Il rischio, questo sconosciuto—di Gianfilippo Cuneo
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gianfilippo Cuneo.
È apparsa su molti giornali la pubblicità di una banca per collocare delle obbligazioni in lire turche: un bel rendimento dell’8% scritto in grande, ed un avvertenza di un rischio di cambio scritto in piccolo. Gli investitori esperti possono coprire il rischio, ma la copertura costa appunto l’8%; quindi tecnicamente tali obbligazioni non rendono niente. Anzi, dato che comunque bisogna pagare le tasse del 26% sulla cedola il rendimento reale è negativo. Chi sottoscrive tali obbligazioni fa la scommessa che il prezzo del rischio (cioè il costo della copertura) sia eccessivo rispetto al rischio vero sottostante: di fatto non compra un bond ma specula sui cambi e comunque ci perde. Ma è un qualcosa che una banca deve proporre ai risparmiatori normali? Le banche ungheresi hanno emesso mutui in franchi svizzeri, e oggi 300.000 risparmiatori “scoprono” che hanno un 20% di debiti in più!
Sorprende che dopo i disastri delle obbligazioni in pesos argentini qualcuno pensi che i rischi legati a investimenti in altre valute ed emittenti siano minimi; sorprende che una grande banca inviti i risparmiatori a speculare inconsapevolmente sui cambi; sorprende che l’autorità di vigilanza permetta che prodotti rischiosi siano offerti a risparmiatori incompetenti senza che il rischio venga evidenziato e soprattutto quantificato. Nel caso specifico la quantificazione è facile; il rischio si può annullare coprendosi a termine, ma il costo della copertura è praticamente uguale al rendimento. E quindi sorprende che una banca spenda soldi per pubblicizzare delle obbligazioni che hanno un rendimento reale pari a zero e negativo dopo le tasse.
Il rischio può esser definito come fare qualcosa che non si sa fare; speculare sulle valute è qualcosa che forse nessuno sa veramente fare con continuità, nemmeno Soros che una volta guadagnò un miliardo di dollari speculando sulla sterlina. Certamente non sapevano che stavano prendendo un rischio colossale gli ungheresi, polacchi, croati ecc. che negli anni passati hanno contratto dei mutui denominati in franchi svizzeri perché in valuta nazionale gli interessi sarebbero stati troppo alti; così ora, dopo la rivalutazione del franco, tutto quello che hanno risparmiato in tasso d’interesse lo devono pagare in termini di maggior debito. Ma quale banca ha venduto i mutui agli sprovveduti risparmiatori?
La storia si ripete: il rischio è qualcosa che non si vede facilmente, ma c’è, però è facile ignorarlo o illudersi che sia di meno di quello che uno pensa. Persino gli speculatori esperti sottovalutano il rischio perché pensano di esser capaci di sganciarsi dalla speculazione quando incominceranno a vedere dei segnali che la scommessa fatta sta per diventare perdente. Però, come diceva Warren Buffet, gli speculatori non sanno di esser come gli invitati alla festa del ballo del principe di Cenerentola; tutti sono consapevoli che a mezzanotte l’incantesimo finisce ma pensano di andarsene prima dopo essersi goduti la festa. Però l’orologio della speculazione non ha le lancette!
Nessuno dovrebbe comprare un prodotto di cui non conosce praticamente nulla. Vale per un prodotto finanziario, come vale per un cellulare di ultima generazione. Investire pero’ in prodotti finanziari e poi perdere tutti i propri risparmi comporta un rischio maggiore: un pensionato o una famiglia senza più risparmi sarebbe per lo Stato un costo da finanziare attraverso la fiscalità generale (ovvero le tasse dei cittadini). Questo viene considerato dal regolatore inaccettabile. Inoltre ci sono benefici nell’avere un mercato finanziario sviluppato (un po’ come facevano le banche che prendevano i risparmi da un lato e davano finanziamenti ad imprenditori dall’altro lato; oggi invece della banca ci sono le borse valori).
Tuttavia, vorrei che si riflettesse cosa hanno comportato negli ultimi 30 anni queste idee. Un eccesso di rischio per risparmiatori (anche dando tutte le informazione all’utente finale ed avendo piena trasparenza), un eccesso di regolamentazione nelle aziende ed intermediari finanziari che ha comportato sia un costo maggiore per il consumatore finale (i costi di compliance ricadono sui policyholders), sia un appiattimento di sviluppo prodotti (creare prodotti che il cliente vorrebbe comprare ma che eccessivi costi di compliance rendono non profittevoli da sviluppare), ed infine (a mio giudizio il costo maggiore di tutti) la sfiducia generale verso i mercati finanziari da persone del ceto medio che indotte ad investire (ma inadatte a prendere quel rischio) hanno poi perso tutto.
Sono d’accordo con la trasparenza e con la possibilità per il consumatore finale nell’avere piena informazione sui rischi che va a prendere. Ma vorrei che le banche ternassero a fare le banche, meglio qualificate a valutare i rischi presi. Che il regolatore si limiti solo a compiti di trasparenza ed a monitorare la diversificazione dei rischi delle banche stesse.
“sorprende che l’autorità di vigilanza permetta che prodotti rischiosi siano offerti a risparmiatori incompetenti senza che il rischio venga evidenziato e soprattutto quantificato.”
Duole rilevare che anche in questo sito si caldeggia la tutela del risparmiatore ad opera di chi emette un titolo, in chiaro conflitto di interesse: se tu non sottoscrivi, io perdo, se non altro i costi amministrativi. Ora il conflitto di interessi in Italia è come il completo blu, si porta sempre, ma perché un illetterato semianalfabeta qual è l’ italiano medio (dati di De Mauro, non mie impressioni) dovrebbe saper gestire concetti quali rischio/opportunità, scarto quadratico medio, varianza, dispersione, etc. etc. facendoseli descrivere in parole per lui comprensibili (non ne esistono) a spese di chi può perdere dalla sua titubanza, questo non è chiaro. Perché allora non dovrebbe comprendere i bugiardini delle medicine ? Coraggio, frasi come “lo scarto quadratico medio degli affetti avversi per l’ assunzione concomitante di I-MAO mostra una leggera leptocurtosi, peraltro significativa solo nel 32° percentile”: che ci vuole a capirle ed a discuterle ?
Oppure, in campo finanziario, facciamo un discorso di consulenza seria: io, consulente vero, ti analizzo e ti consiglio la polizza X, la gpm Y, l’ obbligazione Z: poi, che tu sottoscriva o no, passa dalla segretaria col blocchetto degli assegni in mano: è complicato ? Da secoli lo si fa coi medici, perché non in campo finanziario ? Certo occorrerebbe un popolo pronto a riconoscere la competenza ed a pagarla, ancorché rappresentata solo da parole, e consulenti che sappiano almeno per sommi capi cos’ è la scindibilità secondo gauss- Cantelli: pura poesia.
Faccio subito ammenda: “Gauss-Cantelli”.