Salvia
No, Ferrante non ha ancora risposto così come non hanno risposto Clini e Passera. E non credo proprio che risponderanno occupati come sono ad ascoltare le balle che raccontano loro Riva ed i suoi dirigenti (che, peraltro, fanno il loro mestiere a dimostrazione della lealtà al loro datore di lavoro).
L’affermazione secondo la quale se si chiude l’ “area a caldo di Taranto” finisce la siderurgia nazionale e, addirittura, chiude l’industria italiana è una colossale mistificazione alla quale, purtroppo, abbocca il conformismo giornalistico.
Il ferro è una componente fondamentale dello sviluppo sociale dell’umanità.
Il ferro si trova allo stato già metallico solo nei meteoriti e, liquido, al centro della terra. Siccome non abbiamo ancora trovato il modo di pomparlo in superficie dobbiamo strapparlo dai minerali nel quale è nascosto sotto forma di ossidi e per far questo dobbiamo usare il carbone e produrre quindi inquinanti che sono gli stessi indipendentemente che si lavori a Taranto o a Cornigliano o a Fos, o a Dunkerque o Kativice, ecc..Per i dettagli vedere, se interessa, wikipedia.
Gli etruschi producevano ferro nell’ Elba (antica Ilva) con il minerale locale ma quando ebbero esaurite le risorse boschive dalle quali traevano il carbone trasferirono i “bassi fuochi” lì di fronte a Populonia da dove avevano accesso a più grandi riserve boschive. Ciò solo per ricordare come, la riduzione del minerale fino a ferro metallico avvenisse quanto più vicino alle miniere di ferro e di carbone o in posizione baricentrica rispetto ad esse e così avvenne poi nei bacini della Loira, della Ruhr, della Slesia, dei grandi laghi americani, della Pennsilvania, del Minas Gerais, dell’Orinoco, ecc….ecc…
La siderurgia italiana a ciclo integrale da minerale si sviluppò inizialmente a Portoferraio secondo la logica “etrusca” e si espanse a Piombino, a Bagnoli, a Trieste, a Genova ed a Taranto (ci salvammo per miracolo da Gioia Turo) seguendo logiche autarchico-bellico-politico -sociali spesso antitetiche rispetto ad una sana economia della logistica e dei mercati.
La vocazione naturale della siderurgia italiana, come quella dell’alluminio, del rame, eccetera, non sta nella separazione del metallo dai suoi minerali ma, piuttosto, nella trasformazione del metallo in prodotti finiti come, ad esempio, i tubi, le rotaie o le carrozzerie delle automobili e così via di seguito. Lo si ripete da anni ma poi, la pigrizia storica finisce col mantenere le industrie primarie in località superate dalla storia e dall’economia, con il prosciugamento di preziose risorse finanziarie, con la contaminazione del territorio e dell’aria, con la mortificazione di capacità imprenditoriali e tecnologiche. Certo, è più facile formare e tenere un operaio o un diplomato di fronte al quadro di comando di un altoforno piuttosto che davanti al computer per progettare e costruire reti di distribuzione idrica, sistemi di difesa del territorio, sistemi di trasporto moderni, ……tutto quanto occorre all’Italia per uscire dallo stato di arretratezza nel quale ci siamo cacciati senza considerare gli sbocchi di esportazione negati oggi alla ghisa, alle bramme ed ai coils a caldo.
Non credo proprio di avere in tasca la soluzione perfetta ma si prenda almeno in considerazione, accanto al mantenimento di uno statu quo fallimentare, il trasferimento degli impianti di siderurgia primaria a ciclo integrale (come è stato fatto per Bagnoli) e l’ alimentazione del ciclo a freddo (ampliato e prolungato a valle) con sbozzati prodotti accanto alle miniere. E’ probabile che ne venga appesantito il bilancio energetico che però potrebbe avvantaggiarsi dalla economia dei trasporti.
L’alternativa è di gettare altre centinaia di milioni di euro in un pozzo senza fondo con il risultato di rimanere senza siderurgia né primaria né secondaria e con mezza Italia da bonificare comunque, (ma per far questo potremo sempre usare gli operai rimasti a casa………
@giuseppe pasquali coluzzi
Beh, a un elenco così circostanziato è davvero difficile replicare.
Quindi parlo d’altro e la invito a visionare, in tema di “ultimi al mondo a ridosso dei centri abitati” (sul “moderno” mi riservo il giudizio), la sede di Expo (attualmente in corso in Corea, quella osannata per i parchi minerali coperti e mostrata in tv con rendering spacciati per foto reali) Yeosu, 295.000 ab (per inciso il tema di Expo è The Living Ocean and Coast. Potrà notare che circa 20 km a nord c’è la più grande acciaieria del paese e del mondo. La città vicina ha solo 140.000 abitanti.
Veda poi che a Taranto, come in altri siti (Portovesme in primis) la questione ridotta all’osso non è in termini tecnici ma in termini politici, cioè in un caso se le autorizzazioni rilasciate siano legittime e nel secondo se lo stato (cioè il contribuente) deve sostituirsi all’imprenditore.
Cioè se l’acciaio e l’alluminio in italia hanno futuro lo dice il mercato. Lo stato (nel caso la UE) detta le regole. I giudici semmai le applicano.
Ma di certo la politica industriale non la fa la pseudoinformazione e i processi non si fanno in piazza. Almeno così credo.
Cordialmente
@giuseppe pasquali coluzzi
“l’ “area a caldo” di Taranto, forse l’ultima al mondo, insieme a Piombino, a ridosso di un grande e moderno centro abitato”
Servola (Trieste) Cremona Vicenza Padova Aosta Terni Potenza Casoria ecc ecc
righe che avevo tagliato dalla coda del post precedente in quanto inutili, sono malauguratamente ricomparse di bel nuovo; ero al telefono e non so come ho fatto.
chiedo scusa.