Il pediatra di stato
Appena nato Nicolò ha conosciuto un signore che gli ha fatto subito simpatia, per l’evidente perizia con la quale lo maneggiava. Dapprincipio ha pensato fosse colui che nove mesi prima aveva contribuito con una Y al suo patrimonio genetico; poi, una volta compreso che suo padre non era stato abbastanza coraggioso da entrare in sala parto, ha appurato che si trattava del pediatra, ed ha subito deciso di adottarlo come suo medico permanente per i prossimi anni.
Aveva già sentito dire che in Italia esiste un sistema sanitario nazionale che assicura l’assistenza a tutti, e che viene finanziato con il prelievo fiscale. Nella sua beata innocenza, pensava che il servizio sanitario avrebbe pagato entro un certo limite le sue visite; e che lui – se il pediatra scelto era un po’ caro – avrebbe dovuto pagare la differenza. Ma il pediatra gli ha spiegato che le cose non stavano affatto così. Seppure regolarmente laureato in medicina e specializzato in pediatria, egli non era “convenzionato” con il sistema sanitario, quindi Nicolò, se voleva avvalersi dei suoi servigi, doveva pagare per intero la relativa parcella.
Ma come, ha obiettato Nicolò, perché lei non si “convenziona” con il sistema sanitario nazionale, così io e gli altri suoi clienti, che pure versiamo quanto dovuto al servizio sanitario nazionale, possiamo non pagare, o almeno pagare di meno la sua visita? Così il giovane pediatra ha dovuto pazientemente spiegare a Nicolò che per essere “convenzionati” non bastano laurea e specializzazione, e neanche essere disposti ad assumere tutti gli altri impegni richiesti, tipo orari di visita, ambulatorio adeguato e simili; la convenzione viene concessa solo a un numero limitato di pediatri, in proporzione al numero dei pazienti disponibili, e ciascuno dei pediatri convenzionati non può assistere più di un certo numero di bimbi. Ciò perché si ritiene che sia disdicevole lasciare spazio alla volgare concorrenza in un settore nel quale viene fornito un servizio tanto essenziale quanto quello sanitario
E così Nicolò ha appreso che nel paese nel quale ha avuto l’avventura di nascere si rinuncia alla competizione, che è il più potente meccanismo al mondo in grado di ridurre i prezzi e di migliorare la qualità di un bene o di un servizio, proprio in un settore tanto delicato quanto quello sanitario. Valli a capire questi adulti che ci governano.
Comunque Nicolò, che ancora non ha chiuso la fontanella ma ha già la testa dura, ha deciso di tenersi il suo pediatra non convenzionato. Ha quindi scritto alla Stato dicendo: io faccio a meno del vostro servizio sanitario, dunque riducetemi le tasse in proporzione. No, gli è stato risposto, devi concorrere ad assicurare il servizio sanitario universale, devi cioè pagare anche per chi non è in grado di farlo. Bene, è giusto, ha pensato Nicolò; pagherò la mia quota per chi non può farlo; ma volete almeno dirmi quanti soldi risparmiate perché io ho deciso di non andare dal vostro pediatra convenzionato, e rimborsarmi almeno questa piccola parte delle tasse? E qui il motivo del no non lo ha capito. Sarà a causa del fatto che è ancora molto giovane. Anche se gli è sembrato di cominciare a comprende perché le cose nel suo paese pare non vadano molto bene.
Post garbato su un argomento spinoso. Devo dire che di tutte le argomentazioni presenti su questo pregevole blog a favore del pensiero liberale, che ho imparato ad apprezzare, quelle sulla sanità sono le più deboli. Mi pare, ma potrei sbagliarmi, che l’argomento non sia mai stato affrontato con la dovuta accuratezza, ma sempre infilato come “uno” dei tanti punti in cui la presenza dello stato è eccessiva, come in questo post ( http://www.chicago-blog.it/2011/05/25/siamo-indignati-anche-noi-%E2%80%93-di-marcello-mazzilli/ ), peraltro ottimo, in cui si è voluto infilare anche il servizio sanitario nazionale senza peraltro approfondire in alcun modo ed usando un’argomentazione molto debole (il diritto ad usare medicine alternative)
Cosa ci sia di debole nel rivendicare il diritto a scegliere, pagando, come tutelare la propria salute, non riesco proprio a capire. Il problema è che, se uno sta male davvero, le visite private deve farsele comunque, perché se aspetta il suo turno nelle liste di attesa, nel frattempo, fa ora a morire. La sanità è statale quando si deve pagare, e privata, quando la si deve utilizzare. Se il problema poi sono coloro che non possono permettersi di pagare le cure, non è certo lo stato che può risolvere il problema. La solidarietà, quella vera, non quella estorta con i soldi delle tasse, non è mai stato lo stato a offrirla.
La risposta è molto semplice, e l’argomentazione ha due facce, una utilitarista e una morale.
Dal punto di vista utilitarista, se assumiamo per dato il fatto che il mercato e la concorrenza portano il sevizio sanitario a migliorare i risultati e ridurre i costi, non si capisce perché nei Paesi industrializzati, invece di avere una sanità concorrenziale accompagnata da buoni sanitari, finanziati attaverso le tasse, per i meno abbienti, che costoro possono spendere nella più completa libertà, abbiamo un sistema sanitario nazionale che fa pagare anche se non se ne fa uso. Da qui la deduzione che il SSN et similia non sono nient’altro che uno dei diversi sistemi con cui lo Stato esercita il controllo sulla società.
Dal punto di vista morale, ogni individuo ha il diritto di curarsi come desidera, purché con le proprie risorse, o con risorse a lui volontariamente donate da altri individui. Diversamente, viene ridotta la libertà di scelta (perché chi ha poco necessariamente deve rivolgersi al pubblico) e si impone una tassa per tutti, grazie alla quale le spese di alcuni sono sostenute dalle tasche di altri, il che implica, tra le altre cose, la deresponsabilizzazione morale ed economica di chi opera nel settore e di chi ne è cliente. Per giunta, la presunta moralità dell’esproprio di Stato non ha motivo di esistere, in quanto un atto morale, se forzato, non può essere considerato morale perché non conseguente a una decisione volontaria.
Il punto e’ proprio che non possiamo assumere come dato di fatto che il mercato e la concorrenza portano il servizio sanitario a migliorare i risultati e ridurre i costi.
Al momento non vedo esempi reali a sostegno di questa tesi.
@ Bendazzoli: questo non vale certamente per l’assistenza pediatrica, che in Italia è di eccellenza (la figura del pediatra di base non c’è nella maggior parte degli altri paesi europei; non mi pare uno scandalo che se a qualcuno non va bene il pediatra offerto dal SSN se ne paghi uno in privato, così come si paga in privato il dentista o il corso di Judo). Per quanto riguarda le liste di attesa, ci sono sicuramente dei fenomeni locali scandalosi, ma la verità è che i tassi di mortalità per le patologie in Italia non sono disastrosi rispetto agli altri paesi sviluppati, a fronte di una spesa (pubblica e privata) che è assolutamente nella media. In particolare poi sulla mortalità infantile siamo messi DECISAMENTE meglio degli Stati Uniti, per dire.
La verità è che la medicina NON è comparabile a un servizio soggetto alla legge di mercato. Non è che le persone comprano le TC o le colonscopie al miglior offerente. Ogni esame e terapia ha un peso SOCIALE. Quello che i liberisti duri e puri non capiscono è che in medicina si può ragionare solo in senso comunitario (e questo non dipende dal fatto che la sanità sia socializzata: anche con le assicurazioni e la carità privata esistono i costi sociali). Se tutte le persone che hanno un po’ di mal di pancia ottengono si fanno una risonanza magnetica addominale, è statisticamente inevitabile che migliaia di questi trovino qualcosa che potrebbe essere un tumore ma non è un cazzo, e che richiede altri test costosissimi o interventi che possono avere complicanze gravi.
L’intervento dell’autorità pubblica serve a contenere i costi economici e umani. E lo fa molto meglio in Regno Unito, e (si parva licet…) pure in Italia che negli USA (che poi non sono veramente un sistema privato, ma misto, però è un discorso complicato).
Lasciando perdere i massimi sistemi e andando al particolare del post di partenza, qual è qui il problema? Non che venga impedita la concorrenza tra diversi pediatri (o medici di medicina generale) perchè chiunque può scegliere, ma che venga limitata dando un tetto massimo agli ambulatori convenzionati.
In questo caso non ho problemi a dire che lo stato si comporta in maniera paternalista, decidendo che bisogna regolare quanti assistiti ha ogni ambulatorio. Questo dovrebbe essere fatto per evitare gli eccessi tipo dottor Tersili, ma suppongo che se un pediatra segue 10.000 bambini saranno i genitori stessi a rendersi conto che la sua assistenza inadeguata o che è gravemente stressato e magari tira su un po’ troppo spesso col naso e ha le pupille dilatate. E’ molto probabile che invece il reale motivo sia corporativo (ridurre gli accessi dei medici giovani).
Ma da qui a fare dichiarazioni di secessione dal SSN e invocare la medicina fai da te, non mi trovate per niente d’accordo.
@morfeo
Da noi non ci sono esempi reali perchè semplicemente non c’è libero mercato nella sanità. Comunque in un libero mercato i prodotti o sevizi poco redditizi tendono a scomparire o ad assumere prezzi davvero molto elevati. Una totale libertà d’impresa nella sanità significherebbe essere riempiti di viagra, aspirine, fans, preservativi alla fragola e contemporaneamente non avere nessuno disposto a curarci una malattia rara.
@Francesco
Mi riferivo ad altri paesi oltre all’italia che possano testimoniare di una economia di mercato applicata alla sanità, al momento non ne vedo alcuno che possa testimoniare in tal senso.
Sul resto delle tue argomentazioni convengo completamente.
@Riccardo C: la posizione liberale sul tema della sanità è molto variegata. Hayek, per esempio, era a favore di un safety net, ma non
certo nelle forme attuali. L’editore di questo blog, l’IBL, ha pubblicato un paio di volumi (La sanità in bancarotta di Kling, Eppur si muove di Pelissero e Mingardi con una appendice di Milton Friedman) in cui ci si chiede per l’appunto come coniugare cure mediche accessibili ad ampie fasce della popolazione, con un sistema di mercato. Eppur si muove, in particolare, è un lavoro su modello attualmente disponibili in Europa: ci dia un’occhiata, e vedrà che l’idea di incentivi di mercato anche per la sanità non è una chimera ideologica.
Sono d’accordo con l’amico dal nome andino due post sopra.
Visto che il piccolo Nicolò sta imparando tante belle cosette, gli dò anch’io un consiglio, di tipo fiscale: conservi le fatture del pediatra che si è liberamente scelto perchè lo stato gli garantirà un rispettabile sconto sulle tasse.
Riguardo al sistema sanitario pubblico di tipo europeo, credo che sia una delle maggiori conquiste della civiltà moderna. Detto questo, ci sono mille motivi per incazzarsi e a un buon riformista devono prudere le mani vedendo tante inefficienze e soprusi.