11
Gen
2014

Il Sud, le accise e la casa: come aggravare il gap di chi sta peggio

C’ è un punto di fondo, che ancora non è stato toccato nel convulso dibattito sull’aumento del prelievo fiscale italiano. E’ un punto che riguarda il nodo forse più di fondo della decrescita italiana, e del freno a recuperare il gap accumulato. Eppure, nessuno ci ha fatto caso, o almeno così mi sembra. Il che la dice lunga, su quanto l’attenzione pubblica sia lontana dal dramma del dualismo italiano: il dramma del Sud, che perde in questi anni anni molto più del Nord in termini di produttività, reddito disponibile, occupati.

Non amo le geremiadi di circostanza sul meridionalismo tradito. IL Mezzogiorno ha le sue colpe gravi, non è figlio di una spoliazione arcigna operata da rapaci nordisti. Per decenni, nella lunghissima stagione dell’intervento straordinario, decine di punti di Pil di risorse pubbliche sono state convogliate al Sud. Ma in 152 anni di storia unitaria il gap resta e si aggrava, rispetto alla lezione dataci dalla Germania in 20 anni su recupero e rilancio della sua parte orientale, ex Ddr. Detto questo, resto basito dal fatto che nessuno noti come la politica fiscale seguita in questi ultimi anni bastoni il Mezzogiorno ancor più duramente del resto d’Italia. E’ il Sud, infatti, la parte d’Italia più colpita dalle due tenaglie più affilate della strategia fiscale che emerge dalla legge di stabilità e dai decreti successivi, con cui il governo Letta sta tentando di rimediarne, dopo tanti mesi di preparativi e asgiustamenti, i guai.

Quali sono, le due tenaglie? Quelle alle quali la strategia fiscale di Letta e Saccomanni hanno affidato il più della messa in sicurezza dei conti 2014 e degli anni a venire, in mancanza dei tagli di spesa per i quali tutti continuano a citare la salvifica spending review di Cottarelli. Che però ha il difetto di non essere cifrata in termini precisi nella legge di stabilità, visto che i politici di ogni partito preferiscono sui tagli di spesa affidarsi a un tecnico esterno, pur di non pagare il prezzo dell’impopolarità. Le due tenaglie sono quelle del prelievo patrimoniale in particolare sugli immobili, e dell’aumento di accise ed imposte indirette.

Perché colpiscono più pesantemente il Mezzogiorno? Purtroppo è evidente. Nel primo caso, l’imposizione immobiliare, si tratta di entrate pubbliche definite prevalentemente su basi patrimoniali. Nel secondo caso, le imposte indirette dipendono dai consumi. In entrambi i casi, dunque, la base imponibile prescinde .- tranne che per parti infinitesime, come l’eventuale detrazione sulla componente Tasi della nuova IUC, che dovrà essere deliberata dai Comuni – dal reddito di coloro che ne vengono colpiti. Poiché il reddito procapite del Mezzogiorno è ormai in molti casi inferiore di un terzo o di quasi la metà rispetto a quello di alcune regioni del Nord, la morsa della scelta governativa rappresenterà un nuovo colpo asimmetrico a svantaggio del Mezzogiorno.

Per rinfrescare la memoria, se osserviamo le dichiarazioni 2012 dei redditi 2011 dei contribuenti italiani, rispetto a un reddito procapite di 23.210 euro della Lombardia, la Campania stava a 16.360 euro – quasi di un terzo inferiore – e la Calabria a 14.230 – inferiore del 40%. Su questa base di reddito disponibile tanto inferiore, sia i prelievi al consumo – accise e maggiorazione dell’IVA – sia quelli patrimoniali incidono in maniera regressiva, determinando cioè riduzioni del reddito disponibile tanto più gravi laddove, al Sud appunto, il reddito disponibile di base dopo questi anni di crisi tremenda già era tanto più basso.

Avrebbe dovuto pensarci, il governo, prima di decidere l’aumento delle accise sugli alcolici e sulle sigarette elettroniche, prima di alzare l’aliquota ordinaria IVA al 22% e dal 4 al 10% sui distributori automatici di alimentari e bevande, prima di elevare l’ammontare dell’imposta di registro e di quella suo conto-titoli di risparmio, o di diminuire la detrazione sulle polizze vita e infortuni. Ed è un bilancio negativo per il Sud aggravato dalla IUC, che somma la vecchia IMU residua, Tasi e Tari, con le sovraliquote per compensare i Comuni. Perché se andiamo a vedere il Rapporto Immobili 2012 elaborato dall’Agenzia del Territorio e dal Dipartimento delle Finanze, sui 24,6 milioni di italiani proprietari di almeno un’unità immobiliare, al Sud sia tra proprietari di prima che seconda casa i pensionati superano i lavoratori dipendenti, e nel loro caso il reddito disponibile nel Mezzogiorno è in media di poco superiore ai 12 mila euro l’anno, e in alcune regioni inferiore ai 10mila.

E’ ovvio che queste ragioni NON implichino affatto che non si debba mettere mano, in una situazione di conti pubblici tanto pregiudicata come quella italiana, anche a un riequilibrio nel quale la componente patrimoniale e quella indiretta delle entrate abbia un suo ruolo. Ma, appunto, deve trattarsi di un riequilibrio: cioè di un quadro generale di riduzione della pressione fiscale generale pluriennale in coerenza ai tagli di spesa, nel quale per generare crescita aggiuntiva le componenti patrimoniali e indirette vengano compensate da riduzioni delle aliquote marginali, medie e mediane del prelievo sui redditi delle persone fisiche e giuridiche. Se invece si procede per semplice sommatoria di aggravi su tutte le fonti di prelievo, quando il piede slitta sulla frizione delle imposte patrimoniale e indirette, allora si colpiscono di più i più poveri.

E’ un Paese smarrito e sulla via di perdersi, quello in cui si decide tutto questo a svantaggio di chi sta peggio. Quel che è peggio, poi: senza neanche rendersene conto.

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12 Responses

  1. Nord Sud

    hai commesso 2 errori tecnici :
    1) tutte le analisi dimostrano che tasso di evasione Redditi al Sud è molto più alto che al Nord : quindi parte della differenza di Reddito di cui parli è fittizia
    2) avevo visto dato su Imu media pagata x abitazione.. nn ricordo numeri ma il senso era inequivocabile : al Nord ogni casa pagava 300 euro.. al Centro 200 euro.. al Sud 100 euro.. ciò in parte dipende dal fatto che effettivamente i valori immobiliari cambiano da regione a regione.. ma non credo proprio che lo stesso appartamento costi 300.000 euro al Nord e 100.000 euro al Sud.. c’è una questione di Differente grado di aggiornamento del Catasto.. al Sud han tenuto molto bassi gli imponibili (più che al Nord) x paura di non scontentare gli elettori.. e se mi dici che il Catasto è un ente Tecnico e non Politico iniziamo a ridere e non la finiamo più..

  2. Giuseppe Iacono

    Dr.Giannino
    Daccordo su tutto, ma non sulla “spoliazione arcigna operata da rapaci nordisti” nei confronti del Meridione d’Italia. Se prima del 1861 l’Italia era un fritto misto di stati e staterelli, è esattamente con il 1861 iche nizia storicamente il gap fra nord e sud.Non lo dico per alimentare una sorta di vittimismo diffuso nei miei conterranei,ma è proprio a cavallo di quegli anni che le mafie si sono rimboccate le maniche e si sono date un bel po’ da fare, senza freni e senza alcun controllo da parte dei “rapaci nordisti”,come li chiama Lei. Che poi ci abbiano messo anche noi del nostro – ed era inevitabile – , il risultato di base non cambia, se mai poteva solo peggiorare. Infine con gli spartiacque fiscali di questo ultimo periodo, a sostegno della Sua analisi, la situazione peggiorerà ancora. Sa qual’è l’unico paradossale collante sociale che ha tenuto un pò insieme questo paese fino al 2005 ? la vecchia “naja”. Oggi Lei se la sente di giocarsi un terno al lotto vincente sulla ruota di Napoli, per esempio? Io no.

  3. Francesco_P

    Egregio Giuseppe Iacono, 11 gennaio 2014,
    Il “gap” tra le diverse italie esisteva prima del 1861. Tant’è che un manipolo di irregolari, più adatti ai film della rivoluzione messicana che non alla guerra, riuscì a rovesciare il regno dei Borbone, i quali amministravano benissimo Napoli e il suo circondario, ma avevano lasciato il resto del loro vasto regno allo sbando ed in preda all’anarchia. E che dire del corrottissimo Stato Pontificio, fermo ai tempi della controriforma?
    Da allora si sono fatte immense stupidaggini e innumerevoli discorsi retorici privi di senso sull’Italia e su chi è più cattivo fra nordisti, sudisti, fascisti e antifascisti, rossi, bianchi azzurri, ecc., ma è cambiato poco o nulla. Il gap fra nord e sud è rimasto. L’Italia, in realtà, non si è evoluta come organizzazione statale e – in molti casi – anche come mentalità.
    Dividiamoci una volta per tutte! Il nord andrà meglio subito, il sud subirà uno shock iniziale e poi si riprenderà, il centro si terrà Roma, il papa e Renzi… finché i sudditi del Granducato di Toscana non rottameranno anche lui.

  4. Mike_M

    Concordo con Nord Sud. Aggiungo due dati difficilmente controvertibili: 1) il numero considerevole di immobili al Sud semplicemente non accatastati e quindi sconosciuti al fisco; 2) lo storico lassismo (per non dire altro…) delle amministrazioni comunali meridionali nell’attività di accertamento dell’evasione ICI – IMU. Come vede, caro Giannino, al Sud, quanto a tassazione immobiliare, se la passano molto meglio.

  5. Giovanni Sparti

    Oscar ho sempre seguito con interesse sia i suoi articoli che le sue trasmissioni e leggo con piacere un intervento che accenna al sud ed al suo ritardo.
    Mi sento di sollecitare, se possibile, una maggiore attenzione nei suoi interventi a questa parte d’Italia.
    il sud, in senso lato, potrebbe essere una risorsa per lo sviluppo del paese. La riduzione del gap che attanaglia il nostro territorio avrebbe un effetto su tutto il paese. Un euro investito in educazione, legalità o viabilità al sud piuttosto che al nord vale molto di più.
    Nonostante questo si continua a leggere di evasione, di sprechi, di riduzione di trasferimenti e non di diritto ad avere parità di servizi e di opportunità anche per questa parte della popolazione ITALIANA.

  6. Massimo

    “Per decenni, nella lunghissima stagione dell’intervento straordinario, decine di punti di Pil di risorse pubbliche sono state convogliate al Sud.” Non sarà un’affermazione un po’ esagerata?

  7. vincenzo n.

    registro ancora una volta come Giannino sia sempre più favorevole all’imposizione patrimoniale. Almeno ora lo confessa. Ai tempi di “fermare il declino” lo pensava già, ma preferiva ancora fare l’antipatrimonialista per non perdere il consenso di chi aveva creduto in lui in precedenza.
    Procedendo in questo modo, dopo l’estinzione dei redditi si estingueranno anche i patrimoni. Dopodiché sarò curioso di ascoltare su casa faremo leva per costruire dei nuovi redditi.

  8. Andrea

    Sono contrarissimo alla patrimoniale in quanto un cittadino che paga regolarmente le sue tasse e magari preferisce investire i suoi risparmi in un immobile non è giusto che paghi due volte. Secondo i nostri Padri Fondatori, un cittadino paga in base al suo reddito e non in base alla casa posseduta, invece attualmente un milionario scapolo che è proprietario della sola abitazione è gravato, per quanto riguarda le SOLE imposte sugli immobili, di pochi euro in più di un cassintegrato padre di famiglia. Parliamoci chiaro, questa è grave iniquità sociale(!!!!), così come, ad esempio, l’IMU sui capannoni o l’IRAP. Quindi sogno una service – tax che i Comuni applichino in piena autonomia, mettendo la faccia di fronte agli elettori e prendendosi le relative responsabilità, SENZA CHE LO STATO POSSA METTERCI LE MANI. Poi se l’Ente locale vuole spostare il peso contributivo sulle case al mare, corre il rischio di perdere le elezioni ma sceglie in piena autonomia. MONTI e nipoti hanno istituito la TARES contemporaneamente all’IMU poi creano la TASI ma di colpire la vera evasione, quella di coloro con i conti a sei – sette zeri nei paradisi fiscali non ne vogliono neanche sentir parlare. SALUTI A TUTTI e in particolare a OSCAR GIANNINO

  9. Gio D

    Il concetto della patrimoniale è che se uno ha un patrimonio vuol dire che è piu’ ricco di chi non ce l’ha, quindi lo tasso per ridistribuire il reddito, non c’entra nulla il nord e il sud, non vedo perchè un “ricco” del sud debba essere trattato meglio di uno del nord, lo dico da sudista incallito e convinto beninteso, al max bisognerebbe in ogni città, senza distinzione reddituale o geografica calmierare il prelievo patrimoniale sull’effettiva consistenza dei patrimoni..l’1% su un palazzo al centro di Roma non ha lo stesso peso di un 1% su un monolocale del palazzo affianco…invece sull’aumento delle imposte indirette Giannino ha perfettamente ragione, ma il punto è che vale la chiosa finale del suo articolo, cioè è un Paese smarrito, che non sa dove sbattere la testa, nessuno sano di mente aumenterebbe l’iva in una fase di calo prolungato di domanda, e nessuno aumenterebbe l’imposizione sugli immobili, tra l’altro con le modalità tragicomiche a tutti note, in una fase di calo pluriennale dei prezzi e soprattutto di schianto totale del mercato immobiliare in termini di volumi di compravendite…sono cose che se proprio si devono fare, si fanno in tutt’altre situazioni sociali, economiche e di mercato, anche il discorso di un riequilibrio della imposizione fiscale, sia pure in un quadro di generale abbssamento delle imposte è una operazione che non si puo’ e non si deve fare in una recessione, perchè non si sa mai quanto effettivamente pesa la tassazione di un settore sullo sviluppo di un mercato e quanto questo mercato e’ legato ad altri…discutere su quale tassa sia piu’ o meno recessiva è una roba da apprendisti stregoni, non da economisti. Le tasse sono tutte recessive, punto. Non vanno aumentate, nemmeno una, se si è in recessione…va aumentato il deficit pubblico semmai non le tasse…

  10. Tenerone Dolcissimo

    Scusi dottor Giannino se esco fuori tema. Ma prendo lo spunto dala predazione fiscale immobiliare, di cui si parla nel suo articolo, che ha il proprio padre spirituale in Monti. E proprio qui casca l’asino. Corre, infatti, voce che Lei stia fondando un’associazione liberale e corre anche voce che questa associazione stia approntando accordi proprio col Monti one nazionale. La cosa mi sconcerta, sia perché sono un perfezionista sia perché La conosco come persona precisa e che non si accontenta delle mezze misure. Se proprio si doveva alleare con un collettivista, perché non ricorrere a Kim Jong Un, leader supremo della Corea del Nord o con Fidel Castro? Il mondo comunista ha ancora qualcosa da offrire e, perlomeno, Fidel, al contrario del nostro Monti one, una certa simpatia la suscita. Con immutata stima.

  11. roberto

    Caro Giannino,

    sempre più da apprezzare la volontà di capirci qualcosa in questo nostro sistema, ma il paese non rischia di perdersi , è già perso.
    Non ci sono profili tali da pensare di venir fuori dalla palude in cui il paese si trova.
    Le indicazioni che si stanno facendo scelte senza capire dove si và e palese e con evidente schizofrenia. Quello della casa e relative imposte ne è un’esempio.
    Per quanto riguarda la storia fra nord e sud, allo stato non è mai interessato presidiare il meridione ed è evidente dalle condizioni in cui si trova.
    Probabilmente se all’epoca i cittadini del sud fossero rimasti sotto il brigantaggio con briganti seri e fieri di esserlo con gli ideali per i quali erano sorti,
    starebbero meglio di adesso, purtroppo sono rimasti ne carne , nè pesce e sfruttati come bacino di voti.
    E’ meglio mettersele davanti certe verità scomode. Non ho dubbi che negli anni Le trattative famose ci sono state perchè facevano comodo a tutti.
    a partire dagli Americani nella seconda guerra.

    Saluti
    RG

  12. adriano

    Sventurata è la terra dove per diminuire le tasse occorre aumentarle.Benvenuti nel paese delle libere patrimoniali di scopo,del libero saccheggio del risparmio gestito (il saccheggio,non il risparmio) e buona miseria libera,redistribuita,irreversibile a tutti.

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