7
Feb
2011

Il libero mercato vince al Superbowl

A giudicare dall’intensità delle ricerche su Google, lo spot pubblicitario che ha ricevuto maggiore curiosità tra quelli mostrati durante il costosissimo spazio (nove milioni di dollari, aveva raccontato Sergio Marchionne) del Super Bowl  è stato quello di Chrysler con Eminem come testimonial. Un racconto sulla forza e dell’orgoglio della città di Detroit travolta dalla crisi economica, trasformati in una capacità di ridefinire il “lusso” in un modo diverso da quello canonico. Ma non è questa la notizia che dà il titolo al post.  Il libero mercato vince al Superbowl perché a riprendersi il trono della National Football League sono stati i Green Bay Packers che stanotte al Cowboys Stadium di Arlington, alle porte di Dallas, hanno stracciato i Pittsburgh Steelers per 31-25.

Ebbene, gli “imballatori” di Green Bay sono l’unica franchigia in tutto lo sport professionistico americano di proprietà non di qualche riccone più o meno scafato, ma di una comunità, la «Green Bay Football Corporation», di fatto un azionariato popolare il cui «board» lavora gratis. Nessuno può possedere più di 200 mila azioni e in caso di vendita della franchigia, per statuto, il ricavato dovrà essere utilizzato per la costruzione di un memoriale militare. L’unica squadra, oggi, che sfugge alla regola che impone alle franchigie della Lega di stabilirsi in una città con minimo un milione di abitanti. L’unica squadra che negli anni Sessanta diede a Vince Lombardi carta bianca su tutto. Per capirsi, Lombardi è il più grande coach della storia dello sport americano, quello che dà il nome alla trofeo che alzano i vincitori del SuperBowl, quello che se avete visto «Ogni maledetta domenica» scrisse il discorso con cui Al Pacino infiamma la squadra.

La lezione di Vince e la vittoria dei Packers in America. In Italia, dove la cordata Usa di Mister Red Sox Thomas Di Benedetto  sta per comprarsi la As Roma, le società di calcio quotate in Borsa esibiscono un certo fastidio verso i piccoli azionisti-tifosi. In Italia – come fa ben notare Lorenzo Dilena sul sito Linkiesta in un articolo dedicato all’illusione di trasformare il tifoso in investitore – nessun rappresentante dei piccoli azionisti-tifosi ha mai varcato le soglie di un consiglio di amministrazione. In Italia nessun presidente di società di calcio delle tre quotate ha mai pensato di abbassare il quorum di presentazione delle liste al punto da renderlo accessibile a una moltitudine di piccoli soci.  Ecco perché noi tifiamo Packers.

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9 Responses

  1. alberto

    Green Bay non ha propriamente “stracciato” Pittsburgh la partita è stata giocata fino all’ ultimo minuto quasi.

  2. Nessundorma

    A proposito di superbowl
    Cristina Aguilera sbaglia (?????) l’inno.
    L’inno diventa così:

    Whose broad stripes and bright stars, through the perilous fight,
    O’er the ramparts we watched, were so gallantly streaming?

    Diventa

    Whose broad stripes and bright stars, through the perilous fight,
    what so proudly we watched, at the twilight’s last gleaming

    —————- ossia ————————–

    Le cui larghe striscie e brillanti stelle, nella battaglia pericolosa,
    sui bastioni che guardavamo, sventolavano gagliardamente?

    Diventa

    Le cui larghe striscie e brillanti stelle, nella battaglia pericolosa,
    quello che guardavamo con tanto orgoglio, all’ultimo raggio del crepuscolo

    Nota: Guardavamo con tanto orgoglio volutamente al passato, segno che ora
    c’è chi non è più orgoglioso delle stelle e striscie.
    Tutto questo annunciato al superbowl con l’odiens al massimo.

    Guardate l’inno su sky
    http://mag.sky.it/mag/musica/2011/02/07/christina_aguilera_stona_superbowl.html
    al 0:26 del video inizia la strofa incriminata. Sky afferma solo che la cantante stona
    ma sinceramente canta meglio degli amici della de PiPPi’s.

  3. Sergio

    cara camilla conosco il football e la lega NFL e concludo che lei è “faziosamente” disinformata e non solo sul fatto del risultato finale (i Packers non hanno affatto “stracciato” gli Steelers). il fatto è che la NFL si vende come prodotto mediatico nel suo complesso con le tecniche e secondo le strategie più moderne del marketing ed è davvero “big business”. all’interno della NFL sono vigenti una serie di regole che per un tifoso informato del calcio hanno dell’incredibile: regole per il draft dei giocatori di football a livello di college, salary cap, costruzione della formula di campionato e calendario, ripartizione degli utili dei diritti TV nazionali, regole per la diffusione locale in TV (solo a stadio pieno), nessuna “serie B” per proteggere gli investimenti, un contratto collettivo di lavoro molto complesso e articolato per i giocatori (parte ora un acceso periodo di contrattazione collettiva), l’istituzione della free agency, ecc, ecc. (ci vorrebbe un intero libro per spiegarle tutte e sono affascinanti e sorprendenti come molte cose che arrivano dagli stati uniti). tutte queste regole hanno un solo obiettivo: garantire un certo equilibrio tra le franchigie e che non siano predominanti quelle delle metropoli. questo perché se non ci fosse una competizione sportiva vera la NFL si venderebbe meno. a tal punto questo è vero che una franchiglia che vince due campionati di fila è già una “dinasty” (ha presente l’inter o prima la juve quanti campionati di fila hanno vinto). d’altronde gli stessi americani (insospettabili commentatori sportivi e non Chomsky), scherzando, dicono che la NFL è l’unico esempio di socialismo americano di successo. inoltre è solo dentro al concetto di “prodotto” mediatico (che esige una sua “sceneggiatura” con deboli e forti, franchigie della provincia profonda e delle aree metropolitane, giocatori eroi e villani) che possono sussistere realtà come i Packers (al di là delle eccezioni fatte dalla NFL che lei richiama) e gli Steelers, due aree urbane che non reggerebbero nel “libero” mercato italiano o europeo del calcio: nel migliore dei casi viaggerebbero a metà classifica (alta e bassa) come, poniamo, il parma e il lecce. infatti molti giornalisti si interrogano sulla sostenibilità del sistema (leggi http://www.tnr.com/article/82790/ben-roethlisberger-Super-Bowl-NFL su TNR)
    solo così è concesso un esperimento come quello di Green Bay che si spiega con peculiarità molto specifiche del capitalismo americano. il capitalismo dal basso c’è ma è importante leggere il contesto per capirne i motivi.
    cara camilla se vuole vedere il libero mercato nello sport professionistico di alto livello guardi altrove: in europa e magari anche in italia
    e mi creda, l’americano della roma, al di là delle sue competenze imprenditoriali, farà molta fatica reggere il libero mercato italiano.

  4. Federico

    @ Camilla: sono un tifoso dei Chicago Bears, io non tiferò mai per i Packers 😛

    @ Sergio: discordo profondamente dalla conclusione per cui il libero mercato nello sport professionistico di alto livello si trova in Europa e in Italia. Quello del calcio europeo è un mercato oligopolista, drogato dai governi, avulso da ogni regola. Se non ci piace una lega chiusa è un discorso, ma non dipingiamo quadri così palesemente non veri. Tasse non pagate e decreti spalmatasse, debiti non saldati e prestiti bancari da centinaia di milioni di euro, leggi speciali per ridurre il prelievo fiscale su calciatori stranieri…ma questo sarebbe libero mercato? E ovviamente tutto ciò a protezione dei club più grandi? Ma per favore…speriamo piuttosto di avere una lega europea come la NFL o l’NBA…viva il professionismo americano! E viva anche la possibilità di avere una franchigia sostenuta da azionariato popolare come i Packers…ma non alla maniera del Real o del Barcellona, vincenti sì ma con investimenti e indebitamenti da capogiro e in virtù di leggi profondamente ingiuste e discriminatorie nei confronti dei cittadini medi dei propri paesi.

  5. Sergio

    @ Federico: amo il professionismo americano, mi piace il prodotto nfl e quello mlb (meno quello NBA) e mi piace una lega chiusa. sul fatto che il modello sia esportabile in eutopa … non so. molti dicono che non è possibile. io dico che non conoscono a fondo il modello americano che combina sport e spettacolo in un modo che disorienta le anime belle ma io ritengo molto creativo. forse ci vorrebbero le famose regole (a cominciare di quelle che propone Platini. infatti è con ironia che parlavo del libero mercato europeo: è un mercato senza regole (tutelato in verità dall’UE a partire della famosa sentenza, il che è una vergogna), che porta alle conseguenze che lei dice. sui Packers … ritengo sempre che l’articolo della nostra camilla è fuorviante se non prende in considerazione il prodotto NFL nel suo complesso. e comunque meglio i Packers che gli Steelers. saluti

  6. Federico

    Sergio :
    @ Federico: amo il professionismo americano, mi piace il prodotto nfl e quello mlb (meno quello NBA) e mi piace una lega chiusa. sul fatto che il modello sia esportabile in eutopa … non so. molti dicono che non è possibile. io dico che non conoscono a fondo il modello americano che combina sport e spettacolo in un modo che disorienta le anime belle ma io ritengo molto creativo. forse ci vorrebbero le famose regole (a cominciare di quelle che propone Platini. infatti è con ironia che parlavo del libero mercato europeo: è un mercato senza regole (tutelato in verità dall’UE a partire della famosa sentenza, il che è una vergogna), che porta alle conseguenze che lei dice. sui Packers … ritengo sempre che l’articolo della nostra camilla è fuorviante se non prende in considerazione il prodotto NFL nel suo complesso. e comunque meglio i Packers che gli Steelers. saluti

    Ok, tutto molto più chiaro ora, ho certamente frainteso il senso tra le righe. Giusto certamente parlare della NFL nel suo complesso, non solo dei Packers. E meno male che siamo decisamente d’accordo nel vedere niente di accomunabile ad un mercato libero in Europa!

  7. dedo

    il modello professionistico sportivo usa mi sembra lontano mille anni dalla nostra realtà, e credo, di fatto, non sarà mai il nostro…
    detto questo le peculiarità di Green Bay non possono non affascinare, e non mi riferisco solo a quelle elencate nell’articolo…
    basti pensare alle caratteristiche climatiche che rendono la trasferta in winsconsin al leggendario Labeau Field una vera e propria impresa, piuttosto che all’aspetto folckloristico con i tifosi che “indossano” copricapo stile forma di formaggio….
    in ogni caso
    GO PACKERS!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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