Il ritorno di Alessandro Manzoni
di Pietro Di Muccio de Quattro
L’anno prossimo, 2023, cadranno i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, avvenuta a Milano il 22 maggio 1873. Sarà dunque un anno manzoniano, che celebrerà solennemente, sono certo, l’autore del nostro romanzo più bello e più “italiano”. Il prossimo anniversario mi ha richiamato in mente il centenario che cadde nel 1973. Di quell’anno, tra le tante iniziative per rendere il dovuto omaggio al grande scrittore desidero ricordarne una in particolare e riproporla in quest’altra occasione altrettanto solenne.
Nel 1973 il Parlamento, per i tipi di Carlo Colombo, all’epoca Tipografia del Senato, stampò un’edizione fuori commercio de I Promessi Sposi, riproducendo “il testo critico costituito” da Alberto Chiari e Fausto Galimberti per la collana I classici Mondadori, che l’editore Mondadori cortesemente concesse “in nome della cultura”. La “Ristampa Colombo 1973” è arricchita da sedici illustrazioni che fanno parte della “serie di incisioni che Francesco Gonin eseguì intorno al 1840 per illustrare, sotto il controllo del Manzoni, l’edizione a dispense dei Promessi Sposi. I disegni del Gonin sono preziosi anche perché rappresentano i personaggi come il Manzoni stesso li aveva immaginati e li suggeriva all’artista seguendone costantemente il lavoro con entusiasmo e viva commozione.”
L’edizione fu curata da Davide Lajolo, lo scrittore che nel 1972 aveva lasciato il seggio di deputato del partito comunista. Egli vi premise un “Invito alla rilettura dei Promessi Sposi”, nel quale dichiarò che non voleva essere una presentazione o un’introduzione né dei Promessi Sposi né dell’arte e della figura dell’Autore, sui quali generazioni di studiosi “hanno consumato la loro vita”. Ricordò che, nel romanzo, il Manzoni “non è più soltanto testimone, giudice, protagonista del suo tempo ma ne è anche l’epico civile cantore e il lirico poeta.” Lajolo si era proposto semplicemente di accompagnare la ristampa con la sollecitazione “a rileggere I Promessi Sposi come fosse un romanzo nuovo, scritto per ognuno di noi e fresco di stampa” perché “la storia umanissima del Manzoni ci può ancora interessare per studiare il passato criticamente e guardare al presente e al futuro.”
L’iniziativa di celebrare “in modo attivo” il centenario della scomparsa di Alessandro Manzoni voleva, nelle intenzioni di Davide Lajolo, avere “un piglio provocatorio” in due sensi.
Il primo intento provocatorio “era diretto contro i qualunquisti (e non sono pochi) che amano circondare di poca stima i parlamentari considerandoli in blocco come galoppini politici avulsi dalla realtà del paese come dai problemi culturali.”
La seconda provocazione “era insita nelle tre domande rivolte ai parlamentari di sapore nozionistico ed estetizzante tipiche della scuola che per tanti decenni ha reso ostico agli studenti il Manzoni.” Lajolo alludeva “al nozionismo ed all’estetismo allora e purtroppo ancora oggi troppo di moda.” (Sull’estetismo, non mi pronuncio. Ma sul nozionismo sbagliava per condiscendenza, forse, verso gl’idola fori del tempo, se non altro perché il sapere senza conoscenza chiamasi ignoranza).
Alla luce delle risposte dei parlamentari interpellati, qualcuno non più in carica, Davide Lajolo trasse due considerazioni acute ed attuali.
La prima: “Quello che vogliamo sinceramente augurarci è che, chi è stato interpellato e chi no, chi ha risposto e chi ha pensato di non farlo, nutrano tutti la convinzione che non ci si può chiudere nell’usbergo politico esiliando ogni interesse culturale perché allora non si agirebbe più come uomini politici ma come burocrati.”
La seconda: “Non basta affermare nei discorsi che politica e cultura sono una cosa sola se poi, quando l’affermazione ha da essere provata, ci si rifiuta di renderla operante nella realtà e nell’azione quotidiana.”
Non tutti gl’interpellati risposero, come invece la manzoniana monaca di Monza. Alcuni parlamentari dissero di essere “totalmente assorbiti dai loro impegni politici”; altri, che “avrebbero avuto bisogno di più tempo per entrare in un dibattito tanto importante”; altri ancora, che “il Manzoni non gli era congeniale.”
Le domande formulate da Lajolo e sottoposte ai parlamentari furono tre.
Prima domanda: “In quale occasione è avvenuta la prima lettura dei Promessi Sposi e quali sono state le impressioni riportate.”
Seconda domanda: “Quale è il protagonista che ha lasciato maggiore impressione di sé, allora, e se è ancora lo stesso, oggi.”
Terza domanda: “Quale è il messaggio più importante che il Manzoni ha voluto darci.”
Tra i ventiquattro che risposero troviamo nomi illustri della politica: Giovanni Leone, che era presidente della Repubblica, Giulio Andreotti, Guido Gonella, Leonilde Iotti, Ugo La Malfa, Giovanni Malagodi, Gianmatteo Matteotti, Cesare Merzagora, Flaminio Piccoli, Umberto Terracini, Giuliano Vassalli. Le risposte che costoro diedero allora non hanno qui molta importanza, potendo servire piuttosto al biografo o allo storico per ricavarne qualche tratto dei loro convincimenti e caratteri.
Resta da dire, e ne sono convinto, che effettuare un analogo “sondaggio manzoniano” tra i senatori e deputati della neonata Legislatura sarebbe oltremodo utile per molti motivi intuibili, non solo con riguardo alle “provocazioni” di Lajolo, ma anche come test della cultura dei parlamentari. Se rivelasse lo sganciamento dei rappresentanti dal mondo manzoniano, l’impoverimento basilare degl’Italiani rappresentati verrebbe tristemente comprovato.
L’articolo è stato originariamente pubblicato su BeeMagazine il 2 dicembre 2022