Il “dominio” di Google: abuso di posizione dominante o eccellenza di mercato?
Di Emilio Rocca e Serena Sileoni
La Commissione europea, investita dei suoi poteri di vigilanza antitrust, ha inviato ieri una lettera alla società Google, che fa seguito a una nota procedura di indagine aperta nel novembre del 2010 per abuso di posizione dominante. Le questioni sottolineate dal vice presidente della Commissione europea Almunia, che, da un punto di vista procedurale, servono come monito alla società a conformarsi al diritto europeo prima di dover ricorrere a più lunghe e severe procedure per la violazione del diritto europeo, sono quattro: il sistema di indicizzazione dei risultati, favorevoli ai propri servizi a scapito di quelli offerti dai concorrenti; le modalità di riproduzione dei contenuti di altri motori; gli accordi per la pubblicizzazione sul motore di ricerca e la portabilità delle campagne di pubblicità.
Spetterà ora alla società Google rispondere in maniera soddisfacente alla Commissione circa la non sussistenza di abuso di posizione dominante, altrimenti l’istituzione europea potrà proseguire l’attività di verifica fino all’irrogazione delle sanzioni.
Tecnicismi giuridici a parte, la decisione dell’Antitrust rispecchia un approccio alla tutela della concorrenza che presenta alcune falle di tipo logico ed economico e riflette un modo critico di concepire la concorrenza, specie di fronte alle innovazioni tecnologiche. L’approccio in questione è quello di considerare la posizione dominante in termini di quote di mercato. Secondo il diritto europeo, infatti, è vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo. Come codificato, tali pratiche abusive possono consistere nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi d’acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
Ora, Il problema di questo approccio è che, ogni qual volta un’impresa riesca a conquistare la maggior parte dei consumatori in quel mercato, ogni sua attività d’impresa – diretta cioè a ottenere profitto – può essere tacciata di “abuso di posizione dominante”. Fino a che punto il fatto di poter ottenere condizioni negoziali maggiormente vantaggiose rispetto agli altri concorrenti è potere di contrattazione o abuso dello stesso? Come si fa a distinguere tra un’attività d’impresa talmente fiorente da godere di un vantaggio di profitto rispetto alle altre, e un’attività talmente fiorente da restringere la concorrenza e, quindi, essere considerata dominante in maniera abusiva?
La prima considerazione da fare è che, in un mercato libero, se quell’impresa ha così tante quote di mercato è perché ha lavorato meglio, soddisfacendo meglio la domanda dei consumatori (con migliori prodotti, prodotti a prezzi inferiori o inventando prodotti che non c’erano prima). È lampante che, in questo caso, Google abbia saputo innovare a tal punto non solo da soddisfare la domanda dei consumatori, ma addirittura da crearla da zero, cambiando lo stesso stile di vita delle persone, non soltanto sotto il profilo economico. Avrebbe potuto fare altrettanto, con evidenti ricadute nella vita delle persone, se dovessimo davvero immaginare che le imprese non hanno il diritto di crescere oltre un certo limite e non possono, quindi, investire in ricerca e innovazione?
L’approccio più coerente a livello logico ed economico è piuttosto basato non tanto su una concezione ambigua e critica(bile) di abuso di posizione dominante, quanto sulla verifica della presenza o meno di barriere all’ingresso di quel tipo di mercato, frutto molto più spesso della regolamentazione dei settori di mercato che non delle loro dinamiche interne. Se queste barriere non ci sono, cade il presupposto dell’abuso per cui colui che ha più quote di mercato possa fare il bello e il cattivo tempo. In realtà laddove quell’impresa applichi un margine troppo elevato (il che corrisponde nel caso di Google anche a quelle condizioni di esclusività per gli inserzionisti) allora quei profitti elevati richiameranno altri concorrenti ad entrare su quel mercato. Nella misura in cui i consumatori (utenti internet e inserzionisti) siano insoddisfatti del servizio di Google si sposteranno verso il nuovo concorrente.
Parlando di Google è piuttosto pacifico osservare che quella posizione di leader del mercato è stata conquistata dall’aver saputo inventare un algoritmo migliore dei precedenti e dall’aver azzeccato delle scelte di marketing (come la scelta della pagina bianca, laddove negli altri motori di ricerca la pubblicità invadeva in modo caotico la pagina iniziale): grazie a queste idee e scelte Google è entrato in un mercato dei motori di ricerca molto competitivo ed ha saputo sbaragliare la concorrenza. È anche pacifico affermare che oggi non c’è alcuna barriera all’ingresso del concorrente che volesse competere: basta avere delle buone idee e comprarsi un dominio in cui mettere un nuovo motore di ricerca altrettanto efficace come Google.
Ma certo, sostituiremo Google con un motore di ricerca promosso da una task force costituita dalla UE e capeggiata dall’informatizzatore Brunetta …
@AQ
Progettato e promosso, intendevo
Mi permetto un piccolo appunto che è una considerazione personale legata in particolare al fatto della competizione di cui si parla all’ultimo paragrafo dell’articolo.
La posizione di Google è stata raggiunta sì grazie ad un buon algoritmo e a un buon innegabile marketing, ma ha potuto contare anche su una disciplina delle informazioni che era in via di sviluppo e che di fatto le ha lasciato un campo d’azione molto vasto (e invasivo) su cui nessun competitor oggi potrebbe contare – di fatto la privacy 15 anni fa su internet era un’entità astratta.
Google oggi è un’istituzione, la parola stessa oggi è sinonimo di ricerca, è nato un neologismo (googlare) per indicare una ricerca su internet.
Dunque ecco che un competitor se pur bravo con algoritmi tecnicamente riconosciuti più efficaci e innovativi stenta; vedi il caso di Bing il cui algoritmo di ricerca appunto, sviluppato nel 2009 per altro da un Italiano (Lorenzo Thione) e venduto a Microsoft per 100 milioni di dollari, copre appena il 3% delle ricerche in internet (dato rif. al 2011).
Serena, il problema però mi pare si ponga sui servizi aggiuntivi, non sul servizio principale.
Mi spiego con un esempio, se tu produci un auto così innovativa che hai una quota di mercato pari al 95% ma poi configuri i cerchioni in modo che puoi montare solo i pneumatici prodotti da una tua azienda collegata allora ecco l’abuso di posizione dominante.
Il problema in effetti è che in realtà Google fornisce un servizio di base che è gratuito e il suo business model vede la redditività rivenire dai servizi aggiuntivi.
E’ come se il produttore di auto di cui sopra regalasse l’auto e ci guadagnasse solo sui pneumatici.
Questo business model è quello dominante nel mondo internet (basti pensare appunto a FB o Twitter), ma si sta espandendo anche in altri settori (il primo esempio che mi viene in mente sono le stampanti, dove le cartucce di ricarica eccedono il costo della stampante) ed è ancora difficilmente codificabile nel diritto anti-trust.
E’ fra l’altro l’identico modello della TV commerciale generalista dove credo che qui in Italia abbiamo ben presenti i “guasti” derivanti da una mancanza di adeguata regolamentazione anti-trust (p.s. vale sia per il pubblico che per il privato a scanso di equivoci “politici”).
Le tue considerazioni sono quindi giuste, non ha senso applicare regole basate su business industriali di 50 anni fa alle nuove realtà, ma non mi sembra che tutto possa ridursi al “laissez-faire”.
Credo che si rischi di cadere nel seguente errore: poichè il mercato non è perfetto, allora interveniamo a livello statale per correggerlo. Che il mercato non sia perfetto è chiaro: è un’ invenzione umana. Ma, come si dice in Veneto “pezo el tacon del buso”, peggio la pezza del buco. Lo stato “ragiona” radicalmente in modo politico, cioè per la ricerca del consenso, e quindi persegue la facile demagogia del “dagli all’ impresa grande”; la grande italiana paga la tangente in qualche modo, e magari così si accaparra, che so, l’ Alfa Romeo, altri non ci stanno. Sarebbe ideale che lo stato facesse solo l’ arbitro, e non altro: magari l’ antitrust se la dovrebbe prendere prima con Inail, Inps ed accise sulla benzina (nei primi 2 casi non c’ è solo l’ oligopolio, c’ è addirittura l’ obbligo a contrarre; nel terzo caso la gran massa di imposte non paga certo trasporti pubblici alternativi presentabili, costringendo a comprare quella benzina. In tutti e 3 i casi ci sono addirittura sanzioni penali), ma perchè sognare ?
Oltre a ciò in questo modo non ti faccio crescere e ti posso ricattare molto meglio. Ma tanto il pubblico festante va alle urne e vota per lo statalismo più pervasivo: ad esempio ai referendum dello scorso giugno.
L’algoritmo “di Google” è stato inventato da un italiano, Massimo Marchiori, che adesso sta lanciando un concorrente a Google stesso, Volunia, che promette di essere una vera rivoluzione.
Tecnicamente lo è ben oltre Google ai tempi della guerra dei motori.
Questo per dire che nel mondo web ha davvero poco senso parlare di abuso di posizione dominante perché la “posizione dominante” può durare anche pochissimo tempo e se non se ne può “abusare” diventa troppo rischioso intraprendere il progetto.
Facebook è l’esempio: se fosse stata quotata qualche anno fa, la società prometteva faville e sarebbe stata ultrapremiata dal mercato, consentendogli, con un buon management, di poter differenziare e crescere. Si è invece aspettato troppo sia a puntare sui ricavi, invece che solo sul numero utenti, sia a quotarsi in borsa. Il risultato è che oggi la società ha un presente ed un futuro molto incerti in termini di utili. E il mercato punisce.
Già ai tempi dell’accusa a Microsoft – di cui il nostro attuale premier va molto fiero – l’UE aveva dimostrato un modo di pensare molto vecchio, probabilmente dettato dalla gerontocrazia imperante: nessuno pare abbia mai davvero capito internet in europa.
I risultati economici sono lì a dimostrarlo: a parte qualche interessante start-up soprattutto berlinese il dominio USA è più contrastato da Oriente e Centro-Sudamerica che dall’Europa.
Che prima di riempirsi la bocca con l'”agenda digitale” dovrebbe iniziare a capire il tempo in cui vive.
Non sono per nulla d’accordo con l’articolo, tranne che per un fatto: è veri che Google ha una tecnologia ottima e in parte grazie a questo ha conquistato la posizione che oggi ha; tuttavia il punto è un’altro: penso che mai in un’economia di mercato bisognerebbe ammettere che un mercato sia di fatto domintao da un monopolio o da un oligopolio. Il motivo è semplice: tutti i monopolisti, prima o poi, approfittano della loro posizione a lor vantaggio e a svantaggio del consumatore. E naturale che sia cosi: se non rischi nulla perché una una posizione di monoplio perché non approfittarne per guadagnare di più? Un piccolo esempio, tanto per far capire quanto i monopoli siano sempre da evitare: chi ha provato a fare causa a Google – a torto o ragione – è stato immediatamente cancellato dai risultati di ricerca -senza aspettare l’esito del giudizio- e si è quindi ritrovato senza alternative, tagliato fuori dal business. In queste condizioni che oserebbe provare far valere i propri diritti contro Google? Nessuno. Altro esempio: di recente Goggle ha cambiato le regole di tutela dei dati personali, stabilendo di fatto, pro domo sua, che chi li fornisce per uno solo dei suoi servizi automaticamente fornsice il permesso per TUTTI gli sltri servizi/prodotti da Google. Di nuovo; non hai alternative e quindi devi accettare ecc ecc.
Il motivo per cui i monopoli NON VANNO mail tollerati e proporio questo: la tutela del consumatore. Lo stato deve solo farsi carico di garantire l’accesso ad altri operatori. E, per finire, le barriere all’ingresso malgrado quanto dice in modo semplicistico l’articolo, ci sono eccome. Dire basta un dominio e un algoritmo significa non conoscere nulla del settore. Sarebbe come dire: per fare un’acciaeria basta del ferro e un fonderia: tutti possono farlo. E GLI ENORMI CAPITALI RICHIESTI PER AVVIARE L’ATTIVITA’ DOVE LI METTIAMO?. Prego gli autori di studiare almeno le basi dell’economia prima di scrivere questo tipo di articoli.
C’è da precisare che Google forse abusa della sua posizione dominante come motore di ricerca Internet quando lo/la utilizza per pubblicizzare e favorire comunque l’accesso a servizi e prodotti della stessa Google.
c’era uno che aveva il monopolio dell’olio combustibile che regalava le lampade a petrolio… com’è che si chiamava?
La dittatura del più efficiente è pur sempre una dittatura…
Microsoft, Intel, ora Google.
Qualcuno si ricorda chi era commissario nei primi due casi…?
Tutto il discorso si autocondanna con quella frase”tecnicismi giuridici a parte…”. Il problema “è” giuridico, che senso ha fare un discorso , errato anche da altri punti di vista, ignorando il diritto e i suoi contenuti?
A erasmos67 : Rockfeller
A parte il fatto che Berlino fa parte dell’Europa, l’Europa NON è arretrata ma una collettività con dei principi e valori diversi dalla follia iperliberista di oggi di M. friedman e dei Chicago boys. PER FORTUNA
La questione di fondo non è se la posizione dominante di Google sia provvisoria o definitiva, ma piuttosto se esista o no. Una posizione dominante si acquista pur sempre attraverso un processo di mercato: ed infatti non c’è un divieto legale a crescere, ma piuttosto un divieto di abusarne quando la si è raggiunta.
Certo, la definizione di abuso nella normativa dell’UE – e in quella italiana che ne è derivata – è elastica: questa circostanza lascia ampia discrezione alla Commissione, ma c’è pur sempre il controllo della Corte di Giustizia, la cui giurisprudenza tipizza i comportamenti abusivi distinguendoli da quelli leciti.
Il mercato concorrenziale, in definitiva, è sempre in costruzione: la disciplina antitrust, se rettamente intesa ed applicata, è strumentale a questo obiettivo.
No questo no, non è corretto, Detto questo, Google commette altri reati, per i quali andrebbe perseguito..
Ma quello di posizione dominante e relativo abuso no. Come non era corretto obbligare Gardini a vendere la sua soia dopo averla regolarmente comprata sul mercato, ai prezzi correnti. Ma il CME lo accusò di aver messo il mercato in corner (reato inventato per l’occasione) e lo obbligò a vendere i suoi semi. Con ernormi perdite.
Ho provato tutti gli altri motori di ricerca. Li uso da 20 anni. Da Altavista, a Yahoo, Bing (che e’ osceno), Ask… tutti quanti. Altavista era il migliore, prima di Google, e con migliore intendo che trovavi prima cio’ che atteneva ai tuoi criteri di ricerca rispetto agli altri motori.
Poi e’ arrivato Google, che usavo di malavoglia, ed ha spazzato via tutti.
Per chi si sofferma sui caratteri burocratici della questione e deve inventarsi beghe legali di qualunque tipo, non c’e’ nulla che possa essere detto.
Per chi, come il sottoscritto, ne fa uso professionale al 99%, Google e’ veloce, ci si trova praticamente tutto ed e’ uno strumento insostituibile.
Se uscisse qualcosa di meglio? Non userei ad utilizzarlo.
La posizione dominante di Google e’ meritata.
Che facciamo? Sfrattiamo il vicino di casa solo perche’ e’ piu’ bravo di noi a fornire indicazioni stradali????
@Dino
Scusa Dino ma qui la privacy c’entra come i cavoli a merenda. Le ricerche su google sono state e sono tutt’ora per la maggioranza anonime, quindi perchè parli di privacy?
Bing ha il 3% di quote di mercato perchè è partito dopo e, come per tutti i business su internet, il primo che eccelle si prende tutto, i secondi non contano a meno di cambiare paradigma. E Bing, sebbene possa essere migliorativo ( ma non lo so), non cambia certo paradigma.
Guggle ha posizione dominante per una ragione soltanto: è stato onesto.
Se la Microsoft 20 anni fa avesse avuto l’idea di un motore di ricerca lo avrebbe fatto con un “if research not include Microsoft then goto http://www.microsoft.com” piantato all’inizio (dico Microsoft tanto per dire, ovviamente).
Guggle ha tolto la pubblicità ed ha cominciato a cercare secondo criteri uguali per tutti. E ha vinto. Perchè onesto.
Poi, ovviamente, ci ha fatto del business parallelo.
Questa Ameuropa (o Euramerica) pansocialista in cui ci hanno immerso a forza in cui gli stati, rappresentati da gente come Almunia, Barroso, Monti e Van Rompuy mai passati per una elezione, decidono i destini di tutti con la calcolatrice è abominevole e cerca di lavarci il cervello.
La libertà di intraprendere è la libertà di tutti e il successo onesto di un’impresa dovrebbe essere tutelato come un cucciolo di panda. Al contrario avere come unico scopo la libertà di fare il dipendente malversando le imprese di successo è lo schiavismo del nostro millennio.
Microsoft ha comprato la ditta che ha realizzato Flight Simulator e oramai è dominante nel mercato dei simulatori di volo. E allora? La chiudiamo? Oppure assumiamo 500 dipendenti statali per sviluppare un simulatore concorrente tanto per dare il contentino al popolo bue mentre gli aumentiamo l’IMU per fargli pagare i 500 inutili stipendi?
Guardiamo alla rete telecom o ai binari di trenitalia, piuttosto e lasciamo stare Guggle.
Esempio che calza a pennello: nel mondo del sw di posizioni dominanti ce ne sono parecchie.
Magari sono considerate “nicchie”, ma sono comunque posizioni dominanti e ovviamente se ne stra-abusa.
Pensiamo per esempio all’IPod (e I-Qualsiasicosa) che costringe ad utilizzare ITunes per gestire i file musicali.
@Marco Tizzi ….insomma…..costringe….. 😉 sai come si dice…. a tutto c’è soluzione… 😉
@Marco Marchionni
costringerebbe, diciamo… 😉
Se si pensa che MS è stata obbligata a far scegliere all’utente il browser che vuole all’avvio… Non è che prima fosse particolarmente difficile usarne un altro.
Diciamo che NON usare Itunes per un Ipod è parecchio più complesso 🙂
Ah, ed è illegale!
Mentre usare Firefox sotto Windows non è mai stato illegale, eppure sono andati a rompere…
DOBBIAMO SCEGLIERE TRA LA DEMOCRAZIA E LA DITTATURA DELLE MULTINAZIONALI.
E’ PER QUESTO CHE NON HO MAI COMPERATO E MAI COMPRERO’ UN PRODOTTO APPLE
@erasmo67
Idem, e questa è la prova provata che l’uso del cervello è meglio di qualsiasi legge 😉
Concordo con l’articolo in pieno ma leggendo i commenti ho notato parecchie imprecisioni che falsano il giudizio su questo tema.
Google non è stato il primo motore di ricerca ne l’unico. Come qualcuno citava c’erano (e ci sono ancora sebbene nessuno li usi più in Italia) yahoo (che si è giocata malissimo tutte le carte), lycos, ask e tanti altri. Google ha vinto la sua battaglia perché più completo nell’indicizzare quasi la totalità del web, più veloce, meglio strutturato in termini grafici, funzionali e sistemistici. E infine ha saputo fornire un servizio gratuito sapendoci guadagnare senza crollare.
E purtroppo non è vero che ci sia lo zampino italiano del creatore di Volunia. Questa è una cosa che sostiene questo signore per farsi pubblicita, ampiamente smascherato in rete, che ha realizzato un prodotto che non funziona e non funzionerà. E non per il monopolio di Google, perché nel web le cose cambiano molto, molto in fretta perché vince la meritocrazia.
Volunia… è più di sei mesi che i media italiani ne parlano, ma la momento non c’è assolutamente nulla a disposizione dell’utenza.
Mi ricorda, ai tempi dei primi satelliti russi, gli italiani Judica e Cordiglia che entusiasmarono i media italiani con delle banalissime ricezioni che nel resto del mondo si facevano senza tanto clamore.
L’italia pallonara è fatta così.