Il servizio sanitario e quelle soluzioni in lista d’attesa
Newsletter IBL, 11 febbraio 2023
L’attenzione mediatica e il dibattito pubblico seguono spesso logiche misteriose. Problemi nuovi che dovrebbero essere discussi non vengono neanche intravisti e problemi antichi vengono evocati come se fossero novità, sperando in questo modo di mitigare l’evidente e sempre più insopportabile disagio che essi procurano ai cittadini. È questo il caso delle liste d’attesa nel sistema sanitario. Il problema di per sé non è nuovo, ma è pur vero che la pandemia ne ha esasperato le condizioni (si veda la documentazione prodotta a riguardo da Cittadinanzattiva).
Così, alla vigilia delle elezioni in due delle regioni più importanti d’Italia, Lazio e Lombardia, le liste d’attesa sono una priorità per tutti. Lo sono per Orazio Schillaci, ministro della Salute, che negli ultimi giorni ha richiamato l’argomento più volte, e lo sono per tutti i principali candidati nelle due regioni, i cui programmi includono sempre proposte di soluzione al problema, che in certi casi sembrano vani auspici, come lo “stop alle liste d’attesa” di Donatella Bianchi in Lazio o “la riduzione delle liste d’attesa del 50% per tutte le prestazioni sanitarie” di Majorino in Lombardia.
Che l’attenzione sul tema sia alta può essere un fatto positivo. Meno positivo è che nessuno sembra avere le idee chiare su come le liste d’attesa possano davvero essere ridotte. In effetti, si tratta di un’impresa piuttosto ardua, specialmente in un Paese in cui la bandiera del “diritto alla salute” si scontra con le pessime condizioni e le ristrettezze delle casse pubbliche, che quel diritto dovrebbero finanziare.
L’offerta del bene salute è limitata e le liste d’attesa sono un meccanismo di razionamento della domanda. Il ministro Schillaci ha osservato che “sulle liste di attesa bisogna fare un’operazione che non è solo economica e legata ai soldi, infatti bisogna razionalizzare”. Certamente il ministro ha ragione nel sottolineare che la spesa sanitaria pubblica non sia sempre allocata nel migliore dei modi, per usare un eufemismo, ma tale dichiarazione sembra quasi un avvertimento: le risorse non ci sono e se la spesa sanitaria pubblica aumenterà, sarà solo di poco.
Potranno le liste d’attesa ridursi in maniera significativa a parità (o quasi) di risorse? Molto improbabile. Esistono di sicuro margini di miglioramento e si potrebbe far produrre di più a chi è più efficiente – a tale proposito, continuare a tenere bloccati i tetti di spesa per prestazioni da privati al 2012 non sembra particolarmente efficace. Tuttavia, se non ci sono margini per aumentare la spesa pubblica sanitaria, per incidere sulle liste d’attesa vanno previste, in maniera sistematica, forme di compartecipazione alla spesa intermediate da assicurazioni. Altrimenti, come testimonia l’aumento della spesa out of pocket, ai pazienti non resta che fare da sé.