Il neoliberismo salverà le edicole?
Fa meno rumore di quella dei taxi, ma la crisi delle edicole italiane non è meno profonda. E a ben vedere ha una storia molto simile: anche le edicole sono state accompagnate nei decenni da una razionale pianificazione territoriale disposta dagli illuminati governanti che si sono succeduti, che ne ha contingentato il numero e inquadrato la funzione economica nella “vendita di riviste e quotidiani”. Generando, in questo modo, un piacevole clima di assenza di competitività che ha permesso ai commercianti delle nostre città di fare amicizia senza litigare per conquistare clienti nonché agli edicolanti di godere di ottimi stipendi, senza dover necessariamente piegarsi a pratiche commerciali poco dignitose come sconti o innovazioni del servizio.
Poi, però, il turbocapitalismo finanziario ha distrutto il clima di pace che si era venuto a creare, schiacciando gli edicolanti nella morsa della tecnologia, della competizione, dell’innovazione: in una parola, dell’egoismo. Spinte in questo vortice di perdizione, le persone hanno iniziato a leggere i giornali online. Mandando così in crisi le nostre edicole.
Per cercare di salvarle, poche settimane fa la Regione Lombardia ha proposto un riordino delle norme regionali che permetta alle edicole di vendere bibite, caramelle e merendine, trasformandosi all’occorrenza anche in infopoint turistici. Cioè, in poche parole, di piegarsi alla legge del pensiero unico neoliberista. Perché è vero che le edicole probabilmente aumenteranno il proprio giro d’affari. Ma non è tutto oro quel che luccica: per ogni lattina venduta da un’edicola ci sarà una lattina in meno venduta da un bar. Così come per ogni servizio turistico offerto ci perderanno le agenzie e gli altri operatori del settore.
Del resto, il neoliberismo oramai obnubila completamente le nostre menti. Le persone che hanno iniziato a leggere i giornali online, senza pensare al futuro degli edicolanti, sono le stesse che oggi potrebbero iniziare ad ignorare le esigenze dei baristi e finire per comprare bibite nelle edicole. E che domani, chi lo sa, potrebbero arrivare a voler comprare quotidiani e riviste al bar, generando un clima di vera e propria minaccia alla pace sociale nelle nostre città.
Sino ad ora, la minaccia è stata scongiurata. Già nel 2012 il Governo Monti aveva annunciato la liberalizzazione della vendita di quotidiani e periodici (d.l. 24 gennaio 2012 n. 1), ma nella legge di conversione l’articolo che la prevedeva (il 39) finì per prevedere solamente che le attuali rivendite possano trattare anche tutti gli altri prodotti e non solo i giornali, tutelando in questo modo le competenze e la professionalità degli edicolanti.
A ben vedere, il medesimo decreto disponeva che, che, dal 1 gennaio 2013, fossero abrogate le norme “che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla-osta, o preventivi atti d’assenso dell’amministrazione per l’avvio di un’attività economica, non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante con l’ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità”. Una previsione solo apparentemente incompatibile con i piani comunali per individuare le zone d’insediamento delle edicole, basate sulla valutazione della densità di popolazione, del numero di famiglie, delle caratteristiche urbanistiche e sociali di ogni zona o quartiere, nonché dell’esistenza di altri punti di vendita non esclusivi.
Insomma, a parte qualche concessione a supermercati e ipermercati, sinora l’esclusiva sulla vendita di quotidiani e riviste è salva. Il dogma liberista non è riuscito a smontare questo presidio a tutela della collettività, e anche nel documento della Regione Lombardia, per fortuna, è previsto che, in ogni caso, per le edicole “la funzione commerciale prevalente dell’esercizio resti la vendita di riviste e quotidiani”. Speriamo che sia sufficiente a scoraggiare gli edicolanti dal vendere troppe lattine di Coca-Cola.
Twitter: @glmannheimer
Punto 1. Spero che l’articolo sia scritto in tono sarcastico
Punto 2 Al concetto di liberismo, dovrebbe essere portato rispetto, chiamare NEOLIBERISMO una sorta di riedizione del mito del Grande Legislatore e del Grande Pianificatore, che sono un prodotto dell’illusione dell’uomo di poter costruire le istituzioni sociali a suo libero piacimento, imponendo agli individui una direzione di marcia obbligatoria, fa rivoltare nella tomba VON MISES e VON HAYEK (oltre che me più modestamente).
Punto 3 Credo sia opportuno citare l’invettiva di Einaudi al governo Orlando del 1919 …. quello che oggi chiameremo governo dei “Tecnici””
«A Roma spadroneggia un piccolo gruppo di padreterni, i quali si sono persuasi, insieme con qualche ministro di avere la sapienza infusa nel vasto cervello. Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi (…) persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano.
Troppo a lungo li abbiamo sopportati. I professori ritornino ad insegnare, i consiglieri di Stato ai loro pareri, i militari ai reggimenti e, se passano i limiti d’età, si piglino il meritato riposo.
Insomma, ognuno ritorni al suo mestiere e si sciolgano commissioni, si disfino commissariati e ministeri così che, un po’ alla volta, tutta questa verminaia fastidiosa sia spazzata via.
Coloro che lavorano sono stanchi di essere comandati dagli scríbacchiatori di carte d’archivio, superiori alla società governata soltanto per orgoglio e incompetenza ».
Il mondo cambia e anche le edicole devono cambiare o sparire.
Per me è ovvio che le edicole non siano l’unico luogo in cui si possano vendere quotidiani cartacei e riviste, come è altrettanto ovvio che esse possano trasformare il loro business attraverso la vendita di altri prodotti e servizi.
Purtroppo siamo nel mondo dell’iper-regolamentazione e delle corporazioni, i cui membri sono costretti a difendere allo strenuo il proprio mestiere, ancorché diventato obsoleto, perché non ci sono alternative e chi ha fatto un mestiere non può farne un’altro.
L’anomalia è rappresentata dal fatto che “la Regione Lombardia ha proposto un riordino delle norme regionali che permetta alle edicole di vendere bibite, caramelle e merendine, trasformandosi all’occorrenza anche in infopoint turistici“. Infatti, non servirebbe una legge se tutte le attività economiche non fossero regolamentate fin nei dettagli più insignificanti.
Purtroppo non si può pretendere un po’ di buonsenso dai politici e dai funzionari pubblici, tutta gente che vive in una dimensione diversa da quella del mondo reale.
Ho scoperto che i tabaccai hanno licenze numerate. Sto male.
NO.Il neoliberismo ha solo combinato guai.
Emiliano papa: l’articolo gronda di sarcasmo (amaro riso sardonico) dalla prima all’ultima lettera – diciamo che serve un po’ di sense of humour per capirlo……
In Svizzera le edicole possono vendere di tutto, aprono dove vogliono, e vanno a gonfie vele:
http://editoria.tv/news-edicole/crisi-edicole-k-kiosk-svizzera-luogo-dove-giornalaio-lavora-per-vivere-non-per-sopravvivere/
I bar acquistano i quotidiani e li danno da leggere GRATIS ai loro clienti protandoci via decine di potenziali acquirenti, mentre le edicole venderebbeero le bibite al prezzo di mercato, facendo una “concorrenza” corretta e onesta, non ci vedo alcun tipo di “minaccia alla pace sociale”, piuttosto venga stabilito per legge che chi concede giornali e riviste alla lettura gratuita della propria clientela, debba pagare una tassa annuale alla SIAE, per esempio, come avviene per la radio e per la tv che si diffondono nei locali pubblici, così da creare un fondo per il sostegno dell’editoria e delle rivendite!
Il sarcastico articolo è disinformato. aumentando i punti vendita aumentano le spese di distribuzione, non le vendite di quotidiani e riviste (con buona pace di hayeck e compagnia), come risulta del fallimento della sperimentazione voluta dal governo nel 2000. anche i liberisti hanno il dovere d’infprmarsi su ciò che non sanno, prima di fare dell’inutile sarcasmo. Auguri da un liberista che però possiede un’edicola