Il meretricio è già tassabile
Da qualche anno non c’è più bisogno di “difendere l’indifendibile” prostituzione – per riprendere il titolo di un agile libro di Walter Block edito in Italia da Liberilibri – quantomeno di fronte al fisco.
Attività non illegale ma nemmeno regolamentata, così da restare nell’opacità delle attività nascoste, essa è comunque riconosciuta dal fisco come fonte di reddito, cosicché chi ad essa si dedica può, anzi deve, pagare le tasse sui proventi ricevuti.
Basterebbe che Befera, o chi per lui, rispondesse così alla escort Efe Bal che in questi giorni ha “animato” le vie di Milano affinché i guadagni della sua attività non siano considerati frutto di evasione. Arrivata a denudarsi davanti al Corriere della Sera perché ritiene di non poter pagare le tasse sul suo lavoro mentre, nel frattempo, le viene inflitta una multa di mezzo milione di euro per evasione, data la sua “accorata” reazione si desume che non le abbiano ancora chiarito all’Agenzia delle entrate quale sia il trattamento fiscale della sua professione.
Eppure sarebbe facile per l’Agenzia risponderle con le parole ormai chiare della giurisprudenza, e dirle che l’arte del meretricio, se non ha rilevanza come tale nel diritto privato, è comunque un “lavoro” ai fini fiscali, cosicché i proventi che da essa provengono possono, anzi devono, essere assoggettati a imposta.
A questo compromesso tra attività legale, non regolamentata ma comunque soggetta al fisco sono giunti i giudici tributari e la corte di Cassazione almeno dal 2010. Dapprima la Suprema Corte ha statuito la soggettività tributaria passiva di chi si dedica all’esercizio di un’attività preordinata alla prestazione di servizi sessuali in cambio di una controprestazione economicamente valutabile. Si tratta di una sentenza per certi versi storica, in quanto contraria all’idea, accolta fino ad allora anche dalla giurisprudenza tributaria, per cui l’attività di prostituzione non potesse essere soggetta a tassazione in quanto frutto di uno stile di vita discutibile. Da allora la Cassazione ha invece stabilito che le prestazioni sessuali, pur essendo un’attività “discutibile sul piano morale”, non potessero essere ritenuta illecite e quindi dovessero essere imponibili, anche per motivi di giustizia sociale e fiscale. Un anno dopo, la Corte tornava a ribadire la sottoponibilità dei redditi da prostituzione a esazione fiscale chiarendo, peraltro, che la tassabilità dei redditi prescinde dalla natura lecita o illecita delle attività che li hanno generati e iniziando pure a identificare nei “redditi diversi” da lavoro autonomo la categoria fiscale a cui ricollegarli, rendendoli così soggetti ad IVA. Un’ultima sentenza del 2013 confermava l’orientamento della Cassazione, con evidenti conseguenze sul piano dell’esigibilità delle tasse da parte dell’erario ma anche della possibilità di iscrizione all’INPS a fini contributivi. Certo i proventi da prestazioni sessuali non hanno una categoria specificamente dedicata a fini IVA, e possono confluire, appunto, in quella residuale dei redditi diversi, con buona pace di chi, tra coloro che esercitano tale mestiere, vorrebbe vi sia un riconoscimento specifico, ma quanto a pagarle, le tasse, nulla osta.
Se tutto sembra così chiaro, è solo per esibizionismo che una escort sta chiedendo l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate per sapere come pagare le tasse? Forse sì, ma forse dipende anche dal fatto che, per attività “di confine” come quella di meretricio, a cavallo tra legalità e contrarietà a buon costume, vi è stata sempre confusione sotto il profilo penale, civile e anche tributario. Eppure, come detto, basterebbe che alla protagonista delle proteste milanesi venga chiarito cosa sia e come debba essere fiscalmente trattato il reddito meretriciale perché siano tutti accontentati: chi, come la costei, chiede spiegazioni; chi, come tutti i contribuenti, chiede equità fiscale; e chi, come l’amministrazione fiscale, recupera gettito erariale.
Sempre che per quest’ultima non sia più vantaggioso riscuotere, insieme all’imponibile recuperato, anche le sanzioni irrogate.
“chiarendo, peraltro, che la tassabilità dei redditi prescinde dalla natura lecita o illecita delle attività che li hanno generati”: beh, questa è l’ ennesima sparata di uno stato tassicodipendente: se i miei redditi derivano da delitto (o da contravvenzione) non li ho certo acquisiti a titolo definitivo, tanto è vero che in ogni momento mi potrebbero essere confiscati: ma allora non sono certo ricavi, e quindi il mio reddito autonomo non è mai nato. Per le puttane è diverso: la loro attività, se non si concreta nel reato, è sì civilisticamente nulla, ma non permette la ripetizione del prezzo, quindi si tratta di un ricavo definitivamente acquisito, e quindi giustamente tassabile. Si consideri l’ estorsore che, subita la confisca dei suoi proventi, si veda pure notifiicare l’ avviso di accertamento con relative sanzioni: ammesso che voglia pagare, ha il patrimonio bloccato, diventando, da estorsore che era, estorto. Forse ciò è ammissibile se si è prescritta sia l’ azione civile che penale (anche se il reato comporta una nullità, come tale imprescrittibile), ma o non mi confischi o non mi tassi. Oppure fai tutti e due, ma almeno riconosci, tu Stato, che sei incapace di irrogare le sanzioni principali e quindi ti attacchi a quelle surrettizie.
Difatti, la prostituzione in Italia è già tassata; questo ai sensi dell’articolo 36 comma 34bis della Legge 248/2006, come chiarificato dalla Cassazione con le Sentenze n. 10578/2011 e 18030/2013. Il Codice relativo è 96.09.09 “Altre attività di servizio alla persona non comuni altrove”.
Cosa aspettano i sex workers ad aprire la partita IVA e pagare le tasse in merito?
Cosa aspetta l’amministrazione finanziaria a promuovere una “campagna” di accertamenti fiscali nel settore del meretricio, volto a farne emergere l’importante base imponibile? Cosa aspetta a predisporre uno studio di settore ad hoc?
…e se le signore Meritrici volessero pagare in natura?
Preferirei che la crescita femminile avvenisse per altre vie:
1) occupazione ad oltranza di piazza s. Pietro ed abbandono da parte di qualunque donna della fede cattolica apostolica romana: ringraziatemi, ché vi risparmio la storia di 20 secoli di misoginia;
2) protesta delle donne presso i tribunali (in)civili: quelli dove giudici matrimonialisti ammazzakattivi riducono i mariti a dormire nella macchina;
3) insurrezione davanti all’ INPS: sapete quell’ ente che eroga pensioni non badando al sesso nè del vitaliziato, nè del reversionario: e certo, Gauss era uno squallido maschilista ! Sai che impatto comunicativo !
4) votare compatte per Fermare il Declino: la donna è quel soggetto che viene pagato di meno, eppure è sottoimpiegato: sento puzza di domanda rigida, un po’ in opposizione ad un po’ di concorrenzialità del sistema;
5) piantarla con la tiritera “la donna ha sulle spalle il peso della famiglia”: non sono affari del datore di lavoro. L’ avrà fatta con un uomo, isn’t it ? Si rivolgesse a lui.
Ma, quando mancano i cavalli, … .
Storielle…la prostituzione volontaria in italia è ammessa ma lo sfruttamento della prostituzione no…ed anche il cliente puo’ incorrere in talune fattispecie in reati veri e propri (si pensi all’estorsione)…ad ogni modo cio’ che conta è che la prostituzione (anche volontaria) intesa come attività continuativa NON puo’ essere allo stato dell’arte legale in Italia, poichè un’attività del genere presupporrebbe una serie di norme di regolamentazione sanitaria e di ordine pubblico che evidentemente non ci sono qui nell’anno domini 2014…quello che fa l’Agenzia delle Entrate è applicare il redditometro e notare che tra lo stile di vita e il reddito dichiarato di taluni soggetti come le prostitute c’è una discrepanza, ipotizza quindi un reddito evaso e applica sanzioni, fermo restando la facoltà del contribuente di provare quello stile di vita con dei riscontri oggettivi…l’anello mancante a questo punto è l’attività investigativa degli altri organi dello stato, i quali, informati degli accertamenti effettuati, verificato che mancano riscontri oggettivi per giustificare spese e patrimoni, devono avviare indagini per accertarsi che i proventi non derivano da attività illecite ed eventualmente sequestrare i beni e contestare i reati accertati…la signorina in questione, invece di denudarsi davanti all’Agenzia delle Entrate, che è in questo caso, l’unica che fa il suo dovere, dovrebbe protestare davanti al legislatore che si ostina a non legalizzare e regolamentare il suo settore, per bigottismo o per interesse mafioso, e dovrebbe poi ringraziare (dal suo punto di vista) gli altri organi dello Stato che non fanno il loro dovere e non la indagano, contestandole altri reati e confiscandole il patrimonio accomulato con l’esercizio di attività illecita…