In banca, il panzer è senza cingoli
Nelle banche, la Germania è la pecora nera dell’Europa ma tutti fingono di accorgersene. Politici e regolatori degli altri membri dell’Ue tacciono, a riprova che l’Europa post crisi è a scettro solo tedesco, ad onta di ogni chuiacchiera. I tedeschi ringraziano – o meglio, non ringraziano, è andata così perchè l’han voluto loro, e basta – per la tutela usata dagli stress test per gli anemici attivi patrimoniali delle Landesbanken pubbliche. E ringraziano anche per la polvere messa sotto al tappeto da Basilea III che rimanda la pulizia vera al 2019. Soprattutto l’associazione delle banche Bdb che alla vigila dell’incontro di domenica aveva fatto circolare una stima secondo cui i primi 10 istituti del paese avranno bisogno di nuovi capitali per 105 miliardi di euro per adeguarsi ai nuovi requisiti. Senza dimenticare le «partecipazioni silenziose», capitale senza diritto di voto utilizzato soprattutto dalle banche pubbliche, l’anello debole del sistema, che non rientrerà più nella definizione del patrimonio.
La locomotiva tedesca ringrazia ma intanto continua a far frullare le sue big del credito. Come Hypo Real Estate, già nazionalizzata l’anno scorso quando era sull’orlo del fallimento, che riceverà aiuti pubblici per altri 40 miliardi di euro. Il fondo salva-banche del Paese Soffin concederà le nuove garanzie sul debito facendo così salire a oltre 150 miliardi il volume complessivo degli aiuti finora concessi alla Hre. L’unica banca tedesca che non ha superato gli stress test effettuati a luglio su 14 istituti in Germania, nel frattempo è impegnata a scaricare una bad bank per un valore di circa 210 miliardi. Intanto, con un tempismo perfetto vista la road map di Basilea III e alla faccia delle mitologiche crociate contro il rischio, si è mosso anche il panzer Deutsche Bank che ha varato una maxi ricapitalizzazione da quasi 10 miliardi per conquistare il controllo di un’altra banca tedesca (Postbank) assai traballante per non dire semi-insolvente. Una mossa astuta per non attirare troppo l’attenzione del mercato sulla necessaria iniezione di liquidità. Dei 10 miliardi Ackermann ne ha infatti messi sul piatto solo 7,7 per comprare il 21% dell’ istituto di cui peraltro già possiede il 30%. Mossa che però non è piaciuta alle Borse: dopo l’annuncio il titolo ha toccato il minimo di 47,19 euro.
Sullo sfondo restano le Landesbanken, appese a un consolidamento rimasto ancora sulla carta. Eppure si tratta di uno dei pilastri del sistema bancario tedesco del quale rappresentano almeno un quinto del totale. Al tempo stesso esse rappresentano un importante snodo del sistema bancario europeo in quanto il 40% dei loro attivi sono all’ estero o con controparti estere. Negli ultimi 7 anni hanno però ha chiuso in utile solo in 3 occasioni totalizzando perdite consolidate per 11 miliardi in gran parte dovute a pesanti svalutazioni su crediti, che hanno assorbito nel solo 2009 più del 60% dei ricavi. All’orizzonte il cielo è ancora cupo: fino al 2001, infatti, le Landesbanken potevano contare su fonti di raccolta a basso costo in quanto le emissioni erano garantite dal Governo tedesco. Poi Berlino e la Commissione Europea avevano deciso di eliminare questo vantaggio competitivo concedendo tuttavia un periodo di grandfathering di 4 anni in cui le Landesbanken potevano ancora emettere bond garantiti con maturity massima di 10 anni. La massa di emissioni fatte fino al 2005 verranno quindi a scadenza e la loro sostituzione comporterà un inevitabile aumento del costo della raccolta. La mancanza di una rete adeguata di filiali (appena 482 su un totale di 39.531) e quindi di una buona raccolta retail, le Landesbanken dovranno quindi attingere pesantemente alla raccolta istituzionale per il 70% del totale.
Nel frattempo a Francoforte, la Bundesbank è in altre faccende affaccendata. Dopo un lungo e imbarazzante tira-e-molla il consiglio direttivo ha deciso di abbandonare Thilo Sarrazin al suo destino. Per la prima volta nella sua storia, la Banca centrale tedesca ha chiesto al presidente della Repubblica di esautorare un proprio esponente (poi dimessosi spontaneamente e ora in attesa di una pensione da 10.000 euro al mese) che nelle ultime settimane ha provocato vive polemiche per alcuni commenti sugli immigrati musulmani e gli ebrei. Un incidente che macchia il biglietto da visita di Axel Weber in corsa per salire sul trono della Bce. La corsa a ostacoli, come titolava qualche giorno fa il Wall Street Journal, descrivendo il cammino del numero uno della Bundesbank verso l’ottobre 2011: prima le critiche a mezzo stampa alla decisione del board di Francoforte di acquistare titoli di stato, poi un’intervista in cui anticipa la decisione di allungare i finanziamenti agevolati alle banche, infine l’imbarazzante vicenda di Sarrazin. Weber insomma resta il favorito ma, scrive il Wsj, ci sono altri candidati credibili. Primo fra tutti Mario Draghi, sottolineano gli americani. Anche se la stampa italiana continua a non fargli propaganda – come invece sarebbe giusto, dal nostro modesto punto di vista – perché per la malmessa e astiosa politica italiana oggi Draghi è un tabù.
Nulla di nuovo lo si sapeva, gia a marzo 2009 dicevo che:
In Germania la situazione non è certo migliore. La castagna bollente HRE (Hypo Real Estate) si sta dimostrando un pozzo senza fondo. Sono state messe a disposizione garanzie per 42 miliardi di € dal fondo speciale Soffin , dopo che un consorzio aveva messo a disposizione 50 miliaridi di liquidità fresca che devono essere resi alla fine di marzo. Nel frattempo sembra che anche in questo caso la completa statalizzazione sia inevitabile anche se sono necessarie le relative normative. Per ora Soffin può arrivare ad un massimo del 33% del capitale. Inoltre il Governo federale deve rifinanziare tramite una società finanziaria creata ad hoc la filiale irlandese e dopo un’iniezione di ca 10 miliaridi di € il pacchetto di controllo è stato parcheggiato presso una banca fiduciaria.
La Commerzbank è già dello stato per un quarto. Le casse di risparmio sono in mano ai rispettivi Länder e dovranno essere risanate a spese del contribuente. Ancora ci stanno provando il responsabili della Deutsche Bank a gestire la crisi che prevedono per il primo trimestre perdite per 4,8 miliardi di €, importo mai raggiunto fin ora. Si potrebbe pensare che da adesso non dovrebbe succedere gran che d’altro. Non è così purtroppo. La crisi sviluppa altre crisi, i rischi diventano insolvenze che crescono, maggiori ammortamenti che diventano perdite.
Ma chi salva lo Stato quando questo non ce la fa più? Nessuno. Quando nessuno compra più i suoi titoli di credito lo Stato fallisce.
Fattori di rischio delle Banche:
Stato Bilancio complessivo della rispettive
banche nazionali miliardi di € Prodotto interno lordo miliardi €
Inghilterra 4.5000,00 1.900,00
Germania 8.000,00 2.500,00
USA 10.6000,00 9.700,00
Nel caso dovessero stornare i bilanci di un 15% per perdite l’effetto sui bilanci statali sarebbe il seguente:
Stato Aumento del debito pubblico in miliardi di € % d’aumento del debito pubblico
USA 1.600,00 + 22%
Geramania 1.200,00 +75%
Inghilterra 700,00 + 106%
Ho calcolato che quest’anno gli Stati dovranno emettere 3.000 (tremila) miliardi di $, (il triplo dell’anno scorso) per finanziare il salvataggio delle varie banche (ti ricordo che il “buco” creato dai derivati avevo calcolato in 700.000 miliardi di $ a fronte di un PIL mondiale di 53-57.000 miliardi di $)(mia del 20 ottobre).
Di bolla in bolla. Obama che ha annunciato, finalmente, una poderosa riduzione, delle tasse per rilanciare l’economia, causerà un giusto aumento dei tassi negli USA . 3.000 miliardi che causeranno una bolla speculativa sui titoli di stato. In Europa ritengo saremo invece esentati da tale rischio. Per cui se decidi di investire in titoli di stato compra titoli europei. Come sai le bolle si creano sempre quando non c’è trasparenza e spero che questa volta l’FBI faccia il suo mestiere.
Ribadisco che in scadenza per il 2009 in Italia ci sono 300 miliardi di BOT.
Pura fantasia immaginarsi come la Commerzbank potrà produrre utili nei prossimi anni per 18 miliardi di Euro, oltre a 1,5 miliardi di Euro per ripagare gli interessi degli investimenti dello Stato federale. Certo è che duraturi e prolungati saranno i debiti con cui lo Stato ha finanziato i programmi di salvataggio e che dovranno essere finanziati dal sistema fiscale. Parlando con politici tedeschi, comunque forte è la volontà di frenare questa emorragia e di essere in grado entro il 2015 di rendere anche la quota capitale che i mercati stanno prestando, anzi, e come a suo tempo proposto in Italia assieme a Giancarlo Pagliarini nel 1996 (*vedi nota allegata), introdurre nella Costituzione tedesca una norma per cui, in tempi normali lo Stato debba far quadrare i conti senza aumento del debito pubblico.