13
Ott
2009

Il fumo tedesco? Un po’ più libero

Una delle norme che spesso e volentieri viene citata per testimoniare la bontà dell’azione di governo di Silvio Berlusconi è quella voluta dall’ex Ministro della Salute Girolamo Sirchia: il divieto di fumo in tutti i luoghi pubblici ed aperti al pubblico, come bar, pub, ristoranti e così via. Citando John Stuart Mill, si è tentato addirittura di ricondurre tale legge al paradigma liberale. La mia libertà finisce, dove incomincia quella altrui. Un’ottima frase ad effetto che non significa nulla, perlomeno sinché non si definisce la libertà. Qui si crede che la libertà sia innanzitutto assenza di imposizioni arbitrarie, approvate da una maggioranza contro una minoranza. Ma non solo. Il liberalismo è liberalismo del tu, non dell’io, per citare le parole del bel saggio di Carlo Lottieri pubblicato in un ampio volume sul diritto naturale; ovvero non è da principi astratti (kantiani), bensì è nella cooperazione e nel rapporto con l’alterità che si scopre e si consolida la libertà del singolo.

Qui in Germania lo stigma affibbiato ai tabagisti di essere pericolosi corruttori della morale pubblica, è moneta corrente, ma fino ad un certo punto. Persino la Corte Costituzionale di Karlsruhe, lo scorso anno, ha deciso di difendere parzialmente gli amanti della bionda, decretando l’inammissibilità di alcune norme approvate in due regioni. Un passo coraggioso, giustificato con una parola che si ritrova anche nella Legge Fondamentale del 1949: Berufsfreiheit, libertà di esercitare la professione. In particolare per le Kneipen più piccole, ovvero per i pub con una sola stanza, il ripristino della libertà di fumo- parte integrante dell’ambiente di questi locali- non ha comportato un anarchico disprezzo per le sorti degli altri clienti. Molte Kneipen stanno tentando di trovare soluzioni originali, in grado di attrarre più fette di clientela contemperandone le preferenze. In Bassa Sassonia, ad esempio, alcuni gestori hanno deciso di loro spontanea volontà di restringere l’ingresso ai fumatori solo fino ad una certa ora. Una sera mi è persino capitato di trovare persone, disposte a spegnere la sigaretta o ad allontanarsi. La capacità del mercato, ovvero dei suoi operatori, di escogitare soluzioni variegate ed intelligenti esiste. La mannaia della legge imposta dall’altro è destinata inevitabilmente a frustrarla.

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10 Responses

  1. stefano

    Da ex fumatore, sono d’accordo. Sembra quasi che il tabacco provochi il cancro al solo guardarlo. Se uno vuole fumare sono fatti suoi, e, aggiungo:
    non è un po’ un clima da caccia alle streghe?
    siamo sicuri che il tabacco provochi il tumore senza concause?
    se la risposta alla domanda precedente è “Sì!”, perchè volete costringermi a tenermi la suocera (accanita fumatrice) più di quanto strettamente necessario?

  2. Vittorio Cobianchi

    Sarà, ma non dover buttar via il cappotto o la giacca per il fetore di fumo rancido dopo aver passato una serata a bere qualche birra con gli amici è un grande vantaggio, per chi non ha un guardaroba molto vasto.

  3. Vittorio Cobianchi

    Intendo dire, non è tanto (non solo) una questione di cancro, quanto di civiltà. Neanche gli escrementi umani provocano il cancro, ma defecare nell’angolo di un bar è pratica sconveniente, dal Trecento in poi.

  4. stefano

    Sulla puzza del fumo che ti impregna i vestiti sono d’accordo, guardaroba vasto o meno. D’accordo pure sugli escrementi, anche se ci sarebbe da aprire un piccolo dibattito (non su quello che pensiamo lei ed io, ma su quello che ormai vedo in giro, o su quello che da anni rilasciano certi padroni di animali – mai stato a Venezia?).
    Però: vogliamo mettere il vantaggio con mia suocera?
    Conoscendola ne converrebbe anche lei!

  5. ..e poi, se parliamo di civiltà, un conto è il tedesco in Germania che, magari, evita di infastidire il non fumatore, altro conto è il medio fumatore italiano che, se gli fai notare, per esempio la presenza affianco di bambini ti fulmina con lo sguardo e ti dice di farti i fatti tuoi, (esperienza vissuta più e più volte); e poi talmente stufo di non poter fumare da nessuna parte ho anche smesso…

  6. @Vittorio Cobianchi
    Suvvia, per quanto abbia poco in simpatia i fumatori, paragonarli con biechi defecatori mi pare un po’ esagerato.
    Sul guardaroba potrei risponderle che nessuno la obbliga ad andare in un bar verso una certa ora. Il contemperamento delle esigenze di fumatori e non fumatori avviene nel mercato, con esperienze più o meno positive, questo è ovvio, essendo gli esseri umani naturalmente imperfetti. Dettare ope legis come si debbano gestire i locali e quale clientela preferire lo trovo sovietico.

  7. Non credo che il centro della questione siano i diritti dei fumatori. Fumare in se non è un diritto da tutelare o meno.
    Ma se avessi un ristorante sarei libero di non fare entrare avventori in scarpe da tennis, o di pretendere che indossino la cravatta.
    Perché non dovrei essere libero di scrivere sulla porta “Qui si fuma, se non vi va andate altrove?”

  8. stefano

    Infatti: il punto cruciale è che, piano piano, sarà un gruppo di burocrati probabilmente anche “indirizzati” da qualche lobby, a decidere cosa dovremo mangiare, cosa dovremo bere, come e quando; se non sbaglio da qualche parte se n’è già parlato (junk food).
    E, in quanto biechi defecatori, quale marca di carta igienica è più adatta all’operazione finale.
    Mutatis mutandis: anche la santa inquisizione perseguiva il bene altrui. Proprio vero, non impareremo mai.

  9. Ora faccio l’avvocato del diavolo, ma non lo faccio per gusto della polemica, ma perché mi sono trovato infinite volte a discutere su questa questione, e prima o poi ci si impantanava sempre: chi ha la responsabilità della tutela della salute pubblica (non apriamo un dibattito su quanto sia sovietico il concetto di “tutela della salute pubblica” che vada oltre la responsabilità individuale di cittadini in possesso delle corrette informazioni… Questo è il mondo in cui viviamo) obbietta con qualche ragione che è infinitamente più facile iniziare a fumare che smettere, e che è quindi necessario agire con strumenti in qualche modo coercitivi per compensare il fortissimo appeal che le sigarette hanno su chi ormai ha il vizio. Da qui leggi e norme che rispondono a una filosofia “di emergenza”. Un po’ come se fossero leggi da tempo di guerra, in cui si deroga ad alcune libertà individuali in nome del bene comune…

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