Il tramonto di Capra
Il Tar di Brescia ha accolto il ricorso urgente dei comuni di Milano e Brescia contro l’esclusione dal diritto di voto nell’assemblea degli azionisti di A2A, attualmente in corso, che tra le altre cose deve nominare il nuovo Consiglio di Sorveglianza dell’azienda. Si tratta della fine di un’epoca, quella che ha visto Renzo Capra dominare incontrastato sull’utility bresciana, ma non di un paradigma. Al di là dell’ultimo colpo di coda con cui Capra aveva tentato di sfruttare alcuni errori formali dei due enti locali, come ha scritto Carlo Lottieri quella a cui abbiamo assistito è stata la coda di un conflitto politico lungo e feroce. Si può e si deve essere critici coi modi delle amministrazioni, ma alla fine della fiera le municipalizzate restano feudo del settore pubblico. Non c’è regola borsistica o attenzione alle questioni di tatto che possa far venire meno questo dato. In questo senso, la discontinuità riguarda semplicemente il colore politico della giunta della città della Leonessa, recentemente conquistata dal centrodestra dopo un lungo regono del centrosinistra (e prima ancora della sinistra Dc). Il vero problema è che la politicizzazione del gruppo non è in discussione, e questo è e sarà fonte di innumerevoli distorsioni, anche perché non stiamo parlando di una società piccola e marginale, ma di una delle maggiori imprese italiane nel settore elettrico, che per giunta è azionista ultra-influente della seconda impresa del settore, Edison. E’ dunque poco interessante sindacare sui nomi, uscenti ed entranti, perché, a prescindere dai rispettivi meriti tecnici e politici (coi secondi sempre e comunque prevalenti sui primi), la logica in cui il gruppo si muoverà resterà più sensibile ai segnali elettorali che a quelli del mercato. L’unico modo di uscire da questo modo di ragionare perverso e dannoso, come abbiamo sostenuto in questo pamphlet dell’IBL, è privatizzare le municipalizzate – a partire da quelle più grandi e influenti – e liberalizzare autenticamente i servizi pubblici locali. Purtroppo, nulla di tutto ciò è neppure lontanamente all’ordine del giorno del dibattito politico: tutto quello che ci resta è il derby tra i manager.