Il Sulcis paradigma e sfida se l’Italia vuole fare sistema – di Angelo Spena
La progettualità come metodo e l’esigenza di investitori di lungo termine
Riceviamo da Angelo Spena e volentieri pubblichiamo. La questione del Sulcis è particolarmente complessa e va affrontata con attenzione. La tesi di questo articolo non è necessariamente condivisa da Chicago-blog ma riteniamo utile aprire un dibattito. Nelle prossime ore ospiteremo anche altri punti di vista.
Spariranno dalle tasche degli italiani che accendono la luce, più di duecento miliardi di euro nei prossimi venti anni per pagare la convulsa una tantum per le rinnovabili del vento e del fotovoltaico. Un prelievo forzoso spintosi al di là di ogni previsione, innescato dalla beffa fatta al decreto “salva-Alcoa” nell’estate 2010 da politici oggi immemori. Bene per i capitalisti delle rinnovabili, ma i lavoratori Alcoa sono tutt’altro che salvi.
E non si trovano 200 milioni di euro per 8 anni (facciamo pure 2 miliardi: è solo l’uno per cento di quella giga-patrimoniale) per rilanciare investimenti e mantenere l’occupazione (quella vera, non quella degli indotti effimeri o di precari della finanza creativa) nell’area del Sulcis, un distretto senza pari per cultura industriale e per storico radicamento nella democrazia e nella legalità.
Eppure esiste da anni un progetto integrato di valorizzazione delle risorse locali, umane e minerarie, organico, razionale e soprattutto sinergico, un caso da manuale unico al mondo. Non è accettabile che un paese che aspira a salvarsi dal declino abbandoni una simile opportunità. Non ha senso che un ministro dell’Ambiente chiosi di “aver bisogno di dati economici di riscontro” o che Enel misuri e rimisuri i contenuti di zolfo: “Che fa il nesci, Eccellenza?” direbbe il Giusti. La questione è di metodo, sul merito lo sanno anche i bambini che Carbonia non è in Pennsylvania. Ma se non si salva il Sulcis questo Paese non ha futuro, semplicemente perché rifiuta la progettualità come metodo e la ricerca come paradigma.
Perché questo è il punto. La progettualità, il futuro. In una parola, la visione. Per scoprire che manca il convitato di pietra: la finanza di lungo termine.
Il comparto dell’energia ha due caratteristiche fondamentali: è ad alta intensità di capitale, e richiede una visione di lunghissimo periodo. Purtroppo, in un sistema economico globale in cui la durata dei beni è sempre più breve, non è rimasto ormai altro tipo di bene/servizio a medio-alto contenuto tecnologico altrettanto longevo – se si escludono le flotte armatoriali – di una centrale o di una rete energetica di qualunque tipo, che deve vivere almeno trenta-quarant’anni. Una delle concause della schizofrenia nell’affrontare (e quindi, di fatto, nel rinviare sine-die) il problema dell’energia è la progressiva scomparsa di metodi e di categorie di investitori specializzati per quei lunghissimi tempi: affrontare le strategie industriali del territorio o dell’energia affidandosi a iniziative, aspettative e pressioni di private equity e capital venture è come pensare di sostituire una dieta dimagrante con una sauna o con il salto di un solo pasto. Già nel 2009 i più avveduti analisti economici[1] attribuivano il crollo dei mercati dell’anno precedente a due cause principali: l’ossessiva ricerca di profitti elevati a breve termine e lo scollamento tra gli strumenti finanziari e le esigenze dell’economia reale: “L’emergere di un robusto gruppo di investitori di lungo termine potrebbe rivelarsi – in un contesto regolamentare appropriato – il migliore alleato dei policy maker”. E ancora: “Ma i sistemi di regolamentazione finanziaria nazionale e internazionale non favoriscono lo sviluppo di questa categoria di investitori … E’ auspicabile che i policy maker operino una chiara distinzione tra investitori di lungo termine … e le banche e i fondi comuni, che devono rendere conto ai loro azionisti e sottoscrittori e creare per essi valore a breve termine.” Concludendo che i nostri governi e i nostri legislatori avrebbero dovuto cercare un aiuto importante “nell’attività dei veri investitori di lungo termine, se sapranno creare per loro un quadro regolamentare favorevole, senza obbligarli a giocare con le stesse regole dei protagonisti del breve termine”.
Caro ministro Passera, Lei è stato (e rimane) il più rispettato banchiere italiano. Conosce questi temi meglio di me e di tutti noi. Solo la dimensione tempo dà profondità, vita, futuro alle scelte per l’energia. Tutto il resto è speculazione, mordi e fuggi. Se solo metà delle risorse Enea, come ebbi modo di proporre[2] in un convegno nel febbraio del 2001 (undici anni fa!), fosse stato dedicato al carbone pulito, oggi saremmo all’avanguardia di clean technologies che potremmo esportare in tutto il mondo in cambio di materie prime. Forse siamo ancora in tempo. Il progetto Sulcis è da corroborare, finanziare, farne un progetto-bandiera! Coniuga il capitale dell’energia con l’occupazione del comparto minerario e dei servizi. E’ una occasione unica per rilanciare sulle nuove tecnologie trasferendole a Cinesi e Indiani: come desolforare il carbone, come costruire carbonili a calotta tipo Torrevaldaliga, come iniettare CO2 in reservoir sottosuolo e nel carbone in sicurezza. Il Pianeta non ce la fa se i paesi emergenti non imparano a bruciare meglio il carbone!
Deve però, signor Ministro, affrontare e risolvere un secondo problema di metodo. Se “l’Italia deve guarire dalla malattia che l’idea vale più della realizzazione” – come spiegava nel suo editoriale del 29 agosto il Direttore del Sole24Ore commentando le parole del Premier “Siamo bravi nel proporre … ma deboli nel dare seguito realizzativo alle decisioni” – allora dovrà mettere a punto con urgenza strumenti affidabili di lungo e lunghissimo termine per il finanziamento delle infrastrutture sul territorio, senza paura di lavorare sulla scala dei tempi: incentivi alla ricerca oggi, per l’industria e la società di domani. Augurandoci tutti che il rilancio del Sulcis non sia oggetto di perniciose e indebite contropartite come avvenne con il salva-Alcoa.
Un approfondimento del tema si trova in “Difendiamo l’energia, il tempo c’è”, di Angelo Spena, disponibile qui (PDF).
Prof. Angelo Spena
Ordinario di Fisica Tecnica Ambientale.
Coordinatore Dottorato in Ingegneria delle Fonti di Energia, Università di Roma Tor Vergata.
Componente del Search Committee del Miur per i presidenti degli Enti vigilati di ricerca.
Note
[1] F. Bassanini, A. De Romanet, F. Maystadt, U. Schroeder, “Caccia agli investitori di lungo termine, Lezioni per il futuro”, Il Sole-24 Ore, luglio 2009.
[2] Concetto poi ripreso ne “Il problema dell’energia: crocevia di politica economica, estera e tecnologica”, Statistiche Petrolifere, anno XV, novembre 2010.
Domanda da persona ignorante e incompetente in materia. Perché lo Stato non non crea le condizioni (es. totale defiscalizzazione per x anni o decenni, concordata con l’UE) affinché su questo progetto strategico non possa investire un grande player del settore, quale concessionario scelto con una gara pubblica internazionale? Ringrazio fin d’ora per l’eventuale risposta.
ragionando così si trova sempre qualche motivo per spendere soldi pubblici a favore di qualche settore in difficoltà… io dico che se l’intervento non lo fa il mercato (privato) non lo deve fare nessuno, soprattutto il settore pubblico italiano che è strutturalmente incapace di far rendere qualunque attività….. al massimo il pubblico può incentivare o agevolare temporaneamente il privato, ma di sicuro non lo deve fare lui in itaglia
e al prof Spena vorrei ricordare che stare in mille comitati e coordinamenti finanziati da spesa pubblica probabilmente oggi non consente di avere quella visione distaccata necessaria per decidere come diminuire la spesa pubblica.
quanto al “banchiere più rispettato” citato nel pezzo, voglio solo dire che chiunque abbia dimestichezza con il funzionamento dei vertici del sistema bancario italiano sa perfettamente che per arrivare ad essere tale si deve avere una così elevata dose di leccaculismo, opportunismo, cinismo, arrivismo, impermeabilità al senso di giustizia e al voler fare le cose per bene che solo un pazzo può pensare di affidarsi a costoro per qualsivolgia decisione, o se non un pazzo un “amico del sistema” che da anni ci convive e ci mangia.
vien sempre più voglia di seguire il consiglio di john gait, itaglia al fallimento e alla rovina, così poi non resterà più nulla per questa gente, si potrà riformare davvero su nuove scale di valori e senza troppa paura, chi vale e sa rimboccarsi le maniche qualcosa da fare troverà e senza tanti sapientoni pagati coi suoi soldi che gli dettano le “regole” e gli spiegano come deve farlo
Complimenti al prof. Spena per la sua consueta informata persipacia. Certo il metodo con cui tratta temi così specifici, poco si presta alla divulgazione generica e diffusa, meglio continuare a credere che i costosi incentivi a ormai vetuste teconologie rinnovabili siano il notro futuro, così possiamo continuare a bruciare (male) petrolio e carbone, e guardare fuggire le multinazionali dall’Italia per eccessivo costo dell’energia.
Purtroppo il tempo ed i soldi buttati non tornano più. Le miniere del Sulcis, sotto le luci della ribalta in questi giorni per la crisi occupazionale, avrebbero potuto rappresentare un eccellente banco di prova per tecnologie clean coal innovative, data la scarsa qualità del prodotto che, allo stato attuale, non ha praticamente mercato. Oggi le imprese italiane potrebbero aver maturato esperienze tali da essere all’avanguardia in un settore promettente. La domanda di carbone nel mondo è in crescita e nel mondo ci sono enormi riserve di carbone, la maggior parte delle quali presentano livelli di impurità e di zolfo tali da richiedere cautele nell’essere “bruciati”.
Si è preferito finanziare il fotovoltaico e l’eolico, che sono fonti discontinue e costose, e spendere centinaia di milioni di euro per ripianare anno per anno le perdite di gestione della Carbosulcis.
Può essere tardi per colmare un gap tecnologico enorme con i migliori impiantisti mondiali. E’ sicuramente tardi per risolvere la crisi dell’area perché studiare, progettare e realizzare il primo impianto specificamente pensato per sfruttare quel tipo di carbone passano anni. Intanto l’Alcoa se ne è andata via a causa dei costi energetici (cessate le agevolazioni pubbliche l’impianto era in perdita) e i potenziali acquirenti si porranno sicuramente il problema dei costi energetici oltre che quelli fiscali/burocratici ed il rischio legale altissimo a causa dello stato della giustizia.
La Sardegna è una regione che produce più elettricità di quella che consuma. La chiusura dell’Alcoa aumenta l’eccesso di capacità produttiva.
MAMMA MIA!!
Assiduo frequentatore di queste pagine lascio per la prima volta un mio commento.
Purtroppo sono basito dai contenuti dell’articolo e dei commenti..
Prima qualche piccola nota di merito (sono un profondo conoscitore di tutta questa vicenda da decenni): il famoso bando pubblico di gara internazionale che oggi a gran voce si richiede E’ GIA’ STATO FATTO NEL 2006-2007; il liberalissimo Governo Berlusconi aveva previsto il riutilizzo di una vecchia norma CIP6 (da lui stesso introdotta nel lontano 94) per cercare di risolvere in un colpo solo il problema della miniera del Sulcis e quello (ancora più grave in termini occupazionali) delle imprese energivore locali (Alcoa, Eurallumina, Portovesme etc.) con un colpo di mano da vero Stato assistenzialista.
Ovviamente appena Bruxelles ne venne a conoscenza (nel più puro stile italiano non si era fatta una notifica preventiva alla CE come previsto) bollò il tutto come il più classico aiuto di Stato.
Ma quello che mi sembra che nessuno ricordi è che BEN PRIMA del pronunciamento della CE tale asta internazionale era andata COMPLETAMENTE DESERTA.
Ah che cattivoni questi industriali privati che non credono a questo bellissimo progetto..
Possibile che con quante aziende europee super bellicose che quando si tratta di irrompere sul mercato italiano non si fanno scrupoli (vedasi i monopolisti pubblici francese Edf e GDF/Suez o la privata Eon tanto per capirci), nessuno, proprio nessuno volesse investire i suoi soldi in questo progetto?
E mi viene da chiedere gentile Prof. Spena se lei avesse i soldi di Berlusconi, li investirebbe ad occhi chiusi in questo splendido progetto??
La verità è una, sola e semplice: quella miniera fa schifo, e oltre i contenuti chimico-fisici di quel “carbone” che a norma di legge non lo rendono nemmeno un combustibile (è stata fatta un’apposita deroga per bruciarlo), è totalmente anti-economica.
E dall’altra parte una completa assenza di politica energetica (dettata dai tempi di Mattei ESCLUSIVAMENTE dall’ENI – che guarda caso era la proprietaria di quella miniera prima di rifilarla alla Regione Sardegna) ha fatto sì che oggi i nostri COSTI per l’energia siano i più alti dell’Europa.
Ma, dopo queste sintetiche premesse (potrei continuare per pagine e pagine), arrivo con la domanda clou: gentile Professore e gentili commentatori, e chi avrebbe dovuto svilupparle in Italia queste favolose tecnologie sul carbone pulito da esportare in Cina e in tutto il mondo??
L’ENEA?? L’Ansaldo?? L’Università Italiana??
La Sotacarbo (50% ENEA e 50% Regione Sardegna) esiste a questo scopo da 25 anni..
Fior fiore di tecnici e ingegneri che in questo mirabile lasso di tempo non hanno prodotto nulla..
E l’Enea di quali meraviglie ci ha coperto in questi decenni??
Degli specchi di Rubbia???????
Sappiamo quanto spendiamo per l’Enea ogni anno??
Ma sapete qual è la cosa più triste? Conoscere la gente che ci lavora.. Gente IN GAMBA come QI e preparazione accademica.. quando entrano.. nel giro di pochi anni diventano dei …. (non voglio offendere) che non hanno un’idea di cosa significhi lavorare professionalmente!! (in molti casi non hanno proprio idea di che significhi lavorare)
Perché i Dirigenti sono dei lottizzati privi di qualsiasi competenza manageriale (e a volte privi di qualsiasi competenza e punto).. BASTA! Il PUBBLICO E’ LA ROVINA DELL’ITALIA!! BASTA BASTA BASTA!
La spending review? Se si eliminasse da un giorno all’altro l’Enea non succederebbe assolutamente niente!
Non pensavo che Chicago-blog potesse ospitare articoli di questo livello.. Siete (e lo sono anch’io) davvero liberali!! E’ che qualcuno non del campo a queste favolette ci potrebbe credere.. (vedasi i commenti che mi hanno preceduto)
Credo che di strategico nel produrre carbone in forte perdita in Sardegna non ci sia un bel nulla. Conviene mille volte comprare bulk oltreoceano. Conviene mille volte – a tutti noi trattandosi di soldi nostri – prepensionare i cari lavoratori e pagargli un abbonamento ad un dopolavoro speleologo. Conviene e di molto piuttosto che continuare a produrre….Idem per l’alluminio….
Ha perfettamente ragione.
La miniera di Nuraxi Figus esiste da più di un secolo e non ha mai generato profitti. Cosa si intende per “lungo periodo”? E perchè un investitore dovrebbe investire pesantemente nel carbone cattivo del Sulcis quando il mondo rigurgita di carbone buono? L”Enel ha da poco costruito una centrale state-of-the-art a Civitavecchia, un autentico gioiello, e gliela vogliono far chiudere http://ambientebio.it/civitavecchia-il-sindaco-ipotizza-la-chiusura-della-centrale/ chi volete che si metta a costruirne un’altra? Per fargli fare la fine dell’ILVA di Taranto?
Hanno perfettamente ragione Poggi 71 e Massimo
L’unica cosa giusta nell’articolo di Spena è rilevare l’enormità dell’errore commesso nel finanziare le fonti rinnovabili, insostenibili economicamente. E’ il settore più parassitario in assoluto. Ha beneficiato di risorse ingiustificate strappandole con il ricatto morale. Sarebbe il caso di non ripetere questri errori, per esempio col Sulcis.
Io ho iniziato la mia attività come costruttore di apparecchi ed installatore di centrali termiche per l’utilizzo dell’olio combustibile. Clienti tipici: industria tessile. Sul più bello che ero ben avviato, nessuno ha più voluto l’olio combustibile (tutti convertiti a gas, la legge lo ha progressivamente vietato) e l’industria tessile (e non) è andata via dall’Italia. CIò che avevo costruito valeva ZERO. Non mi sono tagliato le vene (cosa sarebbe cambiato?), ho cambiato settore.
E’ comprensibile aiutare i minatori a riconvertirsi. Insistere in attività completamente fuori mercato vuol dire invece solo perdere tempo e distruggere ulteriori risorse dei cittadini.
Il Sulcis fa notizia perchè sono tante persone in un colpo. Ma quante perdono il lavoro ogni anno in silenzio solo perchè lavorano in imprese più modeste?
Come correttamente più volte espresso da OG si aiutano le persone (a cambiare mestiere) non le aziende decotte. Altrimenti, se le aziende fuori mercato non muoiono mai, sopravvivono solo quelle e per mantenerle tocca uccidere (di tasse) quelle che producono reddito. Così si è fatto molto poer il declino dell’Italia.
E’ un’offesa all’intelligenza dei lettori di questo blog ospitare le riflessioni del prof. Stena.
Leggendole si capisce perchè l’Italia sia così codina rispetto alle nazioni più avanzate.
Come si può assegnare una cattedra universitaria ad un individuo che a malapena è riuscito ad infilare la manopola sulla clava?
Come possiamo essere convinti di evolvere se affidiamo la formazione del nostro futuro a simili personaggi?
Dubito anche della buona fede del Nostro quando si sofferma ad elogiare il vostro ministro Profumo che ritengo appartenente ai rifiuti della classe sociale e quindi da indirizzare in discarica.
Dissento anche dal concetto di libertà e tolleranza offrendo eco a simili fanfaluche, anzi ammorbano quel poco di purezza che ancora aleggia nell’aere del nostro stato.
Vergognatevi!!!
Sposo in toto le riflessioni di poggi71 supportandole dai miei complimenti.
A volentieri rileggerla.
Domanda che puo essere interpretata come ironica o come domanda seria fatta da un ingenuo:
“ma qualcuno ha proposto di fare un investimento alla famiglia al-Thani?” (la famiglia che sta comprando dai quadri alle squadre di calcio ai deputati egiziani….)
@poggi71
Secondo l’Energy Information Administration ( http://www.eia.gov/cfapps/ipdbproject/IEDIndex3.cfm?tid=1&pid=7&aid=6 ) le riserve mondiali di carbone ammontano complessivamente a 948 miliardi di short tons (circa 860 miliardi di tonnellate metriche) fra antraciti, scisti bituminosi e ligniti. La tima è riferita al 2008. Le riserve italiane ammontano a poco meno di 10 milioni di tonnellate.
Non c’è dubbio che il carbone del Sulcis sia di pessima qualità, privo di valore commerciale, ma è un degno rappresentante dei carboni di bassa qualità che compongono gran parte delle riserve mondiali per il contenuto di zolfo (oltre il 6%!) e la presenza di notevoli quantità di impurità che richiedono trattamenti speciali per poter essere utilizzato come combustibile.
L’idea del “banco di prova” è sicuramente interessante anche se, a mio avviso, il tempo è ormai scaduto per via dei progressi che si stanno compiendo nelle tecnologie del clean coal. Quello che poteva essere buono 10 anni fa, oggi è ormai superato dai progressi fatti dagli altri. Siamo fuori dal settore!
Non credo che lo Stato debba direttamente impegnarsi nella ricerca applicata e nella gestione di imprese, ma può collaborare con le imprese fornendo finanziamenti per progetti di respiro strategico. Lo ha fatto anche Regan!
Su progetti a lungo termine come quelli degli impianti energetici e delle nuove tecnologie ritengo che sia necessario sussidiare le industrie per sopperire alle difficoltà di finanziamento autonomo a 30-40 anni. La cosa è ben diversa dal diventare Stato-imprenditore o Stato-gestore-di-progetti-di-ricerca. Mi sembra che avere una visione economica basata solo sullo short term sia alquanto miope e foriera di disastri.
Mi spiace contraddire il collega Spena, ma il carbone pulito non esiste, e il sequestro della CO2 è pura follia. La soluzione per l’energia elettrica è rinnovabili più nucleare e un giorno, troppo tardi, lo capiremo tutti.
@giovanni carboni
Con il termine di clean coal s’intende l’insieme delle tecnologie che permettono di ridurre a frazioni trascurabili le polveri e gli inquinanti. Queste tecnologie riguardano la preparazione del combustibile, la combustione vera e propria ed il trattamento dei gas di scarico. Questa è una realtà già operativa con tecnologie come la polverizzazione e la polverizzazione pressurizzata ed in veloce divenire con l’IGCC (Integrated Gasification Combined Cycle). Nell’atmosfera sono riversati essenzialmente vapore acqueo e CO2.
Il sequestro della CO2 aggiunge un costo ulteriore che rende meno competitivo l’uso dei combustibili fossili. Il CCS (Carbon Capture ad Storage) è un ulteriore processo aggiuntivo che si può applicare con opportune varianti tecnologiche agli impianti che bruciano qualsiasi combustibile (Carbone+CCS, Olio combustibile+CCS, GAS+CCS, biomasse+CCS). Il sequestro della CO2 è possibile solo se l’impianto termico è situato in prossimità di siti geologici adatti allo stoccaggio permanente della CO2. In generale si tratta di giacimenti di gas naturale e petrolio in cui lo strato poroso è sigillato fra strati di rocce impermeabili. E’ interessante utilizzare l’iniezione di CO2 in giacimenti in via di esaurimento in quanto facilita l’estrazione del gas e/o del petrolio aumentando la redditività e prolungando la vita del giacimento.
La CO2 NON E’ UN INQUINANTE, anzi è fondamentale nel ciclo di sostentazione della vita. La CO2 è un gas serra e non è neppure il principale (vapore d’acqua) e neppure il più efficace; si pensi che il metano è 23 volte più efficiente della CO2 come gas serra. La CO2 è immessa nell’atmosfera da tutti gli esseri viventi, dai vulcani, ecc., ed è assorbita da particolari tipi di rocce, dai cianobatteri, dalle piante, ecc. L’uomo può alterarne il ciclo con l’errata gestione dei rifiuti e dei terreni, l’inquinamento degli oceani, ecc. e non solo attraverso l’emissione di CO2 da combustione. Tutti d’accordo sull’impedire l’emissione di mercurio, NOx, SO2, ecc., e anche sul limitare l’emissione di CO2, ma senza atteggiamenti ipocondriaci.
Quanto alle fonti di energia, la diversificazione è strategicamente vitale. Ben venga quindi il carbone a fianco del nucleare, delle biomasse, del gas, dei biofuel, ecc. E’ molto importante garantire una relativa stabilità dei prezzi per evitare che improvvise crisi si traducano in un collasso dell’economia. Dovremo puntare sui combustibili fossili per decenni perché l’uranio è comunque una risorsa esauribile (anche se a lungo termine), le rinnovabili sono costose e lo saranno ancora per lunghissimo tempo e molte di queste fonti sono discontinue.
Per rendere le rinnovabili industrialmente valide e non solo un complemento: “cercasi Prometeo” che inventa il modo di sfruttare le correnti oceaniche profonde e il geotermico ad alta entalpia senza aumentare la sismicità dell’intera regione.
@Francesco_P
Il mio primo impulso sarebbe stato eccessivamente offensivo. Direi che ad esprimersi su questioni tecnologiche forse sarebbe più adeguato un ingegnere che un fisico.
Del resto delle tecnologie per il carbone pulito come di quelle per gli scisti bituminosi si parla da tantissimi anni ma di fatto per questi ultimi qualcosa si è fatto di concreto, per il primo mi risulta ben poco.
Ma di che andiamo cianciando ? Ammettendo di valutare la cosa che si fa si mentiene in attività una miniera ora inutile mentre si cerca una soluzione ? Da ingegnere direi che invece si ferma tutto in sicurezza e si sviluppa una tecnologia, se esiste.
Ma lasciamo perdere per favore le favole del sequestro della CO2. Molti studi recenti stanno iniziando a smentire questa possibilità, costosa, inutile e pericolosa.
Vogliamo dire quello che nessuno vuole dire ?
SIAMO ARRIVATI AL PETTINE E STIAMO INIZIANDO SERIAMENTE A PAGARE LA SCELTA DEMAGOCICA DI RINUNCIARE AL NUCLEARE !
ecco l’ho detto anzi gridato. Mi salteranno addosso in tanti ma dico, quando si spendone una diecina di miliardi l’anno in incentivi alle favole, il costo di una centrale nucleare … E si è visto il frutto del lavoro di un ingegnere che diresse Caorso andare in fumo, anzi in polvere ….
E il peggio è che non abbiamo speso una tantum ma ci siamo invece impelagati in un mutuo ventennale di questi incentivi !!!!!!!!
Insomma facciamo un mutuo per una casa senza la casa !
E ci credo che gradi gruppi di investimento hanno sottratto soldi dal mercato per metterli in questi impianti
Mi associo anch’io
Straquoto poggi71, il problema della Sulcis è che quel carbone costa più a smaltirlo che a estrarlo e nessuno lo vuole. Tutta questa storia non sarebbe mai neanche dovuta esistere e purtroppo buttare fumo negli occhi con il miraggio del carbone pulito è veramente troppo, l’unica cosa che si può fare è di cancellare le norme ambientale e di bruciarlo così com’è e sotterrarlo in qualche buca senza troppi patemi (e anche in questo modo non è sicuro che non si vada in perdita).
@poggi71
“E dall’altra parte una completa assenza di politica energetica (dettata dai tempi di Mattei ESCLUSIVAMENTE dall’ENI – che guarda caso era la proprietaria di quella miniera prima di rifilarla alla Regione Sardegna) ha fatto sì che oggi i nostri COSTI per l’energia siano i più alti dell’Europa.”
La mia tesi di laurea in ingegneria chimica, anno 1981 alla Sapienza di Roma, relatore il Prof. G. Variali, si intitolava “Ottimizzazione del processo di idroliquefazione del carbone del Sulcis”.
Pochi mesi dopo feci un colloquio di assunzione all’AGIP. Il tipo che mi aveva chiamato mi chiese se potevo portarglierla in visione. Se la prese e non me l’ha mai restituita anche perché nel frattempo avevo scelto un’altra azienda.
Il Prof. Spena ha pienamente ragione nel dire che mancano i sistemi per finanziare i progetti a lungo termine. Un tempo lo si faceva perché si pensava ai figli e ai nipoti, oggi non più, si guarda la guadagno a breve. E’ un’esperienza che, lavorando nell’industria e in particolare nel settore energetico, conosco benissimo.
In teoria dovrebbe essere lo Stato a farsi promotore, attraverso il meccanismo del debito pubblico, del finanziamento di investimenti a lunga scadenza. Sappiamo invece bene in quali altri modi lo Stato italiano abbia utilizzato il debito.
Possibile che tutti i cervelloni che hanno inventato le stramberie più assurde in campo finanziario non riescano ad inventare un modo per rendere attraente l’investimento di lungo e lunghissimo periodo?