Il “knowledge problem” riguarda tutti: anche l’Enac
Secondo Vito Riggio, presidente dell’Enac, nuovi aeroporti “non sono assolutamente necessari”.
Nessuno è in grado di sapere se questo sia vero o falso, ma proprio per questa ragione una simile decisione non può essere presa da una qualsivoglia autorità. Può darsi che Riggio abbia ragione (improbabile, ma prendiamolo per buono), ma certo egli non deve avere la facoltà di impedire ad imprenditori eventualmente malaccorti, e comunque destinati a pagare di tasca loro, di sbagliare. Nessuno è in grado di dire se i panettieri in Italia sono troppi o troppo pochi, ma il problema è che in una società seria nessuno si pone mai questi problemi..
Riconosciute quelle poche e necessarie regole che bisogna rispettare quando si avvia un’attività (che si tratti di produrre pane come di offrire servizi alle compagnie aree), quello che è importante è lasciare la massima libertà d’iniziativa.
È un problema di libertà, certo. Ma è anche un’esigenza derivante dalla nostra strutturale ignoranza. Chi è in grado di dire come saranno l’economia e la società italiane tra sei mesi, tre anni o un decennio? Nessuno. È la nostra difficoltà a sapere come le cose funzionano e come evolveranno nell’avvenire che ci obbliga a pretendere che le decisioni imprenditoriali (aprire Viterbo? non aprirlo? aprire altrove?) siano decentrate. E che sul numero attuale o futuro degli aeroporti italiani non decida l’Enac e nessun altro.
Nella tradizione di pensiero sviluppata a partire dalla scuola austriaca si parla di “knowledge problem”, e forse qualcuno farebbe bene a consigliare al dottor Riggio qualche buona pagina di Friedrich A. von Hayek.
(Ovviamente la questione che è alla base di quelle dichiarazioni è che, dopo aver sloggiato da Ciampino una buona parte dei voli low cost su Roma, ora non si vuole offrire a quelle compagnie la soluzione di Viterbo. Si chiude politicamente il mercato per aiutare soggetti che, qualora fossero costretti a confrontarsi con una vera concorrenza, potrebbero perdere anche quel poco che finora sono riusciti a difendere. Una tristezza.)
Ma è anche vero che il proliferare di nuovi (e lavati con Perlana) aeroporti è stato finora pesantemente sostenuta da fondi pubblici…
Caro Stagnaro, Lei ha ragione. Ad una condizione: che eventuali nuovi aereoprti siano costruiti da privati con capitali privati su terreni privati, senza alcun aiuto pubblico. Ma in Italia è l’esatto contrario, come osservato nel commento che mi ha preceduto.
Cordialità.
credo che gli aeroporti non siano come i negozi , le trattorie o le officine . Presumo che ci siano problemi molto complessi tecnicamente . Problemi di territorio, di sicurezza e molto altro
La mano pubblica negli aeroporti (maggiori e minori) c’è in tutta Europa. Questa mano pubblica però non è quella ‘statale’, ma quella locale, che cerca di aggirare il monopolio ‘politico’ dei grandi Hub nazionali.
Quindi ben vengano gli aiuti dei governi regionali per ‘aprire’ il mercato aereo.
C’è un report dell’anno scorso (dovrebbe essere presente il video sul sito rai.tv) in cui si trattava proprio questo tema, e si giungeva alla conclusione che di aereoporti in italia ce ne sono eccome, anzi anche troppi, poichè molti sono in posti inutili e hanno pochissimi passeggeri.
Inoltre si mostravano casi di altri paesi (la spagna se non sbaglio) in cui una sinergia logistica tra gli aeroporti e la presenza di un piano nazionale di coordinamento rendeva tutto più efficiente e meno costoso.
La mia opinione in merito è che sia l’ennesimo esempio di clientelismo territoriale di cui tenere conto.
Questo sito ha più volte rilevato gli sprechi legati alla moltiplicazione di inutili aereoporti. Ne ho parlato io stesso: vivendo a Brescia e lavorando a Siena ho quotidianamente dinanzi agli occhi gli sforzi ridicoli di tenere in vita con i soldi pubblici (Montichiari) e di far nascere dove non c’è domanda (Ampugnano) strutture fuori mercato.
Ma come rileva Fabio Fazzo nel suo intervento, l’esigenza è quella di avere regole chiare per tutti: così che i privati possano, con soldi loro, fare investimenti in questo o in altro settore.
Non dimentichiamo una cosa. E cioè che già ora in Italia abbiamo aeroporti in mano a privati (o a società prevalentemente private).
Ad ogni modo – sbaglierò… senza dubbio, sono certamente un malpensante – ma davvero non credo che l’Enac abbia preso quella posizione perché preoccupata dei bilanci degli enti locali.
Come rilevo nel post, la questione Ciampino-Viterbo è sullo sfondo della vicenda e l’affermazione generale (“niente nuovi aeroporti”) in realtà va letta in altro modo (“niente nuovi spazi per i low cost”). Alla faccia della concorrenza!
Per giunta, non bisogna dimenticare come in qualche caso perfino la spesa pubblica degli enti locali possa – di fatto – aiutare a vincere le strozzature di mercato che sono frutto dei rapporti (sempre troppo stretti) tra le compagnie aeree protette (desiderose di vivere di rendita) e l’intero sistema pubblico (governo, agenzia di controllo ecc.).
Un’ultima considerazione. Un’obiezione spesso avanzata contro l’idea di un mercato aereo e aeroportuale è che in questo settore vi sono seri problemi di sicurezza. Ma proprio per questo motivo c’è bisogno di maggiore competizione: per non essere costretti a scegliere Aeroflot o qualcosa di simile.
Cito: “Può darsi che Riggio abbia ragione (improbabile, ma prendiamolo per buono), ma certo egli non deve avere la facoltà di impedire ad imprenditori eventualmente malaccorti, e comunque destinati a pagare di tasca loro, di sbagliare.”
Sono d’accordo,purchè questi siano imprenditori nel vero senso della parola,pronti a rischiare i loro patrimoni in questa impresa e non invece personaggi che se realizzano qualcosa che funziona ci guadagnano,se invece buttano i soldi dalla finestra corrono a rifugiarsi sotto l’ala protettiva dello Stato,tanto per cambiare…….
Opinione personale: il libero mercato nei trasporti sta forse producendo effetti desiderabili?
Autostrade ricolme di camion provenienti da mezza europa (entro i 900 km i treni non convengono), un aereoporto nel nord italia ogni 70 km, molti dei quali in zone isolate e non servite dal servizio pubblico (Malpensa???) e tenuti in piedi solo con spesa pubblica, treni decenti solo in tre – quattro direttrici il resto sono colture di batteri su rotaie, e auto ovunque.
Inefficienza, costi, inquinamento con la valle Padana peggior luogo dove vivere dell’intera Europa.
Forse è il caso di lasciare un po’ meno libertà (soprattutto al pubblico di sprecare soldi) e valutare non solo i costi diretti ma anche quelli indiretti (inquinamento, autostrade perennamente bloccate da camion che cocciano tra di loro, morti sulle strade) e valutare il tutto in modo più logico.
Molti di noi (oserei dire quasi tutti) leggiamo questi commenti usando il computer e internet, probabilmente potremmo lavorare comodamente da casa togliendo dalle strade un sacco di traffico.
@claudio: questa stato, per quanto impregnato di socialismo reale, non le impedisce ancora di ritirarsi a vita autarchica ed eremitica in qualche lembo dell’Appennino, godendo appieno dei benefici dell’aria pura e della quiete. Può dare l’esempio. Magari convincerà altri. L’importante è che non chieda ai pubblici poteri di forzare gli altrui stili di vita.